11. Andrew: è successo di nuovo

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Finalmente avevo trovato la persona giusta. Andie Otys mi amava fin dalle elementari, ed era disposta a qualsiasi cosa, anche ad essere usata, pur di stare con me. Era sempre felice di vedermi, ma non era appiccicosa. Dolce quando serviva, distante quando non ero dell'umore. Quella notte ero stato a casa sua, poiché finalmente i miei genitori, dopo due settimane, mi avevano ridato la mia libertà. Gli avevo detto che andavo a dormire da un amico, ovviamente; chissà che scene avrebbero fatto se avessero saputo la verità.

«Già te ne vai?»

Andie mi guardava da sotto le coperte, mentre mi rivestivo. Avevo tentato di fare piano e non svegliarla, ma evidentemente avevo fallito.

«Sì» tagliai corto.

Era l'alba, e probabilmente Andie si sarebbe aspettata che rimanessi per la colazione, visto che i suoi genitori erano via per lavoro. Nonostante avessi deluso le sue aspettative, Andie annuì e si costrinse a sfoggiare un sorriso. «Ci vediamo più tardi».

Annuii, e notai che si protendeva in avanti. Voleva che la baciassi. Sbuffai, ma la mia coscienza non mi permise di ignorare anche quel suo desiderio. Le sfiorai le labbra con le mie, velocemente, e lei ricadde sulle coperte con un'espressione un po' meno delusa. La rabbia che provavo ininterrottamente da qualche tempo, ormai, mi impediva di sentirmi in colpa, e questo aveva facilitato il mio rapporto con Andie. Lei era infelice, tuttavia non aveva il coraggio di mostrarlo, e quindi andava tutto bene. 

Trovai mio padre in cucina. Aveva profonde occhiaie nere, e teneva in mano una tazza di caffè senza però berla. Guardava un punto fisso sul pavimento, gli occhi socchiusi a causa della stanchezza. 

«Ehi, papà...»

Alzò lentamente lo sguardo su di me, ma sembrava non vedermi realmente. Sapevo cos'era accaduto, purtroppo. Succedeva da anni, fin da quando ero piccolo.

«Nottataccia?» domandai sedendomi accanto a lui.

Mio padre annuì e si portò la tazza alla bocca. Dato che non si decideva a dire nulla, continuai a fare domande. «La mamma dov'è?»

«In camera».

Rispose di nuovo senza guardarmi. Sospirai, sapevo che non avrei ottenuto altre spiegazioni da lui. Mia madre, invece, non sarebbe stata capace di tenermi nascosto qualcosa. Salii le scale e bussai alla porta.

«Avanti».

Si sforzò di pronunciare quella parola con tono normale, tuttavia io percepii quanto stesse male, anche a causa della voce flebile. Mia madre era seduta sul letto, con la schiena appoggiata al muro. Le sue occhiaie erano ancora più profonde di quelle di mio padre.

Mi sedetti accanto a lei. «Ciao...».

Si sforzò di sorridermi. «Ciao, amore».

«É successo di nuovo, vero?»

Credevano di potermelo nascondere, ma non era più un bambino. Me ne accorgevo quando succedeva. Mia madre capì di non potermi mentire, perciò annuì.

Sospirai. «Mamma, dai, non c'è motivo per cui tu ti debba sentire in colpa».

Lei scosse la testa e chiuse gli occhi. «Ci provo, davvero, ma...» fece una pausa. «Non ci riesco».

Angolo autrice

Chissà che cosa significa tutto questo? Chissà a che cosa si riferiscono Andrew e sua madre? Per scoprirlo, bisognerà attendere il prossimo capitolo ☺️

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