Capitolo 17 . Ottobre 2017

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Tommaso, guardando Giulio dall'altra parte della stanza, lo vedeva concentrato come non mai. Il biondino era tornato dal lavoro, aveva mangiato il pranzo che tanto amorevolmente Tommaso aveva cucinato ("Non vedi? Sono un uomo da sposare, io." aveva affermato, servendogli la pasta alla carbonara alla quale si era dedicato con tanto amore) e subito si era fiondato sui libri.

Era appena entrato all'università e già ce la stava mettendo tutta nello studiare per il primo esame.

"Ma che carino - aveva detto Tommaso quando l'altro si era seduto al tavolo e aveva tirato fuori evidenziatori, libri e quaderni di appunti - Sembra di vederti tornato ai tempi della maturità."

"Tempi oscuri." aveva detto Giulio, e poi si era chiuso nel silenzio. 

Per ciò che lo riguardava, Tommaso avrebbe avuto un turno serale al primo lavoro che era riuscito a tenersi per un tempo considerabile decente. Non era male, non aveva turni serrati, bastava solo che lui fosse flessibile e disposto a variare spesso il proprio orario a seconda del bisogno. E Tommaso, che oltre al lavoro aveva ben pochi impegni, era felicemente occupato a cambiare in continuazione la propria routine lavorativa. 

Rimase un po' sul divano ad ascoltare qualche vecchia canzone di Ozzy Osbourne, si scambiò un paio di messaggi con Greta, come da abitudine, le inviò qualche foto fatta di nascosto a Giulio e sorrise mentre digitava sullo schermo. Alla fine la ragazza lo abbandonò con una foto del suo violoncello. "Perdonami, il mio amante mi aspetta." diceva il messaggio.

Il ragazzo sbuffò, guardò verso l'alto e si portò le mani dietro la nuca. Lasciò cadere il proprio sguardo su Giulio, ma decise di non disturbarlo. Disturbare Giulio quando studiava era come svegliare un orso che dorme. Forse non proprio un orso. Un lupo. Un lupetto magro e spelacchiato. No, meglio. Un tenero e soffice gattino.

Adorabile, ma con degli artigli. E un bellissimo musetto, due occhi amorevoli e il pelo soffice come una nuvola. E gli artigli.

...

"How are you Darling? I've heard that there are some news, and now that I'm here, I wanna know everything!" 

Lorenzo, con la mano ancora sulla maniglia, alzò le sopracciglia, sbatté le palpebre e disse "Non ho la minima idea di che cosa tu stia dicendo, parla la lingua di noi mortali."

Greta alzò gli occhi al cielo e gettò le braccia al collo del suo migliore amico, abbracciandolo con la forza di chi non vede una persona a cui vuole bene da mesi. Lorenzo, come suo solito, si irrigidì sotto le sue mani e tossicchiò con l'aria di chi non è perfettamente a suo agio per un paio di secondi prima di ricambiare posandole il mento sulla spalla.

"Allora - Greta si separò da lui, per poi guardarlo con un sorriso - Tutto alla grande?" 

Gli fece un occhiolino e gli rivolse uno sguardo da "guarda-che-so-tutto". Lorenzo parve capire il riferimento e sorrise, alzando impercettibilmente le spalle.

"Continuiamo a vederci."

"Ma che carini che siete. Ship. Lorenzufus. No, suona malissimo. Ruforenzo. Ruforenzo è meglio, sì?" Greta si passò una mano sotto il mento, cercando di riflettere su quale effettivamente fosse il nome migliore.

"Nessuno dei due, ti scongiuro. Vieni, i ravioli sono quasi pronti. Iris sta già dormendo, quindi non facciamo troppo casino."

La ragazza dai capelli color pastello lo seguì, le mani nelle tasche dei jeans e un sopracciglio teatralmente innalzato verso l'alto "Iris? Pensavo sarebbe rimasta soltanto per l'estate."

Arrivarono in cucina, dove Lorenzo si mise a scolare il contenuto della pentola che stava sul fuoco "Lo credevo anche io, onestamente. Non riesco a capire che cosa quella stronza stia facendo, ma io non sono sua madre, no? Non ho bambini e non voglio certo averne."

"E allora dille di tornarsene a Milano. Sei un maestro nell'essere cattivo e schietto, no?"

