47. Tu ed io...la nostra salvezza

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CORRETTO (Capitolo un po' lungo, ma spero vi piaccia, in caso fatemelo sapere. Leggete lo spazio autrice) 

Se avessi ascoltato prima il mio cuore tutto questo si sarebbe potuto evitare, avrei evitato del dolore a Sofy, a Dylan e in primis a me stessa. Il mio cuore si trova in un bivio: una parte pensa ancora a Sofy, l'altra mi ripete di godermi i bei momenti con Dylan.

Il Natale non tarda ad arrivare, così come le valanghe di regali da parte della famiglia da parte di mia madre, da mio fratello e da Dylan. Non so ancora cosa siamo noi, ho preferito evitare l'argomento per il momento, anche se vorrei tanto che fosse il mio ragazzo semplicemente.

L'ho invitato a cena qui in quanto scusa da usare con sua madre del perché non lo passa con lei. Continua ad evitarla e, nonostante pensi che dovrebbe provare a parlarle anziché fare il contrario, ho deciso che per questa volta lo avrei accontentato.

Altra novità che in questo momento non sono in grado di digerire è proprio il nuovo compagno di mia madre. L'ha invitato insieme alla figlia, di cui non sapevo l'esistenza, e ha colto l'occasione di presentarceli ufficialmente.

<<Lei è Diana, la figlia di Richard>> dice felicemente mia madre a me ed Alex. Entrambi ci scambiamo un'occhiata prima di darle la mano e presentarci a nostra volta.

Dall'aspetto non sembra affatto una cattiva ragazza: ha gli occhi chiari, reggianti in contrasto col colore della sua pelle tendente al scuro, le sopracciglia perfettamente curate, delle labbra carnose che potrebbero fare invidia ad ogni ragazza e, a contornare il tutto, i suoi capelli castani riccioluti. La sua mano è piccola, proprio come il suo corpo abbastanza minuto, e le dita affusolate sono piene di anelli.

Mia madre, felice di essersi tolta un peso enorme sulle spalle, ci fa accomodare in sala da pranzo addobbata nei minimi particolari: la tavola, rivestita da una tovaglia bianca e rossa, è piena di cose buone da mangiare. L'unica cosa che potrà distrarmi dai miei problemi.

A metà del pranzo non posso evitare di allontanarmi per un momento dalla tavola, rinchiudermi nella mia stanza e osservare il display del telefono che mi mostra il numero di telefono di Matt. Vorrei chiamarlo con la scusa di fargli gli auguri, ma con l'intento di sentire la sua voce, sapere come sta. E' scappato per andare da lei e da allora non lo sento.

Prendo un bel respiro prima di chiamarlo. Mi siedo accanto alla finestra e osservo fuori mentre il telefono continua a squillare. La sequenza dei bip sembra quasi interminabile, ma ci vuole poco per rendermi conto che sono già finiti.

Sapevo sarebbe finita così ma una parte di me continuava a sperare non sarebbe successo.

<<Se non risponde vuol dire che hai fatto qualcosa di grave>> sento una voce alle mie spalle, sconosciuta ma non del tutto. Mi volto di scatto e davanti ai miei occhi mi ritrovo Diana poggiata allo stipite della porta e con un mezzo sorriso sulle labbra.

Cosa ci fa lei qui? Questa è la prima domanda che mi sorge spontanea.

<<Che ne sai tu? Non conosci né me né lui, come pensi di poter giudicare?>> lo ammetto, il tono non è del tutto calmo bensì acido, scontroso.

<<Perché ho molta esperienza>> avanza dentro la stanza guardandosi attorno, poi annuisce come se dicesse a se stessa che è una bella camera. Si siede sul mio letto e osserva le mensole. Io rimango pietrificata perché troppo concentrata ad analizzare i suoi movimenti.

<<Non hai nessuna foto di tuo padre>>

<<Non sono affari tuoi>>

<<Tranquilla sorellina, cerco solo di fare conversazione>> si distende sul mio letto, allungando le gambe vestite di calze nere pesanti e ai piedi degli anfibi dello stesso colore.

