Capitolo 2

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Avevano deciso di lasciare che tutto accadesse in modo molto naturale. I due lavoravano durante il giorno, facevano la pausa pranzo insieme, tornavano al lavoro e la sera andavano in giro a fare qualcosa. A Londra si poteva fare di tutto, c'erano centinaia di ristoranti, di teatri e di spettacoli, di cinema, parchi o locali. Anche se erano già stati in molti di essi poco importava, in fondo.

Una delle cose che facevano più spesso, in quei primi giorni, era trovare un chiosco, prendere una sola crêpe (solo per Aziraphale, ovviamente) e aggirarsi per le strade o per le zone verdi. Quando in giro non c'era nessuno, Crowley si arrischiava a prendere la mano dell'Angelo, ed era successo più di una volta che si appartassero da qualche parte, che fosse dietro un albero o in un vicolo, per scambiarsi qualche bacio timido, ancora insicuro. Nessuno dei due, in seimila anni, aveva avuto delle vere e proprie esperienze in quel campo e sembravano entrambi impacciati come ragazzini.

Se Aziraphale prima di allora non aveva mai avuto anche solo mezzo amante, Crowley non aveva mai provato sentimenti seri per qualcuno, tali da portarlo a pensare a quella parola terrificante, la "relazione".

Per questi motivi, comunque, se la stavano prendendo comoda, senza fretta. Del resto, avevano letteralmente tutto il tempo del mondo, tanto valeva aspettare che entrambi si sentissero più pronti.

Con entrambi, ovviamente, si intende Aziraphale.

Eppure sapevano di desiderarsi e di amarsi, forse non come amano gli uomini, ma percepivano qualcosa che era difficile da descrivere e che non aveva in alcun modo di essere espresso a parole.

Quella sera, dopo essere stati a lungo sdraiati sul terreno di un parco a coccolarsi, erano entrati nella vecchia Bentley (nuova, in realtà, il demone aveva fatto in modo di procurarsene un'altra dopo che la prima era brutalmente andata a fuoco) e Crowley aveva acceso la radio.

Aziraphale sembrava leggermente nervoso, quella sera. Anche mentre se ne stavano sdraiati sul telo che l'Angelo stesso aveva portato, l'uno stretto all'altro, Crowley aveva sentito una certa tensione, di un tipo che non era passato con il tempo.

"C'è qualcosa che non va, Angelo?" chiese Crowley.

"Eh? No, cosa te lo fa pensare?"

Aziraphale distolse lo sguardo dagli occhiali da sole dell'altro e guardò davanti a sé.

Crowley, che ancora non era partito, si sporse leggermente verso l'altro "Non so, forse il fatto che sei stato tutta la sera rigido come un pezzo di legno e che adesso piuttosto che guardarmi ti sei messo a fissare il piccione morto sul marciapiede."

"Ma.. no, guarda, è tutto ok. Domani cosa facciamo? Ceniamo al Ritz, ci vediamo alle nove? Benissimo, ora possiamo andare."

"Non cercare di citare i Queen per intenerirmi. Cosa succede? Ti conosco, so che qualcosa non va."

"Crowley..."

"Che c'è? È così strano che io voglia sapere che cosa ti passa per la testa? Se non me lo dici non ceneremo più a quel ristorante giapponese a Victoria che ti piace tanto."

"Ma fa il Futomaki migliore di Londra..."

"Appunto. Qualsiasi cosa sia il... quello."

"Non ho voglia di parlarne, per favore. Possiamo solo tornare a casa?"

"Vedi? Se io sono indifferente ci rimani male, se mi preoccupo per te non mi parli. Mi sembra che la situazione per me sia piuttosto difficile."

Aziraphale sbuffò, stringendosi nervosamente la radice del naso tra due dita "Non solo per te, Crowley."

"Andiamo Angelo... perché non dovresti dirmi cosa non va? Puoi fidarti, dovresti saperlo."

Crowley provò a rivolgergli il sorriso più rassicurante che fosse in grado di produrre e gli posò una mano sulla spalla. Si preoccupava sinceramente per l'altro e proprio ora che i loro problemi erano finiti voleva solo che entrambi fossero finalmente felici. Non gli sembrava di chiedere molto.

"Possiamo... puoi solo... ti va di restare da me per la notte?"

Di già?

Crowley aggrottò le sopracciglia, tossicchiando. Non se lo aspettava affatto. Non che gli dispiacesse, certo.

"Era tutto lì il problema?" chiese, ridacchiando per nascondere il leggero imbarazzo.

