5 - Wings

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Al suono dell'ultima campanella Will, Sara e Jem si unirono alla calca di studenti che lasciava le aule del liceo classico di Oderzano. Superati i cancelli, i tre amici nonché compagni di classe non poterono fare a meno di notare il solito gruppetto di fascinose della scuola che si approcciava ai playboy dell'ultimo anno appoggiati con aria spavalda alle mura della scuola.

«Suvvia, Jem, non disperare. Ci sono tante altre ragazze al mondo...» disse Sara in tono incoraggiante dando un pizzicotto sul fianco di Jem.

«Ti sembro forse disperato?» ribatté Jem guardando accigliato Sara che si coprì al volo la bocca per trattenere le risa.

«Ma no, non era quello che intendevo. Era solo una battuta!»

«Oh, giusto. Scusami se non apprezzo il tuo senso dell'umorismo» sbuffò Jem cinico.

«Non è vero, Sara: lui adora il tuo senso dell'umorismo! Soprattutto quando gli parli di ragazze...» rincarò Will in tono provocatorio beccandosi un'occhiataccia da Jem.

«Ah ah, certo. Come se non lo conoscessi» disse Sara appendendosi al braccio di Jem e mostrando un'espressione contrita. «La prego, Lord Byron, mi perdoni per avere urtato i suoi nobili sentimenti» recitò con voce melodrammatica.

«Ok, ti perdono. Per stavolta» sbuffò Jem rassegnato, lasciandosi tuttavia sfuggire un mezzo sorriso in direzione dell'amica.

Tra gli esibizionisti appostati all'ingresso dell'istituto c'era, immancabilmente, anche Matteo. Quel giorno indossava una delle sue tute tanto costose quanto pacchiane, oltre alla sua solita faccia da malandrino. Non appena il trio gli passò davanti, questi fece prontamente l'occhiolino a Sara, seguito da un ghigno furfante. Per tutta risposta, lei gli lanciò un'occhiata indispettita e si rivolse agli amici.

«Uff, ma che ha da guardare?»

«Lo sai com'è Matteo: gli piace attirare l'attenzione» disse Jem vago.

«Beh, la mia non l'attira di certo» assicurò decisa Sara facendo inarcare le sopracciglia a Will e Jem.

«Sei sicura?» indagò Will facendo spalancare occhi e bocca a Sara.

«No, ma dico, l'hai visto?! Pensi che potrei mai avere qualcosa da spartire con quel viscido?»

«E chi lo sa. Magari potresti scoprirlo se gli dessi una possibilità, se lo vedessi con altri occhi. Mai giudicare un libro dalla copertina...» dichiarò Will il saggio.

«Già, ma se c'è solo la copertina...?» ribatté Sara con una smorfia di disappunto. Will scoppiò a ridere e scosse il capo. «Wow! Non ti facevo così crudele, sul serio.»

«Comunque, stavo pensando ai telefilm americani» cambiò a quel punto argomento Jem, accennando al club delle snob e suscitando sguardi interrogativi negli amici. «Guardale: sembrano le cheerleader dei licei americani. Ma che gli passa per la testa? Fanno le cascamorte con i fighi della scuola e ridono come ebeti alle loro battute idiote.»

«Scusa, chi ti dice che sono idiote?» obiettò Sara allungando il collo in direzione di un paio di bellocci.

«Oh, ti prego! Credi che dalla bocca di Fumagalli possa uscire qualcosa di sensato?» insinuò Jem indicando con un cenno del capo un ragazzone palestrato con la mascella pronunciata e l'aria da gradasso che teneva banco al centro del gruppetto; dalle risate sguaiate delle tipe che lo circondavano sembrava stesse raccontando qualcosa di molto divertente.

«Ehm, non proprio» ammise Sara storcendo il naso.

«Ti piace vincere facile, Jem?» lo rimbeccò a quel punto Will dandogli una gomitata sul fianco. «Povera Sara, però: non dev'essere facile trovare un degno partito abituata com'è ai nostri standard...»

«Per niente» concesse arrendevole Sara. «Jem, dovessi aspettare di trovare qualcuno con un QI pari al tuo rimarrei zitella a vita!»

«Lo prenderò come un complimento» replicò questi sollevando un sopracciglio nella sua direzione. «Comunque, meglio per te. Ti risparmieresti futili dispiaceri.»

«Perché, scusa, i geni non possono essere degli stronzi sciupafemmine?» polemizzò Sara portandosi le mani ai fianchi mentre Will si godeva deliziato quel teatrino.

