Capitolo 22. Febbraio 2018

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

"Ti giuro che è tenero."

Lorenzo, con le guance arrossate dal vino, stava camminando in salotto con la testa incassata tra le spalle, le gambe piegate e la faccia impegnata nell'imitazione più impegnata mi vista di un Orango "Sono Tommaso mi piace Ozzy Osbourne e non ho un futuro."

Greta, sdraiata sul tappeto e con le braccia dietro la schiena, sbuffò con aria annoiata "Lo sai che sei stronzo forte?"

Lorenzo si raddrizzò, sorrise, si posò le mani sui fianchi, ancheggiò un poco e disse "Sì."

Greta si alzò a sua volta in piedi e mimò una fellazio con precisione inquietante "Ciao, sono Lorenzo, suono l'oboe perché mi ricorda quanto mi piace succhiare ca-"

Lorenzo le tappò la bocca "Shh! Quelli di sotto non lo sanno che sono gay."

Rimasero a guardarsi. Un secondo, due secondi. Poi scoppiarono a ridere entrambi come se avessero sentito la battuta più bella del mondo. Erano più che brilli ed erano contentissimi così. Lorenzo quasi lacrimava dal ridere e non sapeva nemmeno per che cosa esattamente stava ridendo. Soffocarono le risate in un paio di minuti isterici, poi Greta parlò con tono più serio.

"Comunque Tommaso è un bravo ragazzo. E' tenero."

Si sedettero di nuovo, sul tappeto (rigorosamente entrambi spogliati delle loro scarpe) e a gambe incrociate come i bambini che giocano agli indiani. Lorenzo osservò attentamente Greta negli occhi. Chissà che cavolo ci trovava in Tom.

"Tu sei libera come un uccellino, ma se ti farà stare di merda io te l'avevo detto. E gli farò un po' il culo, perchè sai che sei un po' come la sorella che non ho mai avuto,"

"Lorenzo."

"Sì."

"Tu hai una sorella."

"Certo - disse Lorenzo, grattandosi pensosamente il mento - Iris, la sorella che ho effettivamente avuto."

Greta si appoggiò una mano sul viso, poi sbadigliò "A proposito di Iris, ti ha scritto niente?"

Lorenzo alzò le spalle "Mi ha mandato una foto di una pecora perché sul treno si annoiava e poi più niente."

Iris era abbastanza incomprensibile. Dopo essersene rimasta accampata in casa di Lorenzo, essersi comportata in modo strano e tutto il resto, due giorni prima aveva alzato la testa, aveva deciso che avrebbe fatto le valigie e sarebbe tornata a Milano. Lorenzo, che ormai aveva rinunciato a comprendere le ragioni della maggior parte dei comportamenti di quella donna, aveva solo alzato le spalle e aveva detto che insomma, andava benissimo così, dato che non avrebbe più avuto in giro per casa resti di droga o simili.

Certo, era preoccupato per lei, ma se lei per prima non decideva di fare qualcosa, di attivarsi, di rimettere insieme la sua vita che stava prendendo un certo numero di somiglianze con una massa di carta accartocciata e poi innaffiata con decisamente troppa acqua, lui poteva farci ben poco. Poteva fermarla fino a un certo punto, non era certo suo padre, era solo suo fratello.

...

Iris in quello stesso momento stava avendo dei pensieri stranamente simili. A Milano faceva fottutamente freddo e il suo fottuto parka non la scaldava per niente e stava mangiando un fottuto kebab con qualsiasi fottuta cosa immaginabile gettatatavi dentro su una fottuta panchina nella serata più fottutamente deprimente della sua fottuta vita.

Aveva voglia di piangere e di chiamare il suo spacciatore di Milano Samu e farsi dare qualcosa. Ma non lo fece e continuò a mangiare. Non riusciva davvero a capire, a formulare nella propria testa quello che era successo. Insomma, sapeva che doveva accadere, lo sapeva da quando aveva deciso di tornare a casa, forse anche da prima.

Probabilmente era iniziato tutto il giorno del suo compleanno, quando Eric si era avvicinato a lei e le aveva detto "Non credevo che ti piacesse questa roba, cos'è?".

Ci aveva pensato tutta la notte. Si era rotolata tra le coperte per troppo tempo ponendosi la stessa domanda. Com'era possibile?

Iris adorava Van Gogh, adorava da sempre Van Gogh. Da piccola voleva diventare una pittrice e l'unico libro che avesse mai letto davvero volentieri era la sua raccolta di lettere. Non aveva senso che Eric non lo sapesse, non aveva senso che non sapesse che le interessava l'arte in generale.

Da lì era stata una spirale verso il basso. Perché, lei cosa sapeva di lui? Sapeva cosa voleva fare da piccolo, sapeva con che cosa era fissato? O forse nessuno dei due aveva mai parlato seriamente di sé perché l'unica cosa a essere per loro un punto d'incontro era, in realtà, la cazzo di droga che era diventata l'unico vero centro del loro piccolo e triste mondo? Sentivano davvero dei sentimenti l'uno per l'altra se lei si sentiva così meglio a Venezia e se lui non si preoccupava del fatto che la sua fidanzata si fosse allontanata per così tanto tempo e senza alcun motivo?

Perché si erano messi insieme? Perché lui era carino, erano entrambi single e avevano scopato a una festa mentre erano ubriachi. E il loro rapporto non era mai andato oltre quello. Loro due non si conoscevano, ma erano bravi a fingere il contrario.

E quindi era andata a Milano. Aveva parlato con Eric e lo aveva lasciato. E lo aveva fatto così velocemente da non capire come fosse possibile, da rimanerne stordita. Erano sembrati due minuti, neanche, in cui lei aveva parlato e lui, scuro in viso, non aveva pronunciato una parola. Due minuti in cui aveva buttato via la propria vita e si era resa conto quanto tutti quegli anni fossero stati superficiali, inutili.

Niente "ti prego resta", niente "possiamo farla funzionare", niente "ti amo". Si erano mai detti ti amo? Iris non se lo ricordava. Era rimasto tranquillo, non si era arrabbiato, mentre lei parlava di fretta e con le mani che tremavano.

Tutti quegli anni sprecati, pensava, non solo con lui, ma qui. Nessuno studio completato, nessuna decisione presa, nessun passo avanti nella propria vita. Si sentì quasi vecchia. Aveva rovinato anni che sarebbero dovuti essere bellissimi immergendoli in una confusa e cupa foschia.

Si chiedeva se anche lui la pensasse così, se anche lui si fosse reso conto del loro sbaglio, di quanto fossero lontani, di quanto tutto fosse nato per errore e non si fosse evoluto in nulla di davvero bello. Di cosa parlavano? Della nebbia, della droga, di chi cucinava il cibo, di "non vado a lezione oggi, me ne sbatto onestamente", di risate sguaiate davanti a programmi tv di cui non ricordava la trama. Per lui era mai stato importante, tutto quel poco che avevano condiviso?

Non lo seppe mai, perché lui non glielo disse. Le prese una mano e le disse che andava bene ma di smettere di tremare perché non serviva. 

Poi lei aveva deciso di andare a cena fuori.

E quindi eccola lì, più sola di quanto non si fosse mai sentita, con un paio di cuffiette addosso e la voglia di mettersi a piangere. Almeno, si disse, da domani ricomincio daccapo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro