22. Andrew: rimani

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Mi fermai nel solito posto con la macchina. Parcheggiai e guardai l'ora. Mancavano cinque minuti all'arrivo di Liam.

Sorrisi alla sola idea di rivederlo; non ci incontravamo da un solo giorno e ci eravamo telefonati solo poche ore prima, ma mi mancava già.

Sentii bussare sul finestrino e mi allungai per aprire la portiera a Liam.

«Sei in anticipo» mormorai felice.

«Non ce la facevo più» sospirò sedendosi.

Annuii, tuttavia compresi che non aveva voglia di parlare. Probabilmente era colpa dei suoi genitori.

Iniziai a guidare, in silenzio, guardandolo di tanto in tanto con la coda dell'occhio. Volevo posare la mano sulla sua coscia, ma esitai.

E se non apprezzasse? Se fosse troppo?

Continuai ad osservarlo, ma desideravo quel contatto, così osai. Strinsi la sua coscia nel palmo della mano, con dolcezza. Liam circondò le mie dita tra le sue, per farmi capire che gli piaceva.

Trascorremmo così il tragitto, fino a che arrivammo al bowling.

***

«AH!»

Liam mi rise in faccia.

Fino a pochi secondi prima eravamo pari; lui però aveva appena fatto strike... vincendo la partita.

Scossi la testa, cercando di nascondere un sorriso. Liam fece per abbracciarmi, poi si ritrasse.

«Scusa» mormorò.

«In bagno» mimai con le labbra.

Lui capì e attese qualche minuto prima di raggiungermi.

Lo stavo aspettando appoggiato alla parete e, appena entrò, mi avventai sulle labbra.

Liam, sorpreso, inizialmente rimase rigido, ma la sua reazione non si fece attendere. Cinse le braccia attorno al mio collo, mentre io lo prendevo per i fianchi e lo sollevavo. Comprese immediatamente, circondò il mio busto con le gambe e si aggrappò a me. Lo strinsi con più forza, per poi portarlo fino a che ebbe la schiena contro il muro.

Liam si separò da me per un breve attimo, per riprendere fiato, poi mi permise di premere di nuovo le mie labbra sulle sue.

Baciarlo era diventato un bisogno costante, così come quello di abbracciarlo, proteggerlo. Lui era fragile, anche se odiava ammetterlo, e io volevo farlo stare bene, volevo che scordasse l'esistenza del male, del brutto, del buio, e che credesse solo nel bene, nel bello, nella luce.

«Cosa dice Billy?» mormorai al suo orecchio, accarezzandogli la schiena.

«Che siamo disgustosi» sussurrò lui. Fece una pausa prima di affermare: «Ma non m'importa».

«Mi stai dicendo che la tua coscienza è omofoba?» chiesi, a metà tra il divertito e il confuso.

Scrollò le spalle. «È solo l'ennesima scusa per farmi sentire inadeguato».

Gli accarezzai la spalla. «Stai bene?»

Liam annuì velocemente, prima di sporgersi nuovamente sul mio viso. Lo bloccai mettendogli una mano sul petto.

«Ma che fai?» borbottò.

«Liam, non dirmi cazzate. Voglio la verità».

Sospirò pesantemente ed esitò.

«Liam» insistei.

«Cosa vuoi che ti dica? Che la mia vista va schifo? Che i miei genitori e i miei fratelli non fanno altro che picchiarmi e insultarmi? Che Billy rovina anche gli unici attimi felici della mia vita, cioè quelli che passo con te?» urlò.

Rimasi senza parole e indietreggiai. Sapevo quanto fosse difficile per lui, tutto quanto, ma speravo di riuscire ad aiutarlo. Invece, mi aveva appena sbattuto in faccia la realtà: non servivo a nulla.

Liam, con il fiato corto, rimase immobile e in silenzio per un po'. Non sopportavo di vederlo così, perciò feci un passo avanti, raggiungendolo nuovamente. Posai una mano sulla sua guancia, senza dire nulla. Attesi.

«Scusa» sussurrò.

Scossi la testa. «Non importa. Lo so che è difficile... però io odio non poterti aiutare».

«Cosa? Tu mi aiuti, Andrew. Sempre».