Lorenzo si passò una mano tra i riccioli, poi riportò i ravioli nella pentola e si allungò verso un pentolino con dentro quello che odorava di ragù di carne. Greta si sentì l'acquolina in bocca e lo stomaco gorgogliante.

"Stare là non le fa bene. Deve rimettere insieme il suo schifo e non posso farlo io per lei, ma almeno qui la posso tenere d'occhio, no? E poi, non so da quanto tempo non frequenti l'università. A parte che per Eric, l'altro coglione, non so quanto possa davvero essere utile per lei stare lì. Come va, su a Londra?"

Greta sorrise dolcemente. Lorenzo non le avrebbe mai permesso di dirlo, ma era genuinamente preoccupato per la sorella e in quei momenti emergeva piuttosto bene quanto lui, anche se rudemente, le volesse bene. Per non esporsi troppo, però, aveva cambiato discorso, e la ragazza lo assecondò.

Greta prese un paio di piatti e le posate mentre il ragazzo dava una rimescolata al cibo "Come al solito, è tutto grigio e per trovare un ristorante italiano decente devo affrontare l'inferno del Tube o prendere tre autobus diversi. Al mio posto non faresti altro che bestemmiare."

"Immagino. Eppure un giorno sarò io a venire su da te, lo sai? Non sono mai stato a Londra."

"Ah, una novità in realtà potrebbe esserci."

Greta si sedette al tavolo della cucina, guardò dritto l'amico nei suoi occhi marroni e, con il profumo dei ravioli sotto il naso (ravioli che gli erano mancati come l'acqua a un pesce sulla sabbia e ai quai resisteva con grande, grandissima difficoltà) si appoggiò il dorso della mano sulla guancia, cercando di avere la totale attenzione dell'altro. Solo quando ebbe notato che lui finalmente la osservava con interesse, attendendo le sue parole con aria tesa, solo allora si decise a parlare.

"Io e Tommaso avremo un appuntamento serio."

Lorenzo alzò le sopracciglia scure, incrociò un attimo le braccia al petto, fece per parlare e poi si fermò. Parve riflettere per qualche secondo, poi parlò davvero "Se la cosa non mi disgustasse prenderei un bicchiere d'acqua, inizierei a bere e poi sputerei come nei film."

"Lui non è per niente male. Sei tu che lo demonizzi, lo sai vero?" Greta si allungò con il viso verso l'amico, sporgendosi sopra il tavolo e protendendo un poco il mento in avanti con aria da saputella.

"E' così poco elegante... cosa intende per appuntamento serio?"

"Beh, quando sei uno squattrinato come lui e ti offri di portare una ragazza in un ristorante elegante, dici di voler pagare e chiedi a quella ragazza di cercare un bel vestito..."

"Lui invece verrà con giacca di pelle e jeans strappati." Lorenzo sollevò le labbra in una smorfia di disgusto, come a voler dire "plebe".

...

Lorenzo prese un respiro profondo. Si tirò la manica della camicia per sistemarla, guardò la porta. Aveva già suonato al citofono e gli avevano già aperto il portone, quindi in un attimo si sarebbe trovato davanti...

"Tommaso." disse, mentre l'altissimo ragazzo appariva sulla soglia.

"Ohi." salutò lui, strizzando gli occhi. Sul suo naso stavano, chissà come e chissà perché, degli occhiali quadrati dalla spessa montatura nera. Aveva l'espressione di chi si è appena svegliato, dei boxer e una maglietta di Deadpool.

"Tu oggi esci con Greta."

"Sì." sul viso del ragazzo si formò quasi naturalmente un sorrisetto soddisfatto, quasi arricciato.

Lorenzo, fermo e dall'espressione inamovibile come quella di una statua, ripeté le parole che non avrebbe mai ammesso di essersi praticamente studiato a memoria nei giorni precedenti "Senti, dato che Greta è un essere umano e non il mio cane non posso impedirle di uscire con qualcuno che non mi piace, quindi se proprio siete contenti di fare i romantici, pretendo almeno che la mia migliore amica non esca con un barbone."

"Posso... sapere che cosa questo significa esattamente?"

Probabilmente dato che era appena sveglio i suoi neuroni non avevano ancora ripreso la solita routine. Non che la solita routine del cervello di Tommaso, agli occhi dell'altro, dovesse essere particolarmente intensa.

