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Dieci lavagne di problemi da risolvere in poco meno di cinque giorni. Il sole sorgeva all'orizzonte quando Federica si ritrasse dalle lavagne su cui aveva segnato tutti i possibili problemi che avrebbero dovuto affrontare prima, durante e dopo la tempesta. Era stata la sessione di brain storming più pazzesca e più produttiva a cui avesse mai partecipato in vita sua. Mettere in fila 300 teste non era facile.

-Ora dobbiamo dividere i problemi in aeree di competenza ed assegnarle a ciascuno gruppo di lavoro. Tra questi dobbiamo individuare gli obbiettivi primari e quelli in qualche modo meno importanti- sospirò parlando con Rachel nel borbottio generale.

-I gruppi di competenza possiamo farli io e il direttore. Tu potresti prendere questo elenco e andare a cerchiare quelli che ti sembrano i problemi cruciali, seduta magari. - aggiunse Rachel. Apparentemente le aveva dato il compito più difficile. Federica in realtà pensava fosse una scusa per farla sdraiare. Normalmente si sarebbe opposta, ma era davvero sfinita. Sentiva le gambe cedere.

-Credo che andrò a sdraiarmi sul divanetto nell'atrio- rispose solo Federica. Rachel le sorrise soddisfatta. Le chiese se aveva bisogno di una mano con la stampella, ma Federica scosse solo la testa, prese una copia di quell'elenco scritta a mano da Rachel e si allontanò dalla confusione. Prima di entrare nell'atrio si fermò a guardare quelle giovani menti che discutevano tra loro indicando le lavagne. Jerome aveva ragione: non dovevano avere paura di passare il testimone. Quella stampella, quei giorni... era come se l'avessero fatta invecchiare tutta in una volta. Più che la direttrice del SIDC sempre in viaggio per lavoro che faceva 30 minuti di yoga al giorno e non sceglieva mai un hotel senza la palestra, si sentiva una vecchia zoppa con l'anca malmessa.

Era senza trucco ormai da giorni, non aveva un solo cambio d'abiti, indossava quella tuta che l'ospedale le aveva dato che era quasi più un pigiama. Aveva i capelli in disordine... e la ricrescita!! Se ne accorse specchiandosi nella vetrata dell'atrio. Come faceva a dire Jerome che così era molto meglio? Forse quell'uomo era cieco. O forse il suo cervello aveva davvero qualcosa che non andava... Come faceva a vedere ancora la ragazza che era stata e che aveva sposato dietro quelle rughe? Forse nemmeno lei la vedeva più. Si sdraiò sul divanetto e guardò l'elenco sospirando poi l'appoggiò in grembo. Non sapeva proprio da dove partire.

Che ne sarebbe stato del SIDC dopo il ventitré aprile? E della sua vita? Nessun'aereo avrebbe più potuto viaggiare ... probabilmente per anni. Almeno finché il campo magnetico non si fosse stabilizzato. Già tornare a Bruxelles non sarebbe stato semplice. Niente computer, niente satelliti, niente internet, niente telecomunicazioni. Non aveva alcuna notizia né dai suoi figli, né dal SIDC. Non sapeva nemmeno se fosse in piedi in realtà! Quasi le scappò da ridere... Come la sua direttrice... in fondo. Non avrebbe mai più fatto una messa in piega da un parrucchiere? E il suo amato yoga? E i tacchi e i trucchi? Si massaggiò il fianco gonfio. Aveva bisogno di antidolorifici. Ne aveva qualcuno rimasto da quando aveva lasciato l'ospedale, ma pochi ormai. Studiò la boccetta. Forse le bastava dormire. Lo rimise in tasca. Non aveva più il cellulare da giorni. Il pensiero la stupì. Come aveva fatto a vivere senza? Prima non se ne era mai separata che per poche ore. Da quanto tempo andava avanti così? Forse troppo. Forse il mondo le stava dando una lezione. Cosa era davvero importante nella vita? Cosa contava davvero? A cosa poteva rinunciare? Nonostante tutto era lì a lavorare: quindi non era cambiato nulla. Forse stava sbagliando a tenere lì tutte quelle persone invece che mandarle a casa?

Aveva perso le carte del divorzio nella prima tempesta. Era un segno? Era destino? Sospirò e ritornò all'elenco. Nemmeno lei vedeva in Jerome l'uomo che aveva sposato. Era solo un vecchio in sedia a rotelle, ma per qualche strano motivo le stava comunque più simpatico di quel don Giovanni spocchioso che vantava cattedre e riconoscimenti e nel frattempo, tra uno studio e l'altro, invece che andare a trovare i suoi figli o nipoti partiva per il Brasile o una qualsiasi meta tropicale ogni mese con una compagna diversa, sperperando soldi che avevano guadagnato insieme. Non aveva mai capito perché la chiamava sempre quando partiva. Era come se sperasse che qualcuno lo fermasse o forse era per ripicca: "Guarda come mi diverto mentre tu lavori!!". Federica sbuffò e riportò la testa al foglio. In un certo senso Jerome stava facendo una scelta di comodo. Nel mondo che sarebbe venuto non c'erano più viaggi o pazzie. C'era da sopravvivere con poco o niente e trovare qualcuno che si accollasse un vecchio con l'Alzheimer in sedia a rotelle non era facile. Senza un intervento al cuore non sarebbe durato abbastanza per vederlo peggiorare snesibilmente. Poteva stare attenta, ma fino a quando poteva salvarlo? Perché voleva salvarlo? Era per i suoi figli o per sé stessa?

Più cercava di concentrarsi su quell'elenco e più si perdeva nei meandri della sua testa. Forse Rachel aveva ragione. Era davvero troppo stanca. Chiuse gli occhi e si ritrovò in una caverna. Era tutta sporca e coperta di vestiti logori, lividi e ferite aperte. L'intera caverna emanava un forte odore di carne in putrefazione. Orrendo. Si ritrasse disgustata e cercò l'uscita. Quell'oscurità la opprimeva. Corse verso una luce. Si bloccò sulla soglia. La valle che si apriva davanti a lei era tagliata in più punti da fiumi di magma che scendevano a valle. La terra tremava sotto i colpi di un vulcano attivo che sorgeva a pochi chilometri da lì. Lo sbuffo del suo pennacchio fumoso si ergeva nel cielo per chilometri. La terra era nera e coperta di cenere. Nessuna minima traccia di vegetazione o arbusti. L'aria era quasi irrespirabile. Oltre le nubi si vedeva un sole malato che tentava di specchiarsi nella valle. Si sentiva la pelle bruciare e la gola ardere. Indietreggiò. Si gettò a terra e cadde in una pozza di fango. L'immagine che vide specchiata le restituì il terrore puro. Si alzò in piedi tremante e indietreggiò lentamente. Finché non udì nel buio un grugnito basso e afono. Rimase bloccata come una statua a guardare quegli occhi gialli di quell'essere che avanzava minaccioso. Una tigre dai denti a sciabola. Le zanne e il collo erano sporche di sangue rappreso. Era l'animale più grande e spaventoso che lei avesse mai visto vivo e non impagliato in un museo o in una ricostruzione al plastico. Indietreggiò spaventata. L'animale fece un altro passo verso di lei scoprendo l'intera sua mole e lasciandola senza fiato. D'improvviso sentì la sua caviglia cedere e cadere nel vuoto. Fece per aggrapparsi, ma la terra le scivolò dalle mani e precipitò nell'oscurità più piena con un grido di profondo terrore.

Si svegliò urlando. Era tutta sudata. Senza ulteriore indugio prese l'antidolorifico e si mise seduta aspettando che facesse effetto. Era stato il sogno più realistico e più terrificante della sua intera vita. Perché mai il suo inconscio l'aveva creato? Ok, l'apocalisse. Eppure, non era tutto li. La tigre dai denti a sciabola! Non poteva essere un caso. Prese i fogli sotto un braccio e la stampella con l'altra mano e si alzò in piedi lentamente dirigendosi verso un basso edificio distante meno di cento metri dalla sfera. L'intero campus era deserto nella fresca mattina di aprile. Erano tutti impegnati nella sfera. Per fortuna nessuno si era accorto del suo risveglio tormentato.

Passò accanto alcuni vecchi prototipi di acceleratori ed entrò sospirando nell'edificio. Si chiese come sarebbero sembrati i resti della loro civiltà alle generazioni di uomini successivi (sempre se ce ne fossero stati). Cosa avrebbero pensato di loro? Quanto delle loro scoperte sarebbero sopravvissute e quante dimenticate per essere magari nuovamente riscoperte più tardi? La scienza ciclica era un concetto a cui non aveva mai pensato prima, ma che le lasciava una punta di inquietudine nell'anima. L'umanità stava davvero progredendo o aveva una curva di apprendimento che arrivati ad un certo punto sarebbe involuta inevitabilmente per poi crescere di nuovo secoli o millenni dopo?

La biblioteca era deserta: i suoi pensieri rimbombavano quasi quanto i suoi passi in quei corridoi. Sentiva i vetri sotto le suole: probabilmente esplosi quando il satellite era caduto nel lago. Dovette passare faticosamente sopra ad alcuni scaffali colmi di libri caduti nell'atrio. Il custode era fermo immobile alla sua scrivania. Gli occhi grigi fissavano il nulla in maniera innaturale. Ricordava quell'uomo dai tempi in cui aveva lavorato lì. Nessuno si era dato nemmeno la pena di spostarlo. Dall'odore che emanava era probabilmente morto già durante la prima tempesta. In che mondo erano precipitati? Non avevano più nemmeno il tempo o la forza di seppellire degnamente i morti? Potevano davvero precipitare ancora più in basso?

