Capitolo 40: Svolte

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Christian mi lasciò in camera con un certo dubbio.
Realmente mi aveva invitata a cena, oppure più semplicemente avevo capito male?

Quello che sembrava essere uno stronzo con la patente, mi aveva davvero invitata a mangiare una pizza?
Forse avevo proprio capito male.
No, non era una cosa possibile.

Cacciai tutti i miei pensieri nel dimenticatoio e decisi di leggere per distrarmi un po'.
In quel momento, le uniche cose che mi interessavano davvero erano uscire dall'ospedale e tornare alla mia vita di ogni giorno.
Dopo la scottata con Edoardo, gli uomini erano l'ultimo dei miei pensieri.
Per qualcuno sarei stata sicuramente di una noia mortale, ma per me era ossigeno, essere diventata così.
Mi stavo difendendo dal mondo, con ogni arma disponibile e non di meno, ero intenzionata a vivere, ma a modo mio.

Non capisci quanto è importante qualcosa finché tutto cambia.

Nei giorni successivi, Marika venne molto spesso a trovarmi.
Volle sapere a tutti i costi quando sarei stata dimessa.
All'Hotel erano tutti in fibrillazione per via del mio imminente ritorno.

Avevano persino avuto l'idea di organizzare una festa di bentornato.

Cose che proprio non facevano per me, odiavo essere al centro dell'attenzione, ma per una volta l'avrei sopportato.

Volevo tornare subito al lavoro, a costo di andarci in autobus tutte le mattine.
E lo avrei di sicuro fatto, visto che ero senza auto e la mia patente era stata sospesa. 

Finalmente arrivò il tanto atteso il giorno delle dimissioni.

Il medico entrò nella stanza quella mattina comunicandomi che finalmente sarei tornata a casa lo stesso pomeriggio e che, anche se non ero ancora al cento per cento, sarei potuta  rientrare al lavoro già dalla settimana successiva.

Il mio cuore si riempì di gioia.
Ero in estasi.

Riempii la mia valigia con le poche cose che avevo con me, i libri e qualche pigiama.
Mandai un messaggio a mia madre.
Mi rispose dopo soli pochi minuti, stava già venendo a prendermi.
La lettera di dimissioni con le terapie da eseguire a casa mi venne recapitata nel primo pomeriggio.

Ormai ero in grado di camminare da sola, così decisi di andare a salutare in guardiola tutte le infermiere che nel frattempo, durante la mia convalescenza forzata, erano anche diventate amiche.
Mia madre mi segui stringendo i miei effetti personali, permettendomi di ringraziare tutti.

In guardiola fui sorpresa di vedere Christian.
Stava parlando con una ragazza, una persona che non avevo mai visto.

《Vado a casa ragazzi, finalmente.
Mi dimettono. Grazie per tutto e spero di rivedervi per qualcosa di più allegro la prossima volta, chissà magari una pizza!》mi trovai ad essere pure allusiva.

Tutte risero, tranne Christian e l'infermiera più anziana alla quale mi ero legata di più.
Essa mi venne incontro per abbracciarmi.
In un momento di confessione tra noi,  la donna mi aveva raccontato che non aveva potuto avere bambini da giovane.
Si era talmente affezionata da sentirmi come quella figlia che non aveva potuto avere, le piacevo davvero molto.
Ricambiai il suo abbraccio sincero.

Mi sarebbe mancata la sua risata per i corridoi e quella sana simpatia vissuta, tipica da donna di mezza età.

Lasciai il mio numero ad alcune di loro, promettendoci che ci saremmo sentite.
Sapevo che probabilmente sarebbe stato quasi impossibile.
Una parte di me sperava che tutto quel periodo traumatico venisse cancellato dalla memoria, ma ci tenevo a non dimenticare i volti amici delle persone che mi erano state accanto.

Christian mi venne incontro per salutarmi.
Mi mise una mano sulla spalla e mi sorrise.
Ultimamente cercava il contatto fisico molto più spesso, rispetto alle prime volte.

《Bene, così te ne vai eh. Mi fa piacere. Comunque ci vediamo nel mio ambulatorio per completare la terapia. 》

《Ho già il calendario degli appuntamenti, non mancherò.》

Forse aveva già dimenticato dell'invito a cena ed io mi sentii stranamente un po' dispiaciuta.
Ci salutammo con un abbraccio e finalmente lasciai la clinica.

Mia madre posò le mie cose in auto e mi comunicò che, se volevo potevo, rimanere ancora un po' da lei con Filippo.
Non accettai il suo invito, anche se allettante.
Avevo bisogno di tornare nel mio piccolo appartamento con mio figlio e riprendere la mia vita di sempre.

Quando aprii la porta del trilocale, le mie narici vennero sopraffatte da un forte odore di chiuso.

