CHAPTER 3

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Link's pov

...

I versanti della grande montagna sono instabili ed i sentieri ripidi, il tempo annuncia aria di bufera e la neve rende il tutto più scivoloso ed insidioso.
Il lupo mi rivolge uno sguardo ritrasformandosi nella fantastica creatura di prima, sfoderando degli artigli affilati e delle zanne bianchissime.
«Mmh, che aspetti? Su, andiamo!» mi dice prima di iniziare ad arrampicarsi; Lo seguo a ruota legando una corda al torace e l'altra ad una roccia più in alto.
Con il piccone agevolo la scalata dell'altura, finché, non sento il terreno sgretolarsi sotto i piedi, perdendo l'equilibrio e rischiando di precipitare a valle nel punto di partenza.

In prenda al panico stringo la corda che inizia a sfilarsi lentamente dal masso alla quale era legata, allo stesso tempo chiedo aiuto a Zayk che difficilmente riesce a tornare indietro.
Resisto il più possibile cercando di pianificare una strategia di salvataggio da quell'incubo; con entrambe le mani mi aggrappo a dei macigni stabili sul versante che stavo percorrendo, mentre le gambe vagano ancora nel vuoto.
Le fibre sottili della misera corda dalla quale dipende la mia vita si sfilacciano sempre più, e come si dice in questi casi, la vita è appesa ad un filo, letteralmente.
Zayk continua la sua arrampicata verso la vetta innevata ignorandomi, come se fosse il destino a mettermi in questa situazione.
Piccoli ciottoli di roccia si sgretolano, e nemmeno la mia presa è molto salda ormai.
È la fine.
Cadrò, mi romperò dieci costole, entrambe le scapole, un femore, forse anche il cranio si spappolerà e il mio cuore scoppierà.
La corda si spezza, il masso alla quale mi tenevo crolla, io precipito nel vuoto...
Svengo.

Poco tempo dopo mi risveglio su una superficie morbida e calda, sempre con quel venticello che mi dà quella sensazione di solletico sulla mia pelle, la stessa luce solare che mi acceca, e mi sento anche leggermente bagnato; Non bellissimo come risveglio, ma intanto sono vivo.
Guardandomi intorno stropiccio gli occhi credendo di star sognando, ma invece no, sono ad un'enorme distanza da terra tra le nuvole, sto volando, o meglio, sono su qualcosa che vola: è uno strano grande pennuto.
Inizio a soffrire l'altezza e tengo salda la presa alle piume del volatile, nel frattempo cerco un modo per scendere al più presto; Come cavolo ci sono finito su questo strambo uccello?
L'uccellaccio dal becco lungo come quello di un pellicano, dalle piume bianche e le penne di un rosso carminio intenso, le zampe d'anatra e gli occhi particolarmente colorati, si accorge della mia presenza facendo piccole piroette e capriole nell'aria stridendo.

Mi sento nuovamente perdere l'equilibrio, ma per evitare di cadere afferro le zampe dell'animale che immediatamente scende lentamente verso terra.
Mollo la presa ad una decina di metri dal terreno sbattendo la testa; Dolorante mi rialzo per il freddo immediato che percepisco una volta atterrato e, con la vista un po' offuscata per la botta vedo Zayk avvicinarsi: «Bel volo» dice ridendo come una iena. Ah, quella maledetta risata insopportabile.
«Lo so che hai preso una brutta botta, ma non puoi fermarti ora, muoviti!» mi dice scodinzolando nella neve.
Già, neve.
C'è neve da tutte le parti, zero alberi, zero persone, zero verde, zero gradi.
Intuisco subito di trovarmi sopra la cima della montagna, e qui sù il tempo sembra mite, il sole splendente e le nuvole si trovano solo al di sotto della vetta.
Non c'è nulla in giro se non un lontanissimo castello distante la superficie di un lago ghiacciato; il lupo mi fa segno di seguirlo, perciò avanzo piuttosto impedito in quel terriccio acquoso.

Arrivato innanzi al lago sembra più semplice camminare, però lo spessore del ghiaccio è molto sottile e potrebbe creparsi da un momento all'altro...
Fortunatamente riusciamo ad attraversarlo senza problemi, insieme a Zayk mi fermo per fare una pausa, sedendomi sulla neve fredda e respirando a pieni polmoni; l'aria fresca nella mia gola diventa fumo ad ogni respiro, sfrego le mani tra di loro per creare calore ma i guanti sono congelati, mi gelano anche i piedi e sono costretto a coprirmi il capo con il capello di lana della tuta.
«Entriamo dai, grrr che freddo!» dice Zayk osservandomi e rabbrividendo anche lui, poi torna nella sua forma da cucciolo.
Mi alzo procedendo verso il portone dell'immenso castello in pietra che regnava solenne sulla vetta del ghiacciaio, antico e con un fascino storico, familiare e dall'aria misteriosa; busso e questa volta dei passi aggraziati e ticchettanti avanzano fino alla porta in legno d'abete scuro.

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