Capitolo 56 - Punishment

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Elke le rivolse un'occhiata eloquente, quando tornò in camera.
«Devon eh? Il più ambito».

Odiava quella arguta ragazzina. Cercò di ignorarla, mentre si infilava sotto le coperte.

«Lo sai che Sigrid gli ha chiesto di uscire appena è arrivato?»

Ah sì? Quello era interessante.

«E lui?» domandò Anita, timidamente.

«Lui le ha risposto che c'era già una persona a cui teneva».

Improvvisamente l'odio che Sigrid provava per lei acquistò un senso.

«Anche io gli avevo dato una lettera d'amore. Lo sai che mi ha dato un bacio sulla guancia?» trillò Elke, fiera di sé.

Anita le rivolse un altro sorriso, poi decise di appoggiare la testa sul cuscino. La stanchezza e la sveglia impostata alle sei meno venti fecero il resto.



River estrasse il telefono dalla tasca, e provò a contattare di nuovo il numero che lo aveva chiamato la sera precedente. Anita, ovviamente, non rispose.
Ripercorse mentalmente ciò che lei gli aveva detto, nel panico.

Se Anita gli aveva riferito che Gufo non era l'assassino del topo poteva voler dire solo una cosa: lui si trovava lì con lei, e probabilmente la stava seducendo di nuovo.

River non si fidava assolutamente del Diverso, quindi non prese subito per buona l'opzione che non fosse coinvolto nell'omicidio.

Entrò in centrale con passo lento, stanco.
Trattenne un nuovo fremito di gelosia, mentre appoggiava la maschera antigas sulla scrivania che era stata di Brick.

Ogni mattina ne carezzava delicatamente i bordi, e questo era l'unico gesto di debolezza che si concedeva per ricordare il suo amico.

Gus e Rottemberg erano già seduti alle loro postazioni.

Fortunatamente il suo caposquadra era tornato in sé, e ora passava il tempo cercando un modo di riportare Anita a Meshert.

«Scusa River, potresti scendere di sotto? Ho trovato qualcosa».

La voce timida di Ivor lo distolse dai suoi pensieri. Capitava molto spesso che non si rendesse conto che l'uomo si trovava nelle sue vicinanze. Era facile non notarlo.

«Certo. Arrivo».

Ivor si incamminò a piccoli passi svelti, voltandosi indietro a intervalli regolari per assicurarsi che River lo stesse seguendo davvero.

«Ti avviso già che è una teoria azzardata»

River annuì ma, incuriosito, lo seguì fino al suo studio.
Ivor si mise di fronte al suo computer, e mandò una slide a schermo.

«Ho fatto delle ricerche sul siero estratto dal topo. In un primo momento ero convinto fosse siero Rust, perché la componente della ruggine mi sembrava fosse compatibile; invece, analizzando più a fondo, e facendo dei confronti con degli studi di qualche anno fa sul siero mi sono reso conto che sono simili, ma diversi».

«Diversi in che modo?» chiese River, incuriosito.

«Il topo sembra essere stato drogato con una sostanza nuova. Una specie di metanfetamina. Questa volta sembra che abbiano trovato un modo di usare la ruggine per sballarsi»

«Quindi potrebbe essere solo uno spaccio andato a finire molto male», asserì River, pensoso.

Ivor corrugò la fronte. «Non è così semplice. Ormai nessuno ha più le conoscenze, e i metodi per sintetizzare una nuova droga. Specie se viene prodotta con qualcosa di così pericoloso come la ruggine».

River annuì. «Quindi si tratta di qualcuno che ha delle attrezzature specifiche a disposizione»

«Grazie Ivor», comunicò, dandogli una sonora pacca sulle spalle.

Non appena uscì dal sotterraneo il suo cellulare iniziò a squillare. Lo afferrò febbrilmente, temendo di stare perdendo una chiamata di Anita.

«Pronto?»
«La lettera di Anita ha ricevuto risposta»

La voce dello psichiatra risultava essere profonda e pensosa.

«Ho provato a chiamarla, ma ha ancora il telefono spento»

River annuì. «Anita sta ancora poco bene. Passo io a prenderla fra mezz'ora»

Detto ciò, attaccò in faccia ad Adam, e si precipitò a Nikosia.



La lezione del giorno dopo ricalcava quasi pedissequamente quella del giorno prima. Anita non era riuscita a guardare Gufo negli occhi, neanche una volta. Lui sembrava rendersene conto, infatti ogni volta che poteva cercava di incatenare lo sguardo nel suo.

La corsa era andata malissimo. Stavolta non era inciampata, ma comunque era arrivata dieci minuti dopo tutti gli altri. Evidentemente doveva esserci qualcosa di sbagliato nel siero che Gufo le aveva somministrato.

Quando raggiunse gli altri cadetti tutti la osservarono con rammarico. Una di loro, addirittura, si avvicinò a lei e le mise una mano sulla spalla.

«Forse non è nelle tue corde...», sussurrò la donna. Nonostante la maturità della sua pelle, aveva un aspetto giovanile. Anita le diede ragione con una semplice occhiata.

Anita avvertì la figura imponente di Gufo torreggiare alle sue spalle, e un lunghissimo brivido le fece accapponare la pelle.

«Non compatitela. Non ha problemi», asserì freddo come il ghiaccio.

La donna accanto a lei si fece lentamente più indietro, quasi intimorita. Anita gli lanciò uno sguardo di traverso, mentre era ancora piegata sulle ginocchia, faticando a riprendere fiato.

«Che problemi hai?» masticò amara Anita, sibilando davanti a tutti.

Gli altri cadetti emisero un coro di sorpresa, saettando con lo sguardo dall'uno all'altro.
Gufo sollevò le sopracciglia.

«Sai cosa succede ai cadetti irrispettosi, Miller?»

Gli altri nove, compresa la donna gentile, iniziarono a mormorare. Anita non riuscì a cogliere distintamente tutte le loro voci, ma era certa che qualcuno avesse chiesto 'Alla prima ammonizione? Che severità!'

Anita si mise in piedi, fronteggiando il suo addestratore con astio.

«Non lo so, e non mi frega niente di questo posto di merda».

Le bocche spalancate degli altri cadetti dovettero cedere al suolo.

«Decker sta arrivando», comunicò Gufo, fissandola come se stesse facendo un grave errore.

Improvvisamente, Anita iniziò a provare una gran paura. Gufo dovette fiutarne l'odore perché si fece più vicino, una lieve sfumatura d'ambra che si faceva largo nei suoi occhi ghiacciati.

I cadetti, in fila davanti all'accesso della foresta, dovettero avvertire una vibrazione di passi che Anita ancora non percepiva.

Decker apparve all'orizzonte qualche istante dopo, con il petto rigonfio ed evidenti schizzi di sangue su tutto il lato destro del suo corpo. A passi pesanti si avvicinò a Devon.

«Che ti è successo?» chiese Gufo, guardando Decker con interesse.

«Uno dei cadetti ha fatto esplodere una cavia. Ero di profilo. Indovina quale?» sibilò Decker, scoppiando da solo in una scrosciante risata. Timide risatine dei cadetti Principianti si sollevarono, cercando di farsi notare dal loro capo, ma lui li ignorò come fossero stati un branco di pesciolini rossi.

«Miller, vero?» chiese Decker, assottigliando la voce e gli occhi, mentre le lanciava uno sguardo preoccupato. Anita annuì.

«Ora devi venire con me».

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