Capitolo 43: Rientri inaspettati

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Filippo non smise nemmeno un secondo di parlare del circo e di tutte le cose belle che aveva visto.
L'amica di papà gli era piaciuta, gli aveva persino comprato lo zucchero filato e un pupazzetto del circo a forma di tigre.
Diceva che il papà le voleva bene e si vedeva, che però non credeva fosse solo una sua amica.

Bambino sveglio.

Ero contenta che fosse stato bene con loro quella sera, anche se un po' temevo che Filippo potesse stare male nel vedere il padre con un altra donna.

Alla fine ricacciai il mio pessimismo in fondo alla testa e mi promisi di dare una chance a quella nuova ragazza.
Era giovane, ma sicuramente doveva avere qualcosa di speciale se alla fine, Marco se ne era innamorato.

_______________________

Quella settimana ero finalmente pronta per rientrare al lavoro.

Il Fausti, che di tanto in tanto mi chiamava per sapere del mio stato di salute, fu entusiasta nel constatare che stessi tornando all'hotel, pronta per ricominciare la mia vita di ogni giorno.

Avrei ripreso con un orario di lavoro molto più flessibile, anche perché ero costretta a spostarmi ancora in autobus.
Eppure quella condizione non mi dispiaceva.

Sul tram mi ero fatta qualche amico che come me faceva il pendolare, ogni mattina ci incontravamo ed era ormai diventato un appuntamento fisso, soprattutto quando andavo da Christian per la fisioterapia o in centro per fare spese.

Lunedì arrivò in fretta.
Mi vestii comoda e solo dopo aver preparato di corsa la borsa da lavoro, mi affrettai a prendere l'autobus che mi avrebbe portata fino a pochi metri dall'hotel.
Filippo cominciava ad apprezzare l'andare a scuola con il pulmino, si era fatto un nuovo amico che come lui non amava molto gli schiamazzi degli altri.
Passavano il tempo a scambiarsi le figurine e giocare con le carte di un videogioco molto famoso.

Fuori faceva freddo, ma la giornata era bellissima.
Non c'era niente di meglio che tornare al lavoro con il sole alto nel cielo, metteva di buon umore.

Entrai in hotel molto presto, quando ancora c'era poca gente in giro.
A malapena le addette alle pulizie, intente a sistemare l'atrio e rassettare la sala da pranzo.

Mario uscì dal suo ufficio correndo nella mia direzione.
Mi aveva vista dalla telecamera di sorveglianza.

《Amica mia! Bentornata! Come ti senti?》

Mi strinse in un abbraccio caloroso.
Nelle ultime settimane ci eravamo visti poco perché all'Hotel c'era stato moltissimo da fare, talmente tanto che in molti erano stati costretti a fare doppi turni.

《Sto meglio. Ma lasciami respirare, ti prego.》

Mario allentò un po' la presa, ma rimase comunque abbracciato a me.
Aveva ancora braccia forti, come mi ricordavo.

《Marika non c'è?》

Mario abbassò lo sguardo.
Sembrò dispiaciuto.

《Marika oggi non può venire. È stata male ieri. Dice che ha preso l'influenza, ma ti porto i suoi saluti. L'abbraccio vale anche per lei.》

Mi rattristai. Avevo voglia di vedere i miei amici, i miei due migliori amici in assoluto.

Entrai nel mio piccolo ufficio, era esattamente come lo avevo lasciato ormai quasi quattro mesi prima.

Sulla scrivania c'erano ancora tutte le mie scartoffie, quelle che ormai non servivano più, poiché si trattava di impegni già risolti probabilmente da Mario.
Avevano installato tende nuove però,  sicuramente un regalo di Fausti.
Mi accomodai alla mia scrivania, come non facevo da tempo.
Il mio capo entrò in ufficio senza bussare.

《Salve Marie! Oggi ricomincia con calma. Ti lascio qui qualche fattura da visionare. Ah, la aspetto per pranzo nel mio ufficio, dobbiamo parlare di alcune cose importanti.》

Di cosa doveva parlarmi?
Non che mi volesse licenziare, sperai.
L'ansia mi uccise, non avrebbe potuto dirmelo subito?

《Va bene, alle dodici in punto sarò nel suo ufficio.》

La mattinata passò senza troppi intoppi.
Ogni tanto Mario veniva per controllare, semmai avessi bisogno di un aiuto con le fatture, visto che si trattava di spese recenti che ovviamente non potevo conoscere.

Il Fausti era riuscito a spendere oltre quaranta mila euro per cinque nuove vasche idromassaggio nella sala relax perché, a detta di Mario, quelle che c'erano già erano poche.

Megalomane.

Le entrate dell'hotel però andavano alla grande.
Il Fausti era persino riuscito a trasformare l'Hotel in una location per un matrimonio di lusso e la sede per un congresso di magnati cinesi.
Il tutto gli aveva fruttato entrate per vivere egregiamente metà anno solare.
Il Fausti aveva sempre avuto l'occhio per gli affari, su questo non vi era il minimo dubbio, anche se delle volte tendeva ad avere la bocca un po' troppo grande rispetto agli occhi.
Correva bei rischi.

E la mia assenza ne era stata la prova.
Tutte le fatture erano di acquisti che per metà trovavo inutili o controproducenti.

Verso le dodici, in preda ad un forte mal di testa, mi avviai verso il suo ufficio.
Bussai piano alla porta, a differenza sua che non lo faceva mai.
Fausti mi invitò ad entrare.
Mi stava già aspettando.

《Vieni Marie Anne, facciamo due passi. Ti va?》

Credevo avessimo parlato nel suo ufficio.
Quella strana richiesta mi spiazzò.

Ci incamminammo verso i corridoi dell'hotel, parlando del mio posto di lavoro e del fatto che ero mancata molto tempo.
Il Fausti mi chiese se il mio rientro precoce avesse fatto bene al mio stato di salute.

《Certo che mi farà bene, signore. Non ne potevo più di stare a casa. Mi creda, questo lavoro è essenziale per me!》
Temevo mi stesse per licenziare.

Il Fausti mi fissò senza battere ciglio.
Poco dopo ci trovammo davanti alla sala grande, quella adibita ai pasti.

Quando Fausti apri la porta, il mio cuore mancò un colpo.

Erano tutti lì.

Mario, Marika, tutto lo staff dell'hotel, persino mia madre.
La sala era stata adibita per una piccola festa, celebrativa del mio ritorno.
In alto, era stato persino attaccato un festone che recitava la parola "bentornata".

Mi sentii commossa e osservai il Fausti. Sorrideva, chiaramente mi aveva presa in giro per tutto il tempo.
Mi ero volutamente lasciata prendere in giro.
Con un piccolo inganno, mi aveva condotta sino alla sala grande, dove tutti in silenzio mi stavano già aspettando.

Fu meglio del mio ultimo compleanno passato intubata in ospedale!

Marika mi sorrise dall'altro lato della sala.
Le andai incontro con le lacrime agli occhi.

《Ci sei tu dietro tutto questo, non è vero? Alla faccia dell'influenza!》

Marika mi strinse, compiaciuta per la sua bugia a fin di bene.
Mario al suo fianco, complice della mia migliore amica, se la stava godendo.
Era riuscito nell' intento di tenermi all'oscuro.

Ci abbracciamo strette, ma quando alzai lo sguardo oltre le spalle della mia amica, mi trovai davanti un'amara sorpresa.
Dietro a Marika, con le mani in tasca c'era Edoardo.

Erano passati più di quattro mesi,tanto tempo in cui non avevo avuto più avuto sue notizie, se non per quella volta che mia madre l'aveva incontrato per caso al supermercato.

Subito dopo essere stato nella mia stanza quell'ultima volta, momento in cui io mi ero finta dormire, non lo avevo più visto ne sentito.

Era bellissimo, come sempre.
Aveva accorciato i capelli, ma mi sembrò dimagrito, quasi sciupato.

I suoi occhi.
I suoi bellissimi occhi erano tristi e il verde risaltava nel pallore del suo viso.
Pensai di non averlo mai visto così deperito.

Fece per venirmi incontro, ma io rimasi ferma sul posto.

《Bentornata. Spero la mia presenza non ti dia fastidio.》

Ero come gelata, non riuscivo a spiccicare parola.
Il dolore che provavo nel vederlo aveva riportato alla luce tutto quello che negli ultimi mesi avevo tentato di dimenticare.
Mi voltai verso Marika.
Essa mi fece spallucce e mimò qualcosa.
Mi avrebbe spiegato in seguito.

《Sono felice che sei qui.》

Gli dissi distrattamente.
In realtà avevo sempre avuto voglia di vederlo, ma ero anche consapevole che questo mi avrebbe recato un dolore esagerato.

《Come stai? Mi sembri molto dimagrita.》

Nella stanza non c'era più nessun altro per me, se non lui. Le mie attenzioni erano solo per Edoardo.

Effettivamente avevo perso quasi due taglie dall'incidente.
Tutto quello che avevo nell'armadio mi stava larghissimo.

《Sì, forse un po', ma sto bene. Grazie del pensiero. Tu come stai?》

Non ero sicura di volerlo sapere davvero, ma le parole mi uscirono dalla bocca così, senza pensarci troppo.

《Non c'è male. Ho qualche lavoro interessante per le mani.》

Non mi parli della tua bellissima sposa o del tuo matrimonio felice?

Ero quasi sul punto di chiedergli di Elisabetta, quando Francesca, la cameriera più giovane dell'hotel, ci passò in mezzo con alcune portate in mano.
Il Fausti aveva davvero permesso tutto questo durante l'orario di lavoro?
Ci accomodammo ai nostri tavoli, io con a fianco Marika e Mario e di fronte a me Edoardo.
Non era una pura casualità.

Marika si avvicinò a me per parlarmi sotto voce.

