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"Never forget who you are."

Arrivo di fronte la sua camera e, prima di bussare, mi fermo ad osservare la porta. Tra tutte, questa sembra essere quella più grande e di una tonalità più scura, e inciso nel legno c'è lo stemma di famiglia, le due rose bellissime. Faccio un lungo respiro e mi sistemo il vestito e poi i capelli e, infine, busso. Non risponde nessuno, la camera sembra vuota. Ma poi la porta si apre davanti ai miei occhi, senza che qualcuno la abbia aperta. La stanza è molto buia, l'unica fonte di luce proviene dalla luce della luna, che attraversa il vetro della porta finestra e che illumina solo il tappeto che occupa metà della stanza.

<<Permesso?>> dico entrando lentamente e guardandomi intorno.

La porta si chiude alle mie spalle con un tonfo e salto in aria per lo spavento. La paura inizia a farsi sentire e ho la pelle d'oca mentre avanzo nella grande stanza.

<<Sei in ritardo.>>

Mi giro di scatto e vedo una figura scura di fronte la porta, poi sento il rumore della chiave nella serratura. In trappola.

<<Mi scusi...>> sussurro indietreggiando.

<<Sai perché sei qui?>>

Distolgo lo sguardo e mi mordo le labbra. <<No...>>

Ride divertito e avanza sempre di più, fin quando entra nel fascio di luce e vedo il suo viso. Quella ormai familiare cicatrice e quegli occhi chiarissimi che osservano la sua preda, capaci di farti venire un attacco di panico alla loro sola vista. Forse ora riesco a capire cosa hanno provato i due poliziotti quando si è tolto la maschera e ha mostrato loro il suo viso.

<<Sarò sincero con te. Ti ho fatto venire qui per un solo motivo, ma ora che ci sei voglio da te un'altra cosa.>>

Ho il respiro irregolare, il cuore va all'impazzata e temo che questo possa fargli venire ancora più fame.

Inclina la testa di lato e mi studia. <<Non avere paura, se risponderai sinceramente alla mia domanda cambierò nuovamente le regole. Se mentirai...>> si ferma un attimo per passare la lingua sui suoi denti bianchissimi. <<Farò in modo che questa sia una delle prime notti che ricorderai per sempre.>>

Stringo i denti e chiudo gli occhi, e con il cuore in gola dico: <<Risponderò a qualunque domanda voi mi poniate.>>

Annuisce fra sé e sé e lo vedo allontanarsi e sparire nel buio. <<Perché Daiana ti ha morsa?>>

La sua voce proviene da un punto indefinito della stanza, non riesco a capire da dove mi stia parlando. Per un attimo credo di averlo dietro, infatti mi volto ma l'unica cosa che vedo è la luna piena in lontananza. Le gambe tremano e la paura alberga nei miei occhi. So che i vampiri sono molto furbi e astuti, devo stare molto attenta a come parlo.

<<Mi ha morsa brutalmente ieri sera dicendo che in futuro le farò qualcosa di grave. Non so dirvi altro.>>

Indietreggio ancora e capisco che l'unico punto in cui posso davvero vedere bene è di fronte la porta finestra. Mi metto davanti ad essa e osservo bene tutto il perimetro che i miei occhi riescono a vedere, che corrisponde ad 1/3 della stanza. Da qui non riesco nemmeno a distinguere il suo letto.

<<Sì, è proprio da Daiana fare una cosa del genere.>> risponde chissà dove nella stanza. <<Perché non mi hai detto la verità prima? Ho dovuto passare alle maniere forti per estorcertelo.>>

<<Perché avevo paura che voi mi avreste morso, e il suo fa ancora tanto male...>> bisbiglio abbassando lo sguardo.

<<Ora dimmi cos'altro mi nascondi.>>

<<Ho rotto un vaso stamattina, avevo il timore di pagarne delle amare conseguenze se avessi confessato.>>

Non sento più nulla, il principe sembra essersi dissolto nel nulla.
Spero che creda alla mia bugia e non mi ponga altre domande. Ho un'ansia inimmaginabile. Non posso confessare di aver quasi rotto il patto chiedendo a Denise le cose sulla sua famiglia che tanto voglio sapere, e tanto meno posso confessare che Victoria mi ha aiutata a non infrangerlo.

<<Tocca a te. Ti devo due domande.>> afferma e di colpo compare a pochi passi da me.

