In trappola [New]

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Quando salirono, Tom strappò la valigetta col portatile a Mrs. Sullivan e la aprì. David montò davanti e gli lanciò la chiavetta. Il giovane la prese al volo; Jason franò accanto a Tom, quindi Robert accelerò verso il piano strada. Alice si mise seduta in un angolo cercando di fermare le mani che tremavano convulsamente. Il mutante aveva appena inserito la chiavetta quando il furgone inchiodò prima di una curva: c'erano due uomini armati davanti all'uscita. David non riuscì a reprimere un brivido freddo che gli scese lungo la schiena. Stava per scendere dalla portiera quando Jason lo trattenne.

«Questa è la mia fermata e tu lo sai.»

«Jason, non abbiamo molte munizioni!»

«Mi serve solo farvi andare via da qui e attirarli altrove.»

«Come sai che ti inseguiranno?»

«Non sanno chi di noi ha la chiavetta.»

David lanciò un'occhiata a Robert e poi assentì. Jason non aspettò oltre: prese il fucile dalla borsa e scese chiudendo lo sportello. Si nascose dietro il furgone, imbracciò l'arma e si concentrò. Un solo colpo, due uomini: sparò. Ne becco uno sulla spalla. Pensava fosse più semplice con quell'affare; invece, il calcio gli era sfuggito tra le scapole ferendolo: si maledisse. Uno degli uomini armati, comunque, si accasciò a terra. Allora aprirono il fuoco contro di loro. Comparvero altre due guardie in uniforme sulla salita poco più avanti accorrendo dall'esterno: avevano circondato l'edificio.
"Ora o mai più" pensò Jason. Si gettò verso il piano interrato seguito dai proiettili. Li sentiva fischiare e infrangersi attorno a lui. Rotolò dietro un'auto e prese fiato cercando di capire da dove provenissero. Vide il suo furgoncino dei surgelati che imboccava la rampa verso l'uscita a tutta velocità. Solo allora guardò i resti di una boccetta di vetro mezza infranta a pochi passi da lui. Non era coi proiettili che gli stavano sparando addosso! Osservò il liquido giallo che si spandeva attorno ai frammenti di vetro e per la prima volta in vita sua iniziò a tremare. Non era pronto a finire così. Molto meglio un proiettile in fronte, crivellato, dissanguato, torturato... ma quello no!

Nello specchietto di un'auto in sosta seguì l'uomo avvicinarsi con cautela. Decise di prenderlo di sorpresa. Impugnò l'arma, ormai scarica, come una mazza da baseball e si accucciò a fianco dele parafango. Attese di sentire i passi farsi più vicini e ritmati, poi fece roteare il fucile col calcio in modo che puntasse dritto verso il viso dello sventurato. Era una mossa disperata, ma cos'altro poteva fare? L'agente in mimetica nera con il logo della Humans vicino al taschino accusò il colpo e si accasciò a terra. Jason lo guardò con odio. Quell'uomo rappresentava tutto ciò che aveva sempre detestato, tutto ciò che aveva reso la sua vita un inferno. Impugnò più saldamente il fucile e caricò un secondo colpo. Voleva ucciderlo. Non meritava pietà. Nessuno di loro ne meritava, per quello che avevano fatto a quei ragazzi e non solo. Stava per portare a segno il colpo finale quando udì un fischio. Sentì un pizzico e un forte bruciore dietro al collo. Gli mancò il fiato; le gambe gli franarono. Cadde a terra: percepiva un fuoco nel petto e il respiro che gli si faceva più corto; l'aria era come se gli bruciasse i polmoni. Il suo fiore di loto rosso era più iridescente di quanto fosse mai stato prima, come se quelle linee gli stessero bruciando la pelle.

La guardia si palesò dietro di lui; gli tolse il fucile gettandolo lontano. Studiò il suo compare steso in posizione contorta sull'asfalto e sospirò sdegnato; quindi, perquisì Jason in ogni taschino della tuta. Non trovò nulla ovviamente. Imprecò, estrasse uno smartphone e compose velocemente un numero.

«Salve, dottoressa, aveva ragione: sono loro, LWF; hanno il tatuaggio col fiore di Loto. Ne abbiamo bloccato uno nel garage, ma non ha il segnalatore, quindi ce l'hanno sul furgoncino, li stiamo seguendo» riportò brevemente. Aveva detto quella sigla con disprezzo quasi si trattasse di un segno dispregiativo. «Non si preoccupi se spariamo siero non andranno lontano.»

Jason sentì una lacrima attraversargli il viso fino a cadere a terra. Stavano finendo davvero in una trappola. Sarebbe stata una strage e non poteva fare più nulla per fermarli.

