Capitolo 26

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"Quindi, in previsione di questo avvenimento, la cosa giusta da fare sarebbe..."

Crowley non era un granché alle riunioni. Non lo era mai stato, neanche ai vecchi tempi. Si sforzava di seguire i discorsi degli altri, senza avere mai modo di dire qualcosa perché sentiva di non avere nulla da dire. Sbuffava e guardava nervosamente Michael, seduta davanti a lui sul tavolo ovale.

Michael era l'obbiettivo, circa.

Crowley tamburellava le dita nervosamente, alla ricerca di un momento, di un'occasione. Quando cogliere l'attimo giusto?

Come sapere quando agire?

"Raphael?"

Crowley sobbalzò sulla sedia, incontrando gli occhi viola di Gabriel, seduto non lontano. Deglutì e si guardò attorno "Sì?"

"Che cosa ne pensi?"

Crowley borbottò un "Ah, sì, ottima idea."

Gabriel sorrise e si rivolse a Uriel "Che ti dicevo?"

Uriel alzò gli occhi al cielo "Certo."

"E direi che con questo abbiamo finito, per oggi. Questa era l'ultima questione della giornata." Gabriel si alzò, raccogliendo dal tavolo un plico di fogli, e gli altri sei, Crowley compreso, fecero lo stesso.

"Michael" riuscì a dire, quando il suo bersaglio stava per uscire dalla stanza, penultimo.

La vide voltarsi verso di lui, la bocca una linea retta, il viso senza gentilezza. Michael forse era meno subdola e finta di Gabriel, ed era diretta nel suo disprezzo verso Crowley, ma quest'ultimo non sapeva se considerare la cosa come positiva o meno. 

Crowley cercò per un paio di secondi di inventarsi qualcosa da dire, la lingua secca e le sopracciglia aggrottate "Uh, ehm, sì, ecco... ho bisogno di dirti un paio di cose." 

Afferrò lo schienale di una sedia e si sedette, sperando che l'altro Arcangelo avrebbe fatto lo stesso. Michael invece rimase in piedi, spalle larghe, schiena dritta e sguardo privo di ogni parvenza di emozione positiva. 

"Siediti pure - cercò di incoraggiarla il rosso, sorridendole e cercando di farla sentire a suo agio e di sembrare un caro e bravissimo angioletto - Sono un po' perplesso riguardo un paio di cose e vorrei chiarirle, prima che tu esca da qui."

Michael, grazie a Qualcosa, si sedette e, cosa ancor più importante, tirò fuori il cellulare per poi posarlo, con lo schermo in basso, sul tavolo. Crowley cercò di non guardarlo troppo a lungo e riportò il proprio sguardo su Michael.

La realtà era che quel telefono era il metodo più diretto per comunicare con i Piani Bassi. Da quanto gli aveva raccontato Aziraphale era venuto fuori che Michael aveva un collegamento con Ligur, e che il Paradiso e l'Inferno si tenevano in contatto per l'organizzazione della guerra e per evitare che vi fosse alcun intoppo nel piano Armageddon, nonostante allo stesso tempo tentassero l'uno di indebolire e sabotare l'altro. Un rapporto strano, il loro. In ogni caso, mettere le mani su quell'aggeggio gli avrebbe consentito di contattare i suoi colleghi laggiù e di farsi aprire un collegamento diretto da un qualche demone.

"Allora, uhm, ho visto che le vostre politiche riguardanti la Caduta sono molto cambiate - iniziò Crowley, senza sapere assolutamente dove il suo discorso sarebbe andato a finire - Insomma, tutta questa storia di far risalire gente, di impedire a certi angeli di cadere e di limitarsi a fargli fare scartoffie mentre altri vengono mandati di sotto senza esitazione... è una faccenda abbastanza complicata, non mi è tutto precisamente chiaro, sai?"

Michael sospirò, con l'aria di chi desidera qualsiasi cosa tranne che compiere un discorso del genere "Sì, in effetti abbiamo rinnovato parecchio i nostri metodi in molte cose. Abbiamo deciso infatti di non aiutare ulteriormente l'Inferno e di lasciarlo il più possibile spoglio. Facciamo cadere solo angeli inutili alla causa demoniaca, gli altri vengono o riconvertiti o direttamente eliminati. E ovviamente, a vista del pentimento, lasciamo che quelli come te tornino su." 

Alzò appena gli occhi al cielo, dopodiché lasciò andare un lungo sospiro.

"Non sembra essere una cosa che ti aggrada un granché - tentò Crowley, appoggiando casualmente una mano sul tavolo - Non è stata una tua idea, sbaglio?"

"No, non sbagli - disse Michael - Preferirei che fosse tutto semplice, bianco e nero come prima. I traditori caduti, gli angeli quassù, una battaglia finale e nient'altro. Questo scambio di pedine non mi piace. Nemmeno con te, a essere sinceri."

"Ma sei uno dei sette Arcangeli. Dico, immagino che tu abbia una certa autorità..."