Si diresse faticosamente verso la sezione della preistoria e incominciò ad analizzare la catasta di volumi sparsi a terra. Si chinava a terra con molta fatica cercando di leggere i titoli sulle coste e gettando i volumi inutili altrove. Non sapeva davvero ancora cosa cercare, ma quella tigre aveva risvegliato in lei dei ricordi dei suoi primi tempi al CERN. Un inverno, mentre aspettava la conferma della borsa di studio, aveva passato molto tempo in biblioteca temporeggiando. Aveva da poco conosciuto Jerome e stavano iniziando a frequentarsi come amici. Certo lei provava qualcosa, ma allora non si era azzardata ad andare oltre. Però lui le aveva chiesto di andare a sciare insieme per le vacanze e non voleva lasciarsi sfuggire questa possibilità. Così invece di tornare a casa sua in Italia aspettando la conferma della borsa di studio era rimasta lì nonostante non avesse un vero progetto da fare.

Era stato Jerome a suggerirgli quel campo di ricerca. Stavano partendo molti gruppi di ricerca interessanti sui campi magnetici e Jerome le aveva detto di provare a proporsi. Se l'avessero presa sarebbe potuta rimanere lì per anni e specializzarsi. Non era la sua prima scelta, ma piuttosto che tornare a casa voleva provarci. Così vagando per la biblioteca e cercando dettagli sui campi magnetici in varie sezioni si era imbattuta in quel libro chiedendosi cosa ci facesse un libro sui campi magnetici nella sezione preistoria. Si ricordava in particolare l'immagine di copertina: una tigre dagli occhi gialli coi denti a sciabola. All'epoca aveva trovato quel libro seppure molto semplice e ad alto livello, illuminante. Non c'era una sola formula o calcolo in tutto il libro, ma in qualche modo che non riusciva del tutto a comprendere fino in fondo, basandosi su complessi studi chimici sui fossili, l'autore con la sua squadra di ricerca erano riusciti a tracciare una mappa delle inversioni dei poli magnetici terresti che si erano susseguiti nella storia della terra. Dai dinosauri alla preistoria. E si era posto questa domanda, stupida quanto essenziale: perché i dinosauri non erano sopravvissuti e altre specie sì? Come aveva fatto l'uomo di Cro-Magnon a sopravvivere? Erano ovviamente tutte ipotesi, ma lo studio che aveva fatto sulle conseguenze dell'inversione era in linea con le ricerche più recenti. Seppure facendo letteratura, senza dimostrare nulla, quell'uomo a buon senso aveva indovinato una buona parte di ciò che era successo. Per esempio, aveva ipotizzato che i poli si invertissero ogni 400000 anni, ma che non avveniva sempre allo stesso modo, a volte era un processo lento e graduale, altre volte repentino e quando succedeva repentinamente il processo causava altri processi a contorno.

Federica voleva vedere se qualche ipotesi coincideva con qualche problema della lista e se su alcuni di questi problemi poteva esserci una soluzione. Impiegò quasi un'ora a trovare il libro. Era troppo esausta per tornare indietro subito, così rimise in piedi una sedia vicino ad uno dei tavoli e si sedette esausta aprendo il libro. Appoggiò da una parte l'elenco e cominciò a scorrere il libro. Ad un certo punto nel libro individuavano le specie che avevano passato indenni un'inversione, seppur diminuendo di numero e adattandosi al nuovo ambiente, e quelle che invece erano state sterminate. Gli uccelli erano i primi a cadere: molti di loro si muovevano usando come orientamento proprio il campo magnetico terrestre e quindi quando questo si indeboliva loro perdevano l'orientamento e la capacità di muoversi per recuperare cibo. Gli animali di grandi dimensioni erano anch'essi molto colpiti, specie dalle radiazioni e dalla scarsità di cibo. Si diceva chiaramente che larghe zone della terra fossero precipitate in una siccità senza precedenti dopo le inversioni. Niente piante, niente cibo per i grandi e piccoli erbivori, che erano a loro volta erano cibo dei carnivori. Gli insetti invece erano sopravvissuti senza grossi problemi a qualsiasi inversione, cibandosi di cibo in decomposizione ed essendo più abituati a vivere anche in ambienti inospitali. Negli animali di dimensioni intermedie avevano più possibilità quegli animali che usavano rifugiarsi in una tana. Federica alzò gli occhi guardando il cortile desolato ricoperto di alberi e detriti. L'uomo di Cro-Magnon abitava in una grotta, così come le tigri dai denti a sciabola o i mammut. La terra, la roccia erano isolanti naturali, questo li proteggeva dalle radiazioni e dall'onda elettromagnetica. Quindi dovevano solo fare altrettanto. Andare sottoterra. La gabbia di Faraday poteva funziona ma doveva trovarsi sottoterra per resistere alla tempesta e agli eventi atmosferici estremi che ci sarebbero stati a contorno. Inserì l'elenco nel libro, fece un bel sospiro e si diresse lentamente di nuovo versa la sfera. Era ora di sfruttare la scienza come vantaggio evolutivo.


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