«Che ne facciamo di loro una volta recuperata la professoressa Sullivan?» attese una risposta tenendolo sotto tiro.

«Va bene, finisco di mutarlo. Con quanto siero gli ho dato non impiegherà molto.»

Jason chiuse gli occhi: avrebbe tanto voluto avere la forza di alzarsi e di combattere o provare a scappare o rubare una pistola e puntarsela dritta alla testa.

«È un rosso, sta soffocando come una mammoletta» sbottò soddisfatto. «Non si preoccupi non danneggerò il suo campione» aggiunse alzando gli occhi al cielo. Quindi chiuse il telefono e si avvicinò a Jason. «Sei pronto per fare un bel viaggio nel paese delle meraviglie?»

Jason gli sputò addosso.

L'agente reagì pulendosi il viso stizzito. «Spero proprio che la dottoressa abbia programmi speciali per te!» Gli piantò la seconda iniezione dritta nella vena cava superiore. Jason sentì un bruciore profondo invadergli la gola, la testa e poi il petto che gli esplodeva.

«Sogni d'oro» udì l'uomo canticchiare un attimo prima di perdere i sensi.

Robert spinse il furgoncino su dalla rampa. David non si voltò indietro: sapeva bene che quella di Jason era stata una pazzia, ma se c'era qualcuno che poteva uscirne vivo era lui. Al momento, quello che loro potevano fare era far sì che il suo sacrificio non fosse stato vano. Non avendo più armi, non poteva aiutare Robert in alcun modo. La sua idea di un piano fin troppo pulito gli si stava ritorcendo contro. Di una sola cosa era certo: non era l'FBI a inseguirli. Un solo nome continuava a girargli in testa: Humans. Perché dar loro qualcosa che potevano usare contro la dottoressa Wolfe?

«Tom dimmi che c'è davvero qualcosa in quella chiavetta!» David pregava dentro di sé.

«Il filmato c'è tutto, ma hanno messo un blocco alla copia, come temevo: sto cercando di aggirare il firewall.»

«Fai in fretta, ogni secondo che passiamo con quel segnalatore, è uno in meno di vita» gli ricordò David.

Tom non aveva bisogno di conferme. Dal suo punto di vista, quel segnalatore era molto peggio di una bomba. Il furgoncino sbandò e il ragazzo perse l'appoggio: il portatile franò a terra e picchiò sul pavimento. Tom lo riprese pregando funzionasse ancora. «Deve aiutarmi a tenerlo fermo!» urlò alla professoressa.

La donna a quel grido sembrò come ridestarsi da un sogno. Si avvicinò a lui e incastrò il portatile tra le gambe, tenendosi con le mani a una panca dietro di lei.

Tom la ringraziò con un cenno e procedette. Era vicino, se lo sentiva: non poteva mollare proprio ora. Cominciò a schioccare nervosamente le dita: attorno a lui alcuni scatoloni si sollevarono da terra. Mrs. Sullivan lo guardò stupita senza poter trattenere la meraviglia.

«Tom, Tom?» lo richiamò David.

Lui alzò lo sguardo per un attimo. Quando si accorse delle scatole arrossì e riportò gli occhi sullo schermo. Sollevare oggetti lo aiutava a concentrarsi, l'aveva scoperto nell'ultimo mese, ma si rendeva conto che non fosse il momento adatto. Ricontrollò le istruzioni e provò a lanciare il programma che avrebbe dovuto sbloccare la chiavetta.
Mrs. Sullivan non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi: brillavano di un blu intenso che era certa di non aver mai visto prima in vita sua. Il colore era innaturalmente puro e senza sfumature. Deciso.

Tom non poté nascondere l'entusiasmo quando il programma terminò dandogli esito positivo. Trattenne il fiato e riprovò a copiare il video: questa volta la barra si animò davanti a lui e iniziò a scaricare il file. Intanto il furgoncino tentava di sgusciare nel lento traffico cittadino e uscire più in fratta possibile della city. Robert poteva contravvenire alle regole, minimizzare la distanza di sicurezza o tentare di spostarsi continuamente di corsia, ma non era facile in quella giungla di lenti mezzi. Alcuni autobus in particolare gli bloccavano inconsapevolmente la strada. David gli indicò la corsia riservata ai taxi. Sarebbero stati un bersaglio facile, ma ormai la cautela era l'ultimo dei loro problemi.

«Fatto!» Tom passò a chiavetta soddisfatto.

David non perse tempo: abbassò il finestrino e la lanciò il più lontano possibile, sperando precipitasse in un tombino. Robert intanto accelerò lungo la corsia dei taxi attraversando un incrocio con semaforo giallo pieno. Lanciati come erano, a fatica avevano visto il segnale. Imboccarono a tutta velocità il tunnel che passava sotto la baia.

David si concesse un respiro profondo. «Abbiamo quel video, quindi?»

Tom confermò. «Si tratta di sicuro di uno dei tanti esperimenti che ha fatto la dottoressa su di lui, non saprei dirti quale, non sono stato lì a guardare.»
«Non importa, quella donna si vede o ha sempre la mascherina?»
«Un primo piano, chiaro e nitido, nel suo ghigno più crudele: quella volta si deve essere tolta la mascherina uscendo dalla stanza.»

Mrs. Sullivan non aveva chiesto di guardare il video. In realtà una parte di lei preferiva non farlo: non era sicura di riuscire a sopportare di vedere impresso in quelle immagini il dolore di Jacob.

«Lo guarderemo con calma sull'aereo» propose Davide voltandosi verso la strada.

Tom vide un'ombra riflessa nei suoi occhi, quasi i lampioni appesi al soffitto del tunnel fossero stati oscurati in un istante. L'attimo successivo fu il caos: Tom e Mrs. Sullivan vennero sbattuti con forza contro la parete opposta. La donna perse la presa con cui teneva il portatile, il furgoncino cadde pesantemente su un lato urtato da un veicolo molto più grande di lui, accartocciandosi. Tom perse i sensi all'istante.

David venne sbalzato indietro schiacciando Robert contro la portiera. Gli airbag scattarono, poi il camioncino si capovolse sotto la spinta del pesante camion della spazzatura che li aveva travolti. David rimase incantato a guardare quella scena percependo il terrore, il dolore e la paura, tutte assieme. I suoi sensi, invece che auto limitarsi inibendo i segnali, a causa dell'adrenalina amplificarono l'evento, lasciandolo letteralmente senza fiato, ma vigile. Quando il furgoncino atterrò ci fu un attimo di profondo silenzio e poi una pioggia di proiettili si infranse su di loro. I vetri del parabrezza esplosero.

Era bloccato dalla cintura e non riusciva a muoversi. Gli sembrava di essere un condannato a morte legato al patibolo. Allora uno dei proiettili si infilò nella sua gamba causando un bruciore profondo e intenso. Vide il liquido giallo della siringa sparire nel suo corpo. Era una pessima notizia. La sua mente sapeva che non sarebbe successo nulla di buono. Sentì il suo cuore esplodere nel petto, il respiro mancargli, ma per qualche inspiegabile ragione la sua testa era terribilmente presente e allerta, come forse non era mai stata. In quel momento avrebbe tanto voluto che tutto si spegnesse, ma pareva bloccato di fronte a quel film terrificante. Non riusciva a muoversi se non per spasmi e faticava a respirare, ascoltava quel rantolo quasi non fosse il proprio. E poi vide Robert: immobile a terra, oltre il cofano. Una grossa pozza di sangue si allargava a macchia d'olio dalla sua testa. Allora David serrò gli occhi e lasciò andare le lacrime e si sforzò di tenerli chiusi finché smise di essere.

Quando Tom riprese conoscenza c'era una voce di donna che lo chiamava terrorizzata. Si svegliò sdraiato su quella che prima era una delle pareti laterali del furgoncino. La testa gli pulsava e sentiva il sangue colargli lungo la tempia. Si guardò sconvolto nel vetro del finestrino sopra di lui. Un conato di vomito lo travolse. La donna lo aiutò a mettersi seduto. Non sapeva quanto tempo fosse passato: secondi o forse ore?

Mrs. Sullivan gridava in maniera insopportabile: era ferita e chiaramente sotto shock. «Ci stanno sperando addosso!!» riuscì a capire dal labiale.

Sentiva uno strano ronzio nelle orecchie. Notò con terrore una delle siringhe sul pianale. Si tastò il petto spaventato, ma non sembrava essere stato colpito. David invece era immobile, paralizzato, con gli occhi fissi nel nulla: probabilmente era morto. Robert non riusciva nemmeno a vederlo. Il parabrezza era scomparso. Trovò a tentoni il computer e lo mise tra le braccia di Mrs. Sullivan, per affidarglielo. Vedeva ancora alcuni proiettili incastrarsi a ondate nel portellone del veicolo leggermente piegato e sempre più traforato. Erano davvero finiti nella trappola!