"Certo." rispose Aziraphale, ancora con un certo tremolio nella voce.

Il demone guidò verso Soho, verso la libreria miracolosamente riparata e verso l'appartamento di Aziraphale.

Prima di scendere il demone prese il volto dell'angelo tra le mani, lasciandovi un bacio. Aziraphale gli sorrise ed entrambi uscirono dalla Bentley.

Crowley si sentiva ancora un po' confuso. Stava accadendo così in fretta, gli sembrava passato un attimo dal loro primo bacio.

Lasciò che Aziraphale entrasse per primo in casa e lo seguì subito dopo, abbracciandolo da dietro non appena la porta si fu chiusa alle loro spalle.

Non aveva mai voluto stare vicino a qualcuno come ad Aziraphale e in quel momento si sentì felice in un modo che non lo lasciava nemmeno sconvolto. Gli sembrava di aver trovato il suo posto nel mondo, si sentiva in pace con sé stesso.

Una fiammella calda gli scaldava il cuore e tutto sembrava essere bello, nel momento in cui gli era vicino e poteva sentirlo, percepirlo. La gioia e la completezza di sé non erano sentimenti comuni a una creatura infernale e per questo gli erano ancora più preziosi.

Avrebbe voluto poterlo esprimere a parole, guardare in faccia Aziraphale e dirgli quanto si sentiva felice grazie a lui, ma non sentiva di esserne capace.

Esprimersi chiaramente e a parole non era il suo forte.

Quindi si limitò a stringerlo a sé, a baciarlo e... a chiedersi se aveva spento i fanali della macchina.

Perché era quasi sicuro di averli lasciati accesi.

"Che succede?" chiese l'Angelo, notando che l'altro si era bloccato.

"Mi sono ricordato che forse ho lasciato accese le luci della macchina, ma non importa..."

"Ma no, vai a controllare, ci vorrà mezzo minuto."

Crowley sospirò, sapendo che l'altro aveva ragione. Si separò dall'Angelo di malavoglia e, dopo essersi aggiustato la giacca, corse fuori dall'appartamento, deciso a fare il più in fretta possibile.

Aveva effettivamente lasciato le luci accese, quindi schioccò le dita e corse di nuovo dentro l'appartamento di Aziraphale, deciso a non farsi attendere oltre.

Gli ci era voluto letteralmente mezzo minuto, e l'Angelo era già crollato a letto.

"Problemi di sonno, Angelo?" chiese il demone, alzando un sopracciglio, dopo aver avvistato il corpo paffuto dell'altro sotto le coperte

"Scusa, non ho dormito molto l'altra notte. Mi spiace."

"Sarà per un'altra volta... ci vediamo domani, allora." Crowley si avvicinò e passò una mano tra i capelli dell'altro, che sembrava già sul punto di addormentarsi.

"Guarda che puoi restare..."

"Oh... sul serio?"

"Certo. Anche se qui si sta un po' stretti..."

Forse quello lo imbarazzava ancora di più. I momenti teneri e semplici non erano esattamente una sua abitudine.

La cosa più vicina a un momento del genere per lui era stato quando era finito tra le braccia di Freddie Mercury negli anni settanta subito dopo un suo concerto, ma quella era una storia da non raccontare in giro senza le opportune rivisitazioni.

Con uno schiocco di dita si cambiò d'abito e si infilò sotto le coperte, togliendosi gli occhiali e appoggiandoli sul comodino. Aziraphale lo strinse a sé e fu una sensazione strana, perché normalmente accadeva il contrario. Crowley non era esattamente abituato a venire coccolato. Sentì il respiro regolare di Aziraphale sulla propria pelle e per la prima volta in vita sua gli sembrò di essere protetto, stretto in quelle braccia calde, in quell'abbraccio soffice. Non aveva mai ricevuto conforto perché non me aveva mai sentito il bisogno, ma in quel momento realizzò che per secoli gli era mancato qualcosa.

Stava così tanto bene che gli veniva da piangere. Si strinse contro Aziraphale senza riuscire a calmare il proprio cuore o il proprio respiro. Sollevò lo sguardo verso il viso dolce dell'altro, verso i suoi occhi azzurri. Si sentì dare un bacio sulla fronte e sorrise un poco.

Si sentiva fragile e scoperto.

Però andava tutto bene. Andava tutto bene.













Ecco a voi una perfetta rappresentazione di Crowley:

Mi sono persa nella softaggine in questo capitolo, lo ammetto. Questi due mi fanno salire l'intenerimento non posso farci nulla.

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