~ ἐλπίς ~

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

ἐλπίς (Elpis): personificazione della speranza, l'ultima a liberarsi dal vaso di Pandora e alleviare così i tormenti degli uomini.


-E proprio non ti ricordi come l'ha colpito? O se andava veloce?-

Sospiro, sinceramente dispiaciuta. Non posso rispondere alle loro domande; tutto ciò che conosco sono i pensieri di quel ragazzino, e non sono molto utili.

-Non lo so, mi dispiace, ero troppo scioccata per fare caso a qualunque cosa non fosse lui sull'asfalto- rispondo, tremante.

Il soccorritore mi squadra e sembra considerare l'idea di portare all'ospedale anche me. Alla fine getta un'occhiata all'ambulanza e una vocina nel suo cervello deve star dicendo che ha casi più gravi a cui pensare, perché annuisce e se ne va.

-Se non sei parente non puoi venire con noi, ma penso che verrai a sapere quando si riprende, in qualche modo. Al massimo lo trovi sul giornale.-

"Già, se si riprende" penso mio malgrado. Non voglio essere acida con lui, però. Sa che non leggerò il giornale, ma sembra cercare comunque di rassicurarmi.

Mentre la sirena spacca-timpani si allontana, rimango immobile sul ciglio della strada.

Una lacrima mi scivola piano lungo la guancia, ma sono troppo distratta per asciugarla. La mia mente sta correndo, sempre più veloce. "Se tutto questo è reale..." E di colpo si ferma.

Potrei rimanere così tutto il giorno, guardando la strada con occhi vitrei senza vederla veramente, senza pensare o provare assolutamente nulla. Non sarebbe male. Mi piace questa pace. Vorrei godermela, solo per un po'.

Un po' più del tempo che avrò oggi, almeno, visto che dopo pochi secondi sento una mano posarsi sulla mia spalla. Il tocco è gentile e delicato, ma la pelle è gelida come il ghiaccio e non posso fare a meno di sobbalzare.

-Scusa- fa il ragazzo che mi ha prestato il telefono per chiamare l'ambulanza. -Volevo solo sapere se stai bene.-

Mi giro e lo fulmino con lo sguardo. Se ne sta lì, con quel sorriso incerto e quegli occhi preoccupati, come se...Come se davvero gli importasse qualcosa.

-Sto tremando e non per il freddo, fatico a tenere gli occhi aperti e ho appena visto uno venire investito. Ma sì, tranquillo, sto benissimo!- gli sbotto in faccia con un sorriso "tranquillo" che può sembrargli solo folle. So che sto dando di matto, ma non posso farci niente.

Lui mi fissa, sbigottito. Che si aspettava, che lo ringraziassi per avermi accompagnata? Non gliel'ho nemmeno chiesto.

-Non c'era bisogno che venissi anche tu- gli faccio notare.

-Lo so, scusa.- Sembra imbarazzato. -Volevo assicurarmi che ti riprendessi.-

Sto per scoppiargli a ridere in faccia. Sa dire qualcosa che non sia un'idiozia totale?

-Mi sono ripresa benissimo, come puoi vedere, ora lasciami- rispondo secca, con un tono improvvisamente calmo, per fargli capire che è passata davvero. Non è questo il problema.

Sembra risentito. -Senti, lo so che è una domanda stupida, ma stavi lì paralizzata da dieci minuti e qualcosa dovevo dire.-

Ho passato così tanto tempo immobile? Non ci avevo fatto caso. -Perché?- gli chiedo.

-Perché ero preoccupato- risponde il ragazzo in tono di ovvietà.

E la cosa, in qualche modo, mi spiazza. Non ho mai pensato che a una persona potesse importare di me, o di uno sconosciuto in generale.

Trovandomi di nuovo in silenzio, alza di nuovo la mano verso di me, per sventolarmela davanti agli occhi o per poggiarmela di nuovo sulla spalla, non saprei.

Mi ritraggo di scatto, all'improvviso. Odio il contatto fisico.

Ma mi rendo conto che lui non ha colpe. Al contrario, ha cercato di aiutarmi, e io l'ho ringraziato con una sfuriata. Sembra un bravo ragazzo, ma è mortificato a causa mia. Mi fa sentire in colpa.

Prendo un bel respiro. -Senti, grazie di tutto, davvero, ma oggi non è giornata. Mi sento un po' da schifo e devo schiarirmi le idee.-

Più che altro la seconda. C'è qualcosa che devo capire.