"Certo, ma hai detto bene. Sette. Purtroppo tutti gli altri sono d'accordo con il piano di Gabriel. Immagino basti adattarsi, del resto se tutti si ribellassero e facessero come vogliono, non si creerebbe nulla se non disordine e violenza, sbaglio?" Michael lo guardò con espressione di rimprovero, Crowley in tutta risposta tossicchiò, le dita vicine al freddo strumento di metallo.

"Un vecchio me. Sono pentito e perdonato, lo sai bene - Crowley cercò di sembrare il più santo possibile e vedendola concentrata su sé stessa e con lo sguardo basso si decise e, con un groppo in gola, fece agilmente scivolare il telefono tra le dita con una mossa da ladruncolo che non solo padroneggiava ma aveva persino inventato (omettendo di averla subito insegnata a un ragazzino che non aveva altro modo di guadagnarsi il pane se non rubacchiando) e finse di sorprendersi - Oh non ci credo! Ho completamente dimenticato- perdonami, ho dimenticato di dare alcuni documenti ad Ambriel per farli fotocopiare, devo assolutamente raggiungerla. Perdonami, è stata una bella chiacchierata, prendiamoci un caffè qualche volta. Addio."

Si alzò in fretta e prima che Michael potesse anche solo raggiungerlo corse alla porta. Aprì il cellulare e andò subito a digitare il numero degli uffici infernali.

Da lì in poi, iniziò il caos.

Mentre digitava correva lungo il corridoio e un attimo prima di entrare nell'ufficio di Ambriel, mentre gli altri angeli che passavano intanto lo guardavano storto, poco abituati a tutta quella frenesia, sentì un grido da dietro di sé "Crowley!"

Non Raphael, lo aveva chiamato Michael, ma Crowley, il suo nome da traditore. 

Il rosso bussò rumorosamente alla porta dell'ufficio di Ambriel, che aprì dopo un paio di "Un attimo, ma che razza di fretta c'è? Vi ammazzerei tutti che cavolo...". Si gettò nel piccolo spiraglio tra la porta e lo stipite e si chiuse dentro, spingendo la porta con la schiena, il cellulare incassato tra la guancia e la spalla.

Ambriel, davanti a lui, aveva un'aria piuttosto basita.

"Raphael, ma che... aspetta, quello è il telefono di Michael?"

Parli del diavolo e spuntano le corna, l'arcangelo non aveva perso un minuto, perché Crowley sentì un colpo dietro di sé, qualcuno che cercava di spingere con violenza la porta ad aprirsi. 

Il telefono squillava e squillava. Dove diavolo era Ligur, quell'idiota non era capace di sollevare la cornetta?

"Dammi una mano!" disse Crowley, che stava facendo una certa fatica a tenere la porta chiusa.

"Traditore!" diceva Michael da dietro la porte, ma fu la spada a mandare il non-proprio-angelo in panico. 

Una lama, luccicante di fuoco dorato, si insinuò nella porta con violenza, a un fortunato paio di centimetri dalla sua spalla. Crowley saltò via e Michael, fumante di rabbia, aprì la porta con un calcio. Puntò la spada verso il suo obbiettivo, un baluginio di vendetta le illuminava gli occhi. Uno spirito di furia.

"Pronto?" chiese una voce dal telefono, la voce di un odiato collega che però fece venire a Crowley una certa voglia di piangere di gioia.

"Ligur! Puoi per caso... - Michael si lanciò verso di lui con un colpo dall'alto verso il basso, Crowley fu costretto a schivare gettandosi di lato e finendo quasi a rotolare per terra, in tutto ciò, il cellulare gli scivolò di mano - Cazzo!"

Michael si avventò di nuovo su di lui, che si trovava già a terra, il volto indurito da una fredda rabbia, mentre lui schivava ogni furioso colpo, quel martellare e macellare il pavimento meccanico e fin troppo rapido che lo sfiorava mentre lui si gettava a destra e a sinistra. Crowley si trovò faccia a faccia con una vecchia scena, con uno sguardo che non gli era sconosciuto. Una paura viscerale lo prese, mentre nella sua testa iniziavano a innalzarsi vecchi clangori di armi, un fischio, un colpo. Eccola, Michael, quasi sopra di lui, la spada sospesa contro la luce bianca delle lampade al neon, un attimo prima di colpirlo con quell'arma di fuoco.

Ed ecco Ambriel, con il telefono in mano, che diceva "Sì, certo che sono Michael."

L'angelo appena nominato si voltò all'improvviso, spaesato. E tutto accadde in un solo attimo. Crowley che sgusciava via strisciando come un serpente, allungando una mano verso Ambriel. Ambriel che gli afferrava la mano e lo tirava a sé, il mondo attorno a loro che iniziava a svanire, il grido di Michael e un'esplosione, un fiore di dolore che sbocciava violento sulla sua spalla.

Poi, fu solo il buio dell'Erebo.

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