《Ha saputo da Fausti che ti organizzavamo una sorpresa per il tuo rientro. Sai, suo padre e Fausti sono molto amici, il giro di voci è arrivato in fretta sino ad Edoardo.
Così mi ha chiamata chiedendomi se poteva venire. Gli avrei detto di no, ma mi è sembrato così esaurito dal tono di voce...》

Mi limitai a fare un cenno con il capo.
Edoardo ci stava fissando come avesse capito esattamente di cosa stessimo parlando.
L'averlo così vicino mi metteva ancora a disagio, come il tempo non fosse mai passato.

Estrassi il telefono dalla borsetta e mi accorsi di avere due SMS.
Erano entrambi di Christian.

"Ciao bellissimo rottame. Ti contatto per ricordarti del nostro appuntamento di mercoledì. E per chiederti se ti va ancora di farti ribaltare addosso un po' di birra!"

Era sempre così gentile con me.
Risposi velocemente.

"Certo che mi va.
Magari mercoledì ne parliamo, ok? Scappo, sono al lavoro!"

Christian mi rispose con un messaggio al volo e ritornai al mio pranzo di bentornata.
Attorno a me tutti ridevano e si divertivano, qualcuno ogni tanto veniva a chiedermi qualcosa in merito all'incidente e poi tornava a sedere.

Solo quando mi sentii esausta, mi alzai dal tavolo e con la banale scusa di andare in bagno, svoltai verso l'uscita per fumare una sigaretta in santa pace.
Qualcuno però, aveva capito le mie reali intenzioni evidentemente, perché dopo poco Edoardo era alle mie spalle.

《Come è successo?》

Mi voltai verso la sua direzione.
Era appoggiato al muro tenendo tra le dita una sigaretta.

《Come è successo cosa, di preciso?》

Non capivo dove volesse arrivare.

《Come è successo l'incidente, come hai fatto a farti così male.》

Pensai sinceramente che lo sapesse. Forse mia madre non gli aveva voluto raccontare tutto.

《Stavo entrando in autostrada, quando un tir ha invaso la mia corsia e ho perso il controllo dell'auto...》

Edoardo mi fissava come trafelato.

《Mi sento responsabile.》

Questo lo sapevo già, me lo aveva già detto in ospedale credendo stessi dormendo.

《Non sei responsabile. Ho fatto tutto da sola.》

Edoardo non smise di fissarmi, sembrava tremare.

《Non sono un uomo felice, Marie. Ho sbagliato tutto. Dopo il tuo incidente non ho fatto altro che pensare a te, sono distrutto. Non te lo nego.》

Gettai il mozzicone a terra, arrabbiata.
Se era venuto solo per farmi altro male, allora se ne sarebbe potuto anche andare.

《Quello che riguarda la tua vita, ormai non sono più fatti miei. Lo sarebbero stati se tu avessi scelto con il cuore e non con il portafoglio. Il fatto che tu sia qui oggi, a cosa è dovuto? Vuoi torturarmi ancora?》

Mi guardò come un cane abbandonato, quasi gli venisse da piangere.
Non avrei potuto davvero sopportare le sue lacrime.

《Sono venuto perché avevo voglia di vederti, ok? Puoi concedermelo, almeno questo?》

Il suo tono di voce era cambiato, si era fatto più imponente.

《Lo so che non mi vuoi qui, lo vedo. Ma non sono riuscito ad impedirmi di venire. Lo so che è assurdo, ma mi manchi. Nonostante sia un uomo sposato, nonostante le mie scelte, non riesco. Non riesco a stare distante. 》

Stava davvero urlando.
Cercai di rimanere calma, anche se dentro di me qualcosa stava per scoppiare.

《Ok, hai finito?
Ognuno qui ha fatto le sue scelte e ormai le cose non si possono cambiare.》

Edoardo si passò le mani tra i capelli.
Aveva l'aria sempre più affranta.

《Permettimi solo di far parte della tua vita, come amico. Non pretendo altro.
So che non possiamo essere altrimenti.》

L'idea di essere amici mi fece accapponare la palle, ma era una cosa possibile, a metà tra l'essere amanti e l'essere banali sconosciuti.

《Ok.
Adesso rientriamo o qualcuno potrebbe preoccuparsi.》

Edoardo mi seguì fino alla sala da pranzo, dove tutti continuarono a bere e divertirsi.
Fausti comunicò che nel pomeriggio si sarebbe lavorato, l'Hotel non poteva andare avanti da solo.
Le donne delle pulizie si misero a sistemare la sala per la cena, mentre io mi presi il tempo per salutare i miei graditi ospiti.

Quando fu il turno di Edoardo, ci salutammo con un bacio sulla guancia, proprio come si farebbe con un amico. Prima di girare i tacchi, decise di dirmi un'ultima cosa. La più spiazzante.

《Non mi sento di aver ancora fallito del tutto con te. Ti prometto solo che, presto, le cose cambieranno.》

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