Mi ero dimenticata che ieri non gli avevo più chiesto nulla, e ora che è arrivato il momento non so cosa chiedergli, così dico la prima cosa che mi viene in mente.

<<Perché i vostri occhi cambiano colore?>>

<<Cambiano colore a seconda del nostro umore e dei nostri desideri.>> fa un passo verso di me. <<Verdi, quando siamo felicissimi. Ci capita raramente.>> mentre parla i suoi occhi cambiano colore, ora sono di una sfumatura verde smeraldo, un verde impossibile da trovare negli umani. <<Neri, quando siamo tristi oppure proviamo odio.>> e di colpo il colore cambia, scurendosi sempre di più. Un passo verso di me. <<E infine rossi, quando abbiamo fame.>> e diventano rossi. Ho così tanta paura di quella tonalità che vorrei scappare da qui e buttarmi di sotto.

<<Tutto chiaro.>> dico ingoiando il groppo che si era formato in gola.

Lui sorride appena e passa una mano tra i capelli. <<La prossima domanda fiorellino?>>

Vorrei tanto chiedergli della profezia, ma se parlo di essa sono costretta a dirgli che ho parlato con Victoria.

Deve aver notato che ho in mente qualcosa, perché la sua espressione cambia drasticamente e fa un altro passo verso di me. <<Dillo. Ora.>>

<<Dire cosa?>> rispondo.

<<Quello a cui stavi pensando. Non vuoi dirmelo, perché?>>

Mi mordo le labbra e sento dolore quando i miei denti incontrano la ferita causata da me stessa. E ora?

<<Niente di particolare, volevo sapere perché avete questo stemma, ma mi sembrava troppo scontata come domanda.>> rispondo cercando di apparire più sincera possibile.

<<Menti.>> ringhia e apre la bocca leggermente, quanto basta per farmi scorgere i canini.

Impallidisco, incapace di muovermi. <<Vi ho detto la verità...>>

<<Ti ho dato l'opportunità di cambiare la mia decisione. La hai sprecata senza alcun ritegno.>> indietreggia fin quando di nuovo scompare nel buio. <<Pagherai per i tuoi errori.>>

<<Ti prego!>> dico agganciandomi all'unica cosa che possa salvarmi ora, la pietà.

Ricevo come risposta una lunga risata, che mi fa tremare anche l'anima. Inizio a sudare freddo, ho i brividi e le lacrime pulsano da dietro le mie palpebre, in attesa di varcare per l'ennesima volta le mie guance rosse.

<<Daiana ha assaggiato già il tuo sangue, non vedo perché non passa farlo anche io.>>

Mi guardo intorno ma non riesco a vederlo, indietreggio fin quando la schiena tocca il vetro freddissimo, mentre lui ripete qualche strofa della filastrocca della bugia.

<<Se da un vampiro vuoi scappare
Mai mai mai dovrai farti notare.
Ma se da lui vuoi risposte
Non tenere le verità nascoste.>>

Quella filastrocca mi trasmette un senso di malinconia e paura, sembra che il creatore abbia provato in prima persona la consapevolezza di non poter scappare.

Un movimento sbagliato e dietro di me la finestra si apre, e io cado con la schiena sul pavimento del balcone. Mi rialzo velocemente e cerco intorno a me qualcosa da usare per difendermi, così corro verso il tavolo e prendo da esso una bottiglia di vetro.

<<Che sciocca, credi di potermi fermare con una bottiglia?>> dice entrando in terrazzo e guardandomi da sotto i capelli sugli occhi.

Guardo la bottiglia e capisco che non andrò lontana con l'aiuto di un pezzo di vetro che non può provocare il male che io voglio infliggergli.

