Proteggi Valerius Demoire

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Arcadio aveva passato gli ultimi 12 giorni a presiedere la produzione di mistura. Erano stati impiegati tutti i laboratori adatti della città, tutte le persone che ne capissero di chimica si erano messi al suo servizio e avevano seguito le sue istruzioni. Ma Arcadio era un vecchio ingegnere inverso che a lungo aveva scelto di rimanere lontano dal mondo, quegli ultimi compiti lo avevano svuotato, consumato, quasi distrutto. Sembrava quasi che producesse la mistura a partire dal suo stesso sangue e che quindi non gliene fosse rimasto molto nelle vene.

Era in questo stato pietoso quando mi presentai a lui.

Non voglio perdere tempo a raccontare come e perché ci trovassimo a Parigi. Dopo Calendimaggio l'idea di Yuz, precisamente, era scomparire dalla storia e io, che ero ormai il suo discepolo, sarei dovuto scomparire con lui. Ma l'accadere di questo libro non ci appartiene.

Quando Arcadio mi vide era solo, avevo pianificato di trovarlo mentre nessuno era nei paraggi. Capì subito perché ero lì. E' ben vero che la mia razza è praticamente indistinguibile da quella umana, ma le piccole differenze, a un occhio come quello dell'ingegnere inverso, brillano come fari. Lo salutai in modo asciutto, con una formula nota agli umani, lui disse solo: "Yuz."

Annuii. "Vi richiede con urgenza."

"Non ha mai avuto urgenza."

Non trovai come spiegare la situazione. "Venite, vi prego."

Arcadio mi seguì. Ignoro tutt'oggi quale sia il suo legame con Yuz e perché gli fosse così devoto. Io avrei voluto usare i mudra per spostarmi, ma con Arcadio al seguito mi era impossibile. Dovetti quindi stringere i denti e accompagnarlo per Parigi, fino alla casa vuota dove ci eravamo rifugiati.

Yuzebner Ich Deshall, colui che poteva imporre alle tempeste di tacere, giaceva febbricitante in un letto senza materasso, formato da paglia tenuta insieme da stracci. Agitava le mani in aria come a voler comporre mudra, ma senza mai completare il gesto. Arcadio si atterrì a vederlo in quello stato e gli corse vicino. Il mio maestro, al suono della voce dell'ingegnere, riacquistò in parte lucidità. "Arcadio..."

"Cosa può... esserti accaduto? Chi..."

Yuz strinse il braccio dell'ingegnere. "Non volevo chiamarti Arcadio, ma per noi narrare è come respirare. E questa cosa va detta a qualcuno. Io ti faccio depositario di un peso terribile."

"Cosa c'è di così terribile?"

Yuz si mise a fissare il soffitto. "L'incendio di Parigi... non appartiene al Calcolo."

Arcadio rimase interdetto. Lo capii, forse perché possedevo ancora la superbia e l'arroganza dei giovani. Gli uomini non possono capire cosa rappresenti il Calcolo, non riescono ad abbracciarne la grandezza. Come non ne conoscono la terribile ira.

Ma Yuz continuò. "Solo io... io... io... solo io posso essere intervenuto tanto pesantemente da... aver modificato il Calcolo! E se noi non abbiamo il Calcolo... Oh... siamo come CIECHI! Con tanti nemici alle nostre porte! Ed è la MIA colpa."

Arcadio continuava a non capire, ma assecondava il malato. "Come posso aiutarti, mio buon amico?"

"Non puoi! Sono perduto! Io! Troppo potere! Troppa superbia! Troppo vecchio! Sarei dovuto... scomparire tanti anni fa!"

"Se parli così io come..."

E allora Yuz trovò la forza di alzarsi, artigliò la spalla di Arcadio e lo guardò. Erano quelli gli occhi che avevano visto battere il cuore del mondo. "Una cosa, Arcadio, una sola ci rimane."

"Cosa! Dimmela e se sarà nelle mie possibilità..."

"Proteggilo! PROTEGGI VALERIUS DEMOIRE!"

Detto ciò il mio maestro svenne. Avrei voluto soccorrerlo, ma i miei doveri mi imponevano prima di portare indietro Arcadio. Arcadio, lo capii sulla via del ritorno, era terribilmente scosso, ma per l'aspetto di Yuz, non per i suoi discorsi. Io non provai a spiegargli perché non sapevo nemmeno come cominciare. E comunque non avrebbe capito.

Ma la terribile sofferenza si, quella gli era chiara in modo sconcertante.

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