"Sto cercando di dirti che oggi, appena ti sarai messo qualcosa addosso, noi andremo a fare shopping. Ringraziami, perdo metà del mio weekend per te."

Tommaso aprì la porta un po' di più, le sopracciglia ancora aggrottate "Ma io..."

Lorenzo si autoinvitò in casa "Tu niente. E poi, per quale razza di motivo hai gli occhiali?"

Tommaso parve ricordarsi della loro presenza solo in quel preciso istante "Beh, perché non vedo un cazzo. Non dire a nessuno che li porto, non è molto cool."

Giulio se ne stava al tavolo da pranzo, lo sguardo fisso sulle pagine. Alzò appena la testa, dopodiché salutò e immerse di nuovo la testa nel suo libro di storia medievale.

"Immagino che Rufus ti prenderebbe in giro a vita - Lorenzo si guardò in giro nel panorama post-apocalittico della stanza con un brivido di nervosismo che gli saliva lungo la schiena - Su, vai a vestirti."

Tommaso si passò una mano tra i ricci sospirando pesantemente, dopodiché sospirò pesantamente "Sono le nove e non ho voglia di farlo."

"Consideralo un regalo per Greta. Ecco cara, un appuntamento con un non-scimpanzé delle foreste Sub-Sahariane."

"Fanculo te e le foreste Sub-Sahariane, ho da fare."

"Immagino che tu sia un uomo dalla vita particolarmente impegnata. In piena carriera, no? A fare il cameriere, il sogno di una vita." Lorenzo quasi sorrise a sé stesso riconoscendo come il proprio naturale sarcasmo avesse fatto immediatamente effetto sul viso di Tommaso.

Il ragazzo più alto portò il peso da un piede all'altro, sbuffò e si mise le mani sui fianchi con aria arrendevole "Va bene, ma sappi che non sono un riccastro come te, quindi dovremo spendere poco."

°°°

"Avevo detto che dovevamo spendere poco. Cosa c'è scritto sull'eti-oh cristo, morirò di fame dopo aver comprato questa cosa."

Lorenzo posò una mano sulla schiena di Tommaso, guidandolo inesorabilmente verso il camerino di uno dei suoi negozi preferiti, un elegante locale a due piani pieno zeppo di abiti, camicie e cravatte che potevano costare uno o più organi. Poca cosa, per Lorenzo, che per amor dell'eleganza avrebbe fatto letteralmente i salti mortali. Il più alto stava guardando, con aria abbastanza terrorizzata, il prezzo della giacca scura che aveva in mano.

"Se proprio vuoi - disse Lorenzo, alzando gli occhi al cielo - pago una parte."

"Come è caritatevole, buon uomo, a offrire qualche spicciolo a questo povero senzatetto."

Lorenzo alzò le sopracciglia "Non siamo poi molto lontani dalla realtà. Solo che io lo faccio per Greta, non per il qui presente povero senzatetto"

Con uno sbuffo Tommaso entrò finalmente nel camerino, sparendo dietro la tendina beige. L'altro lo aspettò al di fuori, le mani sui fianchi, un dito che tamburellava sul tessuto scuro dei pantaloni. Una cosa che divertiva molto Lorenzo era il terrore che aveva illuminato gli occhi di Tommaso quando aveva visto il prezzo della giacca. Chissà cos'avrebbe fatto se fossero stati aggiunti un bel paio di pantaloni e una cravatta. Fortunatamente Tommaso sembrava avere un paio di pantaloni semi decenti e addirittura una camicia color azzurro chiaro (come aveva potuto verificare ispezionando senza alcun pudore il suo guardaroba) che a detta del coso Siciliano era stata erroneamente rubata al fratello gemello. 

Per un attimo Lorenzo pensò a un mondo in cui coesistevano due diversi Tommaso. Rabbrividì, forse era meglio non pensarci più.

"Che scarpe hai a casa, Tommaso?" chiese, ricordandosi solo allora di quel fondamentale dettaglio.

"Oh non preoccuparti, ho un paio che va bene! - rispose la voce da dietro il camerino, mentre la tendina si scostava - Sto orrendamente?"

Lorenzo incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio, squadrandolo dalla testa ai piedi. Tommaso stava... stranamente bene. Con una bella camicia e dei pantaloni eleganti sarebbe potuto addirittura sembrare sobrio e raffinato. Lui, Tommaso, l'aspirante barbone.