Perché la lacrima di poco fa non era di dolore, ma di commozione. Perché quel che è successo oggi è straordinario, una specie di miracolo. Devo capire come è stato possibile, e se posso farlo succedere di nuovo. E, nonostante questa meraviglia, ho ancora paura di non aver fatto abbastanza, di non essermi resa utile.

E se ci ho messo troppo tempo? E se lui era già morto? E se il danno non è riparabile? Dopo tutto, non so niente dell'incidente. Il ragazzino pensava ad altro.

-Sul serio- ripeto, per rassicurare lo sconosciuto. -Sto bene. Non ho bisogno di altro.-

Lo vedo mordersi il labbro, indeciso. -È questo il punto. Sei parecchio tranquilla per una che ha vissuto un trauma. Cioè, hai paura, ma non sembri così stupita.-

Non so bene come rispondergli. Nessuno sa della mia Maledizione e non posso certo iniziare a sbandierarla ai quattro venti solo per soddisfare le curiosità di uno che nemmeno conosco.

-Diciamo che non era la prima volta- taglio corto. -Ora vado a casa.-

Tanto ormai non ha senso tornare in classe. Non sono in grado di seguire una lezione.

Apre la bocca per protestare, poi la richiude. -Avrai compagnia?-domanda dopo una pausa.

-Sì, sì, c'è mia madre- mento spudoratamente.

-Va bene. Ma promettimi che mi racconterai tutto, okay? Ci vediamo domani all'intervallo allo stesso posto di stamattina.-

Annuisco a forza, pur sapendo che non lo incontrerò. Non ho risposte da dargli.

Sembra capirlo, ma non aggiunge nulla, cosa che apprezzo molto.

Mentre me ne vado, però, mi ritrovo a pensare che un po' mi dispiace, che una parte di me sperava che insistesse, che non mi lasciasse da sola. Una parte di me, insomma, vorrebbe avere qualcuno vicino.

Il che è assurdo, perché non potrebbe fare nulla per me. Eppure mi spiace lasciarlo così, in sospeso, senza un tentativo di risposta o di giustificazione. Vorrei fargli capire che non sono la pazza irascibile che ha visto poco fa, il che è ridicolo, visto che io sono pazza e irascibile.

L'ho sempre saputo e non me ne sono mai fatta un problema. Cosa può essere cambiato oggi?

"Tutto. Oggi è cambiato tutto."

Lascio perdere e torno a casa, come ho detto al mio nuovo guardiano.

Cammino per strada in silenzio, assente. E adesso, mi chiedo, cosa succederà? Quasi non voglio pensare che possa funzionare, che il miracolo possa avvenire di nuovo. Ho paura delle illusioni, del mistero, del rischio. Come al solito.

Mi mordo le nocche dal nervosismo.

Quando finalmente raggiungo l'appartamento, tiro un sospiro di sollievo.

Entro silenziosamente nell'ambiente vuoto, con la luce debole che filtra attraverso le persiane perennemente sbarrate.

Mi siedo sul pavimento del soggiorno, di fronte a un'alta finestra chiusa, e osservo i granelli di polvere che danzano nel fascio di luce che, attraverso il vetro, raggiunge le mie mani, scaldandomi. Mi ritrovo a pensare che è una bella sensazione, una bella cosa.

Quel ragazzino potrebbe sopravvivere. Anche questa è una bella cosa, credo.

Mi alzo con calma, avvicinandomi alla finestra. Alla fine la apro, sentendo per un istante la brezza fredda sulla pelle. Anche questo mi sembra bello.

Spalanco finalmente le griglie e chiudo gli occhi, lasciando che il sole mi piova addosso.

Dietro le mie palpebre chiuse vedo macchie sgargianti di colore. Sono di una felicità chiassosa, si mischiano e si assemblano in modo del tutto casuale, eppure sono piene di bellezza.

Forse i medici aiuteranno quel ragazzino. Forse gli ho salvato la vita.

Mentre il sole mi illumina il viso, con gli occhi chiusi e le ciglia che mi accarezzano delicatamente le guance, le mani aperte con i palmi verso l'alto come ad accogliere un dono, i muscoli che si rilassano. Sento anche un'altra luce accendersi.

Non viene da fuori, è dentro di me. Ed era spenta da anni.

"Speranza, brutta stronza" la saluto con un sorriso. "Mi sei mancata."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro