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Attenzione! Ultimo capitolo.

"Sei solo una goccia di imbarazzo in un oceano di vergogna."

È sparito dalla porta ordinandomi di prendere la mia chitarra, credo sia andato a parlare con Ingrid. E ora ce ne stiamo seduti l'uno di fronte all'altra, ai due estremi dello stesso divano di poco prima, io con la chitarra in grembo e lui con una penna in una mano e nell'altra un foglio bianco.

<<Ora voglio che inizi a suonarmi qualunque cosa tu voglia, le prime note che ti vengono in mente.>>

<<Perché?>> 

Sorride. <<Voglio scrivere una canzone con te, non so suonare la chitarra ma so scrivere i testi. Tu sei molto brava, ti ho ascoltata tante volte. Voglio che canti le prime parole che ti vengono in mente, segui il mio ritmo.>>

Annuisco un po' scettica riguardo la riuscita del suo intento, ma che posso fare, tutto pur di non sottostare al volere di Ingrid.

E poi, lui è il principe.

Quindi mi concentro sulle corde e immagino una nuova melodia, una che non ho mai sentito. Le dita iniziano a muoversi dettate dal proprio volere, e quel che esce è una melodia né troppo dura e né troppo leggera. Lo vedo studiare il suono e prepararsi per il momento giusto, poi, parte.

<<Ehi, bambina
Cosa vedo nei tuoi occhi chiari?
Paura mistero e tristezza
Sta tranquilla
Se chiudi gli occhi durerà poco
Ma sta attenta se vuoi tenerli aperti
Non so se ti piacerà lo spettacolo.>>

Cavolo ha una voce davvero bella, non sapevo sapesse cantare così bene. E poi il testo? Mi tocca in pieno. Anzi, ci tocca in pieno.

<<Sei piombata nella mia vita
Senza che tu stessa lo volessi
E non credevi fosse reale.
Ora che sei qui
Non te ne potrai più andare.>>

Nemmeno guardo più le note, seguo semplicemente il suo ritmo, lascio a lui il comando. Mentre canta lo osservo: si concentra sulle note, guarda le mie dita che si muovono sulla chitarra e ogni tanto chiude gli occhi, poi scrive le parole sul foglio.

<<È caldo il tuo sorriso
Quando non cerchi di scappare
E le tue labbra così morbide
Che mi fai venir voglia di morderle
Lasciare in te un segno indelebile
Così che tu non potrai mai dimenticare
Chi sono io.>>

Mi guarda e capisco in qualche modo che tocca a me cantare, così le parole iniziano ad uscire dalla mia bocca, come se conoscessero già il testo.

<<E chi ha detto che sarebbe stato facile?
Non ho paura dei tuoi occhi rossi
Grandi voragini
Che mi guardano da assassino.
Sei un predatore abile
Ma l'unica cosa che hai catturato
È il mio cuore.>>

Sorride. <<Guardati ora
La paura alberga nei tuoi occhi
E le tue mani tremano
Sotto il mio sguardo da assassino.
E le tue lacrime
Solcano il tuo bel viso
E le tue labbra
Reclamano ciò che ti appartiene.>>

<<E chi ha detto che sarebbe stato facile?
Non ho paura dei tuoi occhi rossi
Grandi voragini
Che mi guardano da assassino
Sei un predatore abile
Ma l'unica cosa che hai catturato
È il mio cuore.>>

<<Ehi, bambina
C'è una luce diversa ora
Nei tuoi occhi chiari
Non giocare col fuoco
Se ti scotti ti farai male.>>

Le dita lasciano le corde e le ultime note echeggiano nella stanza fino a sparire, e il silenzio prende il suo posto.

<<I miei complimenti.>> afferma con un sorriso.

<<Grazie…>> rispondo all'improvviso timida. Timida? Io? Che fine ha fatto la vera Zoe? Ah sì, è rimasta nel bosco, lei e la sua testardaggine.

<<Come ti sono venute quelle parole? È il ritornello perfetto.>>

<<Non lo so, le parole sono uscite e basta.>>

<<Allora per questo testo.>> indica il foglietto scritto tra le sue mani. <<Devo ringraziare le parole, non te.>>

Riesce a strapparmi un sorriso. Che scemo.

<<Si, hanno fatto tutto loro.>>

<<Tieni.>> mi porge il testo. <<Prendilo tu, io ho un'ottima memoria.>>

Lo afferro con la stessa timidezza di poco prima, e guardo tutte quelle lettere nere sconosciute. Una bella scrittura, anche se frettolosa.

<<Qualcosa non va?>> domanda.

Aggrotta le sopracciglia scure e si forma quel solco in mezzo ad esse.

<<Principe non so cosa ci sia scritto qua sopra, o meglio, lo so in un certo senso...>>

<<Non mi starai mica dicendo che...>>
Si interrompe quando vede il mio sguardo basso.

<<Non lo sapevo… che stupido, come potevi tu? Cioè io…>> inciampa nelle sue stesse parole, parecchio in difficoltà.

<<Non ha importanza.>> lo interrompo. <<Vostro cugino giorni fa mi ha detto che mi avrebbe insegnata, poi è sparito.>>

<<Mio cugino è tornato ad Ambra, deve aiutare con le ricerche della ragazza vampira.>> distoglie lo sguardo e guarda altrove.

<<Ma... il sole? Come ha fatto a tornare?>>

<<I modi per noi reali si trovano sempre, quel che devi domandarti è con quale criterio stanno cercando la ragazza.>>

Poso la chitarra oltre le ginocchia sul divano e lo guardo, attendendo che inizi a parlare. Non mi importa davvero di questa profezia, ma più cose so su questo mondo più mi è facile comprendere.

<<La curiosità non ti manca eh?>> ride. <<Non abbiamo alcun indizio su di lei, né colore degli occhi, né colore dei capelli, sappiamo solo che ha 17 anni. Quindi stanno raggruppando ogni ragazza diciassettenne del regno che compirà gli anni a luglio come le altre delle altre dimensioni. Pare siano nate tutte lo stesso giorno.>> si ferma e guarda verso la piccolissima finestrella alle mie spalle, ovviamente chiusa.

Annusa l'aria e si morde le labbra. <<Sta arrivando qualcuno.>>

. .. . .. .

Hobbes sospirò annoiato e si raddrizzò il colletto della divisa, poi aprì la porta e si mise da un lato, guardando verso l'alto come era stato istruito. Mai guardare in faccia le persone che entrano in casa, disse quella volta, molto tempo prima la Regina. È maleducazione.

<<Buongiorno.>> disse educatamente il ragazzo entrando, seguito da tre ragazze. <<Dove posso trovare il Re?>>

<<Il Re sta riposando, manderò qualcuno a chiamarlo.>> rispose il maggiordomo.

La prima ragazza che entrò subito dopo il ragazzo guardò intorno a sé con aria disgustata e sbuffò annoiata.

<<Puoi andare ora a chiamare Re Morgan? Siamo state chiuse in quella macchina per così tanto tempo, ho bisogno di parlare con qualcuno che non siano queste due papere e questo mezzo biondo qui.>>

Il ragazzo la guardò malissimo e strinse i denti, non poteva risponderle male. A rispondere fu un'altra ragazza, dai lunghi capelli neri.

<<Papere? Noi? Sei tu che ti sei lamentata per tutto il tempo!>> mise le mani sui fianchi e la fulminò con lo sguardo.

Hobbes roteò gli occhi e andò verso la cucina, chiamò qualcuna delle donne presenti e disse loro di avvisare il Re della sua visita. Sapeva che sarebbero arrivate delle persone, e che uno di questi era un cavaliere degli invisibili.
Qualche minuto dopo il Re scese dalle scale e raggiunse i suoi ospiti nel salone più grande.

Alla sua entrata nella sala i presenti si alzarono dai divani e fecero un inchino, anche Denise che era indaffarata a preparare al minibar ciò che desideravano loro. Erano presenti anche sua moglie e le sue due figlie, che ovviamente non si inchinarono.

<<Sedetevi, non perdiamo tempo.>>

Si avvicinò e si sedette sulla sua poltrona, comandò la ragazza di preparargli il solito, e guardò le tre ragazze, sedute di fronte a lui. Erano così diverse l'una dall'altra, una dai capelli castani corti guardava addirittura il Re con sguardo annoiato e superiore, un'altra sorrideva nervosa e l'ultima restava impassibile, le dita intrecciate tra loro, gli occhi scuri e i capelli rossi.

<<Dimmi, cavaliere, perché proprio loro?>>

<<Sire, questa mattina ho incontrato gli altri cavalieri e ognuno di loro mi ha dato una ragazza. Sono nate tutte e tre a luglio di 17 anni fa.>>

Il ragazzo sapeva cosa fare in momenti del genere, la presenza del suo Re non lo innervosiva più come quando fu eletto cavaliere degli invisibili. Il suo compito, come quello di tantissimi altri ragazzi come lui sparsi per il mondo, era quello di segnalare qualunque strano avvenimento si verificasse nel proprio perimetro assegnato.

<<Come vi chiamate?>> chiese guardando loro.

<<Io sono Giada Kant.>> disse la prima. <<Mio padre è…>>

<<Ti ho chiesto il nome, non chi è tuo padre.>> la ammonì il Re.

Il ragazzo non poté fare a meno di sorridere, Giada lo innervosiva come nessuno aveva mai fatto.

<<Io mi chiamo Tanya Wilson.>> disse la seconda.

<<Laura Turner.>> concluse la terza.
Tra le tre era la più calma.

<<Che fine ha fatto mio figlio? Deve esserci anche lui.>> affermò con freddezza il Re. Diego non era mai dove doveva essere e sempre dove non doveva.

<<Sono qui, padre.>> il principe entrò nella sala, seguito da Zoe e il suo sguardo basso.

<<Siediti.>> gli ordinò suo padre.

Ubbidì e si sedette accanto a Victoria, la quale gli riservò un'occhiataccia. Lei non aveva dimenticato la conversazione, e nemmeno lui. Zoe rimase all'entrata, in piedi e del tutto estranea alla situazione. Erano tutti seduti sul divano che dava le spalle alla porta, di conseguenza non sapeva chi fossero quelle persone e non poteva guardarle in faccia.

<<Allora, cavaliere, le ricerche continuano?>>

<<Si, stiamo ancora cercando, non smetteremo fin quando non sarete voi ad ordinarcelo.>>

<<Perfetto. Darçy, fai conoscenza con le ragazze e mostra loro le camere dove dormiranno.>> poi guardò il cavaliere. <<Noi abbiamo altro di cui parlare.>>

A Zoe venne una fitta allo stomaco. Un nodo che non le permetteva di respirare. Tutti si alzarono e di conseguenza Zoe poté vedere con i suoi occhi ciò che le sue orecchie non riuscivano a credere. E quando gli occhi azzurri incontrarono il castano dei suoi, la terra iniziò a girare e si dovette reggere al muro per non cadere. L'espressione sul volto del cavaliere era molto simile alla sua: stupore, sorpresa, incredulità. Credeva di averla persa per sempre, e invece, eccola la.

<<Derek...>>

Il ragazzo non perse altro tempo e si fiondò su di lei, avvolgendola in un abbraccio caloroso. Zoe non si era ancora ripresa dallo shock iniziale, quindi rimase di pietra mentre lui la stringeva a sé.

<<Lo so.>> disse lui non lasciandola. <<Lo so che non ci credi, ma sono io Zoe, sono io.>>

Non rispose. La lasciò e vide in lei uno sguardo perso, sorpreso, arrabbiato.

<<Perché cavolo non mi hai mai detto cosa sei realmente?!>> urlò lei. <<E poi, che diavolo sei tu?!>>

<<Sta calma, non potevo dirtelo, il mio mondo deve restare segreto, capisci?>>

<<Ma dovevi dirmelo! Credevo fossimo amici noi due!>>

Diego se ne stava immobile a qualche passo da loro, pronto ad intervenire per qualunque cosa. Anche se per come stavano andando le cose, era il ragazzo che avrebbero dovuto salvare dalla furia di Zoe. Le tre ragazze erano dietro di lui, a guardare la scena, del tutto estranee alla situazione. Il resto della famiglia reale era già andato via, non si erano nemmeno resi conto di quello che stava succedendo.

<<Noi due siamo amici!>> rispose Derek indicando sia lui che lei con le mani. <<Noi siamo amici da anni!>>

<<Un vero amico me lo avrebbe detto!>> insistette lei.

<<Dannazione Zoe! Se te lo avessi detto mi avresti creduto?>>

<<No!>>

Lui fece un’espressione come per dire “ecco, appunto”, ma non lo disse. Invece, come d’abitudine, tolse i capelli ribelli dagli occhi. Quel semplice movimento fece dimenticare tutto a Zoe e si buttò tra le sue braccia, stavolta stringendolo. Gli era mancato così tanto, e non aveva avuto il tempo per dirgli cosa gli era successo, e nemmeno che stava andando via. Magari se lo avesse saputo avrebbe potuto fare qualcosa, infondo di quel mondo faceva parte anche lui.

<<Ok, ora basta con le smancerie. Cavaliere se non ho capito male avete delle questioni importanti da discutere con il Re.>> disse Diego, avvicinandosi a loro.

Derek lo guardò ma non rispose, piuttosto si girò di nuovo verso Zoe e le prese le mani. <<Tornerò al più presto a trovarti, te lo prometto. Sei sparita nel nulla e mi sono preoccupato molto. Alba è qui, vero?>>

Zoe annuì. <<È qui con me e sta bene.>>

Derek sorrise e non potè far meno anche Zoe, quel sorriso era più contagioso della risata di un bambino.
Quando Derek andò via, Zoe vide Diego in un primo momento guardarla come se lei lo avesse ferito, subito dopo lo vide scherzare e ridere con una delle ragazze.

Bipolare, pensò la domestica.

. .. . .. .

<<Tu sai perché sono qui quelle ragazze?>>

Denise mi sta aiutando ad apparecchiare, pare che da oggi dobbiamo apparecchiare per tre persone in più, ovvero più lavoro.

<<Una di loro potrebbe essere la ragazza vampira della profezia, trattale meglio che puoi.>> risponde posizionando uno dei bicchieri di cristallo al suo posto, sulla lunga tavola.

<<Che bello, altre persone da trattare bene.>> marco l’ultima parola.

<<Si, devi trattare al meglio tutti qui. Tua sorella ha capito benissimo il meccanismo, non ha ricevuto più lamentele per le cose che fa e si comporta benissimo.>>

<<È sempre stata brava ad ambientarsi e a non lamentarsi mai. D’altronde, non potevamo.>>

<<A proposito.>> prende un altro dei tanti bicchieri e lo lucida per bene, intanto io posiziono i fazzoletti di stoffa ricamata. <<Ora che siamo in argomento, vorrei porti qualche domanda, è da un po’ che me lo chiedo.>>

<<Fa pure.>> rispondo.

<<Allora... come vi lavavate?>>

Piego per bene un fazzoletto e passo ad un altro. <<Nell’acqua fredda dei fiumi. Lì lavavamo i nostri vestiti e ci davamo una rinfrescata prima di tornare a lavorare.>>

Annuisce. La risposta deve essere stata appagante. <<Cibo? Che mangiavate?>>

<<Pane, pane e ancora pane. Era raro che suo padre ci portasse qualcos’altro da mangiare, come del formaggio o dei panini dolci.>>

<<Ho sentito spesso nominare sia da te che da Alba vostro padre... e vostra madre? E lui dov’è ora?>>

Abbasso la testa e scelgo per bene le parole. <<Lei è morta dando alla luce Alba, io avevo cinque anni circa. Mentre nostro padre, ovvero il padre di Alba, ci ha abbandonate qualche giorno prima che venissimo qui. Non sappiamo il vero motivo, se ne è andato lasciandoci un biglietto.>>

<<Perché...>>

La interrompo subito, so già cosa sta per domandarmi. <<Lo chiamo “il padre di Alba” perché non è mio padre. Sono stata come “adottata” da quelle due persone che mi hanno cresciuta come vera figlia loro, ma non lo sono e mai lo sono stata. Non so chi siano i miei genitori, per quello che ha detto lui sono morti 17 anni fa in un incidente stradale. Non so nient’altro.>>

Lascia tutto e mi viene incontro, prendendomi le mani. <<Mi dispiace tanto, non lo sapevo. Se può farti stare meglio, anche i miei genitori sono morti, e io sono stata portata qui.>>