«Certo che sì, ma almeno ridurresti drasticamente il rischio di portarti a letto un pacchetto stronzo più deficiente, no? »

«Grazie tante, Jeremy! Hai praticamente azzerato le mie già scarse possibilità di trovare qualcuno di interessante nel raggio di chilometri» si lamentò Sara lanciandogli un'occhiata esasperata.

«Ok, forse l'abbiamo abituata un tantino male» concesse Jem preoccupato.

«Santa ragazza, a che ti serve rimorchiare tipi rudi e con la mente annebbiata dagli ormoni – è così alla nostra età, rassegnati – quando hai noi?» esclamò Will come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Dove li trovi due ragazzi al seguito così brillanti e super dotati?» Stavolta fu lui a beccarsi un'occhiata incendiaria. «Oook, direi che sei stato molto chiaro, grazie!» affermò Sara in tono secco, cercando di mascherare l'ondata di imbarazzo che le aveva mandato le guance in fiamme. «Non dico che non sono fortunata, anzi. Diciamo che voi siete l'eccezione che conferma la regola, ecco. I maschi alla nostra età sono tremendi.»

«Perché, le femmine no? Delle vipere!» dichiarò infastidito Will.

«Non dirmelo» sbuffò Sara, superata in quel momento da tre ridacchianti compagne di danza. Le prese in giro nei suoi confronti perché non aveva il "fisico da ballerina di danza classica" erano pane quotidiano per quelle anoressiche malevole.

«Ignorale,» la rassicurò Jem guardandole allontanarsi e aggiungendo in tono sprezzante «non hanno un briciolo del tuo talento, né della tua bellezza.» Will annuì e rivolse a Sara un sorriso incoraggiante. «Concordo. Non invidiarle neanche per un secondo. Sono loro ad avere dei problemi e a non accorgersene. Tu sei perfetta così come sei.»

«Grazie, ragazzi» sospirò Sara riconoscente. «Vedete, il punto è proprio questo: siete sempre così gentili e protettivi con me... siete come fratelli. Perciò non potete essere per me più che... ehm... Oh, insomma, avete capito!» sbottò Sara arrossendo ancora di più e scuotendo il capo imbarazzata.

«Abbiamo capito» ripeté Jem con un sogghigno.

«"Un rapporto d'amicizia che sia fra uomini o fra donne, è sempre un rapporto d'amore. E in una carezza, in un abbraccio, in una stretta di mano a volte c'è più sensualità che nel vero e proprio atto d'amore"» recitò Will con sentimento, lasciando i due alle sue spalle a bocca aperta.

«Dacia Maraini» aggiunse con espressione compiaciuta.

«Ah, beh, se la metti così allora siamo a posto» concluse Sara alzando le mani in segno di resa.



I tre percorsero il familiare viale alberato diretti alle rispettive case. Facevano quella strada da tre anni, andata e ritorno, ogni giorno di scuola.

«Raga, ma ci pensate che siamo già al penultimo anno? L'anno prossimo diventeremo maggiorenni» constatò Sara elettrizzata prendendo Will e Jem a braccetto.

«Già. E poi? Cosa faremo finito il liceo? Ci avete pensato?» domandò quest'ultimo con voce cupa. I due scossero la testa. Continuarono a camminare vicini, sovrappensiero.

Grazie ai giochi d'infanzia e alla scuola avevano passato insieme praticamente tutti gli anni della loro vita. Ma dopo la maturità? Si sarebbe chiuso un lungo capitolo e ne sarebbe cominciato uno nuovo e incerto in cui avrebbero dovuto fare i conti con il mondo fuori dalla scuola, il mondo degli adulti. Che ne sarebbe stato di loro? Ognuno avrebbe intrapreso la sua strada e non avrebbero più potuto trascorrere i loro pomeriggi insieme a leggere, scrivere e guardare serie tv. Non ci avevano pensato o, forse, non avevano voluto pensarci. In cuor loro temevano che elaborare un progetto di vita e poi dirlo ad alta voce avrebbe dato il via alla dolorosa e inevitabile fase di separazione. E loro non volevano separarsi per nessuna ragione al mondo.

«Cavolo, Jem, mi hai messo addosso un male di vivere... Sei il solito pessimista! Mancano ancora due anni, dopotutto.»

«Vero. Ma quanti dei nostri compagni sanno già in quale università vogliono andare e quest'anno sosterranno i test d'ingresso?»

«Tanti. Ma noi non siamo come i nostri compagni, no?» constatò Will con naturalezza.

«No. In effetti, non siamo come loro» rifletté Sara con una punta d'invidia nella voce.

«Non preoccupatevi, ci penseremo. Non è detto che chi ha le idee chiare faccia necessariamente la scelta giusta. Prendiamoci il tempo che ci serve.»