Mia madre andò di tanto in tanto ad aprire le finestre, ma mai abbastanza.
Tre mesi erano stati molto lunghi, per cui c'era bisogno di pulire e arieggiare tutto.
Marco riaccompagnò a casa Filippo.
Il mio bambino non vedeva l'ora di tornare a dormire nel proprio lettino e riabbracciare Toby che, nel frattempo, era stato da mia madre.

Mammaaaa!》

Appena mi vide, mi corse incontro e si lanciò su di me.
Mi provocò un po' di dolore, ma non glielo dissi.
Avevo davvero troppa voglia di tenerlo tra le braccia.

《Ho parlato con tua madre in questo periodo.》

Intervenne Marco distraendomi dal mio momento di ricongiungimento con Filippo.

《Ti serve un auto. E un aiuto con Filippo.
Ti lascio la mia macchina, io non ne ho bisogno al momento visto che non sto ancora lavorando. Se per te va bene.》

《La mia parente è sospesa per via dell'incidente. Dovrò comunque aspettare un po' prima di poter tornare a guidare. 》

Non mi andava di condividere con lui ancora qualcosa, per cui non accettai.
Marco sembrò rimanerci male, ma di certo non erano più fatti miei. La sua reazione non mi interessò molto.

《Prenderò l'autobus.
In ogni caso non sarei ancora pronta per guidare, mi serve tempo.
E Filippo andrà a scuola con il pulmino, ho già contattato l'autista.》

Sembrava che il mio ex marito volesse a tutti i costi mantenere legami con me, oltre naturalmente al fatto che avessimo un figlio insieme.

《Va bene, come non detto.
Se hai bisogno, chiama comunque. Filippo sta con me questo week end se non ti dispiace, lo vorrei portare al circo.》

Mi dispiaceva molto che me lo portasse già via, dal momento che ero appena tornata, ma Filippo fu così entusiasta per il circo, che non potei rifiutare.

Marco mi comunicò che sarebbe passato sabato in mattinata a prenderlo.
Lasciò il nostro appartamento con uno sguardo particolarmente deluso, senza più incrociare lo sguardo con il mio.

Io e Filippo avevano tre mesi da recuperare e ci mettemmo dell'idea di iniziare subito.
Filippo accese la televisione e ci accomodammo sul divano.
Mi raccontò della scuola, della maestra nuova e del fatto che lo obbligasse a mangiare l'insalata che lui odiava moltissimo, perché verde e puzza di erba marcia.

Mi disse che avevano fatto un lavoretto per la mamma e che se lo era scordato a scuola, ma che me l'avrebbe portato a casa il giorno successivo.
Poi mi raccontò che andava ogni tanto dalla nonna e la sentiva piangere.

Mia madre stava ancora soffrendo terribilmente la morte di papà, sapevo che nonostante Filippo fosse per lei una distrazione, tante volte non lo era abbastanza.

Decisi di chiamarla e invitarla qui per mangiare un po' di cibo cinese con noi.

《Ok, allora se non disturbo mi vesto e arrivo. Grazie!》accettò subito.

Mia madre rispose entusiasta all'altro capo del telefono, prima di riagganciare.
Telefonai al ristorante e ordinai mezzo menù.
Filippo al mio fianco mi sussurrava cosa volesse mangiare e io non mi sentii di limitarci, così quando arrivò il ragazzo della consegna con oltre settanta euro di cibo, mi venne subito il mal di stomaco.

Mia madre arrivò poco dopo con una bottiglia di prosecco.
Divorammo quasi tutto, tra risate e pettegolezzi, mentre Filippo armeggiava per scartare tutta la roba verde dai suoi involtini primavera.

Inutile, era proprio mio figlio.

Nel bel mezzo della conversazione, fummo interrotti dal suono di un cellulare.
Ancora faticavo a riconoscere la mia nuova suoneria.

《Pronto?》

Un attimo di silenzio. Dieci lunghissimi secondi di attesa.

《Mary? Ciao! Sono Christian.》

Come aveva il mio numero?
Ah già, le infermiere.

《Ti chiamavo per ricordarti che domani devi venire in ambulatorio. Ok? Mi ero dimenticato di dirtelo prima che andassi via dall'ospedale.》

Ma se gli avevo lasciato detto di aver già ricevuto il calendario degli appuntamenti!
Mi aveva contattato forse con una scusa?

《Ok va bene, a che ora?》decisi di stare un po' al gioco. In effetti, mi piaceva anche sentire la sua voce al telefono. In più, avevo riposto diverse aspettative su quella telefonata, le quali però mi lasciarono delusa.

Christian mi comunicò l'orario dell'appuntamento e dopo esserci salutati, tornammo al nostro cibo.

Di nuovo non menzionò l'invito a cena di cui mi aveva parlato in stanza, poco tempo prima le mie dimissioni.
E io, ancora una volta, giurai di esserci rimasta male.

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