21 - Youth

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Nei giorni seguenti, quasi come per tacito accordo, nessuno dei tre amici menzionò la notte del party. Si incontrarono giusto per mettere a punto gli ultimi preparativi, mantenendo la massima concentrazione sul compito. Dopo quella serata da sballo, di cui sembravano ricordare poco e niente, sentivano il bisogno di rientrare nei ranghi e recuperare un minimo di sobrietà in vista dell'ultimo appuntamento previsto dal tour.

Una parte di Jem, quella più autolesionista, era tentata di riprendere il discorso per vedere la reazione di Will e Sara, sentire la loro versione dei fatti e, soprattutto, scoprire se quei baci fossero stati reali o se si fosse sognato tutto. L'altra parte, quella più protettiva, preferiva non sapere e gli intimava di mettere una bella pietra sopra a quella serata incasinata, risparmiandosi inutili patemi d'animo. Alla fine, aveva avuto la meglio il suo lato razionale e così il grande interrogativo venne archiviato.

Era la vigilia della partenza per Venezia. Quel viaggio sarebbe stato molto speciale per i tre amici: era la loro prima volta a Venezia, ultima tappa del Grand Tour che si sarebbe concluso proprio il 18 agosto, giorno del loro diciottesimo compleanno. Per l'occasione, avevano pianificato dei festeggiamenti alternativi: una festa in barca la notte tra il 17 e il 18 riservata solo a loro. Dal momento che avrebbero festeggiato il passaggio all'età adulta in mare, lontano da casa, una cena con i parenti prima della partenza era d'obbligo.

La sera del 16 agosto le tre famiglie si erano riunite attorno a un tavolo all'aperto in uno dei ristoranti di corso Como. Era una serata non troppo afosa, il cielo era limpido e stare all'aria aperta piacevole. I posti a sedere erano pieni e l'atmosfera tra i tavoli gioviale. I nove commensali avevano consumato la loro cena a base di pizza e commentato con entusiasmo i recenti traguardi dei ragazzi.

«Auguri!» proclamarono in coro mentre Will stappava la bottiglia di spumante per celebrare con i genitori il loro compleanno.

«Siete stati meravigliosi, siamo così fieri di voi» aveva dichiarato la madre di Will ai tre ragazzi che le avevano rivolto un gran sorriso.

«Che questo non sia che l'inizio di una brillante carriera» disse con risolutezza il padre di Jem, sollevando il calice in direzione del figlio che ricambiò il brindisi con un sorriso tirato.

«Il tour è stato un successo, abbiamo seguito tutte le vostre dirette e i post sui social» aggiunse fiero il padre di Jem, indicando il suo smartphone di ultima generazione in bella mostra sul tavolo. La madre annuì sorridente. «Era come se fossimo lì con voi.»

«Sì. Peccato che non lo eravate» ribatté amareggiato Jem. Il padre fece per ribattere, ma venne bloccato dalla moglie che poggiò una mano sul braccio del figlio e gli rivolse uno sguardo amorevole: «Hai ragione, tesoro. Non è lo stesso».

«Pronti per domani? Avete tutto ciò che vi serve?» chiese apprensiva la madre di Sara al trio.

«Sì, mamma, grazie» sbuffò la figlia alzando gli occhi al cielo.

«Ah ah, è inutile che sbuffi mia cara,» l'ammonì la signora Villa «ho ancora ventiquattr'ore per starti dietro, non intendo mollare proprio adesso. Quando sarai ufficialmente maggiorenne, hai voglia di sbrigarti le tue cose da sola» concluse impettita, ricevendo sguardi d'approvazione dalle altre mamme presenti.

«Cielo, com'è volato il tempo» commentò con un velo di commozione la madre di Jem.

«Già. Ma ci pensate? Sembra ieri che siamo uscite dall'ospedale con questi tre scriccioli in braccio» affermò la madre di Sara soffiandosi il viso accaldato con un ventaglio a fiori.

«È vero, Olimpia. Sono cresciuti così in fretta. E quanta strada hanno fatto! I nostri gioielli...» sospirò la madre di Will con gli occhi lucidi.

«Per favore, Virginia, possiamo evitare le lacrime stasera?» intervenne a sdrammatizzare il padre di Will. «Stiamo festeggiando, signore, non è mica un funerale!» Le tre donne annuirono, tamponandosi gli occhi leggermente arrossati col tovagliolo.

«Hai ragione, Tiziano» ammise la mamma di Will deglutendo. «È che... non è da tutti quello che state facendo, diciamo la verità» disse con orgoglio rivolgendosi ai tre. «Siete d'ispirazione per tanti giovani che lottano per realizzare i loro sogni.»

