25. Liam: Natale solitario

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Avevo sempre odiato il Natale. Per tutti era una festa splendida, piena di felicità, da passare in famiglia. Una festa in cui si mangia tanto cibo buono e si ricevono molti regali, oltre che l'affetto della propria famiglia.

E io?

I miei genitori e i miei fratelli, nei miei confronti, si comportavano come sempre.

Il Natale, quindi, era per me una tortura; un giorno per tutti splendido, che non faceva altro che ricordarmi quanto non fossi come tutti gli altri. E sapevo bene che quell'anno non sarebbe stato diverso.

Passai i primi giorni di vacanza a casa di Andrew, dalla mattina presto alla sera, spesso oltre mezzanotte. Sapevo, però, che il giorno di Natale non sarei potuto andare da lui. Aveva una bella famiglia, a differenza mia, avrebbe sicuramente passato la giornata con i suoi genitori. Non volevo essere un peso, non volevo rovinargli la festa.

***

«Ci vediamo tra un paio di giorni, allora» mormorai mettendomi la giacca.

Era il ventiquattro dicembre, fuori era buio, dovevano essere le undici passate.

«Liam, è tutto okay?» domandò dubbioso Andrew.

«Perchè lo chiedi?» ribattei sulla difensiva.

«Perchè mi sembri strano... e poi so che la tua famiglia non è delle migliori, quindi immagino tu non abbia molta voglia di passare la giornata con loro».

«Non passerò la giornata con loro» sospirai. «Probabilmente mi ignoreranno. Ed è meglio così» guardai l'ora sul mio telefono. Era mezzanotte e un minuto. «Buon Natale, Andrew».

Feci per voltarmi e andarmene, ma lui mi prese il polso. «Liam».

Tornai a guardarlo. Andrew mi attirò a sè, mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia. Un gesto tenero, che amavamo scambiarci, era diventato quasi un simbolo di quei momenti, dei momenti in cui parlavamo di ciò che ci faceva soffrire.

«Se hai bisogno, non esitare a chiamarmi» sussurrò al mio orecchio.

«È un ordine?» ridacchiai.

«Sì» ribattè senza esitazione, per poi stringermi ancora di più.

Risposi all'abbraccio, avrei voluto rimanere così per sempre. Ci separammo dopo poco, lo ringraziai con un sorriso e poi mi avviai verso casa.

L'aria fredda di Dicembre mi sferzò il viso, mentre il mio sguardo vagava tra le strade, le luci, le decorazioni. Arrivai a casa mia, decorata come le altre, come fosse una casa normale, ma non lo era. Non lo era, perché i miei genitori non erano "normali", io non lo ero.

Rimasi ad osservare la casa come fossi un maniaco per lunghi minuti, per trovare il coraggio di entrare. Mi rifugiai immediatamente in camera mia, senza levarmi la felpa impregnata dell'odore di Andrew, che era un misto tra menta e cocco, il primo a causa del profumo che utilizzava, il secondo grazie agli innumerevoli prodotti per i capelli che - quasi giornalmente - applicava. Teneva davvero molto alla sua capigliatura, in modi che non riuscivo a comprendere; era un'altra parte tenera di lui.

Sorrisi pensando a lui e mi misi a dormire, sempre indossando la felpa, con le narici inondate dall'odore di Andrew. Chiudendo gli occhi potevo quasi fingere che fosse lì con me, che sarebbe andato tutto bene. Eppure sapevo che non era così, e sapevo anche che chiamandolo mi sarei sentito infinitamente in colpa, e che di conseguenza avrei fatto di tutto per evitare. Volevo che vivesse un Natale tranquillo, con la sua famiglia, per un giorno libero dalle mie disgrazie.

***

La mattina dopo, mi svegliai presto. La mia famiglia aveva avviato una playlist natalizia a tutto volume, strappandomi dal sonno. Afferrai il telefono, notando fossero solo le sette, e mi alzai.

I miei fratelli stavano aprendo i loro regali, sorridenti come non mai, sotto gli occhi affettuosi dei miei genitori.

Sentii la solita, familiare, stretta al cuore, e voltai loro le spalle. Cercai qualcosa da mangiare, ma il nodo in gola che mi si era appena formato mi avrebbe impedito di ingoiare qualsiasi cosa, perciò rinunciai.

I miei genitori mi ignorarono completamente, non mi augurarono neanche buon Natale, così salii al piano di sopra.

Un paio di ore dopo li vidi uscire con indosso i loro abiti migliori, e salire in macchina. Probabilmente stavano andando da mia zia, la sorella minore di mio padre, a vantarsi della loro vita e dei figli di cui erano realmente orgogliosi.

Provai ad essere sollevato nel vederli andare via, ma non ci riuscii. Sì, erano degli stronzi. Sì, mi rovinavano la vita da sempre. Eppure erano pur sempre la mia famiglia.

Poggiai la fronte sulla finestra, iniziando a piangere sommessamente, ma presto quel pianto quasi silenzioso si trasformò in violenti singhiozzi. Strinsi nuovamente a me la felpa, che ancora possedeva un po' dell'essenza di Andrew, e chiudendo gli occhi finsi di nuovo di essere con lui. Di essere tra le sue braccia, felice, e non lì, solo, come ero stato per tutta la vita.

Prima di lui io non ero nulla. E ancora adesso, quando non eravamo insieme, tornavo ad essere nulla.

Lui mi aveva reso un Liam meno timido, un Liam in grado di parlare in pubblico, di ignorare Billy, ma quando Andrew non c'era tutti i problemi mi crollavano nuovamente addosso.

Tu non meriti di essere felice. Io sono l'unica di cui ti puoi permettere la compagnia, rise di me Billy.

Normalmente, l'avrei ascoltata. Le avrei dato ragione. Ma non più.

NO!

E, senza più esitare, chiamai Andrew.

Angolino autrice

Già, eccomi, anche oggi il capitolo non è allegro. Però, insomma, i libri allegri sono noiosi 😂. Non ci si diverte a leggere di vite perfette, giusto? Anche perché sono poco reali.

Dunque, nella famiglia di Liam non esiste propriamente lo spirito natalizio, e si vede dato che continuano a escluderlo anche in questo giorno speciale.

Però Liam non solo è riuscito a fermare Billy, ma ha messo da parte i sensi di colpa e ha chiamato Andrew! Passi in avanti! Passi in avanti!

Se il capitolo vi è piaciuto lasciate commenti e stelline ❤️

Prossimo aggiornamento, come sempre, lunedì! ❤️

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