Capitolo 29

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Paradiso, prima del giorno e della notte


Raphael era nato con le ali bianche e splendenti come luce pura. Ali che si scontravano con l'azzurro del cielo, quel giorno, insieme ad altre sei paia di vari e chiarissimi, puri colori.

"Quello che voglio dire - diceva una voce al suo fianco - è che ho come l'impressione che da ora in poi lei ci ignorerà. Adesso che vuole iniziare la sua nuova opera."

Gli altri  Arcangeli si stavano scambiando occhiate in parte turbate e in parte piuttosto curiose. Raphael era un loro pari, ma loro lo guardavano come si guarda un essere miserevole. 

Erano seduti in cerchio, le ali contro il cielo, i volti confusi.

"Da dove ti sono venute esattamente queste idee? - chiese uno degli altri sei, Gabriel,i cui occhi viola avevano lo stesso colore delle sue piume - Non ti avevamo mai visto dubitare in questo modo."

Raphael teneva lo sguardo dorato e vivo sugli altri, vibrante di emozioni ed eccitazione. Non era aggressivo, solo molto preso dal suo discorso. Nei minuti precedenti si era lanciato in un discorso appassionato riguardo la situazione degli Angeli in quel momento, su come avrebbero dovuto chiedere più domande sulla loro situazione. Erano stati messi al mondo dalle Sue mani, e al suo fianco avevano creato l'universo, ma i Suoi piani e alcune parti del Suo creato erano ancora pieni di misteri, erano a loro vietati, erano inspiegati. Avevano il diritto di sapere perché erano lì, a cosa avrebbe portato ogni Suo gesto, se dovevano accompagnarla, no?

"In che senso?" chiese l'Arcangelo, voltando leggermente la testa di lato. Riccioli rossi ricadevano graziosamente sulle sue spalle pallide.

"Insomma, diciamo che non è esattamente da te comportarti in questo modo. Anzi, non è una cosa da Arcangeli,- gli disse Gabriel - non siamo certo nati per porre domande. E poi, come sai, lei non è esattamente loquace con noi."

Un pensiero da Arcangelo, certo. La realtà era che loro non lo consideravano un pari. Era sempre sempre stato, dei Sette, il più lontano, il più curioso, quello che alle riunioni si trovava fissato da sguardi infastiditi, scettici. Solo perché aveva altri pensieri, altre idee. La realtà, pensava Raphael, era che non lo sarebbero mai stati a sentire, non seriamente, non senza pensare che forse in lui qualcosa deviava.

"Sappiamo - si spiegò più direttamente Michael, dopo essersi schiarita la voce -che hai avuto dei contatti con Lucifero, la Stella del Mattino."

"E dunque? Lui non è forse il primo e il più autorevole di tutti gli angeli? Lo hai detto tu, la Stella del Mattino. Certo che ho parlato con lui, ed è stato illuminante."

Altri sguardi preoccupati, sottili come foglie di carta, rivolti a tutti men che a lui.

"Lucifero, la Stella del Mattino di cui parli, è da molto tempo sotto i nostri occhi. Te lo diciamo perché siamo preoccupati, ma temiamo che le sue idee non siano, come dire, in linea con le politiche generali del Paradiso."

"Le sue idee? E' curioso, come è bene esserlo! Non possiamo fare un compito senza sapere in quale direzione esso si stia dirigendo!" Raphael sentì la sua voce prendere un tono più duro e sentì di avere ragione. 

Lo sguardo di Michael era duro come pietra. Lo stava giudicando, e Raphael non riusciva a sopportarlo.

Si alzò bruscamente in piedi e prima che chiunque potesse dirgli qualsiasi cosa se ne andò, di fretta, sapendo che nessuno, lì, lo avrebbe ascoltato. Tutto quello, tutto ciò che era successo da quando aveva conosciuto Lucifero, era stato come una spirale verso il basso. Più si guardava attorno e più il meccanismo di quel luogo che sarebbe teoricamente dovuto essere quello in cui provare l'eterna beatitudine, perfetto e il più desiderabile esistente al mondo, gli sembrava difettoso. 

C'era qualcosa che non andava, c'era troppa nebbia, c'era tensione. La si sentiva, nell'aria, negli altri angeli. In quel momento avrebbe soltanto voluto trovarsi con Lucifero. Perlomeno lui lo capiva, assecondava la sua curiosità, il suo desiderio di conoscere.

Crowley strinse i pugni. La tristezza era un luogo che così poco si addicceva ai cieli, ma lui voleva la libertà di essere triste, la libertà di essere frustrato perché non sapeva abbastanza. E non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo, non per il favore dei suoi pari... e non per il Suo.

Il pensiero gli colpì la testa nello stesso momento in cui qualcosa gli sfiorava la spalla. Lui portò le dita alla piuma che gli era caduta, facendo per toglierla, quando si fermò a guardarla per un poco di più. 

Le sue piume, ricordava, erano bianche, lucenti, dai riflessi dorati. Quella era decisamente più scura. Certo, era sempre sui toni del bianco, ma senza alcun riflesso dorato e opaca.

Raphael la lasciò cadere, e cercò di non pensarci.























Ma oh un singolo capitoletto deve farmi venir voglia di scrivere una nuova fic intera sul pre-caduta. Così non va bene, ho troppa roba da fare-

AH. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Signori, vi amo e amo scrivere questa storia. Ma tutto arriva alla fine, no? Me commuovo.


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