Capitolo 11

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Il comandante Ghiarf annusò l'aria. Niente di niente. Solo odore di nebbia.
Quei guardiani non si trovavano.
Erano due giorni che le sue truppe controllavano ogni pezzo di terra del regno per trovarli. Ma non avevano trovato neanche un indizio.
Non capiva perché Dhort ci tenesse così tanto.
Ma a lui poco interessava. Che gli importava di quello che avrebbe fatto il Tiranno al resto del Regno?
Gli era stata garantita protezione, e questo bastava. La cosa importante era che, una volta che il Tiranno avesse vinto, lui sarebbe diventato il signore della terra degli Orchi. La sua terra. Ecco ciò che contava.
Il potere.

Un ruggito fece alzare lo sguardo a tutti gli Orchi.
Uno dei soldati di Dhort, a cavallo di un drago, scese a terra e porse un pezzo di carta a Ghiarf e disse: «Dhort ha un incarico per voi» e volò via.
Il capo degli orchi lesse il pezzo di carta.
«Alle Terre del Nord!» ordinò al suo esercito montando sul suo lupo da combattimento e sparendo nella nebbia.

***

«Wow! È fantastico!» esclamò Shaida buttandosi sul più morbido e gigantesco letto che avesse mai visto.
«Non è poi così male questo regno degli Elfi, sai? Credo che potrei viverci!»
Anche Serafine sorrideva. Ma dentro di lei pensava che se il Tiranno non fosse stato sconfitto, non ci sarebbe stato nessun posto in cui vivere. E nemmeno persone ad abitare il regno.
Poi la sua mente la portò a pensare a sua zia Ortensia. Chissà che cosa le era successo...
E se fosse morta? No, no. Non poteva essere morta. Magari lei e il resto degli abitanti di Yaar si erano nascosti da qualche parte. Magari li stavano anche cercando. Magari...

«Ho parlato con il re. Ci daranno delle armi e una mappa per arrivare fino al castello» disse Bahryus entrando nella enorme stanza che il re aveva riservato alle ragazze.
«Ma noi non sappiamo usare armi»
disse Shaida sedendosi sul letto e abbracciando un enorme cuscino di piume.
«Abbiamo pensato anche a questo» interruppe Kaspar entrando.
«Una delle guardie ci insegnerà le basi di un combattimento. Solo per difesa.»
Ci fu un attimo di silenzio.

«Beh, in ogni caso grazie, ragazzi» disse Sera guardando i suoi amici «Non eravate costretti a seguirmi. Potevate benissimo andarvene e lasciare che io andassi incontro al mio destino da sola. Ma non l'avete fatto. E vi sono grata per questo.»
«Oh! Ma ti pare? Noi siamo tuoi amici. E gli amici affrontano tutto insieme. E, a proposito di amicizia... ti sta bene se facciamo scambio di letto? Questo materasso è troppo morbido!»

La sera stava calando, mancava pochissimo al tramonto, e Sera passeggiava insieme a Luce nel castello. Le vetrate creavano affascinanti giochi di luce sul pavimento e sui muri e Serafine camminava con la testa bassa osservando quello spettacolo.
Alzò la testa solo quando sentì dei rumori provenienti dall'esterno.
Nel cortile del castello un'elfa guerriera si allenava da sola nel combattimento. Serafine riconobbe la guerriera che li aveva salvati dagli arcieri elfici quella mattina.
Scese nel cortile e si avvicinò silenziosamente a lei.
Fece appena in tempo ad abbassarsi, che un pugnale volò sopra la sua testa.
L'elfa guardò Serafine con serietà.
«Mai passeggiare in un campo di allenamento, è la prima regola.»
«Mi scusi» disse la giovane alata abbassando gli occhi.
La donna sorrise e rispose: «Non importa. Tu e i tuoi amici avete molto da imparare e poco tempo per farlo. Vedrò di insegnarvi le basi in un paio di giorni.»
«Sarà lei ad insegnarci a combattere?» esclamò Sera sbalordita.
L'elfa annuì e aggiunse: «Ti avverto, sono un'insegnante severa, non accetterò alcuna scusa.»
«Non ci arrenderemo facilmente, può starne certa.»
Ci fu un attimo di silenzio, poi Serafine si ricordò che non aveva neanche ringraziato la donna di averli salvati.
«Non c'è di che» disse lei. «Era un mio dovere, salvare una Guardiana»
«Sì, ecco, a proposito di questo...»
«Sì, Serafine?»
«Come ha fatto a sapere che io ero...»
«Una Guardiana? Be', dal tuo Ophix»disse tranquillamente la guerriera.
«Il mio... cosa?» domandò la ragazza perplessa.
«Il tuo Ophix» ripetè l'elfa indicando la collana che era appartenuta a sua madre.
Sera sfiorò l'oggetto con le dita.
«Cosa ha di tanto speciale?»
La guerriera fece sedere la ragazza sul muretto di pietra del cortile, guardò dritta verso Serafine e cominciò:

«Quando Dhort venne sconfitto la regina Wharia volle premiare i cinque soldati nominandoli Guardiani del Regno di Aahor.
Per loro fece forgiare cinque medaglioni, ognuno con un potere magico e sconosciuto, che si sarebbe rivelato solo nel momento del bisogno.
Quei medaglioni possedevano un potere immenso. Si diceva che, se usati insieme, avrebbero anche potuto porre fine alla morte.
E i guardiani usarono il potere dei loro medaglioni per creare una tomba inaccessibile, dove rinchiusero Dhort.
La tomba venne messa in una stanza sotterranea, chiusa da una porta magica.
Nessuno avrebbe potuto aprirla... »

«Ma qualcuno ci e riuscito» interruppe Serafine.
«E Dhort adesso vuole la sua vendetta.»
«Non so chi abbia aperto la cripta» disse l'elfa.
«Ma chiunque sia stato, è stato aiutato dalla Magia Nera. Solo una magia così potente avrebbe potuto aprirla.»
Serafine credeva di sapere chi era stato, ma preferì non dire niente all'elfa.
Si ricordò che non sapeva neanche il suo nome.
«Erwanna. Vuol dire "colei che è leggiadra nel vento"» rispose lei quando lo domandò.
A Sera sarebbe venuto da ridere.
Erwanna sembrava tutto tranne che leggiadra. Certo, era bella, ma leggiadra proprio no.
Con quelle spalle troppo larghe e la corporatura robusta, certamente non sarebbe passata per una principessa.

«È un bel nome» si limitò a dire.
«Anche Serafine è un bel nome» rispose l'altra.
«Già, mia zia Ortensia ha detto che a mia mamma sarebbe tanto piaciuto avere una figlia con questo nome.»
Rimasero un po' in silenzio, fin quando Erwanna disse:
«Devono mancarti molto. I tuoi genitori, intendo.»
«Beh, non li ho mai conosciuti. Mi abbandonarono davanti casa di mia zia quando ero ancora piccola.»
«Oh... avrei dovuto immaginarlo...»
«Perché?»
«I pochissimi seguaci rimasti in vita di Dhort giurarono fedeltà al loro padrone. Dopo la sua morte, fecero di tutto pur di riportarlo in vita. E i Guardiani possedevano l'unica chiave per liberarlo. Una chiave che lo avrebbe reso immortale...»
«I medaglioni...» sussurrò Serafine sfiorando il ciondolo dorato con un paio d'ali incise sopra.
«Già. Per questo andarono alla ricerca dei Guardiani. E ovviamente, i tuoi genitori devono aver pensato che sarebbe stato troppo pericoloso tenerti con loro.»
Sera era rimasta colpita da quelle parole. I suoi genitori l'avevano abbandonata per proteggerla. Avevano rinunciato a tenerla con loro perché sapevano che sarebbero dovuti morire.
Era soltanto colpa del Tiranno se lei non era potuta crescere con loro, con l'affetto di un padre e di una madre che le volevano bene.
Avrebbe dovuto pagare per questo.
«Quando cominciamo l'allenamento?» disse alzandosi in piedi e guardando l'elfa guerriera.
Erwanna sorrise.
«Anche subito.»

Così, quando Serafine tornò nella sua stanza, si buttò sul letto esausta, ma felice. Erwanna le aveva mostrato solo le basi di un combattimento, ma lei non vedeva l'ora di mettersi alla prova. Tre giorni erano pochi, molto pochi, e non c'era tempo da perdere. Bisognava distruggere Dhort, prima che lui distruggesse l'intero Regno.
Serafine si stese a pancia in su, afferrò un morbidissimo cuscino e ci affondò la faccia. Aveva bisogno di riposare se il giorno dopo voleva allenarsi...
Rimase così per un po', a rimuginare sui suoi pensieri, e non fece caso alla porta della sua stanza che si apriva e a dei passi che venivano verso di lei.

«Ti prego, Shaida, lasciami dormire, non ho voglia di parlare...»
«Oh... scusa, non...»
A Sera prese un colpo, non aspettandosi la voce maschile che le rispose.
Si alzò così di fretta che diede una manata a Bahryus che era vicino a lei.
«Oddio! Mi hai fatto prendere un infarto! Mi dispiace!»
«No, non fa niente... è colpa mia...bel gancio destro» biascicò lui strofinandosi la mano sulla guancia.
«Dove sei stata? Non ti ho vista per tutto il pomeriggio» disse il ragazzo.
«Oh, Erwanna mi ha solo dato qualche lezione di difesa.»
«Chi?» domandò lui incuriosito.
«Erwanna. L'elfa che ci ha salvato dalle guardie, nel bosco.»
«Ah...» disse lui, per poi zittirsi.
Rimasero così, in silenzio, per qualche minuto, senza sapere cosa dirsi.
Poi Barhyus esclamò: «Quindi dovrò imparare a tenere in mano una spada?» Serafine rise.
«Comunque ho scoperto delle cose interessanti...» disse, e raccontò al ragazzo del madaglione che sua madre le aveva dato, del potere speciale che ogni medaglione possedeva e che il Tiranno voleva a tutti i costi avere.
«Perciò il Tiranno vuole i Guardiani soltanto per i loro medaglioni? Tutto qui?»
«Evidentemente pensa che sappiamo come farli funzionare. Ma io non ne ho la minima idea.»
«Beh, finché ci sarò io non ti succederà niente!» esclamò arrabbiato Barhyus per poi diventare rosso come i suoi capelli.
Anche Serafine arrossì e tra i due calò il silenzio.
«Ehm... allora... buonanotte» disse lui imbarazzato.
«Sì... buonanotte... Barhyus.»

Appena la porta della stanza si chiuse, Sera si buttò a pancia in giù sul letto, avvolgendosi nelle sue ali bianche, cercando di addormentarsi il più presto possibile per evitare che Shaida le chiedesse come era andata la serata.


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