«Ce ne vorrebbero cento di voi! Ci sono troppi cattivi esempi in giro di questi tempi» osservò il padre di Sara lisciandosi i baffoni con aria contrariata.

«Guarda che i ragazzi di oggi non sono stupidi, caro. Sanno apprezzare le cose belle e buone, così come i nostri figli. Spesso siamo noi i primi a sottovalutarli» ribatté decisa la moglie agitandogli il ventaglio chiuso sotto al naso.

«Vedete che il vostro talento è stato notato e l'impegno ripagato? Si prospetta per voi un futuro ricco di opportunità» li incitò la madre di Jem.

«Certo, la pubblicazione di un libro a quest'età è un ottimo biglietto da visita. Potreste sfruttare le vostre doti per cimentarvi in concorsi letterari di un certo calibro, recensire le opere altrui, magari, scrivere articoli per le riviste del settore, lavorare nell'editoria. Per non parlare delle nuove professioni digitali. L'altro giorno leggevo un articolo al riguardo...» aveva cominciato a dire con slancio il padre di Jem mentre quest'ultimo sprofondava sempre di più nella sua sedia.

«Chi vuole un gelato?» esclamò di getto Sara, venendo in soccorso all'amico. Jem e Will alzarono la mano al volo e scattarono in piedi. «Noi, ehm, andiamo a prendere un gelato e a farci un giro» annunciò Sara, tagliando la corda con i due. Avevano resistito fin troppo a quel tavolo.

«Andate, andate, cari» li spronò con energia la mamma di Sara. «Godetevi la vostra bella gioventù!»

Si allontanarono con la voce del padre di Jem nelle orecchie che stava dicendo entusiasta agli altri genitori: «Perché quest'anno non vi unite a noi per il Gran Premio di Monza? Tra gli impegni nostri e dei ragazzi è tanto che non passiamo una giornata insieme. Posso riservarvi dei posti in tribuna d'onore! Diego, se non ricordo male tu eri un appassionato...».

«Grazie, mi hai salvato dall'ennesimo comizio di mio padre» sospirò Jem riconoscente in direzione di un'allegra Sara alle prese con il suo gelato.

«Ehi, guarda che io lo volevo davvero il gelato!» sogghignò Sara sollevando un sopracciglio con finta espressione risentita.

«Beh, allora grazie al tempismo delle tue voglie» si corresse Jem, percorrendo con gli amici il viale che da corso Como saliva fino a piazza Gae Aulenti. «Perché quando non c'è mi manca, e quando c'è vorrei che non ci fosse?» si domandò poi, guardando con distacco la gente che gli passava a fianco.

«Perché sentiamo la mancanza di qualcosa solo quando non ce l'abbiamo» gli rispose pacato Will riservandogli uno dei suoi sguardi da grande saggio.

«Comunque, devo dire che stasera era più simpatico del solito» fece notare Sara a Jem. «Secondo me questa storia delle poesie gli ha aperto gli occhi sul tuo conto e sul futuro che aveva pianificato per te. Lo hai sentito, no? Sta cominciando a prendere in considerazione l'idea che, anziché seguire le sue orme, potresti fare qualcosa che si avvicina maggiormente alle tue inclinazioni.»

«Così sembra. Ma con lui non si può mai dire. È un tale lunatico...»

«Tale padre, tale figlio» ironizzò Sara dandogli un colpetto sul fianco e riuscendo a strappargli un sorriso arrendevole.

«Oh, scusate, non vi ho chiesto se ne volete» fece Sara offrendo il gelato ai due.

«No, graz...» cominciò Will prima che Sara gli puntasse il cucchiaino di plastica dritto alla bocca. «E dai, Will, è il tuo gusto preferito... Non che si possa sbagliare, visto che abbiamo tutti e tre gli stessi gusti. Ci pensate? Non è strano?» riprese lei guardandoli curiosa e passando il cucchiaino a Will.

«No, se passi tanto tempo con qualcuno come nel nostro caso» osservò Will. «Mmm, buono. Grazie.»

«Jeremy?» chiese Sara porgendo anche all'altro un cucchiaino pieno di gelato.

«No, grazie» fece Jem secco.

«Su, non farti pregare» piagnucolò Sara nella sua direzione.

«Non mi va, davvero» protestò Jem scuotendo il capo.

«Ok. Peggio per te: non sai cosa ti perdi» gli fece presente lei leccando il cucchiaino e lanciandogli uno sguardo impertinente. Jem alzò gli occhi al cielo, esasperato. 

Ma lo faceva apposta? Come faceva a essere così provocante e irritante allo stesso tempo?