In passato avevo già vissuta una scena del genere, solo che l'uomo con cui combattei fu quello che credevo mio padre. Durante la notte era entrato nella nostra stanza e, prima di prendere mia sorella, mi sono svegliata e sono riuscita a buttarlo fuori dal letto. Anche Alba si svegliò e le dissi di correre fuori, così lei mi ubbidì e si catapultò fuori dalla stanza. Nel frattempo mio padre si era alzato e mi guardava male, puzzava di alcool, sudore e di qualcosa che non saprei definire. "Te ne pentirai amaramente" disse, poi si fiondò su di me e lottammo fino a quando riuscì ad immobilizzarmi, bloccandomi le braccia sulla testa e le gambe con il suo peso. Urlavo e mi dimenavo, ma ero troppo debole e troppo piccola per riuscire a levarlo dal mio corpo. <<Imparerai a stare al tuo posto, piccola.>> Disse mentre le sue mani varcavano il mio corpo. Abusò di me per tutta la notte, tra le lacrime e le urla chiedevo l'aiuto che nessuno mi offrì. Il giorno dopo scomparve per tutta la giornata, e la sera tornò a casa con un fiore e dei panini dolci per farsi perdonare. Dissi che lo avevo perdonato, ma non era assolutamente vero, non era la prima volta che subivo trattamenti del genere, ma quella volta aveva proprio esagerato. Promisi a me stessa che nessuno mai mi avrebbe più trattata in quel modo, nessuno avrebbe più potuto mettermi i piedi in testa, e ora mi rendo conto che ho infranto anche quella mia promessa.

Così in un solo momento afferro bene la bottiglia e la infrango sul tavolo, i pezzi rotti schizzano dappertutto e in mano ho solo il manico e metà della bottiglia, appuntita e letale.

È ora di riprendere in mano le redini della mia vita.

<<È uno scherzo, vero?>> il principe ride di gusto.

Quella notte avevo lottato per Alba, ma questa notte devo lottare per me.

<<Avvicinati e poi vedi come riderò io.>> gliela punto contro, come se in mano avessi l'arma più potente del mondo.

Non sembro più io, la paura è andata via, ora prevale solo determinazione e orgoglio.

<<Dove credi di andare con quella pseudo arma?>> poggia la schiena sulla parete e incrocia le braccia al petto. <<Lo capisci che non ci metterei niente a piegarti al mio volere?>>

<<Beh, allora provaci.>>

Lo vedo chiudere gli occhi e concentrarsi, io lo guardo a pochi passi da lui, pronta a fare qualunque cosa. Passano secondi di interminabile silenzio, l'unico rumore sono i gufi e il rumore del vento che fa muovere le parti più alte degli alberi. Quando li riapre torna in posizione normale e mi guarda sconcertato. <<Ma come...>>

<<Ho fatto?>> dico interrompendolo. <<Sopravvivenza, principe.>>

Capisco subito il motivo per cui non riesce più ad entrare nella mia testa. Ci sono riuscita: ho trovato il modo di tenerlo fuori.

<<Come hai capito come non farti comandare?>> stringe i pugni.

<<La paura che non sapevo di provare quando sono arrivata qui ti permetteva di comandarmi. Non ne ho più, non puoi farmi niente.>>

Continuo a tenere quel che resta della bottiglia verso di lui, lo sguardo concentrato e i piedi fermi.

Batte le mani lentamente, come se lui fosse il mio professore ed io avessi appena preso un bel voto. <<Nessun umano prima d'ora aveva capito da solo come difendersi, le mie congratulazioni. Peccato che questo non ti salvi dai miei denti.>>

In un attimo sparisce dalla mia vista, ed io prendo a guardarmi intorno, tenendo la bottiglia all'altezza della mia vita. <<Non ho paura di chi scappa!>> urlo ai quattro venti.

<<Oh, ma io non scappo dalla mia preda.>> mi volto e lo trovo accovacciato sulla ringhiera.

<<Ah no? E che stai facendo? Sembra quasi che tu abbia paura di affrontarmi!>>

Gli occhi sono nascosti dai capelli neri ora scomposti che ondeggiando al vento.

Sparisce con un balzo.

<<A noi predatori piace giocare con la preda, prima di ucciderla.>>

Mi volto ancora e lo trovo seduto su una sedia bianca in fondo al balcone.

<<Ma io non sono la tua preda.>>

<<Oh, sì che lo sei fiorellino.>>

Scompare di nuovo, non riesco nemmeno a capire che direzione prende, è troppo veloce.

<<Sei una preda con un odore divino.>> sussurra al mio orecchio.

Decido di non girarmi, resto ferma con lo sguardo davanti a me mentre la consapevolezza di averlo proprio dietro mi mette adrenalina. Potrei fare qualunque cosa ora, non ci penserei davvero in modo razionale. Sento il suo sguardo sul mio collo, sento che vorrebbe tanto assaggiarlo e sento anche che c'è qualcosa che lo ferma.

<<Non ne avete il coraggio, principe?>> bisbiglio chiudendo gli occhi.

