32. Andrew: che cos'hai?

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Era sabato mattina, e io e Liam ci eravamo accordati per pranzare insieme. Peccato che fosse in ritardo, di quasi un'ora.

Presi il telefono, osservando le decine di messaggi che neanche aveva visualizzato. Ero preoccupato, temevo stesse male, che i suoi genitori o i suoi fratelli lo avessero picchiato. Magari si erano arrabbiati perché era tornato tardi dalla serata. Ma non mi sembrava plausibile visto che se ne fregavano di Liam solitamente.

Provai a chiamarlo, ma suonò a vuoto fino a che la chiamata non terminò. Sbuffando, mi alzai e lasciai libero il tavolo.

Mi incamminai sotto la pioggerellina che scendeva lentamente dal cielo grigio, stringendomi nel cappotto non sufficientemente caldo per proteggermi dalla temperatura ancora rigida.

Raggiunsi in poco tempo casa Anderson, e cominciai a lanciare sassolini sulla finestra di Liam. Dopo circa mezz'ora, si affacciò alla finestra. Non appena mi vide, il suo volto rosso dal pianto ma privo di lividi si dipinse di terrore.

«Che che fai qui?» chiese cercando di mantenere la calma.

«Dovevamo vederci per pranzo, ma non sei venuto e non hai risposto ai miei messaggi e alle mie chiamate. Temevo ti fosse successo qualcosa... Liam, che cos'hai?»

«Nulla...» rispose evasivo.

«Posso salire?»

«I-io...» Liam prese un respiro. «Non sto molto bene, tutto qui. Ho bisogno di riposare. Scusa se non ti ho avvisato, mi sono svegliato poco fa. Ci... ci vediamo lunedì».

Non mi lasciò il tempo di replicare, chiuse la finestra e non lo vidi più.

Ero sempre più preoccupato per lui, non capivo. Sospettavo ci fosse molto di più di una semplice influenza, ma se lui non voleva rivelarmelo, sarebbe stato difficile capire.

***

Cercai di chiamarlo per tutto il weekend, ma non lo sentii mai. Solo verso domenica sera rispose ai miei messaggi, ma a monosillabi privi di qualunque emozione.

Lunedì mattina, mi presentai davanti a casa sua. Liam uscì sovrappensiero, e si accorse di me solo dopo alcuni secondi.

«Ciao» borbottò.

«Liam, ho fatto qualcosa? Sei arrabbiato con me?» tentai di capire.

«Te l'ho detto, non sto bene, tutto qui» ribatté freddo.

«Si tratta di Billy? Dei tuoi genitori? Dei tuoi fratelli? Per favore, parla con me...»

«Lasciami in pace e basta!» sputò fuori a denti stretti.

Sobbalzai, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da lui. Lo disse con una tale cattiveria, come fossi la persona che odiava di più al mondo.

I suoi occhi di ghiaccio sembrarono attaccarmi, ma subito dopo si sciolsero. Liam tornò a un'espressione arrendevole, lasciando sciogliere il suo ghiaccio in calde lacrime.

Feci un passo in avanti e, non appena capii che non mi avrebbe respinto, lo raggiunsi e lo strinsi a me.

«Va tutto bene» sussurrai al suo orecchio, accarezzandogli i capelli. «Ci sono io, Liam».

I suoi singhiozzi scuotevano entrambi i nostri corpi, ma non me ne curavo, mi importava solamente che stesse bene.

«Scusa» mormorò tra i singhiozzi.

«Non fa niente... Ma, Liam, devi permettermi di aiutarti» lo presi per le spalle in modo da poterlo guardare negli occhi. «Devi dirmi cosa c'è».

Liam sospirò e annuì. «Ricordi... venerdì sera? Sono andato via verso mezzanotte» cominciò con voce tremante.

Non capivo dove volesse andare a parare, ma annuii.

«Mirko mi ha raggiunto, mi... mi ha bloccato contro un muro, dicendo che voleva vendicarsi...» si bloccò, la paura sembrava ostruirgli la gola.

Gli presi la mano per rassicurarlo.

Liam trasse un respiro tremante. «Lui... mi ha... insomma...»

«Ti ha...?» lo incalzai, senza osare immaginare che cosa stesse per dire.

«Violentato».

Quell'unica parola riuscì a farmi uscire di testa. Cominciai a camminare in tondo, stringendo i pugni.

«Andrew...» Liam mi afferrò per il polso. «Ti prego, non fare cavolate...»

«Oh, ne farò eccome di cavolate!» ringhiai, riconoscevo a stento la mia voce, era tornata la mia rabbia cieca, come quando avevo spezzato il braccio a Tyler Rogers.

«Andrew...» il suo tono si fece implorante, ma ero fuori di me, niente avrebbe potuto calmarmi.

Mi avviai in fretta verso scuola, con Liam che mi inseguiva, pregandomi di lasciare stare. Non lo ascoltai, non lo degnai nemmeno di uno sguardo. 

Appena davanti al cancello c'era Mirko, circondato dal suo gruppetto del cazzo, con cui aveva picchiato Liam.

«Sei morto, brutto stronzo!» urlai, buttandomi addosso a lui.

«Andrew! No!» urlò Liam, ma la sua voce, lui stesso, erano già lontani.

Iniziai a tirare pugni a casaccio, ricevendone molti. Percepivo a malapena il dolore, il sapore di sangue, mentre continuavo a colpire alla cieca.

Sentii le voci di Mason, Jason e il resto della squadra che chiedevano cosa stesse succedendo, e che subito dopo si gettavano verso di noi.

Venni tirato in piedi da Mason, lo riconobbi dal fatto che fosse più muscoloso di Jason.

«Si può sapere che ti è venuto in mente, razza di coglione?» Mason, con il fiato corto, mi tirò in piedi.

«Ha violentato Liam» borbottai tra i denti.

«Lui...» Mason era confuso, ma non appena ebbe conferma nel mio sguardo andò verso Mirko, sostenuto dai suoi amici, e gli tirò a sua volta un pugno.

Liam venne da me, mi sfiorò il naso sanguinante. «Stai bene?»

Annuii distrattamente. «Scusa, lo so, sono uscito di testa. Non avrei dovuto. Ma... lui...»

Liam mi prese il volto tra le mani e mi baciò, senza preavviso. Non mi ritrassi, lo strinsi a me.

Liam portò poco indietro la testa. «Ho trovato l'unico metodo funzionante per farti chiudere la bocca».

Risi, riprendendo a baciarlo.

***

Appena dieci minuti dopo l'inizio delle lezioni, il preside richiamò me, Mirko, Mason, Jason e Liam nel proprio ufficio. L'unica cosa positiva era vedere Liam anche durante la giornata, visto che solitamente era difficile passare del tempo insieme nel mezzo dell'orario scolastico.

Vederlo arrivare dal corridoio opposto e prendergli la mano senza esitazione fu una sensazione strana. Strana, ma piacevole.

Quando arrivammo, Mirko, Jason e Mason ci stavano già aspettando. Tutti avevano uno sguardo cupo, specialmente il primo. Mi avvicinai a lui e gli puntai un dito contro, a mo' di avvertimento.

«Prova solo a sfiorarlo di nuovo, e non sopravvivrai abbastanza da raccontarlo, stronzo» lo avvertii, per poi sedermi il più lontano possibile da lui, la mano stretta in quella di Liam.

Pochi minuti di attesa logorante e silenziosa, prima che i miei genitori arrivassero furiosi. Alzai lo sguardo su di loro, cercando di capire se mi avrebbero dato la possibilità di spiegare prima di cominciare con la loro ramanzina, ma la probabile risposta era: no.

Nell'ultimo periodo ero migliorato, ma ero ricaduto nel vizio. Stavolta, però, per una buona causa.