<<Non è il momento migliore>> dico con meno rabbia <<Potresti lasciarmi sola per favore? Devo fare una cosa molto importante>>

Diana mi guarda con quegli occhioni scuri come ad analizzarmi, mi squadra da capo a piedi poi finalmente si alza dal mio letto e si avvia alla porta.

<<Se non ti ha risposto una volta non lo farà una seconda volta>> afferra il pomello della porta che chiude dietro di sé ma prima scandisce bene le sue ultime parole <<Comunque è davvero carino il tuo ragazzo, io starei attenta>>

<<Lui non è->> la porta si chiude con un tonfo <<- il mio ragazzo>> decido di lasciare perdere e di provare a richiamare Matt, invano.

Diana aveva ragione, perché? Penso per prima cosa. Poi torno alla cena per scartare i regali. Ogni mio movimento sembra meccanico, non ci metto la stessa passione che ci metto tutti gli anni, non gioisco come dovrei gioire perché, fondamentalmente, non ne trovo il motivo.

Dylan deve notare il mio sorriso infelice e mi viene subito vicino, sedendosi a terra accanto a me.

<<Che hai?>> mi sussurra quasi all'orecchio mentre il resto della mia famiglia, nuova e non, continua a scartare i regali.

<<Ho provato a chiamare Matt poco fa>> dico alzando le spalle <<Non risponde>>

<<Abita qui vicino, no? Puoi andare direttamente a casa sua a parlargli>>

<<Non è detto che mi apra la porta>> sorrido amaramente, poi torno seria e continuo ad accarezzare la borsa color rosa tenda che mi ha regalato mia madre.

<<Sarebbe uno stupido a farlo, la colpa non è tua ma mia, sono io lo stronzo che sta facendo soffrire Sofy>>

<<Si, ma l'hai tradita con me: c'entro pure io, non assumerti tutta la colpa>>

Il suo telefono inizia a squillare, riesco a leggere per una frazione il mittente: mamma. Ma Dylan sbuffa solamente per poi attaccare la chiamata.

<<Potresti almeno augurarle buon natale>>

<<Non l'ha mai fatto da quando mio padre non c'è più ed io ricambio con la stessa moneta>>

Dopo quelle parole lo invito nella mia camera, ci stendiamo sul mio letto: la mia schiena contro il suo petto, le braccia a stringermi forte e farmi sentire a casa. Parliamo un po', soprattutto di sua madre.

<<Tu le vuoi bene?>>

<<Quando ero piccolo si, adesso non ne sono tanto sicuro>>

<<Se pensi al passato, vorresti riavere tutto quello che avevi da lei?>>

Ci pensa un attimo, poi risponde <<Certo che lo rivorrei, ma è troppo tardi>>

<<Ti sbagli Dyl, tua madre ci sta provando in tutti i modi a riavvicinarsi a te ma sei tu a non volerne sapere... Lo fai come se avessi paura di poterne restare di nuovo ferito>>

<<Quella paura c'è infatti, so che non sarà mai come prima>>

<<Ma non ci hai neanche provato>>

<<Non ci ho provato perché i ricordi non me lo permettono, non riesco a perdonarla>>

<<Perché non provi a mettere da parte l'orgoglio e fare un passo verso di lei? Lei l'ha fatto, aspetta te, ti sta pregando di tornare ad essere suo figlio>> mi volto leggermente nella speranza di poter vedere i suoi occhi ma poggia la testa sulla mia schiena, come se volesse nascondersi da me.

<<Non è così facile per me, Bianca, non sono come pensi che io sia>>

<<Io credo solo che tu sia un ragazzo a cui manca suo padre e l'amore di sua madre ma che è troppo ferito dal dolore e non se ne accorge>> lui non risponde. Io allora mi volto, lo guardo negli occhi poi mi avvicino alle sue labbra delicatamente. Ci sfioriamo prima, poi lui si avvicina di più e mi bacia delicatamente. Le farfalle nello stomaco iniziano a volare senza sosta, il cuore accelera di battiti e scoppia di felicità.

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Alla mattina seguente, dopo essermi ripresa dal cenone di Natale ed essermi preparata per uscire, mi dirigo a casa di Matt perché ho l'urgenza di parlare con lui. Suono al campanello ed è sua madre ad aprire la porta: vestita ancora dal pigiama e una coda disordinata le decora il viso. Dopo esserci fatte gli auguri a vicenda, le chiedo dove sia Matt.

Esita, poi entra ad avvisarlo della mia presenza, nel frattempo aspetto nel grande salotto dai mobili moderni e sui toni chiari. Poco dopo Matt mi si presenta davanti, vestito dei pantaloni della tuta e una semplice felpa nera e col cappuccio in testa.

<<Parliamone fuori>> dice senza neanche guardarmi in faccia. Apre la porta ed esce, aspettando poi me. In quel momento mi è sembrato di sentire una fitta al petto, quando avevamo bisogno di parlare mi faceva accomodare sempre nella sua stanza e il fatto che adesso mi tenga lontano da un suo luogo intimo mi fa pensare solo ad una cosa: distacco. Una volta fuori e seduti sui gradini della veranda, aspetto che lui parli ma poi ricordo di essere venuta io da lui e non al contrario.

<<Volevo farti gli auguri ieri, perché non hai risposto al telefono?>> Matt serra la mascella e sospira pesantemente.

<<Ho tolto la suoneria probabilmente>> bugia, lui non l'ha mai fatto ed è sempre stato contrario a questo. Ennesimo indizio che si sta allontanando, che lo sto perdendo.

<<Mi manchi Matt e anche Sofy>> riesco a dire con tanta fatica dopo minuti passati in silenzio <<Come sta lei?>>

<<Sta male Bianca, è l'ennesimo Natale di merda che passa>> a quella frase, probabilmente detta appositamente per colpire dove fa più male, ecco che i sensi di colpa si impossessano del mio intero corpo.

<<Quando la vedi, puoi dirgli da parte mia che mi manca e che mi dispiace? Ho bisogno di dirglielo in qualche modo>> lo scongiuro. Lui annuisce e basta. Poggio i gomiti sulle ginocchia e mi copro il volto con entrambe le mani, maledicendomi ancora una volta di quel che ho fatto.

<<Anche tu sei arrabbiato con me?>>

<<No, Bianca, non sono arrabbiato con te, solo non ti riconosco molto>>

<<Siamo ancora amici?>>

<<Si, Bianca>> dice timidamente, abbassando il capo e stritolandosi le mani.

<<Mi prometti che nulla sarà in grado di separarci?>> mi volto verso di lui mostrandogli il mignolino, proprio come facevamo da piccoli per mantenere una promessa ed ha sempre funzionato fino ad adesso.

Si volta anche lui, guarda prima il mignolo poi me. Finalmente riesco a strappargli un sorriso, io faccio lo stesso. Dopo pochi secondi, stringe il mio mignolo col suo, dopodiché mi scalda in un caloroso abbraccio. Lo stringo come fosse l'ultima volta. Quanto mi era mancato.

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E sono super felice quando torno a casa ma noto subito che non c'è più Dylan. La voce di mia madre ferma la mia corsa verso le scale <<E' uscito mentre tu eri via>> rimango confusa.

<<Ti ha detto dove andava?>>

<<In verità no, mi ha solamente detto che doveva fare una cosa importante, non so cosa>> alza le spalle, con le mani sui fianchi, il volto confuso pure lei.

All'improvviso mi ricordo di averlo lasciato in casa mia mentre io non c'ero... Non avrà trovato il...? Ti prego no, mi ripeto in mente. Corro in camera mia velocemente mentre mia madre continua a chiamarmi dal piano di sotto, chiedendomi se mi sento bene. Controllo dentro al cassetto, rovistando anche l'angolo più remoto: non lo trovo.