Con un dito percorre la vena sul collo e mi provoca un piccolo taglietto innocuo. Una goccia di sangue cola da esso e la raccoglie con il dito, portandola alla bocca.

<<È buono?>> sussurro.

<<Il più buono che abbia mai assaggiato.>> risponde e di nuovo percorre con il dito la vena.

Mi scosto da lui mi volto di scatto e tiro la bottiglia. Si infrange sul muro davanti a me e del principe nemmeno l'ombra.

<<Hai una pessima mira, fiorellino.>>

Mi volto e lo vedo seduto comodamente sulla stessa sedia di poco prima.

<<Ho una domanda per te, principe. E non è una stupida domanda del giorno, è una domanda che può costare una vita.>>

Lui ghigna. Gli angoli della bocca deformati dal suo sorriso. <<E perché dovrei risponderti?>>

<<Perché è nel tuo interesse rispondere.>> bisbiglio slegandomi i capelli. Basta tenerli legati.

<<Deciderò io se rispondere o no.>> afferma stringendo i pugni sui due braccioli della sedia.

Mi faccio forza e cerco le parole giuste. <<Quanto tenete alla mia vita?>>

La mia domanda lo sorprende, porta una mano sui capelli e li riporta a posto. Maniaco dell'ordine. Ci pensa per qualche secondo, non capendo il significato della mia domanda.

<<A me non importa della tua inutile vita, fiorellino.>> abbandona il ghigno e tira su un angolo delle labbra.

Sorrido. <<Vedremo.>>

Prendo il coraggio che mi serve e faccio la cosa che avrei voluto fare appena entrata in questo balcone. Mi volto verso la ringhiera.

Uno, due, tre passi veloci e... cado nel vuoto.

. .. . .. .

Stupida ragazzina, pensò Diego alzandosi di scatto dalla sedia e precipitandosi alla ringhiera. Aveva così pochi secondi per pensare, Zoe stava cadendo verso la morte certa e non era sicuro che fosse quello che volesse lui. Voleva averla per sé, ma se quella fosse morta ancor prima di assaggiare il suo sangue non se lo sarebbe perdonato. Così si buttò anche lui di sotto. Era più pesante, quindi in un attimo raggiunse la ragazza e la prese per la vita, portandola a sé nel tentativo di proteggerla dalla caduta. Atterrarono subito dopo, Diego sui suoi piedi mentre Zoe sembrava un peso morto, una persona non salvata in tempo. La mise a terra dolcemente e vide i suoi occhi muoversi verso di lui.

<<Principe...>> sussurrò, poi li chiuse e la sua testa cadde di lato, inerme e priva di vita.

<<Stupida ragazzina.>> disse solo. Svieni troppo facilmente.

La prese nuovamente in braccio, stavolta con un braccio dietro le sue spalle e uno sotto le gambe. Era leggerissima, quasi non sentiva il peso tra le sue forti braccia. La portò per metà giardino, poi si rese conto che non era il caso di entrare nel palazzo con la ragazza priva di sensi. Tutti li avrebbero visti e le voci sarebbero arrivate a suo padre e a sua sorella. Non gli importava davvero di lei, ma lui si sentiva in colpa per quello che aveva fatto Daiana. Poi una cosa gli balenò in testa: lei non voleva davvero suicidarsi, teneva a sua sorella e non la avrebbe lasciata così. Eppure si era lanciata nel vuoto senza pensarci più del dovuto. L'unica spiegazione era che era convinta che lui la avrebbe salvata. E aveva ragione, perché, mosso da qualunque tipo di desiderio che lo spinse a raggiungerla nel vuoto, lui si era buttato per lei. Ed era arrabbiato, odiava che qualcuno riuscisse a capire ancor prima di lui le sue mosse, voleva essere lui quello misterioso.

Ma si rese conto che lì l'unica ad essere misteriosa era proprio Zoe.

Lei era l'enigma più complicato che avesse mai visto.

Per un attimo fu tentato di affondare i denti nel suo collo e farla finita una volta per tutte, ma poi la guardò. Il viso poggiato sul suo petto, i capelli scomposti che si muovevano a seconda dei suoi passi, le labbra rosse e le guance fredde. Non si sbagliò, al tocco il suo viso era ancora più freddo di quel che pensava. Lasciò stare i pensieri e si affrettò a raggiungere la porta sul retro, quella che dava sulle scale esterne e che portavano direttamente alle stanze da letto. Salì in cima e aprì la porta, si curò bene di chiuderla per non destare sospetti, e la portò nella sua camera. La posò dolcemente sul letto e le sistemò le coperte sul corpo infreddolito. Per fortuna le aveva quel giorno le coperte, di solito preferiva non metterle, pensava che fossero inutili.

