Dopo

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La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è o, meglio, essere amati a dispetto di quello che si è.
(Victor Hugo, I Miserabili)

Martha aprì lentamente gli occhi. L'iride era ancora di un giallo brillante solcato da una nera fessura. Percepiva la penombra intorno a sé ed era sicura ci fosse qualcuno lì vicino a lei, ma era ancora troppo intontita per capire di chi si trattasse. Prima ancora che i suoi occhi potessero mettere a fuoco l'ambiente circostante, giunse alle sue orecchie uno scroscio lontano di applausi. Scattò in piedi come un soldato al comando del generale, ignorando il capogiro che ne conseguì. Ricordò di colpo dove si trovava e si sentì sprofondare. Ripercorse con la mente quello che era appena successo: il suo numero era finito, poi quella sensazione... certo era che lo spettacolo non poteva essere interrotto così bruscamente, non quando tutta quella gente aveva pagato un biglietto per vederlo.
— Non accendete le luci sul pubblico! Lo spettacolo non è ancora finito, fate in modo che non lascino i loro posti, fate... fate suonare l'orchestra, intratteneteli, per carità! — disse con il poco fiato che riuscì a racimolare.
— Martha, calmati. Stavi per trasformarti.
Martha si voltò di scatto verso la voce. Era Saoirse. Improvvisamente fu colta dal terrore che qualcuno potesse averla vista in quello stato. Saoirse sembrò leggere quel pensiero nei suoi occhi, infatti si affrettò ad aggiungere: — Abbiamo cercato di passare inosservati, ma scommetto che a breve gli altri vorranno sapere cosa è successo.
"Abbiamo?" si chiese Marta con una nota persistente di panico, ma si impedì di perdere il controllo: c'erano delle persone lì fuori che aspettavano. Con un filo di voce chiese: — quanto tempo è passato?
— Sei rimasta incosciente per settantacinque secondi prima che Newt ti rianimasse.
Dunque Newt sapeva. Solo in quel momento si rese conto che c'era una seconda persona nascosta nell'ombra. Newt, con il cappuccio del suo mantello ancora abbassato e una fiala in mano, si fece avanti.
— Mi dispiace, so che volevi tenerlo segreto, ma ho notato i segni... so cosa ti hanno fatto. Prometto che non lo dirò a nessuno a meno che tu non lo voglia.
Martha si rilassò. Era istintivamente portata a credere a quella promessa, forse perché gli era grata per essere riuscito a risvegliarla in tempo. Ora erano tre le persone che sapevano chi era davvero. Newt le porse la fiala che aveva in mano, ancora piena per metà di un liquido trasparente.
— Quella cos'è?
— È a base di alloro e legno di sandalo, — spiegò Newt che, da quando aveva scoperto la condizione di Martha, aveva tenuto quella pozione pronta e a portata di mano. — dovrebbe tenerlo a bada per un po'.
— Grazie — Martha sentì un'immediata sensazione di sollievo: anche Owen le aveva consigliato quegli ingredienti. Senza esitare, bevve quel liquido dal gusto pungente e dolce allo stesso tempo. Guardò le sue mani che si facevano sempre più morbide e abbandonavano gradualmente il colorito verdognolo. In quel momento Credence si avvicinò a lei e ringraziò mentalmente Newt e Saoirse per averla aiutata con tanta rapidità.
— Tutto bene? Siamo tutti molto agitati di là... — disse Credence, allarmato.
— È tutto a posto, — rispose Saoirse. — ha avuto un improvviso calo di pressione.
— Ma ora sto bene, — si affettò ad aggiungere Martha. — dobbiamo chiudere lo spettacolo.
— Sicura di farcela, cara?
— Certamente. Forza, tutti in posizione!
La sua parola fu un ordine incontestabile che si diffuse a gran velocità tra tutti gli artisti radunati sul retro del ring. Qualcuno si ritoccò il trucco al volo, altri si accertarono di avere le scarpe ben allacciate e i costumi di scena in condizioni assolutamente impeccabili. Tutto ciò accadde quasi impercettibilmente, in un batter d'occhio, poi l'orchestra iniziò a suonare più forte e tutti loro tornarono nell'arena, accolti da una cascata di applausi. Giochi di luci accompagnavano il loro ingresso, proiettando sui loro volti sorridenti una maestosa Aurora Boreale di colori. Si inchinarono al pubblico, uno alla volta, poi le loro mani si agganciarono e insieme fecero un altro, profondo inchino. Martha si fece avanti e aprì la bocca per parlare ma Credence, che temeva per la sua salute, le strinse il polso e con uno sguardo le fece capire che lo avrebbe fatto lui. Lei gliene fu grata.
— Il nostro spettacolo volge al termine, ma la magia continua! — annunciò Credence. — Seguite il percorso illuminato, vi porterà alla tenda di Owen, il nostro Veggente, che vi rivelerà tutto ciò che il futuro ha in serbo per voi.
Mentre gli spettatori si alzavano, gli artisti uscirono dal tendone e si radunarono sul retro. Si abbracciarono tra loro, gioendo per la buona riuscita dello spettacolo. Newt se ne stava leggermente in disparte, con il cappuccio ancora calato sul volto. Ma sotto il mantello grigio sorrideva; non sapeva come comportarsi in una situazione come quella, così nuova per lui, e non se la sentiva di partecipare attivamente ai festeggiamenti, ma sentiva che il suo cuore era colmo di gioia. Chi non lo avesse conosciuto a fondo non avrebbe mai potuto dirlo, ma il Magizoologo sentiva dentro di sé un'inaspettata allegria. Credeva che esibirsi in quel modo davanti a un grande pubblico lo avrebbe fatto sentire in imbarazzo, invece per qualche istante si era sentito libero dalle preoccupazioni che tanto a lungo lo avevano attanagliato, e già non vedeva l'ora che arrivasse lo spettacolo successivo. Aiutò i Mooncalf a uscire dal vaso di pietra che aveva usato per il numero e che lui stesso aveva reso simile alla sua valigia grazie a un incantesimo di estensione irriconoscibile. Quando li vide, i Mooncalf gli sembrarono decisamente euforici. Apparivano sempre allegri per natura, ma Newt era in grado di distinguere le loro emozioni in maniera piuttosto precisa e quella sera erano davvero felici. Parlò con loro e li accarezzò, poi aprì la valigia e li fece tornare nel luogo a cui realmente appartenevano. Quando fu certo che fossero entrati tutti, chiuse la valigia e sfoderò la bacchetta per lanciare degli incantesimi di protezione. Lo faceva ogni giorno da quando aveva scoperto che le sue Creature erano il principale obiettivo dei Taciti, e non avrebbe smesso finché quel laboratorio era operativo. Qualche volta, di notte, sognava le orribili atrocità che potevano avvenire lì dentro, e allora si svegliava di soprassalto, contava i giorni che mancavano alla fine della settimana e aggiungeva ulteriori protezioni alle sue creature. Era l'unico modo che aveva per tranquillizzarsi.
Aveva appena terminato tutti gli accertamenti quando Martha si avvicinò a lui. Sembrava stare bene, ma Newt sapeva che era solo questione di tempo prima che accadesse di nuovo.
— C'è la tua famiglia, vogliono vederti, — gli comunicò. — possiamo farli venire?
Newt si tolse il mantello e acconsentì. Fu un incontro breve e Newt ricevette una cascata di complimenti che trovava parecchio imbarazzanti, ma al pensiero che sua madre, suo padre e suo fratello erano lì per lui, presenti come una vera famiglia, sentiva nel cuore un calore gratificante. Si chiese cosa sarebbe accaduto se fosse sempre stato così. Forse non si sarebbe allontanato così tanto da loro. Eppure non era sicuro che quell'idea gli piacesse: amava il lavoro che aveva scelto e non si pentiva dei suoi viaggi, per quanto solitari. Forse nemmeno la famiglia perfetta gli avrebbe impedito di udire il richiamo della solitudine e di rispondere.
— Terra chiama Newt — Perso in tali riflessioni, aveva smesso di ascoltare e avvertì la voce di Theseus come se arrivasse da lontano.
— Scusa, potresti ripetere?
— Stavo dicendo che domani torno al lavoro — sospirò Theseus. Newt notò che in effetti quasi non tossiva più. — Forse posso inviare una squadra di Auror per aiutarti a Dover, ma devi portare le prove della presenza di Grindelwald lì. Capirai che non possiamo andare lì a vuoto, o peggio, rischiare di cadere in una trappola. Verrai al Ministero domani mattina?
— Sì, certo, le prove — ripeté Newt, che non era mai entusiasta quando si trattava di andare al Ministero.
— Non fare tardi.
— Fate attenzione, ragazzi. Non dimenticate che questa è una guerra, non un gioco — borbottò il padre.
Newt annuì distrattamente. La sua attenzione era di nuovo stata attirata da qualcosa che lo sorprese: delle voci familiari.
— Chiedo scusa, devo andare. A presto. — Si allontanò.
Mentre camminava nella direzione delle voci, riuscì a distinguere le parole di una filastrocca:

Mia mamma, tua mamma
gentile è la strega.
Mia mamma, tua mamma
al vento non si piega...

Non ci posso credere, Newt Scamander! — esclamò la voce familiare da lontano.
— Sebastian! — Newt non poteva credere che il suo vecchio amico fosse lì quella sera. Non se lo aspettava, non lo sentiva da troppo tempo, e invece era proprio lì, insieme a Jacob, e probabilmente aveva anche assistito allo spettacolo.
C'era anche Amélie, con una grossa macchina fotografica appesa al collo, parlava con una sorridente Queenie poco distante e appena lo vide gli rivolse un allegro saluto in inglese perfetto.
— Hai sentito la novità, Newt? — disse Queenie, che non tratteneva l'entusiasmo. — Su, faglielo vedere!
Amélie sollevò la mano e mostrò un semplice anello costituito da due filamenti d'argento che si intrecciavano. Sebastian sorrideva.
— Congratulazioni! — esclamò Newt.
In quel momento arrivò saltellando una bambina. Canticchiava quella filastrocca che Newt aveva sentito poco prima.

...Mia mamma, tua mamma
I denti non digrigna.
Mia mamma, tua mamma
Sempre è benigna!

Newt ebbe la forte sensazione di averla già vista. La bambina si aggrappò alle gambe di Sebastian.
— Posso comprare lo zucchero filato che vola? Ti prego!
— E va bene. — Acconsentì Sebastian, dandole qualche moneta.
— Lei è Modesty. Ha una storia davvero triste, io e Amélie abbiamo deciso di adottarla — spiegò Sebastian mentre la bambina correva via. A quel punto Newt ricordò dove l'aveva vista: era all'incontro dei Secondi Salemiani la prima volta che era stato a New York. La sorella adottiva di Credence. Si chiese se lui l'avesse già vista.

   Ironia della sorte, era proprio Credence a vendere lo zucchero filato in quel momento.
— Credence, me ne dai un po' di quello che vola, per favore? — disse Modesty avvicinandosi.
Credence credette di essere sul punto di svenire. — Modesty?
La bambina rise e corse ad abbracciarlo. Sembrava così diversa ora che i suoi occhi azzurri ridevano e il suo corpo appariva per la prima volta ben nutrito! — Ma certo che sono io! Ti sei fatto crescere i capelli, ma io ti ho riconosciuto lo stesso. Mi piacciono di più così. I capelli, intendo. Mi è piaciuto il tuo numero, era il migliore secondo me, e la ragazza dei serpenti è bellissima, mi ha fatto toccare un cervone bianco! Lo sai, sono proprio felice adesso. Ho trovato delle persone che mi vogliono bene... — Modesty era un torrente di parole, non era mai stata tanto loquace prima. Credence la ascoltò senza riuscire a rispondere, con gli occhi umidi. Il periodo in cui aveva vissuto con Mary Lou Barebone era stato il più lungo e il più buio della sua vita, ma voleva bene a Modesty. Aveva dato per scontato che fosse morta e fu felice di rivederla.
— Su, te lo regalo io. — disse appena ebbe riacquistato il dono della parola, porgendole dello zucchero filato magico. Mentre lei lo afferrava prima che volasse via per poi mangiarlo, Credence disse, un po' a se stesso e un po' a Modesty: — Anche io sono finalmente felice —.

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