27 - Was it a Dream?

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

«Jem, svegliati! Ti prego... ti prego, svegliati» lo stava chiamando con urgenza la voce di Sara da un punto impreciso sopra di lui. Jem pregò che fosse stato tutto solo un terribile incubo e che, una volta aperti gli occhi, avrebbe trovato accanto a sé i suoi due migliori amici. Ma quando aprì gli occhi si trovò steso sul divano della cabina con una Sara che lo fissava atterrita e lo scuoteva nervosamente. Allora non se l'era sognato. Era vero...

Cosa? Cosa era vero?

«Jem...» cominciò Sara, ma questi scattò in piedi e corse al bagno, impedendole di continuare la frase. Vomitò tutto quello che aveva in corpo e, forse, anche l'anima.

Possibile che fosse successo davvero? Aveva lasciato annegare il suo amico? No no no, impossibile. Doveva essere un sogno. Un incubo! Ne faceva spesso, dopotutto. Forse era solo la sua fantasia che, mescolata all'alcol, gli stava giocando un brutto scherzo. Si aggrappò al bordo del lavandino al suo fianco e si tirò su con una fatica indescrivibile. Aprì il rubinetto e fece scorrere l'acqua fredda che raccolse con mani tremanti e si gettò in faccia. Sollevò lentamente il capo e si scostò i capelli bagnati dalla fronte, scosso da forti convulsioni; lo specchio gli restituì il riflesso di un viso cereo dagli occhi rossi e incavati: il fantasma di se stesso.

E se stesse ancora sognando? E se invece fosse sveglio e quello che aveva visto nella sua mente fosse successo davvero? Se fosse stato lui a spingere Will in mare? No, era a dir poco assurdo... ma come faceva a esserne sicuro? Doveva scoprire cosa fosse realmente successo a Will. D'improvviso gli venne in mente un particolare.

Uscì dal bagno con la stessa rapidità con cui vi era entrato e si diresse spedito al ponte dell'imbarcazione senza degnare di uno sguardo Sara che, vedendolo riapparire di colpo, lo stava chiamando con voce preoccupata. Jem raggiunse il punto in cui, nel suo sogno-ricordo, doveva averlo spinto e lo perlustrò con estrema attenzione. Quando lo aveva spinto giù, il bicchiere di Will era caduto a terra e si era infranto. Quell'immagine era spaventosamente nitida nella sua mente. Eppure, davanti ai suoi occhi non c'erano né cocci di vetro né chiazze di cocktail. Jem perlustrò per sicurezza tutto il ponte in cerca di tracce incriminanti ma non trovò niente. Si fermò e osservò la laguna che si stendeva placida davanti a loro, ignara di tutto quel trambusto. Si era immaginato tutto? Se così fosse, non era lui il colpevole della sua sparizione, o peggio... Ma ciò non toglieva che qualcosa di inspiegabile fosse successo.

«Jem!» urlò Sara dopo averlo finalmente raggiunto.

«L'hanno trovato?» chiese d'istinto Jem voltandosi verso di lei con il fiatone.

«No» disse Sara angosciata. «Lo stanno ancora cercando, stanno...» cominciò, ma si bloccò subito per chiedergli: «Ohi, che ti è preso? Cosa cercavi? Hai ricordato qualcosa?».

«No» Jem scosse il capo amareggiato. «Credevo di aver ricordato qualcosa, ma mi sbagliavo. Non ho idea del come e né del perché sia sparito» fece portandosi le mani in testa, camminando avanti e indietro senza sosta e guardandosi attorno irrequieto.

«Jem, ho paura» gli confidò Sara, il panico nella voce. «Che fine ha fatto Will?» Jem si fermò per squadrarla, lì in piedi, paralizzata dal timore della sua risposta; non poté far altro che andarle incontro e abbracciarla, sconvolto quanto lei dalla scioccante scoperta in quello che sarebbe dovuto essere un giorno di festa.

«Non lo so.»

I loro cuori battevano così forte da minacciare di lacerargli il petto. Si poteva passare così rapidamente dal paradiso all'inferno? Il loro compleanno, i brindisi, l'alba romantica su Venezia erano già un ricordo lontano.



Quando Jem e Sara sbarcarono al molo di Mestre alle otto c'erano ad attenderli sulla banchina un gruppo di giornalisti attorniati da una dozzina di curiosi. Il capitano li aiutò a scaricare la roba loro e di Will mentre si facevano subito avanti quattro guardie costiere, tre uomini e una donna.

«Ragazzi, come state? Ve la sentite di salire in macchina?» chiese la donna in tono premuroso. I due annuirono debolmente e salirono a bordo di un'auto, scortati da due guardie mentre le altre due caricavano i bagagli su una seconda auto. Al loro passaggio i giornalisti, armati di microfono e telecamere provarono a strappargli qualche dichiarazione, ma invano.

«Avete contattato i vostri genitori?» chiese la guardia al volante mentre si allontanavano dal molo.

«Non ancora, in mare non c'era campo» spiegò Jem, che si affrettò a prendere il cellulare e a comporre il numero di sua madre.

«Tesoro, auguri! Tutto bene? Com'è Venezia?»

«Mamma, ascoltami bene: c'è stato un incidente ieri notte e siamo dovuti tornare a Mestre.»

«Un incidente? Oh, mio Dio! Come stai?»

«Io sto bene, tranquilla. Però tu e papà dovete venire qua il prima possibile.»

«Santo cielo, perché? Che è successo?»

«Stamattina Will non era più a bordo con noi. Non sappiamo bene cosa sia successo. Sara è qui accanto a me, stiamo andando alla sede della Guardia Costiera.»

«Come? Will non era più...? Gesù, cosa...»

«Senti, ti aggiorno dopo, devo avvisare gli altri genitori.»

«Va bene, va bene!»

«Sbrigatevi!» la esortò nuovamente Jem prima di chiudere la chiamata; poi si voltò verso Sara che gli sedeva accanto: aveva la sua giacca di pelle addosso che stringeva tra le dita e teneva lo sguardo fisso fuori dal finestrino.

«Ora chiamo i tuoi, ok?» la informò, prendendole la mano abbandonata accanto al suo fianco; ma non ottenne risposta. Strinse i denti e cercò di focalizzarsi sul dovere. Digitò il numero del signor Villa e rabbrividì quando all'altro capo sentì il vocione del padre di Sara. Prese un respiro profondo e rispose.

«Signor Villa, sono Geremia. La chiamo da Mestre, c'è stato un... imprevisto durante il viaggio e siamo dovuto tornare indietro. Sara è qui accanto a me, sta bene» fece cercando nel frattempo di spronare Sara a mandare un segno di vita a suo padre. Ma lei mantenne il suo mutismo assieme a quello sguardo perso chissà dove.

«Che significa? Che è successo?» stava sbraitando il signor Villa al telefono.

«Will stamattina non era più a bordo con noi. Lo stanno cercando. Noi siamo al sicuro con la Guardia Costiera, le manderò l'indirizzo della sede. Ci raggiunga lì.»

«Parto subito!» tuonò il padre di Sara riattaccando. Jem riprese fiato e strinse la mano di Sara. «Tuo padre è stato avvisato, sta venendo» cercò di rassicurarla ma, anche stavolta, niente risposta. Sembrava caduta in stato catatonico.

Adesso veniva la parte peggiore: chiamare i genitori di Will. Jem cercò di non andare nel panico. Fece un paio di respiri profondi e deglutì. Se l'avesse detto a sua madre sarebbe di sicuro svenuta al telefono. Optò per suo padre, col quale avrebbe potuto parlare in modo più diretto. Posto che fosse riuscito a parlare.

«Pronto?»

«Tiziano? Sono Geremia.»

«Oh, buongiorno, mio caro! Auguri ai nostri fantastici maggiorenni! Arrivati a Venezia?»

Jem chinò il capo e strinse i denti, sforzandosi di non scoppiare a piangere. «V-veramente no. C'è stato un incidente ieri sera a bordo e il capitano ci ha riportati a Mestre.»

«Un incidente? Niente di grave, spero. State tutti bene?»

Jem dovette ricordarsi di respirare perché era andato in apnea. «Ehm... io e Sara sì, ma Will... Ecco, abbiamo passato tutta la serata insieme ma stamattina lui non si è svegliato con noi. Lo abbiamo cercato ovunque ma... non era a bordo.»

Silenzio.

«Non ho potuto chiamare prima perché non c'era campo.» Jem aveva appena sganciato la bomba ma non riusciva a sopportare il silenzio dall'altra parte, così continuò a parlare. «La Guardia Costiera lo sta cercando, ok? Fareste bene a venire qui il prima possibile... Pronto? Tiziano, ci sei?»

«Io... ehm, sì... sì» disse questi con voce instabile. «Il tempo di chiamare Virginia e ci mettiamo subito in viaggio.»

«Ti scrivo dove siamo. Posso lasciare il vostro numero alle guardie e alla polizia?»

«Sì. Sì, certo...»

«Va bene.»

«E... Geremia,» lo chiamò il padre di Will «tu e Sara come state?»

«Noi stiamo bene. Vi aspettiamo!»

Mentre Jem riattaccava venne colpito da una sensazione stranissima: si sentiva alienato, come se stesse vivendo quella scena fuori dal suo corpo. Non seppe dire se stava per cadere anche lui sotto shock perché le guardie parcheggiarono e li fecero scendere, riportandolo alla cruda realtà. Non sapeva come, ma i giornalisti erano arrivati anche là; fortunatamente le guardie avevano piazzato delle transenne e si erano schierate per tenerli a distanza di sicurezza.

Attraversarono scortati la hall dell'edificio e furono condotti in una sala riunioni libera per proteggerli da sguardi indiscreti. Jem era riuscito, non sapeva come, ad arrivare lì sulle sue gambe mentre Sara si era dovuta reggere alle due guardie che la affiancavano. Li avevano fatti accomodare su due delle poltroncine attorno al lungo tavolo al centro della stanza. In breve li raggiunse un alto e impettito ufficiale sulla sessantina con una serie di distintivi e onorificenze appuntati sulla divisa bianca.

«Buongiorno, ragazzi. Sono l'ammiraglio ispettore Virgilio Croce. Il capitano Flegias mi ha messo al corrente. Voi come state?»

«Noi bene, ce la caveremo. Vorremmo sapere se ci sono aggiornamenti sulle ricerche del nostro amico, William De Santis.»

«Al momento no, mi spiace. Vi terremo aggiornati, non temete. Avete avvisato le famiglie?»

«Sì. Verranno da Milano, però. Ci vorranno almeno tre ore.»

«Va bene. Tra poco verrà un medico ad accertare il vostro stato di salute. Intanto ci occorrono i vostri documenti e i contatti telefonici dei vostri genitori.»

Non appena Jem ebbe fornito all'ufficiale tutto ciò che aveva richiesto, si rivolse finalmente a Sara. «Vado a prenderti qualcosa da mettere nello stomaco, ok?» Lei riuscì ad annuire debolmente. Jem l'abbracciò al volo e uscì dalla sala, lasciandola a fissare il tavolo vuoto davanti a sé.

Dopo avere praticamente costretto Sara a bere almeno un bicchiere di succo, Jem afferrò di nuovo il telefono e fece un altro giro di chiamate. Avvisò i referenti a Venezia di annullare la presentazione che si sarebbe dovuta tenere quella sera; poi mise al corrente il professor Romano, Martini, Paolo e Francesca. Inutile dire che fossero uno più sconvolto dell'altro. Ma mai quanto loro.

Nell'arco delle successive due ore non ricevettero novità sulle ricerche ma, in compenso, dalla tv appesa alla parete della sala trasmettevano già notizie piuttosto dettagliate sull'accaduto.

«I tre giovani poeti, noti al pubblico come "The Dreamers", erano giunti ieri da Milano a Porto Marghera dove si sarebbero imbarcati alle venti circa per Venezia, ultima tappa del loro tour nazionale...» stava comunicando il notiziario locale. «I ragazzi avrebbero attraversato la laguna di Venezia su questa lussuosa imbarcazione per festeggiare, lontano da occhi indiscreti, il passaggio alla maggiore età...» spiegò la giornalista mentre mandavano sullo schermo foto fresche di scatto giù al molo. 

"Merda," pensò Jem tra sé "siamo rovinati".

«Secondo le nostre fonti, a bordo sarebbero state trovate ingenti quantità di alcolici e superalcolici. Le forze dell'ordine stanno setacciando l'imbarcazione in cerca di ulteriori prove. Non sono state ancora rilasciate dichiarazioni ufficiali, ma non sembra azzardato ipotizzare che lo smodato consumo di alcol potrebbe essere stata una delle cause del tragico evento verificatosi...»

Jem afferrò il telecomando dal tavolo e spense immediatamente la tv, addolorato e indignato al tempo stesso. I telegiornali stavano già facendo congetture su quell'allettante caso e mandando in onda immagini della "scena del crimine". Si sfregò le mani sul viso e si voltò allarmato verso Sara, la quale stava a testa bassa e mani giunte sotto al tavolo, muta da quando erano sbarcati. Nonostante non si esprimesse, Jem poteva indovinare quali interrogativi la stessero ossessionando, dal momento che erano uguali ai suoi: Will, dove sei finito? Che cosa hai fatto?

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro