Capitolo 63 - Smoking His Last Cigarette

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Adam Freideich sospirò rumorosamente, accartocciando un pezzo di carta scarabocchiato, e gettandolo nel cestino. Fece canestro al primo colpo. Sorrise fra sé, compiacendosi.

River fece ingresso nel suo studio qualche minuto dopo, scollandosi la maschera antigas dalla faccia sudaticcia.

Lo salutò con un cenno distaccato della mano, affrettandosi nel raggiungerlo.

Appoggiò una lettera accuratamente sigillata sulla scrivania, e non disse nulla.

«Anita sta ancora male?» chiese lo psichiatra, sorridendo biecamente.

River annuì. Non aveva alcuna voglia di interagire con quel pazzo. Teneva la pistola carica infilata nel fodero, sotto la sua giacca di pelle marrone usurata.

River la indossava spesso quando non era in servizio, era uno dei suoi capi di abbigliamento preferiti. Anita gli diceva sempre quanto gli stesse bene, ogni volta che la metteva.

«Non è riuscita a passare», spiegò River, senza sprecare troppo fiato in spiegazioni.

«Questa è la risposta per Jep?» chiese Adam, avvicinandosi l'involucro con due dita. «Posso leggere?»

River trasalì, spalancando gli occhi. Quella era una domanda che non si aspettava, di certo. Doveva giocare di astuzia.

«Se ti va. Basta che poi Jep non si accorga che la lettera è stata manomessa. Sai quanto è particolare con queste cose».

Adam stiracchiò un sorriso spento.

«Hai ragione, meglio non farlo arrabbiare. Mi accontenterò di leggere la risposta»

River tirò un sospiro di sollievo immaginario, ricambiando il sorriso.

«Ora vado. Mi chiami tu quando risponde?»

Adam annuì, accartocciando un'altra pallina di carta, e lanciandola.

River si congedò senza dire una parola, pregando che Adam non si insospettisse tanto da aprire la busta.



Qualsiasi cosa aveva un peso insostenibile. Anita si ritrovò a riflettere sugli ultimi avvenimenti che avevano stravolto la sua vita, capendo immediatamente che era molto più di quanto qualsiasi persona potesse sopportare.

Sin dal suo primo rapimento le cose non avevano fatto altro che peggiorare, fino ad arrivare a quel momento.

Scalciò le catene di titanio che la tenevano legata mani e piedi, con un sonoro sbuffo.

Riprese a urlare il nome di Vin, e di Gufo senza sosta, sperando che qualcuno di loro riuscisse ad avvertire le sue grida. Quella stanza doveva essere rivestita di qualche materiale, che impediva ai Diversi di percepire le onde sonore.

In quell'attimo, rimpianse di non aver fatto amicizia con nessuno. Il suo pensiero volò a Elke, ma evidentemente neanche lei era interessata a sapere dove di trovasse.

Gli unici a cui importasse davvero qualcosa di lei erano River, Rottemberg e Gus. La sua famiglia. La sua squadra.

Una lacrima rotolò giù dalla sua guancia, mentre i volti dei tre uomini si affacciavano nei suoi pensieri.

Dovette addormentarsi, perché fu ridestata da un rumore metallico improvviso, seguito da un tonfo sordo e da un ringhio ovattato.

La porta si richiuse subito dopo, senza lasciarle neanche il tempo di fare domande.

La stanza era in penombra, quindi fu difficile riuscire a capire cosa le avessero gettato accanto.

Un fruscio letale la sfiorò, poi riconobbe il profumo della persona che la stava abbracciando.

«Pensavo che non fossi già più qui», mormorò Gufo, baciandole i capelli e stringendola sempre più forte.

«Che ci fai qui?» chiese Anita, ricambiando l'abbraccio, e beandosi dell'odore che impregnava la giacca di lui. Era vestito ancora come la notte precedente. Il fetore del fumo della sigaretta e il sudore di quella notte passata in bianco. Ma non importava, finché lui era lì.

«Vin mi ha preso. Non dovevo assistere alla morte di Annabelle ed Eward»

Anita venne assalita da un forte senso di colpa, che la costrinse a mangiucchiarsi le unghie della mano umana.

«Mi dispiace. Sai cosa ci succederà ora? Avrà preso anche Decker e Sigrid? Anche loro hanno visto cosa ho fatto»

Gufo fece spallucce, sedendosi a terra e incrociando le gambe. Sfilò il pacchetto di sigarette dalla tasca interna della giacca, e sorrise ad Anita.

«Credo che ti costringerà a uccidere me, e tutte le persone che hanno visto ciò che hai fatto. Poi tu verrai usata come arma. Il Diverso più potente di tutti. Con te, Vin riuscirà a conquistare il mondo».

Anita lo guardò come se fosse impazzito.

«Non capisco cosa se ne potrebbe fare il mondo di una come me»

Gufo fece un sorriso amaro, poi si accese la sigaretta e si perse con lo sguardo nel vuoto.

«Gli umani pagherebbero qualsiasi cifra, qualsiasi cosa, per avere l'arma in grado di distruggere i Diversi. Oltre a tenerci per le palle per quanto riguarda il cibo, avrebbero un altro buon motivo per tenerci buoni».

Anita faticava ancora a capire il punto, ma non voleva insistere su quell'argomento, visto che sembrava dare tanta pena a Gufo.

«L'assassino del topo era lei. Ha cospirato con lo psichiatra di Nikosia che teneva in cura Jep. Credo che stessero cercando di ucciderlo»

Gufo sembrò pensoso, anche se calmo.

«O un modo per trasformarlo senza destare sospetti nell'ospedale?»

Anita spalancò gli occhi. Non aveva pensato a quell'eventualità.

Solo di una cosa era assolutamente certa: sua madre odiava Jep.

Non lo avrebbe mai trasformato, lo avrebbe reso solo più forte.

«Ho avvisato River e Rottemberg. Non possiamo far altro che aspettare, adesso»

Gufo annuì, continuando a rimuginare su tutte le informazioni assorbite in quell'ultima mezz'ora.



'Ciao River, conosco un bravissimo pilota che mi deve un favore. Grazie di avermi detto quello che vuole fare questo psichiatra del cazzo. Ero convinto che l'assassino fosse mia moglie. Nonostante tu sia un poliziotto, sono costretto ad avvisarti: ucciderò questo stronzo e scapperò di qui. Mi faccio vivo io.'

Il biglietto che aveva lasciato Jep Tucci, sul cadavere massacrato di Adam Freideich, brillava della luce dei neon ed era leggermente bagnato di sangue sui bordi. River lo raccolse, stando attento a non contaminare le altre prove, e lo nascose nella tasca interna della sua giacca.

Un biglietto indirizzato a lui, su un corpo macellato, non era decisamente qualcosa che voleva che venisse ritrovato. Rottemberg lo seguiva a ruota, perlustrando l'area e cercando di calmare le infermiere che avevano ritrovato il corpo.

Da una prima ricostruzione, Jep aveva aspettato che Adam venisse a ritirare la risposta alla sua lettera, poi aveva utilizzato la penna che lo stesso Adam gli aveva prestato, per trafiggergli la carotide e avventarsi sul suo corpo, bucherellandolo con furia omicida e sdegno.

River contava almeno trenta buchi inferti dalla penna a sfera. Quanta rabbia poteva contenere un uomo solo per riuscire a compiere quell'atto?

River rabbrividì, ben conscio che presto, Jep Tucci, gli avrebbe fatto visita.

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