<<Denise! Perché dovrei stare meglio sapendo che anche i tuoi non ci sono più?>>

Sorride. <<Boh, è così che si dice.>>

Il primo rintocco dell’orologio fa sì che la conversazione cada, e subito ordiniamo per bene il rimanente. All’ultimo tocco prendiamo i nostri posti e subito la famiglia fa ingresso nella sala da pranzo. Cerco con lo sguardo Diego, e lo trovo intento a chiacchierare con una delle ragazze, una dagli occhi scurissimi e i capelli castani. E sono a braccetto. Lui la tiene a braccetto. Lei ride, lo stesso fa anche lui. La fa sedere con eleganza su una delle tante sedie, poi prende il suo posto accanto al Re. Nemmeno mi guarda. Come al solito arrivano le varie portate, una più grande dell’altra.

<<Allora Giada, raccontaci un po’ di te.>> dice la regina sorridendole, mentre taglia elegantemente il suo pasto.

<<Mi chiamo Giada Kant, ho già detto da dove vengo, no? Mio padre è il comandante delle forze che proteggono Ambra e addomesticatore a Dominio.>>

Daiana la interrompe alzando un braccio e osservandola sollevando un sopracciglio. <<Il comandante delle forze che proteggono Ambra?>> ripete. <<Sono abbastanza sicura che si chiami colonnello, non comandante. E sono anche abbastanza sicura che si dica addestratore, non addomesticatore.>>

Giada la guarda alzando un angolo della bocca e mettendo entrambi i gomiti sul tavolo da pranzo, e poggiando lì la testa sembrando quasi una bambina di cinque anni che ascolta una storia. O una psicopatica, punti di vista.

<<Principessa.>> dice. <<Non crede forse anche lei che i soldati non vanno addestrati, ma addomesticati? Prima di arrivare nelle mani di mio padre loro sono dei ragazzini senza controllo, non hanno nemmeno le minime capacità per fare ciò per cui sono lì, ovvero difendere il regno. Mio padre li deve prima addomesticare, poi, magari…>> si guarda intorno alla ricerca degli occhi del Re. <<Addestrare.>>

Il Re studia a fondo la figura determinata che siede qualche sedia più in là della sua, poi le sorride. <<È una visione diversa, ma pur sempre verità.>> si rivolge a Daiana con sguardo truce. <<Impara da lei.>>

La principessa abbassa lo sguardo ed io non l’ho mai vista sottomettersi così. Giada è persino più furba di lei.

<<E tu?>> guarda la ragazza dai capelli neri. <<Cosa ci dici di te?>>

<<Sono Tanya Wilson, mio Re. Un nome non mi precede, i miei genitori sono dei semplici abitanti di Imperium.>> la vedo mordersi un labbro e guardare altrove. <<Erano. Sono entrambi morti a causa della profezia.>>

Il Re sorvola su ciò che ha detto la ragazza, poi guarda la terza, dai capelli rossi e gli occhi scuri.

Lei capisce e inizia a parlare. <<Sono Laura Turner, vengo da una piccola città di Ambra.>> guarda Tanya, accanto a lei. <<Io ho perso mia madre, qualche giorno fa, a causa della profezia.>>

Le due si scambiano uno sguardo di dolorosa intesa, poi guardano la Regina.

<<Bene ragazze.>> interviene lei. <<Questa sarà la vostra casa fino alla prossima settimana, credo che il cavaliere vi abbia già detto cosa accadrà dopo. Durante il vostro soggiorno qui, vi invito a rispettare le regole.>>

<<Siamo ragazze ben educate, mia Regina.>> afferma Tanya sforzandosi di sorriderle. <<Sappiamo comportarci a dovere.>>

<<Non abbiamo dubbi.>> esordisce Daiana.

È da un po’ che non mi dà la morte, la verità è che l’ho vista davvero poche volte, se ne sta sempre per fatti suoi, come Victoria, e appena cala la sera esce dal palazzo e torna poco prima dell’alba.

Durante tutta la cena non posso fare a meno di assistere alle occhiatine tra il principe e Giada, e quei sorrisi mezzi nascosti. Non la conosco ma da come si è presentata sono certa che sia una di quelle ragazze abituate ad avere tutto dalla vita.

. .. . .. .

Diego stava riportando Giada nella sua camera, al secondo piano. La aveva intrattenuta per parlare del più e del meno, anche se dopo un po’ sembrava fosse il contrario, era lei che stava intrattenendo lui, flirtando in modo eccessivo. Era tarda sera, nessuno dei due aveva sonno, ma Diego si stava annoiando con lei e aveva voglia di tornare nella sua camera. Così con una scusa banale la stava accompagnando nella camera della ragazza, le avrebbe dato la buonanotte, da buon principe quale era, e se ne sarebbe andato via.

<<Bene principe, siamo arrivati.>>

Prima di girare la maniglia, Giada si girò verso di lui e il principe se la ritrovò a strettissima distanza.

<<Beh sì, buonanotte Giada.>> cercò di liquidarla e fece per andare via, ma lei lo afferrò per il collo della maglietta.

<<Dove credi di andare?>> gli sussurrò nell’orecchio.

La mano della ragazza iniziò a scivolare sempre più giù, sui suoi addominali.

<<Si è fatto tardi, dovrei andare.>> disse scocciato, ma non si mosse.

<<Andiamo, so che lo vuoi anche tu.>> continuò a sussurrargli nell’orecchio. <<Lo sento.>>

Non rispose. Non sapeva che fare, Giada era davvero una bella ragazza e aveva l’aria di una che ci sapeva fare, ma c’era qualcosa che non lo convinceva. Troppo facile, pensò. Lui amava le sfide, e lei di certo non lo era. Ma non gli dette il tempo per riflettere, che lei si lanciò in un bacio ricco di passione. Lui non si tirò indietro e aprì in un attimo la stanza, si fiondarono dentro e insieme si buttarono sul letto. Lei era insaziabile, voleva di più, e glielo dimostrava graffiando la sua schiena. Lui le levò la maglia e lei fece lo stesso, ma quando lei arrivò alla cintura dei pantaloni di Diego, lui si fermò e le prese la mano, stringendola.

<<Non lo fare.>> le disse severo.

<<E perché? Lo so che lo vuoi anche tu, i tuoi occhi sono rossi, bramano il mio corpo.>>

<<Tu non sei lei.>> si scostò e si rimise la maglia, in un solo movimento svelto. Rimise anche le scarpe e si diresse verso la porta.

<<Pagherai cara la tua scelta, giovane principe.>> affermò la ragazza alle sue spalle.

Il principe si inginocchiò, trafitto dal dolore che sentiva nel petto. La ragazza era entrata dentro di lui, lo stava sfogliando come si sfoglia un banale libro. Giada vide ogni cosa che lei desiderasse vedere, il principe sentiva troppo dolore per chiudere in una scatola ciò che lei non poteva vedere. Quindi vide ogni segreto, ogni cosa mai rivelata e che non dovrebbe mai uscire fuori. Vide lui stringere lei nel suo letto, vide i numerosi baci, vide persino la loro canzone. Quando uscì da lui, Diego tornò a respirare e strinse i pugni.

<<E così, c’è già una ragazza nel tuo cuore che non batte. Mi chiedo come sia possibile, i vampiri non possono amare. Eppure tu la ami, provi per lei qualcosa di davvero forte, capace addirittura di rinunciare a me.>>

Diego si alzò, dandole le spalle. <<Se tu dovessi parlare, io...>>

<<Oh, sta tranquillo principe. Non dirò niente a nessuno, a patto che tu questa notte resti con me.>>

Si morse le labbra e chiuse gli occhi. Non aveva scelta, quella ragazza era lì da un giorno e già lo aveva in pugno.
Si voltò e la vide: era scomposta sul letto, i capelli arruffati, un intimo rosso estremamente provocante e il rossetto leggermente sbavato.

<<Va bene.>> sussurrò più a sé che a lei, poi tornò davanti al letto e finì quello che aveva già iniziato.

Non poteva mettere a rischio la vita di Zoe e tanto meno la sua reputazione.

....................

Fine!

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Ringrazio coloro che, nonostante siano passati anni, hanno continuato a leggere questa storia! Ma anche chi ha iniziato da poco!
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