Capitolo 61 - Kill The Old Lady And Run

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Uccidere qualcuno era stato già abbastanza devastante, per Anita. Il fatto che fossero dei Diversi, poi, era impossibile da concepire.

Gufo sembrava in stato catatonico, la fissava con la bocca così spalancata da sembrare un pesce.

«Sono morti», confermò lui, dopo alcuni secondi di mutismo.

L'urlo della morte di Anita fece accorrere Sigrid e Decker.

Decker rimase impalato sull'uscio della porta, incapace di credere ai suoi occhi e impedendo a Sigrid la visuale.

«Che cazzo è successo?» urlò Decker. Anita lo aveva sempre visto calmo e rilassato, invece la sua voce, ora, tradiva una certa preoccupazione.

«Anita ha solo urlato, signor Capitano», rispose Gufo, atono. Non aveva ancora smesso di fissarla da quando era accaduto.

Anita, inginocchiata a terra, come in preghiera, davanti alle statue funebri create appositamente da lei. Gli occhi verdi persi nei meandri della palude, che era in quel momento il suo cervello.

Pensieri sconclusionati si avvicendavano uno dietro l'altro, senza davvero dare una soluzione a nulla.

Decker le si fece più vicino, stranamente senza alcun timore, poggiandole una mano sulla spalla, coperta solo dal semplice velo di cotone della sua t-shirt bianca.

«Stai bene, cadetto Miller?» chiese Decker, stringendo forte il suo omero.

«È una assassina. Va chiusa a Würfel», commentò Sigrid, con la voce rotta.

Gufo sembrò riscuotersi, sbattendo gli occhi cinque volte di seguito.

«Non l'ha mica fatto apposta. Siete voi che avete cominciato a romperle le palle», rimbeccò Gufo, torreggiando sulla figura minuta di Sigrid.

Anita trovava tutto quello che stava succedendo ai limiti dell'assurdo e, mai come prima di quel momento, aveva voglia di scappare a Meshert. Voleva un abbraccio di qualcuno dei suoi amici. Voleva un abbraccio di Brick. Il pensiero del fratellastro la avvolse, scaldandole il cuore quel tanto che bastava per farla tornare alla normalità.

Appoggiò una mano su quella di Decker, facendogli capire che era pronta ad alzarsi. Lui la afferrò al volo, aiutandola a mettersi in piedi.

Anita rimase immobile, barcollante.

Sembrava una bandiera in mezzo a una tempesta. Mormorò qualcosa fra sé, poi iniziò a muoversi velocemente verso l'uscita della torre. Sigrid tremò, spalancando gli occhi celesti. Si fece immediatamente da parte per permetterle di passare, ammutolita.


Anita percorse la torre a ritroso, ben conscia che solo una persona avrebbe potuto spiegarle che cosa stava succedendo.

Raggiunse la sala da pranzo, e ripercorse fedelmente tutti i passi che aveva compiuto qualche giorno prima, insieme a Decker. Inserì il codice, 7580, sul tastierino numerico accanto alla porta di ingresso, ed entrò.

Lo studio del Sergente Maggiore era vuoto. Vin era introvabile. Gocce di sudore freddo imperlavano la fronte di Anita che, finalmente, vomitò nel secchio della carta straccia, posto accanto all'unico pc presente in quel castello.

Anita, riacquistando il sangue freddo, decise di approfittare di quella solitudine per sbirciare.

Ci mise due secondi per indovinare la password di accesso utilizzata da sua madre, – Brick -, e iniziò subito a curiosare in tutte le cartelle.

La maggior parte erano documenti poco importanti sui turni degli inservienti, prove per addestratori, punizioni Alpha e Beta per i cadetti. Niente che Anita non sapesse già, o che trovasse vagamente utile.

Infine, trovò l'accesso alla mail di Vin, dove sperava di trovare più risposte. C'era moltissima corrispondenza fra lei e il capo Morris, in cui discutevano della gestione del filtro aereo di illusione, che loro chiamavano Nicht Sicht.

Anita era febbrile nei movimenti, si sentiva pallida e malata, ma doveva assolutamente avere delle risposte. Doveva sapere che cosa stava succedendo realmente in quel posto.

Cliccò sulla posta eliminata e lì trovò tre e-mail, indirizzate a qualcuno che Vin non avrebbe potuto, e soprattutto dovuto conoscere.

Adam Freideich.

Anita spalancò gli occhi, terrorizzata. Adam? Cosa poteva volere il suo psichiatra da sua madre?

La prima mail era molto poco esplicativa; sembrava solo una lista di elementi e formule chimiche.

Tutte le righe si concludevano con la formula chimica della ruggine.

Anita ormai la conosceva bene, era l'unica che le era rimasta impressa.

Cercò di memorizzare quante più informazioni possibili, e poi andò alla mail successiva.

Adam le comunicava che il siero era pronto, e che lo avrebbe somministrato a un soggetto di prova, di lì a breve. Anita iniziò ad assemblare qualche pezzo del puzzle, ma preferì spegnere il cervello, e continuare a leggere.

La terza, e ultima mail conteneva solo una foto.

La foto di un cadavere che Anita conosceva molto bene. Il ragazzo che avevano ritrovato a Meshert. L'assassinio del topo.

Cazzo.

Anita si guardò intorno, terrorizzata. Aveva ucciso due persone quella sera, e ora aveva rintracciato l'assassino di Meshert. Sicuramente qualcuno l'avrebbe prelevata a breve.

Inoltrò tutte e tre le mail a River e Rottemberg, le cancellò definitivamente dal server di posta e bloccò il computer, riportandolo esattamente allo stesso stato in cui l'aveva trovato.

Decise che non le conveniva attendere il ritorno di quell'assassina di sua madre, e fece per alzarsi. Proprio in quell'istante, però, Vin comparve dalla porta di ingresso.

Entrambe si fissarono con preoccupazione, poi iniziò la loro personale partita di poker. Chi bluffava meglio, vinceva.

«Decker mi aveva convocato di sopra. Mai visto niente del genere», comunicò Vin, muovendo passi veloci verso di lei. Si accomodò accanto al suo computer, preoccupata. Lo esaminò in una frazione di secondo, per controllare che non fosse stato toccato.

«Quindi non sai neanche tu che mi sta succedendo», asserì Anita, il tono affranto.

La morte di Annabelle ed Eward l'avrebbe perseguitata per tutto il resto della sua vita, e avrebbe pagato tutte le conseguenze che meritava, ma non quella notte. Non finché sua madre e Freideich erano in libertà, e potevano ancora fare del male a qualcuno.

Anita assottigliò lo sguardo, tradendo un guizzo di rabbia.

Vin negò con il capo.

«Immagino sia qualche reazione del tuo corpo al siero Rust, combinato con le sperimentazioni genetiche che hai ereditato da me», spiegò Vin, la voce quasi eccitata.

«Oltre a diventare mezzo gargoyle quando hai fame, sei riuscita a ottenere anche il potere della pietrificazione. È un'ottima cosa, Anita».

Anita le rivolse uno sguardo perplesso.

«Un'ottima cosa?» mugugnò, arrabbiata. «Ho ucciso due persone. Non vedo dove sia l'ottima cosa»

«Lungo la strada della grandezza alcune perdite sono necessarie», proclamò Vin, sorridendole bonariamente.

Anita mosse qualche passo indietro, preoccupata.

«Ora sono molto stanca. Meglio che vada a riposare», affermò Anita, con la speranza che quella serata finisse lì.

«Non posso di certo farti andare via, adesso».

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