Ritorno al Louvre

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Daikatana si rannicchiò docile nella sua alcova. Francine non aveva dovuto manovrare molto per mettercelo perché gli spazi al palazzo del Louvre erano ben più vasti di quelli a cui si era abituata in guerra. Com'era sua abitudine aprì tutte le valvole di sfogo e lasciò che il vapore scaricasse. Secondo tutti gli ingegneri che aveva incontrato, compreso Arcadio Martellone, quella precauzione era inutile, ma era qualcosa che aveva sempre fatto e non avrebbe certo smesso, nemmeno una volta convinta della sua inutilità. Dopotutto era il miglior pilota myrmidon vivente, poteva avere ragione anche di fronte all'evidenza dei fatti.

Una volta concluse le operazioni di spegnimento scivolò fuori dall'abitacolo e, più del solito, pregò che nessuno fosse lì ad accoglierla. Era riuscita a rientrare a Parigi assieme a un contingente piuttosto ampio di macchine e aveva fatto di tutto per nascondersi, arrivando persino ad affidare le manovre ad Artemisia. Il suo ritorno alla capitale era considerato un evento, ma lei non voleva alcuna celebrazione. Ancor più imbarazzante sarebbe stato trovarsi davanti un comitato ufficiale mentre ancora indossava la tuta da pilota, era completamente in disordine e puzzava di sudore e vapore pesante. Sarebbe stato meno umiliante se l'avessero sorpresa nuda.

Vero, Daikatana era una macchina particolare che spiccava sugli ORL e sugli altri myrmidon, ma fortunatamente aveva portato indietro anche dei Valkirye e persino dei Tunguska così sperava che i modelli più esotici attirassero maggiormente l'attenzione.

Una volta ai piedi del suo gigante di ferro constatò che le sue precauzioni avevano funzionato, nel serraglio nessuno badava a lei tranne una persona che però poteva anche salutare con piacere.

"Secondo i maestri di cerimonia dovrei mettervi ai ferri e farvi passare dalla porta principale" disse Beatrice. Tutte le volte che aveva incrociato la ragazza l'aveva trovata sempre più pulita e raffinata. Ora, ormai istituzionalmente capo delle guardie del Louvre, paradossalmente le sembrava di avere davanti una copia di sé stessa agli inizi, quando era solo un piccolo vaso di metallo ricolmo di ideologia e nazionalismo. Fortunatamente sapeva che sotto l'apparenza le cose stavano molto diversamente. "Dovreste prima battermi a duello, credo"

"Chi conosce la spada immacolata di Francia sa bene che è battibile, una volta fuori dal suo abitacolo."

Arrivate a pochi metri una dall'altra le due ragazze si salutarono militarmente e si sorrisero. A quel punto Francine si sentì in obbligo di parlare del marito della donna. "Ho lasciato Vanjan in Inghilterra. Non mi fido molto di quella gente, mi serve lì."

"Mio marito è assiduo all'ottoniera, quindi ho notizie costanti di lui. Vi odia molto."

"Avrebbe dovuto trovarsi un titolo diverso da ambasciatore se non voleva immischiarsi con la diplomazia."

"E' fatto così, gli riescono meglio le cose che gli sono indigeste. Diplomazia, sedurre ladre di strada..."

Scambiate le punzecchiature di rito, potevano finalmente parlare degli argomenti più importanti. "Lui è qui a palazzo?" chiese Francine, cambiando completamente tono.

"Sono mesi che non ne esce... va solo al sito che ha allestito nei quartieri bruciati."

"Sito?"

"Vedrete. E' il motivo per cui vi ha convocato."

Francine alzò gli occhi al cielo. Sapeva che, nonostante tutto, lasciare Valerius solo a Parigi poteva portare esiti incontrollabili. D'altronde aveva una buona scusa per averlo fatto, cose come una guerra da vincere.

"Venite, troverò modo di farvi passare dai corridoi della servitù, così potrete presentarvi agli altri solo dopo un bagno"

La spada immacolata di Francia, generale di mille battaglie, sapeva apprezzare un buono stratega quando se lo trovava davanti.

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