6. Non abbiamo nulla da spartire

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Maristella

L'aula è avvolta in un silenzio carico di tensione, interrotto solo dal ticchettio costante dell'orologio sulla parete. Siedo al primo banco, per osservare da vicino e con occhi attenti Lucas, in piedi davanti alla commissione. Il giovane discute il suo percorso multidisciplinare con il supporto di una presentazione proiettata sulla Lim. Tiene in mano un mazzo di carte, appunti che sfoglia nervosamente, rompendone qualcuno.
Ogni tanto lancia uno sguardo verso la mia direzione, cercando rassicurazione.

La commissione d'esame, formata dai vari professori delle discipline scolastiche, lo ascolta attentamente, lasciando a lui la piena libertà di parola.

Tutti tranne Alessandri.

Ovviamente il dirigente decide di fare a modo suo, fregandosene se davanti a lui ha un ragazzo con disturbo della condotta e come tale, ha bisogno di tranquillità per non entrare in frustrazione. Non ha minimamente preso in considerazione le mie indicazioni. Per non parlare del fatto che è assolutamente interessato all'argomento.

Non avevo dubbi.

Si avvicina alla postazione di Lucas, controlla dal PC le varie slide della presentazione.

«Continua, fai finta che io non ci sia.» Esorta il ragazzo e io inizio a sbuffare.

Come se per Lucas fosse facile.

Si volta verso di me con occhi glaciali, studia la mia espressione seccata e contrariata, mi regala un falso sorriso nel mentre che si siede al banco vicino al mio. Pure?

«Lucas, nella sesta slide citi "uomini d'onore" puoi spiegarci la tua interpretazione o il significato di tale affermazione?»

L'alunno prende un respiro profondo, posa gli appunti sul tavolo e mi fissa. Io provo ad incoraggiarlo con lo sguardo, ma lo vedo perso e confuso. Anzi ha la postura rigida e stringe i pugni... Non posso permettere che abbia una crisi proprio ora.

«Dirigente, -intervengo- non mi sembra il caso di fare domande ora, aspettiamo che Lucas finisca...»

La tensione è palpabile mentre esprimo quelle parole, contraddicendo palesemente il suo intervento. Alessandri, con sopracciglia aggrottate e occhi freddi, mi lancia uno sguardo di disappunto.

«Professoressa Buongiorno, credo che lei dimentichi il mio ruolo come presidente della commissione: posso fare tutte le domande che voglio, quando voglio.»

«Non quando potrebbe influenzare la performance dell'alunno...» ribatto inviperita, mentre sento qualcuno che bisbiglia alle nostre spalle.

L' espressione dell'uomo è un mix di sorpresa, disapprovazione e forse anche un pizzico di minaccia.
Nonostante il mio timore, non distolgo lo sguardo dal suo, determinata a far valere la mia voce.

«Professoressa, posso rispondere.»
Mi volto con sorpresa verso Lucas, mentre il dirigente, soddisfatto, invoglia il ragazzo a proseguire con un gesto della mano.

Mentre Lucas da la risposta, il mio stato d'animo cambia e non posso fare a meno di sorridere vedendo la passione con cui parla, la sicurezza che cresce in lui con ogni parola pronunciata. È come se l'aula si stesse trasformando in un teatro e Lucas fosse l'attore principale, catturando l'attenzione di tutti con la sua performance.

Solo ora mi rendo conto che non sto solo assistendo a un esame orale, ma al fiorire del suo potenziale, un momento che sono sicura ricorderò per sempre. La crescita che ha avuto in questi tre anni è stata incredibile: da quando non riusciva a stare seduto per più di trenta secondi; alle sue fughe dalla classe; a comportamenti dirompenti e aggressivi verso i compagni e insegnanti... Ora invece vedo un ragazzo che ha raggiunto, nel suo, il successo formativo.

«Dimmi Lucas - interviene Alessandri, ancora - se avessi davanti un "uomo d'onore" lo riconosceresti? Ci riusciresti?»

«Non lo so...» farfuglia il giovane.

Ma che razza di domanda è?

«E lei, professoressa Buongiorno?»
Il dirigente si volta verso di me e per un attimo smetto di respirare. Mentre sento il brusio dei colleghi in sottofondo, percepisco il mio cuore che batte all'impazzata.

«Cosa?» bofonchio, cercando di non vacillare.

«Riconoscerebbe, se lo avesse davanti, un uomo d'onore? Un mafioso?»

