Il fiore di loto [New]

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Quando la moto svoltò in un vicolo buio e deserto, Kathy stava già tremando. In quel momento come uno schiaffo le era balenata in mente la gravità della sua situazione: sola, con una donna sconosciuta, armata, in piena notte, in una zona ignota e poco frequentata della sua città. In quale romanzo quella situazione poteva avere un epilogo non spiacevole? Nonostante lei non amasse leggere, una storia era pur sempre una storia e la sua fine comunque non sarebbe cambiata.

La moto si fermò nel cortile antistante un vecchio capannone industriale dalla serranda arrugginita. La biker le ordinò di scendere, digitò un codice su un tastierino numerico a lato di un portellone in lamiera: un anonimo camper bianco era stato parcheggiato al centro dello spazio vuoto.

Kathy era incerta se tentare la fuga: era abbastanza sicura che l'accesso dell'intero edificio, pur quanto abbandonato sembrasse, fosse protetto da diversi allarmi, in più non era affatto certa di riuscire a distanziare significativamente la sua misteriosa salvatrice che, nonostante fosse di statura minuta, la teneva stretta per il polso con una presa molto decisa, quasi al punto di farle male. Stava pensando quali altre alternative potesse avere, quando lei si tolse il casco rivelando una cascata di capelli rossi che le calavano asimmetrici da un lato sulla pelle ambrata. Ciò che più la colpì fu la tonalità delle sue iridi: intensa, decisa, ammaliante, tra il rosso e il nero. La spinse all'interno del camper e le indicò un divanetto: le pareva di trovarsi in un laboratorio in miniatura. Avvertiva freddo nell'anima, come se la pioggia le fosse entrata dentro; probabilmente la motociclista se ne accorse perché le porse un asciugamano. Kathy non protestò oltre: si tolse gli occhiali, li appoggiò sul tavolo e passò la salvietta sul viso, sul collo, sulle braccia. La misteriosa figura le cinse un panno attorno alle spalle e lasciò che si scaldasse.

Nel frattempo, recuperò un pennarello e le sollevò la manica: disegnò cinque punti in una specie di semicerchio e uno al centro. Quando impugnò la siringa, la ragazza si irrigidì. Lei sorrise, stupita della sua reazione, quindi senza aspettare oltre le iniettò un liquido giallastro. Kathy soffocò un gemito: quel siero bruciava da impazzire!

«Respira e porta pazienza un attimo.» Le mise un nuovo cerotto sulla puntura. «È solo un marker, reagisce col tuo DNA. Così sapremo, se il programma si è sbagliato o meno.»

«Cosa dovrebbe succedere?»

«Niente di preoccupante: esce un colore, una figura. Nel frattempo, ti do una ripulita. Frenare così con la pioggia battente non è stata una gran mossa. Dove hai battuto?»

Kathy indicò il fianco. La biker le alzò la maglietta senza troppi convenevoli e poi mascherò un gemito osservando la zona bluastra. «Per questo ci vuole un medico.»

«Tu non lo sei?»

«Sono solo un soldato con una missione da compiere.»

La fanciulla la studiò stupita, poi riportò la sua attenzione sulla zona in cui avevano fatto il test: nessun segno.

«Bene, il nostro tempo è concluso. Direi che o la tua insegnante ha sbagliato la procedura o qualcosa non va nel programma, lo farò presente. A questo punto ti riporto a casa e se ti chiedono di fare il test, non ti rifiutare.»

Kathy annuì, tirando un sospiro di sollievo: lasciò il panno e l'asciugamano sul divanetto del camper e seguì la donna fuori dal mezzo verso la moto. Si passò la mano nei capelli umidi per ravvivarli. «Si chiederanno perché sono scappata.»

«Avevi una buona ragione per farlo, te lo assicuro. Puoi sempre dire di aver avuto paura. Se nel tuo DNA non c'è quello che cercano, ti lasceranno andare. L'ultima cosa che vogliono è pubblicità. Ti daranno una bella multa da pagare, esamineranno il tuo DNA, dopo di che potrai scegliere il college che vuoi. Sta tranquilla!»

«Cosa cercano?»

«Per il tuo bene, è meglio che tu non lo sappia e che non tenti mai di scoprirlo. Dimentica questa notte, dimenticati di me; è meglio così. Tu meriti una vita normale.»