"Come al solito il mio gusto si rivela impeccabile,- si limitò a dire Lorenzo, senza nascondere un sorriso - sei proprio sicuro di avere delle scarpe buone?"

Tommaso ci pensò per qualche secondo, una mano sul mento "Ora che ci penso, potrei averle lasciate in Sicilia l'estate scorsa..."

"Beh, allora andiamo a comprarne un paio. Credi di poter andare con gli anfibi?"

"Aspetta, non so se ho il tempo." Tommaso frugò nella tasca dei jeans, e invece di controllare che ora fosse sul telefono come una persona normale, tirò fuori un vecchio orologio da taschino un po' arruginito con il gesto più naturale del mondo. Lorenzo sbatté le palpebre, senza capire se quella fosse la realtà o se il suo cervello gli stesse giocando qualche scherzetto.

"Tu... - disse Lorenzo, osservando quel gingillo dall'aria preziosa - Tu hai un..."

"Ah, questo? Era di mio nonno. Carino, eh?"

Incredibile, assolutamente incredibile. Possedeva, allora, un sentore di raffinatezza, o qualcosa che vi si poteva avvicinare almeno un poco. Forse c'era davvero speranza per tutti in quanto a buongusto.

Fu così che, presa la giacca, Tommaso e Lorenzo si diressero a un negozio di scarpe lì vicino.

"Potrei prendere dei tacchi - stava suggerendo il più alto mentre entravano - delle graziose scarpine color argento con il tacco a spillo. Sono eleganti, no?"

"Cadresti con la grazia di un elefante."

I due si guardavano attorno nel negozio, alla ricerca di un bel modello, nella sezione dedicata alle calzature maschili. Si separarono un poco l'uno dall'altro e, quasi per sbaglio (o forse era il suo subconscio a volergli fare del male) Lorenzo si trovò nell'altra sezione, quella delle scarpe da donna. Si trovò sotto gli occhi un paio di scarpe dal tacco basso, color porpora, delle decolleté semplici. Il suo primo istinto fu quello di andarsene, poi si guardò attorno e tornò con lo sguardo su di esse. 

Faceva fatica a confessarlo persino a sé stesso, ma quelle scarpe gli piacevano, e parecchio. Erano semplici, eleganti. Non era la prima volta che si trovava a fare pensieri del genere. Già altre volte, da piccolo, si era trovato a prendere in prestito le scarpe di sua madre. Cosa ci poteva fare? Erano eleganti.

"Lorenzo, ma allora mi hai preso sul serio riguardo la storia dei tacchi! - Tommaso gli fece prendere un infarto o comunque qualcosa di molto simile - Purtroppo dubito che qui abbiano il mio numero, sono troppo ben proporzionato per farmi stare quelle cosine."

Lorenzo cercò di riprendersi dal panico "Un peccato, eh. Ti sarebbero state da favola, anche se avresti rischiato di uccidere qualcuno."

Tommaso sorrise sornione, probabilmente ormai abituato ai suoi soliti insulti. Si mise le mani in tasca con aria serena, poi aggrottò le sopracciglia "Aspetta... mica le volevi prendere per te?"

Lorenzo fece uscire una risata così falsa che quasi gli fece venire mal di gola "Certo, come no. Non lo vedi? Sono il gay stereotipato che si trucca e mette abiti da donna, perché è effemminato e deve far vedere a tutti quanto è queer."

Era quello il problema di Lorenzo. Non gli fregava nulla del fatto di essere gay, non gli importava di nasconderlo. Ma gli dava fastidio chi si comportava in modo da farlo sapere al mondo intero, chi lo rendeva l'unica parte della sua personalità, era una cosa che lui non voleva fare. Gli piaceva sentirsi elegante, quello sì, ma non gli piaceva dover urlare al mondo che cos'era, o far sì che la gente lo conoscesse solo per quello. E certo mettersi scarpe da donna non avrebbe aiutato. 

"Oppure, - replicò tranquillamente Tommaso - quello ti sembra soltanto un bel paio di scarpe."

"Da donna, o da omosessuale che vuole mettersi in mostra."

"Delle gran belle scarpe - Tommaso gli mise una mano sulla spalla e si diresse verso la sezione maschile, rivolgendogli un sorrisetto - Su, non dirò a nessuno che ti piacciono, il tuo segreto è al sicuro con me, caro"

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