Non lasciai la mano di Liam, mentre mia madre e mio padre entravano nell'ufficio, ma fui costretto quando furono i signori Anderson ad arrivare. Senza guardare nessuno, nè rivolgere il minimo cenno di dispiacere o preoccupazione al loro figlio, entrarono a loro volta.

Osservai Liam, rosso di preoccupazione, forse anche di vergogna, ma non potevo prenderlo per mano, se i suoi genitori fossero usciti e ci avessero visti in quel modo... Non volevo neanche pensare cosa avrebbero potuto fargli, quegli stupidi omofobi che di certo non potevano essere considerati "genitori".

***

Fummo costretti a separarci; lo salutai solo con un debole sorriso, nonostante la stretta che mi attanagliava il cuore al pensiero di lasciarlo tra le grinfie di quei due. Liam ricambiò il sorriso, il suo più sghembo ed esitante, non era bravo a fingere.

Seguii obbediente i miei genitori ma, non appena fummo in macchina e in procinto di partire, parlai.

«Ho sbagliato, lo so, ho fatto una cavolata. Mi dispiace. Ma quel tipo... ha tormentato Liam, è lo stesso che lo ha picchiato qualche mese fa! Non potevo fare finta di nulla...»

«Hai sbagliato eccome!» sbottò mio padre. «Sai che non tolleriamo la violenza!»

Mi scaldai immediatamente. Tutto, ma non Liam. Non potevano criticarmi perché lo avevo difeso, lui era molto importante per me. «Cos'avrei dovuto fare? Lasciare che lo violentasse di nuovo, per non indispettirvi? Avete passato anni a fregarvene di me, e ora cercate di fare i genitori, ma non mi ascoltate e non provate neanche a capire! Liam ha una vita di merda, e ha solo me, nessuno l'avrebbe difeso! Anzi, probabilmente in questo momento i suoi genitori lo stanno picchiando! Cos'avrei dovuto fare? Abbandonarlo? Lasciar stare, cosicché Mirko si sentisse libero di violentarlo un'altra volta?»

Calò il silenzio per lunghi momenti, mia madre con le mani ancora sul volante, mio padre con gli occhi spalancati.

«V-violentato?» riuscì a mormorare mia madre.

«Sì» confermai. «Il preside non ne sa niente, per questo mi ha sospeso e ha lasciato stare Mirko. Ma voglio che le cose cambino. Quello stronzo la deve smettere, una volta per tutte. So che siete arrabbiati, ma l'ho fatto per Liam. E sinceramente non trovo giusto essere punito perchè ho difeso colui che amo».

Amo. Oh mio dio. Avevo appena detto di amare Liam.

Non sapevo neanche se era vero. Non sapevo nulla.

I miei genitori si scambiarono uno sguardo.

«Se le cose stanno così...» esordì mia madre. «Fa' quello che devi per far espellere Mirko, e non sei in punizione. Ma ti prego, cerca di non cacciarti troppo nei guai».

Io ero già fuori dalla macchina.

«Promesso!» esclamai chiudendo la portiera, per poi dirigermi alla mia auto.

Mandai un messaggio a Liam.

Come va? Passo da te. Ti spiego quando arrivo.

Pregai che mi rispondesse, perchè avrebbe significato che stava bene. E fu così.

Ok.

Angolino autrice

Capitolo più lungo, tanti spunti da commentare, tante emozioni.

Liam ha finalmente detto a Andrew ciò che gli è successo; lui, ovviamente, ha reagito maluccio. Ma non riesco ad essere dispiaciuta per Mirko, neanche un po'. Ha avuto quello che si meritava.

Liam ha risposto al messaggio, ma in che condizioni sarà all'arrivo di Andrew?

Ma soprattutto... che peso avrà nella loro relazione ciò che Andrew ha realizzato? Di AMARE Liam?

Aggiorno lunedì 💕

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