«Oh, ma... sbaglio o sei fatto più alto?» gli chiese all'improvviso Sara esaminando il suo profilo alla luce di un lampione.

«Può darsi» fece Jem senza battere ciglio.

«Ma sì, guarda» insisté Sara avvicinando la sua spalla a quella di Jem per misurarne a occhio la differenza. «Io dico che hai messo almeno cinque centimetri quest'anno. Non è vero, Will?»

«Uhm, credo di sì» rispose Will soffermandosi un istante sull'aspetto dell'amico. «È che stando insieme praticamente ogni giorno non ci accorgiamo che nel frattempo siamo cresciuti.»

«Altroché se siamo cresciuti» constatò Sara lanciando uno sguardo fugace ai suoi bicipiti abbronzati. «Stiamo per diventare maggiorenni, miei cari!»



Milano era quasi deserta in quelle calde sere d'agosto e la movida metropolitana era ridotta al minimo. A quell'ora c'erano per lo più a spasso famiglie con bambini, coppiette e adulti. I tre passeggiarono pigramente attorno a piazza Gae Aulenti, alzando di tanto in tanto lo sguardo sulla Torre Unicredit che svettava imponente sopra le loro teste. Si sentivano così piccoli dinnanzi a una tale, vertiginosa magnificenza. In fondo, cos'erano loro agli occhi del mondo se non tre ragazzi? Tre ragazzi che, con l'aiuto dell'arte a loro cara, cercavano di dare un senso alla propria vita in quel regno del caos e dell'assurdo.

A questo pensavano i tre amici mentre percorrevano sovrappensiero una delle strisce che dividevano la moderna fontana al centro della piazza. Quella parte di fontana era quasi asciutta alla base, con qualche pozza qua e là vicino ai getti. Diversi passanti ne approfittavano per attraversare la "piscina" e toccare gli spruzzi d'acqua senza il rischio di inzupparsi. Il trio si fermò ad ammirare i bambini saltare e strillare allegri sui giochi d'acqua illuminati da colori cangianti. Blu, verde, rosso, giallo. Era una cosa semplice, eppure faceva sbocciare ogni giorno tanti sorrisi, piccoli e grandi. Tutti al mondo avevano bisogno di cose semplici, di gesti genuini e sinceri: erano quelli, in fin dei conti, che rendevano la vita degna di essere vissuta.

Tutt'a un tratto, senza preavviso, Sara si separò dal gruppo e si fiondò nella vasca allungando le mani sui getti intermittenti e improvvisando una danza attorno ad essi, ruotando e sorridendo alla gente che la osservava incuriosita.

«Come fa a rendere ogni momento così... magico? È unica» affermò ammirato Will.

«Un capolavoro» sussurrò Jem incantato da quella moderna ninfa che muoveva con grazia il corpo tra i flutti colorati. I lunghi capelli biondi, il top bianco a righe verticali e il pantalone nero largo alla caviglia si stavano gradualmente inumidendo. Sara danzava per lei, per loro, per tutti, leggiadra e disinvolta come fosse sola nella sua stanza, lontana da occhi estranei. Era una visione, uno spettacolo della natura. La ninfa non tardò a spronarli a raggiungerla con gesti e parole carichi di entusiasmo.

«Fossi in te, non le direi di nuovo di no, sai? Potrei pentirmene» gli suggerì con convinzione Will all'orecchio.

«Cosa? Io non...» ebbe giusto il tempo di dire Jem prima che Will lo spingesse dritto tra le braccia di Sara che lo trascinò con sé tra i giochi d'acqua. «Allora, la facciamo l'ultima ragazzata milanese o no?» li incitò lei risoluta, iniziando a schizzarli senza pietà. Will e Jem non se lo fecero ripetere: in pochi secondi si lasciarono travolgere da quell'irresistibile vulcano di energia e sfacciataggine, inzuppandola dalla testa ai piedi. Si inseguivano e spingevano urlando come bambini spensierati tra le esplosioni d'acqua dai colori vivaci, fregandosene di quello che la gente poteva dire o pensare. Pareva che il tempo si fosse fermato e che le stelle quella sera brillassero solo per loro.

Quando infine rallentarono, ormai esausti, si squadrarono dalla testa ai piedi e risero di cuore, risero di quant'erano fradici e folli. Poi, senza dire nulla, si avvicinarono e si abbracciarono forte, travolti da un turbine di emozioni colorate. Chiusero gli occhi e sorrisero ciascuno sulla spalla dell'altro, pensando a quanto fossero fortunati ad aversi l'un l'altro.

Certi gesti, era vero, valevano più di mille parole.

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