I vampiri non sentivano freddo.

Era così vicino a lei, poteva sentire il battito regolare del suo cuore e l'odore del suo sangue che gli annebbiava i pensieri. Quella vena che pulsava sotto il suo sguardo attento, che quasi avrebbe potuto... ma si fermò prima di toccarla di nuovo e si rese conto che se non voleva farle del male doveva andare via da lì, e alla svelta. Sentì gli occhi tingersi di rosso e la gola bruciare.

Così fece la prima cosa che gli venne in mente: prese il suo mantello nero, lo calò sulla testa e uscì dalla finestra, diretto verso una fonte di cibo che non gli avrebbe procurato rimorso. Per quella sera aveva bisogno di sangue, non degli stupidi alimenti mondani che mangiavano ogni giorno. La città non era molto lontana, ma scelse un paese vicino per non richiamare troppo l'attenzione. E poi le città grandi e caotiche non gli piacevano, preferiva la tranquillità.

Arrivò in paese e la prima cosa che notò fu che nemmeno quello quel giorno era tranquillo, c'era una festa in piazza e da lì provenivano canzoni e canti. Non poteva più aspettare, aveva fame e il paese più vicino a quello distanziava troppo. Si avvicinò nell'ombra fino alla piazza, e quel che vide un po' lo sorprese. C'era un grande e alto falò al centro, e intorno gruppi di persone ballavano e cantavano con bottiglie e bicchieri in mano. Erano ubriachi fradici, alcuni quasi non si reggevano in piedi, mentre altri vomitavano negli angoli. Si trovava sotto un albero, nascosto nel buio, per fortuna aveva scelto un paese dove la piazza era situata al centro di un boschetto. Davanti a lui c'erano altre case dall'aria antica, le classiche casette che si vedono nei film d'epoca. D'epoca non si potevano classificare le ragazze: il fisico era troppo esposto, sebbene facesse freddo quella sera. Ne aveva visto di volgarità nel corso della sua vita. Quasi detestava l'idea che condivideva con loro la stessa dimensione. Si chiese se nelle altre dimensioni gli umani fossero così, l'ultima volta che era stato in quella delle fate non gli sembrava che il mondo si fosse ridotto a quello a cui stava assistendo in quel momento.

<<Vuoi ballare?>>

Si girò e vide davanti a sé una ragazza bionda con un pantaloncino corto e una maglia a maniche lunghe trasparente, un bicchiere in mano e un sorriso spento, come se fosse da un'altra parte.

<<Io ho un'idea migliore di ballare.>> gli porse la mano. <<Seguimi.>>

Riservò alla ragazza ubriaca uno dei suoi smaglianti sorrisi, poi lei gli prese la mano con una risatina e insieme si addentrarono nel bosco. Fece per cadere almeno tre volte, e Diego sospettava che fosse solo un modo per essere salvata dalle sue muscolose braccia.

<<Non senti freddo?>> le chiese. Non che gli importasse.

Rise ancora e in un attimo se la ritrovò avvinghiata al suo petto.

<<Vuoi riscaldarmi tu?>> disse mentre faceva percorrere le sue mani sulla sua schiena.

Diego non rispose, le prese il mento con le dita e poggiò le labbra sulle sue. Puzzava di vino e si disgustò di quello che stava facendo, così si staccò da lei e prese a baciarle il collo. La ragazza si godette il momento con una mezza risatina mentre sorseggiava l'ultimo goccio di vino. Poi le sue mani raggiunsero la cintura dei pantaloni di Diego. Fu allora che affondò i canini nel collo e prese a bere linfa vitale. La ragazza emise un gridolino, poi le forze le vennero a mancare e Diego la prese un momento prima di cadere a terra. Finì il suo lavoro e la mise sotto un albero, morta. Si asciugò la bocca e trattenne un conato di vomito: il suo sangue era orribile, beveva spesso e fumava troppo. Ma non poteva farci niente, o quel disgustoso sangue o il sangue di Zoe.


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