Se voleva salvarsi e tentare di salvare Mrs. Sullivan, dovevano uscire da lì. L'unica notizia positiva era che la professoressa poteva essere colpita senza riportare danni. Tuttavia, sotto shock come era non gli poteva essere molto utile. D'altronde, nemmeno lui riusciva a riflettere lucidamente. Al diavolo David e le sue cautele! Non sarebbe stato lì a farsi ammazzare. Chiuse gli occhi e tentò di visualizzare nella sua testa il furgoncino. Cercò di non pensare a quanto potesse essere pesante o al fatto che qualcuno potesse vederlo o ancora peggio alla possibilità di fallire. Doveva portare quel filmato a Kathy; se non lo avesse fatto quella dottoressa avrebbe vinto. E se avesse avuto ragione quella orribile donna su di lui? Scosse la testa e si impose di respirare e di richiamare alla sua memoria il profumo di Kathy. Quando riaprì gli occhi, il furgoncino seppur lentamente e cigolando si stava riportando in posizione corretta. Alla fine, il van rimbalzò sulle ruote e si mise dritto. Tom, quindi, scivolò al volante e osservò la fetta d'asfalto davanti a lui, coperta di frammenti di auto e mezzi. La rampa in uscita dal Lincoln Tunnel era praticamente sgombra; le altre macchine erano ammassate lateralmente, bloccate dal camion che era loro piombato addosso. Non c'era traccia di mezzi di soccorso per ora. Tentò disperatamente di accendere il veicolo. Il furgoncino borbottò un paio di volte e poi prese vita. Tom spinse sull'acceleratore senza prestare attenzione all'indicatore di velocità. Le ruote slittarono sull'asfalto e poi il mezzo schizzò oltre l'ingorgo di auto, come spinto da forza di volontà propria.

«Ma l'altro uomo?» chiese timorosa Mrs. Sullivan.

Tom finse di non udirla: al momento non voleva pensare al cadavere di Robert che aveva dovuto schiacciare per fuggire. Svoltò allo svincolo verso l'aeroporto di Newark. Gli girava la testa ed era sul punto di vomitare di nuovo. Sentì una mano appoggiarsi alla sua gamba. David? Pensava fosse morto! Lo guardò terrorizzato, non sapeva davvero cosa fare per aiutarlo.

«Che LWF è?» domandò Mrs. Sullivan che sembrava più lucida tanto più si allontanavano da quell'inferno. Questa volta Tom la sentì meglio, anche se ancora un po' ovattata.
«Oro: B, W, R» rispose secco come se gli urlasse attraverso un vetro.

Alice lo guardò colpita: ne aveva letto nel manuale, ma pensava fosse solo una possibilità teorica.
«Se Feltman ha ragione e sta mutando, abbiamo pochi minuti per fargli la seconda iniezione, prima che gli venga un infarto.» Quell'uomo aveva dato la vita per salvarla, voleva almeno provare a ripagare il favore.

«Allora cerchi una siringa, in fretta! Ma ne serve una terza, dopo, per farlo riprendere!» urlò Tom, che non sentiva quasi la sua voce.
«Non ne vedo di intere.» Aveva appoggiato il computer accanto a lei e stava spostando agitata gli scatoloni. Poi Tom ricordò: il kit di emergenza, nello zaino di David!
«Il borsone nero!»

Alice si precipitò e ne rovesciò il contenuto sul pianale del furgoncino. Per fortuna non c'era molto, ormai, e si ritrovò in fretta quell'astuccio tra le mani; lo aprì litigando con la chiusura a scatto. C'erano tre siringhe all'interno. Riconobbe il liquido giallognolo. «Dove va iniettato?»

«Dritto nel sangue arterioso, così è più veloce.» Tom segnò il punto dove aveva visto fare l'iniezione a Kathy.

Alice fu precisa e senza tentennamenti: mise una mano sul collo di David finché non sentì il battito sparire. Ora dovevano aspettare. Tom svoltò verso la pista dell'aeroporto diretto all'hangar dove erano atterrati quella stessa mattina. Entrò strombazzando. Il pilota scese allarmato e si bloccò per un attimo stupito dallo stato del furgoncino.

«Non batte!» La professoressa Sullivan continuava a urlare.

Tom aprì la portiera esausto. Il pilota si avvicinò: Alice gli spiegò cosa avevano fatto. Gliene fu grato: non aveva nemmeno la forza di parlare. Vide il pilota correre verso l'aereo e tornare con un defibrillatore, sciolse la cintura a David, gli strappò la tuta e gli mise le piastre sul petto; quindi, disse loro di scendere dal mezzo e di allontanarsi.

Alice allungò a Tom il computer. Il giovane si avviò verso l'aereo, trattenendo un conato di vomito, con le lacrime agli occhi: non osò mai voltarsi a guardare David. Appoggiò il computer su un tavolino e si stese su un divanetto. Chiuse gli occhi e lasciò che il buio si impossessasse di lui.


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