«Fortuna che i nostri non ci fanno pressione da questo punto di vista,» fece Sara che, dopo la pungente occhiata di Jem, si affrettò ad aggiungere: «ehm ehm... ok, forse non tutti i nostri genitori».

«Beh, niente di nuovo, no? Sapete come sono i miei» constatò Jem con un'alzata di spalle.

«Sì, Jem, ma non è che possiamo diventare tutti manager o amministratori delegati a questo mondo!» affermò Sara. «Dovrai solo impegnarti a dimostrargli che le tue passioni valgono e meritano di essere coltivate tanto quanto il loro interesse per il bilancio aziendale o per la borsa di Milano» cercò di consolarlo rivolgendogli un sorriso incoraggiante.

«Andiamo, raga, su con la vita! Vedrete che troveremo il modo di stare in contatto anche dopo il liceo. I mezzi di comunicazione, grazie a Dio, non mancano» cercò di rassicurarli Will, fermandosi e allargando le braccia nella loro direzione. «Nel frattempo... carpe diem

Sara e Jem si lasciarono sfuggire un sorriso rassegnato e si avvicinarono ad abbracciare il loro "fratellino". La positività di Will era contagiosa, aveva un che di terapeutico: riusciva con una parola, con un semplice gesto a scacciare via i pensieri tristi e a ricordargli che il mondo era bello già solo per aver dato vita alla loro amicizia.

«Ovunque andremo, saremo inseparabili» proclamò Will con ardore. «Come le ombre non possono staccarsi dal corpo, così noi non possiamo fare a meno l'uno dell'altro.» Sara e Jem annuirono con il sorriso sulle labbra. Insieme non avrebbero avuto nulla da temere. Insieme erano invincibili.

«In realtà, io un'idea per l'anno prossimo ce l'avrei» annunciò Sara, sciogliendosi dall'abbraccio e riprendendo posto a fianco degli amici sulla strada verso casa. «Che ne pensate dopo il diploma di fare un Grand Tour? Come i nobili dell'Ottocento: prenderci l'estate per girare l'Italia alla ricerca di antichi reperti, siti inesplorati...»

«Abbazie, vecchi castelli, ruderi e dimore fatiscenti? Quando partiamo?» chiese Jem con occhi luccicanti.

«Eh eh, sapevo di cogliere nel segno» sogghignò fieramente Sara.

«Roma, Firenze, Pompei, Siracusa, Agrigento... abbiamo l'imbarazzo della scelta!» esclamò Will entusiasta della proposta.

«In effetti, l'Italia era la meta più ambita per storia e arte. I tour dell'epoca duravano anche più di una stagione» rifletté Jem.

«Esatto. Ma noi, a differenza loro, abbiamo Ryanair» aggiunse Sara facendogli l'occhiolino. «Un'estate dovrebbe bastare.»

I tre attraversarono con aria sognante il piccolo parco pubblico del loro quartiere in cui andavano a passeggiare durante la bella stagione, quando non gli andava di stare al chiuso. A quell'ora il sole picchiava sulla nuca e le panchine verdi erano per lo più vuote. Quando passarono accanto all'aiuola più grande, videro una colomba accovacciata che non scappava al loro avvicinarsi.

«Oooh, poverina,» sospirò Sara portandosi una mano alla bocca «si sarà rotta qualcosa.»

«Dev'essere brutto avere le ali e non poter volare...» constatò Jem lanciando un'occhiata pietosa alla bestiola ferita. Qualche passo dopo, i due si accorsero che Will era rimasto indietro: si era chinato sullo sventurato uccello e lo stavo studiando con attenzione da diverse angolature.

«Will, accidenti, che fai? Andiamo» lo richiamò Sara. Will raccolse da terra la colomba e li raggiunse in una mezza corsa.

«Diamine, amico, ma sei impazzito? Quel coso sarà pieno di parassiti! Vuoi prenderti un'infezione?» protestò Jem tra l'allarmato e lo schifato.

«Guardate: ha un'ala rotta. Faccio una corsa in ambulatorio, mia madre dovrebbe essere ancora là» decretò preoccupato Will sistemandosi lo zaino in spalla. «Ci sentiamo sul gruppo!» si congedò da loro affrettando il passo.

«San Francesco da Oderzano» sospirò Jem scuotendo il capo e guardandolo allontanarsi con in mano la colomba ferita. «Non avrà le idee chiare sul suo futuro, ma sul presente sembra non avere dubbi.»

«È vero,» confermò Sara con un misto d'incredulità e ammirazione nella voce «solo lui può fare certe cose.» 

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