Perché non facevano tutti che ripeterlo? La seguì all'esterno del capannone. Kathy armeggiò con la giacca, quindi si tolse il cerotto. Stava per abbassare la manica della tuta, quando si bloccò. Rimase allibita a guardare una figura che si illuminava nell'oscurità. Non fu abbastanza veloce da nasconderla e la biker la vide: le afferrò il braccio essa stessa incredula. «Tu sei oro! Dobbiamo andarcene ora o siamo morte entrambe.»

«No, no. Io voglio tornare a casa. Ti prego!» Kathy la guardò implorante.

«Non sai quanto mi dispiace, Kathy, ma non puoi tornare a casa, non con quel tatuaggio. Devi fidarti di me!» La motociclista la prese per le mani.

«Non so nemmeno chi sei!» La ragazza si divincolò scostante.

«Mi chiamo Roxy e faccio parte di un corpo militare segreto: il nostro compito è recuperare i ragazzi come te, risultati positivi a un tipo specifico di mutazione, LWF, prima che siano iscritti nella "lista". Ti giuro vorrei tanto che ci fosse un'altra strada, ma al momento la tua scelta è questa: salire su questa moto con me o rischiare di finire come cavia da laboratorio per una qualche ditta farmaceutica.» Ogni parola che usciva dalla bocca di quella donna, Kathy si sentiva morire.

«I miei genitori non lo permetterebbero mai!» Le urlò contro adirata. Udirono distintamente sirene in avvicinamento; Roxy si perse per un attimo a guardare le luci lampeggianti sul cavalcavia a poco meno di un isolato. Dovevano sbrigarsi! Afferrò Kathy per il braccio, estrasse un paio di manette e la legò alla moto, quindi la obbligò a salire, le infilò il casco senza troppe cerimonie e partì nella notte scura. Kathy cercava disperatamente di liberarsi, ma era assicurata alla moto. Si sentiva un peso crescente nel petto.

La ragazza guardava incredula le volanti dietro di loro che le inseguivano a sirene spiegate. Poi osservò Roxy: i capelli sparsi al vento, il viso rigido e contratto in una smorfia di assoluta determinazione. Poco più sopra del polso portava un segno simile al suo, ma molto più intenso, rosso come il sangue con piccoli diamanti incastonati nelle punte.

«Anche tu non hai passato il test genetico?» La voce le morì in gola.

«Mi sono fatta prendere. Se non mi avessero liberato sarei ancora in quel posto orribile, anzi probabilmente sarei all'obitorio.»

Kathy si strinse involontariamente a lei. La testa cominciò a girarle: le sembrava di trovarsi in un incubo, ma ormai non sapeva più come fare a svegliarsi.

«Cosa rappresenta?» trovò la forza per chiederle, infine.

«Un fiore di loto» rispose soltanto la motociclista.

Kathy aveva la vista annebbiata, ma le sembrò di scorgere un cartello che indicava l'aeroporto. C'era una sbarra che si avvicinava davanti a loro. Roxy invece che frenare, accelerò, estrasse la pistola e iniziò a sparare alle guardie. Quando la moto si infranse sull'asse, Kathy chiuse gli occhi. La sbarra saltò in aria, ma la biker non si fermò. Spinse l'acceleratore al massimo e si diresse decisa verso un hangar. Smontò velocemente e la liberò dalle manette. La giovane ormai faticava a reggersi in piedi.

Un uomo corse nella loro direzione e aiutò Roxy a sostenerla. Fissò per un attimo le linee arcuate, solo parzialmente visibili nella penombra dell'hangar e poi silurò Roxy con uno sguardo contrariato.

«Non potevo lasciargli un oro!» protestò la ragazza. L'individuo non le rispose: caricò Kathy su una spalla e corse fino alle scale dell'aereo. La adagiò su un sedile che reclinò leggermente.

Le legò la cintura di sicurezza e poi indugiò un attimo tentando di accarezzarle la fronte: Kathy si ritrasse dal suo tocco. L'aereo cominciava a muoversi sulla pista. La ragazza rimase come incantata a guardare fuori dal finestrino le gocce di pioggia che si infrangevano. L'uomo prese il posto davanti a lei. Quando si spensero le luci nell'abitacolo ricomparve quel simbolo: rifletteva di luce propria, le appariva come illuminato dall'interno. Si sentì sbagliata, impotente di fronte al destino che l'aveva condotta a quella sera.

«Non resistere al siero, domani andrà meglio e, presto, saremo a casa.» Si scoprì il braccio e le mostrò un tatuaggio oro, esattamente uguale al suo.

Kathy si tolse gli occhiali, li appoggiò sul tavolino e lasciò che l'oscurità si impossessasse di lei.


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