39 - Never Be Alone

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I mesi passarono inesorabili mentre Sara e Jem si impegnavano a dare un senso alle loro vite senza Will. Erano giunti all'ultimo anno di liceo, l'anno più atteso e temuto dagli studenti: l'anno della maturità. Quell'anno Sara e Jem erano diventati, se possibile, ancora più inseparabili: vivevano praticamente in simbiosi. Insieme andavano a scuola, facevano i compiti, componevano poesie. Si sostenevano a vicenda in ogni momento della giornata. Ce la mettevano tutta per voltare pagina, per fare progetti sul futuro.

Sembravano aver ritrovato la loro vena artistica. Jem aveva ripreso a suonare: suonava di tutto, non più solo cupi notturni; anche Sara era tornata alla danza con rinnovata energia e voglia di mettersi alla prova. Avevano deciso di riattivarsi sui social e di realizzare una nuova raccolta di poesie da dedicare a Will. Inoltre, avevano chiesto e ottenuto dal preside il consenso per l'istituzione di un concorso artistico-letterario nel loro liceo in memoria di Will. La prima edizione del premio sarebbe partita il successivo anno scolastico, una volta che loro avrebbero lasciato la scuola. Era il minimo che potevano fare per tenere vivo il ricordo dell'amico che amava quel luogo con tutti i suoi pregi e difetti. Anzi, più una cosa aveva difetti, più lui l'amava.

Un luminoso pomeriggio di aprile, i due si trovavano a casa di Jem a lavorare alla tesina per la maturità. Stavano bene insieme, immersi nel loro silenzio che non era mai vuoto. Non si guardavano più negli occhi con la paura di precipitare in un oblio senza fine. Adesso li animava la consapevolezza di non essere soli, di esserci sempre l'uno per l'altra.

«Hai scelto l'argomento?» chiese Jem a Sara interrompendo le sue ricerche e sollevando lo sguardo dal quaderno sul quale aveva preso appunti.

«Uhm, credo di sì» confermò Sara, scorrendo attentamente le schede aperte sul pc e prendendo nota su un foglio accanto: la sua mappa concettuale cominciava a prendere forma. «Eroine moderne: donne che hanno lasciato il segno, donne rivoluzionarie nella scienza, nella letteratura, nell'arte. Che ne pensi?» gli chiese scostandosi dalla faccia la coda di Napoleone, il quale era puntualmente balzato sul tavolo e stava esaminando con aria curiosa le scartoffie sparse e, soprattutto, il portatile.

«Penso che non avresti potuto scegliere argomento migliore» ammise con franchezza Jem prendendo Napoleone e mettendoselo in grembo.

«Certo, sarà un bell'excursus e la selezione è ardua. Al momento ho segnato: letteratura greca, Saffo; letteratura inglese, le sorelle Brontë; italiano, Alda Merini; filosofia, Hannah Arendt; storia dell'arte, Frida Kahlo; diritto, Rosa Parks; geografia astronomica Margherita Hack...» elencò additando una sfilza di nomi e materie tracciati sulla carta, evidenziati e collegati tra loro. Jem guardò le sottili cicatrici bianche sul suo polso, ricordo indelebile del periodo più brutto della loro vita. Eppure era passato, e ora erano lì insieme a parlare di scuola ed esami come i loro coetanei.

«Dovrò lavorarci su parecchio se non voglio che venga fuori una cosa banale» stava dicendo intanto Sara con una smorfia.

«Qualunque cosa farai, sarà tutto fuorché banale» le garantì Jem convinto mentre Napoleone faceva le fusa alle sue carezze.

«Hey, are you flattering me?» scherzò Sara pettinandosi i lunghi capelli biondi con le dita. «Tu, piuttosto! Che ti frulla per la testa?»

«Mmm?» fece Jem riavendosi dalla contemplazione di quella cascata dorata e magnetica. «Io... ehm...» farfugliò sfogliando distrattamente il suo quaderno. «Stavo pensando di approfondire il tema del potere della parola e l'uso che ne è stato fatto nella storia. La parola come mezzo di persuasione per Lisia, l'Istitutio Oratoria di Quintiliano, la retorica del Superuomo nel pensiero di Nietzsche, il culto della parola del poeta vate D'Annunzio, la propaganda dei regimi totalitari durante la seconda guerra mondiale, il controllo psicologico delle masse denunciato da Orwell in 1984, peraltro così attuale...»

«Ohé, vacci piano: così mi spaventi la commissione!» lo interruppe Sara allontanandosi dal tavolo e portandosi le mani alla testa.

«Cercherò di contenermi» sentenziò serio Jem, tradito però da un sorriso sottile che lasciava intendere tutto l'opposto.

«Contorto come sempre, Lord Byron» lo rimbeccò lei riprendendo le sue ricerche. Dopo qualche minuto, però, Jem notò che la sua mente era già altrove: aveva sul viso un'espressione meditabonda che non pareva avere a che fare con la tesina.

«A cosa pensi?» le chiese. Sara si scosse dal torpore che l'aveva avvolta e gli rivolse uno sguardo esitante.

«Oh, io... beh, stavo pensando che, in fondo, sei sempre stato il mio Rochester.»

«Ah sì? E, sentiamo, come finiva tra Jane e Rochester?» domandò Jem sollevando un sopracciglio. «Non l'ho ancora letto, sai.» Sara gli rivolse un sorrisino enigmatico mentre cominciava a raccogliere le sue cose. «Appunto. Dovrai leggere la storia per scoprirlo» disse mettendosi lo zaino in spalla.

«Niente spoiler?» tentò lui speranzoso alzandosi, mettendo giù Napoleone e accompagnandola alla porta. Sara scosse il capo misteriosa.

«Dovrò chiederti di prestarmelo, allora.»

«Non c'è bisogno di chiedere» fece Sara ripetendo la frase che lui le aveva detto più di un anno prima, quel pomeriggio al parco. Jem si accorse che i suoi occhi emanavano una luce nuova, forse un barlume di speranza in una vita migliore o, per quanto possibile, normale. La speranza di non essere mai soli.

Sara si era fermata sulla soglia e continuava a fissare Jem con quello strano luccichio negli occhi.

«Che c'è? Hai dimenticato qualcosa?» le domandò lui d'istinto. Sara fece un passo verso Jem, si sollevò sulle punte e gli posò un fugace bacio sulla guancia, appena sopra l'angolo della bocca.

«No. A domani!» lo salutò con un sorriso trattenuto a stento e una nota d'impazienza nella voce, scendendo rapida le scale e sparendo dalla sua vista.

«A domani» le rispose Jem ancora stordito, sfiorando con le dita il punto toccato dalle sue labbra. Un tocco dolce e setoso come balsamo, un baleno di pace e bellezza.

Dopo che Sara fu uscita di casa, Jem si richiuse la porta alle spalle e vi poggiò la schiena contro, ritrovandosi a fissare come un ebete la parete vuota davanti a sé.

Magari c'era ancora speranza per lui. 

Magari c'era ancora speranza per loro. 

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