La foresta parlante

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Gli otto Arabesque alla fine si erano decisi a ignorare gli alberi. Gli passavo semplicemente sopra, travolgendoli e aprendosi la strada. Nonostante la mobilità dei myrmidon, la foresta si stava facendo troppo fitta per cercare un sentiero e comunque erano sulle macchine più pesanti del fronte.

Gli Arabesque erano stati un arrogante tentativo francese di replicare la potenza del Danse Macabre, senza avere a disposizione il disegno originale del Zeddai Mark III e senza il genio di Valerius. Il risultato era un triplo motore dove ogni elemento era abbastanza simile a uno dei due elementi dell'ORL, il tutto montato su una macchina che pesava il 40% più di un ORL. Oltretutto il motore era stato piazzato a metà schiena e usciva praticamente parallelo al cranio dell'essere, come una gobba.

In compenso l'Arabesque poteva sviluppare una potenza di fuoco devastante ed era praticamente inarrestabile. Era progettato per passare attraverso i muri.

"Perché siamo qui, capitano?" disse all'ottoniera il secondo in comando della squadra.

"Perché qui ci sono i nemici."

"E perché non ce li lasciamo, qui?"

"Perché abbiamo il dovere di ammazzarli tutti."

Se si guardavano indietro potevano vedere un vero e proprio sentiero aperto nella foresta. Foresta tedesca, una specie di gabbia impenetrabile, una vera e propria prigione verde in cui gli ultimi resti dell'esercito teutonico si erano chiusi da soli.

"Signore, contatto. Qualcosa nell'ottoniera." disse un uomo in coda.

"Cosa? Io non sento niente"

"Voci, signore, distinte. Non le sentite? Avete problemi di comunicazione. Il segnale è molto nitido."

"Non c'è niente soldato, fai un check."

Il myrmidon del soldato che sentiva le voci si fermò e cominciò a girare su sé stesso. Erano giri lenti, pesanti, eppure la tensione della macchina era evidente. "Signore... sono gli alberi..."

"Sono gli alberi cosa, soldato?"

"Gli alberi stanno... parlando..."

"Soldato! Cosa cazz..."

Il myrmidon sparò una salva completa davanti a sè, fuoco e acciaio. Le alte piante esplosero e si piegarono fino a spezzarsi. Le fiamme continuarono a serpeggiare sul suolo, si avvinghiarono a altre piante, continuarono a dilagare. Il soldato aveva attivato anche i proiettili incendiari dell'Arabesque. Nel cuore di una foresta.

"Cosa cazzo stai facendo, soldato? Ti ordino subito di scendere dal tuo mezzo!"

"GLI ALBERI DEVONO SMETTERE DI PARLARE!" Il myrmidon sparò un'altra salva, poi un'altra, poi un'altra ancora. Poi l'ugello incendiario fu lasciato aperto a tutta, a irrorare di fuoco il paesaggio. L'incendio cominciò a dilagare.

"Fermate quel coglione, ora!"

Due myrmidon gli andarono vicini. Praticamente l'Arabesque non aveva braccia. Lui li scartò, indietreggiò e poi gli si lanciò contro. I tre cozzarono assieme, metallo contro metallo. Poi altri spari, esplosioni.

"Fermi, cazzo, fermi!"

La situazione degenerò, i myrmidon cominciarono a buttarsi un addosso all'altro e tutti, intanto, si spingevano verso l'incendio. Il comandante della spedizione era l'unico lucido, ma prima di poter intervenire, le sentì.

Le voci degli alberi.

Un sommesso brusio proveniente da ogni pianta, da ogni foglia, da ogni filo d'erba lì intorno. Un chiacchiericcio d'accusa che chiedeva al suolo di inghiottirli tutti e trascinarli all'inferno.

Il comandante sentì che il suo myrmidon era pesante, troppo pesante, le sue zampe stavano affondando nel terreno. Qualcuno stava dando ascolto agli alberi, la macchina presto l'avrebbe trascinato con sé nell'oscurità. Si strappò via le imbracature, si graffiò e si ferì nel togliersi le ottiche poi fece saltare il portello del suo mezzo con le cariche d'emergenza e si gettò al suolo.

Cominciò a correre. Intanto l'atmosfera intorno a lui si era fatta rovente. Ma non importava, perché anche in mezzo alle fiamme le piante continuavano a parlare. Parlavano di lui, della sua anima.

Trovò abbastanza lucidità da correre lontano dai suoi compagni e dall'incendio.

L'artiglio del Konsole di Wilhelm lo falciò come una spiga di grano.

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