Un sorriso e poi perdonami

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"Se non mi dici per chi lavori, non ti darò niente." ripete.

Aggrotto le sopracciglia sbigottita.

"Che hai detto?" replico perplessa "Sei sicuro di sentirti bene? Dai di matto? Hai fumato qualcosa di strano?"

"Non ti dirò altro se prima non confesserai per chi lavori. Governo? Mafia? Cinesi?"

Ci capisco sempre meno. Cosa sta succedendo?

"Avanti, coraggio, dillo." si guarda intorno con aria furtiva "Qui ci siamo solo noi due. È inutile che ti nascondi. Voglio solo sapere chi sono i tuoi capi!" sta gridando, ma riesce a tenere la voce bassa. Dovrei fargli conoscere Serena...

"Ma non capisco! Cosa intendi con i miei capi? Che stai dicendo?"

"Avanti, smettila con i tuoi stupidi giochetti da agente. Vuoi le nostre informazioni o no? Dimmi per chi lavori!"

Lo sguardo è serio, minaccioso. Non avevo immaginato potesse nascondere questo suo lato aggressivo. Decido di mantenere la calma e di non farmi prendere dal panico.

"Ok. Cristian? Mi riconosci? Sai chi sono io? Mi chiamo Marianna. Ci siamo conosciuti oggi... c'è qualcosa che non va? Ti senti poco bene per caso? È forse uno scherzo di cattivo gusto dei miei compagni di classe? Sai, a me piace scherzare, ma adesso mi stai mettendo veramente paura" La voce mi comincia a tremare.

E se non fosse un gioco? E se Cristian fosse un pazzo psicopatico e magari vuole uccidermi perché nella sua mente perversa io sono il diavolo e una voce gli sta dicendo di porre fine alla mia inutile e nociva esistenza? Ok, Marianna, guardi troppa televisione.

Cristian mi guarda paralizzato. Sembra mi stia scrutando nell'anima, ma non riesce a capire nemmeno lui.

"Va bene. Come siamo complicati! Vuoi proprio sentirlo dire da me? Adesso ti spiego." respira profondamente. La voce barcolla un po': "Lavoro per i servizi segreti di frontiera. Mi occupo di problematiche di antiterrorismo a livello internazionale e di controspionaggio insieme alle aziende affiliate dei governi dei Paesi confinanti. Sono andato a Mestre per prendere un file secretato da consegnare alla mia agenzia. Il file che volete anche voi. Però ora tocca a te parlare."

Sbianco in un battito di ciglia. La mia bocca si spalanca in un'espressione incredula finchè i miei muscoli facciali non si accorgono che il cervello sta impartendo l'intenzione di voler rispondere. Mi ci vuole del tempo per mettere insieme i pensieri e soprattutto per esprimerli in un pensiero logico coerente.

"Cosa? Ma allora prima noi, tu, io... ma io che centro? E cosa dovrei dirti adesso? Ma non ci arrivi che non sto capendo niente? Mi stai parlando in arabo da cinque minuti e ora mi dici così, a cuor leggero, che sei un agente di non so quale diavolo di organo di sicurezza e ti aspetti che io ti risponda come se mi avessi chiesto che ora è? Ma cosa avete tutti in testa oggi?" mi accascio sul sedile esausta, senza fiato.

Giusto in quell'istante, gli suona il cellulare. Legge quello che deve essere un messaggio, sgrana gli occhi e si morde il labbro. "Ecco!" sospira "Ma non potevi rispondermi cinque minuti fa?"

"Scusami." alza gli occhi e mi guarda "Sono un deficiente. Sapevo che non avrei dovuto dirti niente. So che non è facile, ma devo chiederti di dimenticare tutto quello che hai visto e soprattutto quello che ti ho detto. Sono proprio un imbecille!"

Se prima ero preoccupata adesso però voglio sapere tutto. È il minimo per quello che mi ha fatto passare.

"In effetti ti devo delle spiegazioni. Con me ti comportavi in modo strano, soprattutto le tue amiche, quindi ho pensato che mi seguissi perché fossi una spia di qualche organizzazione nemica. Invece le ricerche che ho fatto fare su di te hanno confermato che sei solo una civile: scusami tanto, non centravi proprio niente con tutta questa storia. Mi dispiace di averti spaventato."

Ed io che mi sono innamorata persa di lui e gli sono corsa dietro per tutto il treno! Invece ho solo costruito un enorme castello di carte che è crollato al primo soffio di vento. Che cretina!

Abbraccio Cristian e gli chiedo scusa per aver interferito col suo lavoro, ma non ho neanche lontanamente immaginato una cosa del genere. Lui mi sorride, accenna un saluto e se ne va.

"Prossima stazione: Udine."

Stiamo per arrivare. Adesso so cosa devo fare.

Torno al vagone delle mia classe, dove tutti si stanno preparando a scendere.

Il treno frena la sua corsa, mentre le persone si avvicinano alle porte e scendono sulla banchina in attesa del resto della loro comitiva.

Individuo Matteo tra la folla, si gira verso di me. Mi sorprendo a sorridere. Lui mi guarda perplesso e risponde con un timido sorriso. Gli corro incontro e quando lo raggiungo, lo abbraccio forte, facendogli cadere lo zaino. Appoggio la testa sulla sua spalla e gli sussurro all'orecchio:

"Matteo, scusami per quello che ti ho detto prima."

Lui si stacca da me e mi fissa negli occhi. Gli prendo le mani prima di continuare:

"Ho pensato che tutto quello che è successo oggi possa servire a qualcosa. Se per te va bene, sappi che io ci sono." sorrido.

Lui raccoglie lo zaino, mi prende felice per la mano e insieme ci avviamo verso l'uscita della stazione.

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