Mi sento tremare le gambe all'improvviso, così mi lascio andare sul letto, mentre porto le mani tra i capelli. Come ho fatto ad essere così stupida, come?. Decido di chiamarlo sperando che mi risponda, ma è solo la segreteria a farlo. E' meglio cercarlo, mi dico, così mi dirigo nei posti in cui è solito trascorrere il tempo. Non lo trovo da nessuna parte.

Non mi resta altro che andare da Logan e sperare che almeno lui ne sappia qualcosa. Prendo per l'ennesima volta la metro e gli unici miei accompagnatori sono la musica e la paura di poter perdere anche lui, non ora che le cose sembravano stessero andando bene.

Quando arrivo, suono il campanello ma Logan risponde solo pochi minuti dopo vestito di una semplice tuta grigia e una maglietta a maniche corte bianca. Mi sorride una volta che mi vede, ci salutiamo.

<<Sai dov'è Dylan?>>

<<Non ne so nulla, non ci siamo sentiti oggi>> porta in dentro le labbra e alza le spalle. Nonostante le sue parole, mi sembra che i suoi occhi azzurri mi dicano tutt'altro. Annuisco abbassando il capo, poi faccio retromarcia e penso alla prossima meta in cui cercarlo.

La sua voce poi mi blocca <<Potresti provare alla casa delle vacanze, di solito si nasconde lì quando vuole estraniarsi dal mondo>>

Torno verso di lui <<Potresti darmi l'indirizzo?>> me lo porge subito dopo essere entrato in caso ed averlo scritto su un foglietto <<Sono quasi sicuro che sia qui>>

Lo ringrazio velocemente per poi dirigermi a passo spedito verso la strada e prendere il primo taxi disponibile. Questo mi accompagna fino ad un certo punto, più precisamente appena fuori dalla metropoli, in mezzo alla natura.

Mi tocca camminare da sola in mezzo a quella strada costeggiata da alberi molto alti, finché non vedo un piccolo sentiero alla mia destra. Sarà quello di cui mi parlava Logan, prima di lasciarmi andare, penso.

Attraverso la strada e mi immetto in quel sentiero polveroso e pieno di erbacce che accantonano i lati di quest'ultimo, alla fine del quale si trova una casetta di legno come quei chalet di montagna, in condizioni abbastanza buone che sembra nascondersi in mezzo ad un boschetto.

Mi blocco un attimo quando noto la sua figura seduta su l'altalena appena poco più avanti rispetto alla casetta. Ha la testa china, sembra guardare qualcosa e intuisco già cosa sia. Prendo tutto il restante coraggio che mi rimane in corpo e mi avvio nella sua direzione, cautamente.

E' così immerso nei suoi pensieri da non avermi sentito. Il cuore aumenta di battito per paura della sua reazione. Avanzo ancora di un passo, poi il rumore delle foglie secche spezzate dal mio peso mi tradisce. Si volta di scatto e si alza immediatamente una volta capito che sono io, tra le mani stringe il suo vecchio telefono, quello che gli avevo preso senza chiedere il permesso.

<<Perché questo era a casa tua?>> alza la mano per aria dove le sue dita stringono forte il telefono. Il suo sguardo è di fuoco, rabbioso.

<<Dylan, posso spiegare>> porto le mani avanti e avanzo di un passo, ma lui indietreggia e continua a scuotere la testa come se non fosse pronto a sentire una verità che sa lo distruggerebbe.

<<Perché mi hai mentito? Perché tu? Dimmi perché ce l'avevi tu>>

Gli occhi mi si riempiono di lacrime, vorrei raccontargli tutta la verità del perché è iniziato tutto questo ma so perfettamente che distruggerà anche gli ultimi frantumi del suo cuore. Mi odierà, non si fiderà di me ed io non voglio questo, voglio solo lui, lui e basta.

<<Dylan>> dico con voce tremante mentre i suoi occhi si fanno visibilmente lucidi <<Dimmi la verità, Bianca, ti prego... perché?>> anche a lui adesso trema la voce. Io, invece, prendo un bel respiro, stringo forte i pugni lungo i fianchi e comincio a sperare con tutta me stessa che qualcosa potrà salvarsi del rapporto che c'è tra noi.

<<Pensavo che alla base del tuo odio nei miei confronti ci fossero dei problemi personali, così ho deciso di entrare nelle tue grazie, cercare di scoprirli per risolverli e quindi eliminare i miei di problemi.... Il telefono è il posto principale dove nascondiamo parti di noi così, quando ci siamo scontrati in corridoio, ho colto la palla al balzo per prenderlo>>

Punto il mio sguardo nel suo il quale sembra cadere a pezzi secondo dopo secondo e quella vista non fa altro che distruggermi dentro, sento crescere una voragine e per quanto voglia correre tra le sue braccia per consolarlo, non mi posso permettere di curare delle ferite che gli ho causato io stessa.

<<Quindi... vuoi dirmi che... tutto quello che c'è stato... era finto?>>

<<Forse prima Dylan ma ti giuro che adesso non è più così>> avanzo di un passo <<Non penso che tu sia un problema da risolvere, anzi, qualcuno che ha bisogno di essere amato>>

<<Amato? Mi hai mentito dal primo istante>> mi grida prima contro, poi inizia a ridere amaramente <<Stupido io che pensavo di essere finalmente riuscito a conquistare il tuo cuore, dopo che il mio era già nelle tue mani. Speravo che almeno tu fossi sincera con me, pensavo di potermi fidare ed invece mi ritrovo di nuovo a chiedere scusa a me stesso per avergli sferrato l'ennesimo colpo in piena faccia>> si volta e fa per andarsene ma non glielo lascerò fare, così inizio a parlare.

<<Mi dispiace Dylan, avrei voluto dirtelo prima ma quando sto con te dimentico persino come si respira, avevo una paura immane che questo sarebbe successo>>

Si blocca e torna indietro, stavolta veramente arrabbiato, viene verso di me fino ad arrivare a pochi centimetri da me.

<<Non avresti dovuto nemmeno farlo, Bianca>> mi punta un dito contro <<E sappi che non ti perdonerò mai per aver preso i miei sentimenti e averli distrutti per i tuoi giochetti malati>> detto ciò si allontana da me a passo spedito, verso chissà dove.

In questo momento sono troppo occupata a sentire il mio cuore spezzarsi per l'ennesima volta e il suono è così disturbante che vorrei facesse più in fretta a costo di non sentirlo più.

<<Ti prego Dylan, non farmi questo... Io ti amo>> dico tra le lacrime ma a lui non sembra importargliene più di tanto dal momento che se ne va via, sale sulla sua macchina e scompare dalla mia vista.

Le gambe si fanno troppo molli per sorreggere il peso, così cado in ginocchio sul manto di foglie dai mille colori cadute a terra e che si spezzano sotto al mio peso. Vengo scossa dal pianto, mi piego su me stessa mentre le lacrime cominciano a scorrere sulle guance senza un minimo di ritegno e mi bagnano i jeans.

Stringo forte il bracciale che mi ha regalato ieri con un frase fatta incidere da lui: "Tu ed io...la nostra salvezza", come se questo potesse riportarlo da me.

Solo ora mi rendo conto di quanto fosse importante ed ora che devo convivere col pensiero di non poter più stare tra le sue braccia, di ascoltare la sua risata, di perdermi nei suoi occhi così immensi, profondi, sento quella voragine dentro di me crescere sempre di più e il dolore al petto farsi sempre più insistente. 

Spazio autrice

Ragazzi, ebbene sì, è arrivata la fine di questo primo libro della trilogia Tu ed io... La nostra salvezza. Volevo ringraziare tutti coloro che hanno utilizzato un po' del loro tempo per leggere questa storia❤️
Grazie davvero tante, Vi voglio bene❤️

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