«Non sembra» mormorai.

«Tu mi aiuti» ripeté. «É solo che... è tutto troppo. Capisci? Arrivano momenti in cui mi sembra di essere sommerso da tutte le cose brutte che mi accadono. E neanche tu, la cosa migliore della mia vita, riesci a tirarmene fuori».

«Dimmi cosa devo fare, allora. Per favore» lo implorai, perché più di tutto odiavo vederlo così, sofferente.

Posò la fronte sulla mia. «Rimani. Basterà».

Annuii, prima di baciarlo di nuovo, di imprimergli un po' della mia essenza su quelle labbra perfette.

***

«Andrew...» sospirò Liam.

Ridacchiai, mordendogli nuovamente il labbro.

Avrei voluto rimanere con lui per sempre, ma era quasi mezzanotte e i miei genitori avrebbero cominciato presto a chiedersi dov'ero.

Mi separai da lui. «Devo tornare a casa».

Liam annuì un po' tristemente.

«Non vorrei neanch'io» mormorai. «Ma i miei genitori...»

«Tranquillo, ho capito».

Liam sorrise, ma sapevo quanto fosse dispiaciuto. E non solo perché ci saremmo separati, ma anche perché non ero ancora pronto a dire la verità al mondo. Non ero pronto ad ammettere di essere gay, o forse bisessuale, non lo sapevo. Ciò di cui ero certo era che avevo bisogno di tempo, prima di rivelare tutto. Prima di dire la verità, che stavo insieme a Liam, insieme a un ragazzo.

Avevo vissuto la mia intera vita raccontandomi menzogne, cieco dinanzi a ciò che in verità ero. Forse l'avevo sempre saputo, ma avevo ritenuto più facile fare finta di niente, piuttosto che ammettere una verità così scomoda e sconvolgente.

Non avevo mai avuto il coraggio di dire la verità nemmeno a me stesso, figuriamoci a qualcun altro.

Trattenni a fatica le lacrime mentre riaccompagnavo Liam. Prima di scendere dalla macchina, si sporse e mi baciò, a lungo. E tutte le emozioni che provai a seguito delle sue labbra premute sulle mie non furono altro che pugnalate, qualcosa che mi ricordó che quei sentimenti erano reali, che non potevo fingere che non fosse così.

Mormorai un saluto senza guardarlo, e mi resi conto che se n'era andato solo quando sentii lo sbattere della portiera.

Sospirai e mi lasciai andare. Scoppiai a piangere, senza vergognarmi. Ero solo, nessuno mi poteva vedere, perciò versai lacrime amare, singhiozzando energicamente. Pensavo solamente a Liam, a lui, alla mia incertezza, alla vergogna che non avrei dovuto provare.

Ma che ci potevo fare? Ero io, ero fatto così, pieno di difetti. Avevo usato per anni ragazze, senza sentirmi in colpa, senza pensarci. Ora che avevo trovato la persona giusta, la felicità, ora che avevo compreso cos'ero davvero... non ero in grado di rivelarlo.

Quando finii le lacrime e il fiato, misi in moto la macchina. Feci del mio meglio per nascondere il rossore degli occhi, così da non far preoccupare i miei genitori, ed entrai.

Mi accolsero abbracciandomi, chiedendomi come fosse andata la serata. Erano molto contenti che frequentassi una persona come Liam, che secondo loro era decisamente più maturo ed educato di coloro con cui solevo uscire. E non potevo dargli torto.

Tuttavia era una tortura per me sentir parlare di lui, come fosse oltretutto un mio amico.

Non sapevo come avrebbero reagito i miei genitori alla scoperta che non ero etero. Volevo sperare che comprendessero, ma ero troppo spaventato.

Mi misi a dormire, senza cambiarmi, e i pensieri mi assalirono nuovamente.

Angolo autrice

Niente, mi sono commossa pure stavolta. Non riesco a mantenere il minimo contegno.

Ehm... no, se commento il capitolo mi metto a piangere di nuovo.

Lasciate commenti e stelline se vi è piaciuto e se vi siete commossi ♥ (Ditemi di sì, vi prego, non posso essere l'unica). Prossimo aggiornamento lunedì ♥

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