La sua espressione è imperscrutabile, ma i suoi occhi rivelano una freddezza glaciale. Sento un brivido lungo la schiena mentre cerco di decifrare quel viso impenetrabile. È come se il mondo si fermasse, e il nostro sguardo si intrecciasse in un duello silenzioso. Non riesco a proferire parola, ma cerco di farmi coraggio... Così dico la prima cosa che mi passa per la mente.

«Credo di sì.»

『••✎••』

Gli esami finiscono e questa era l'ultima sessione. Dalla settimana prossima dovrò lavorare per il progetto "scuola estate".
Lucas ha preso dieci all'orale e il dirigente era assolutamente d'accordo. Mentre il ragazzo andava via, Alessandri lo ha bloccato e gli ha parlato in disparte, ho provato a cogliere qualcosa, ma non ho ottenuto granché.
L'espressione dell'alunno era serena e soddisfatta, cosa gli avrà detto di così speciale?

L'idea che lo voglia coinvolgere in qualche organizzazione poco lecita, mi sfiora la mente, ma devo essere razionale. Secondo Francesca sto prendendo un grosso granchio e non è da me giungere a certe conclusione così affrettate.

Procedo quasi meccanicamente verso la mia macchina, i miei occhi sono fissi su un punto indefinito davanti a me, poi mi accorgo di una figura che si avvicina dalla direzione opposta. È Alessandri, con il suo passo sicuro e lo sguardo attento che scruta l'orizzonte.

Si accorge della mia presenza e, per un attimo, il mio passo rallenta.
Sorride, ma non è canzonatorio, è sincero o così mi sembra.

«Professoressa, la stavo asp-.»

«Di cosa avete parlato con Lucas, prima?» Non gli lascio neanche il tempo di finire e parto in contropiede perché ormai con lui non faccio altro che essere sospettosa.

«Del nostro coinvolgimento... Futuro.»

Ah. Cerco di cogliere nella sua espressione e atteggiamento un segno, una spiegazione.

«E che coinvolgimento sarebbe?» chiedo circospetta, giù le mani dai miei ragazzi.

«Perché non lo chiede direttamente a lui?» taglia corto e io sospiro frustrata.

«Qualcosa di... Losco?» mi lascio sfuggire in un sussurro, ma da lui viene captato perché la sua espressione tranquilla cambia con uno strano luccichio negli occhi.

«Venga con me...» il suo tono autoritario mi lascia spiazzata... Fa un cenno verso la sua auto.

Cosa? Dove?
Entro subito sulla difensiva e d'impulso, mi oppongo.

«Io con lei non vado da nessuna parte! Se lo scordi!»

«Andiamo!» ribatte con una naturalezza che mi spiazza. Mi afferra il polso e mi trascina verso la sua vettura.

«Sta scherzando vero? Come osa!» Nel frattempo apre la portiera e con poca delicatezza mi fa sedere.

«Vuole sapere la verità? Le mostrerò tutto.»

«Verità su cosa?» ribatto, mentre la mia determinazione vacilla e il panico inizia a prendere il posto.

Che intenzioni ha?

«Avanti Maristella! Sono giorni che mi osserva guardinga cercando di capire chissà cosa. E ora allude a "qualcosa di losco?" Ora avrà le sue risposte!»

«Mi lasci andare! È sequestro di persona, lo sa questo?»

Lui alza le spalle indifferente e mette in moto.

Le mie dita si aggrappano alla maniglia della sua auto, con il cuore martellante nel petto. Mi pento di tutto. Di averlo sfidato, osservato, fatto domande... Accusato.

L'auto si muove silenziosamente lungo le strade cittadine, mentre io prego in silenzio tutti i santi del Paradiso...
Mi chiedo come ho fatto a finire in questa situazione. Alessandri sta in silenzio, c'è qualcosa di oscuro nei suoi occhi, un'ombra che mi fa rabbrividire.

«Vuoi farmi del male?» chiedo d'impulso, lasciando ogni formalita.

Si volta verso di me e fissa la mia espressione quasi disperata.
«Voglio solo mostrarle la verità.»
La sua voce è distante, gutturale, ma pacata... Eppure la paura non mi abbandona.

L'auto si ferma davanti a un grande edificio, cerco di cogliere qualche dettaglio per capire di che si tratta: non sembra un casolare abbandonato o altro, neppure una casa. Alessandri approfitta della mia distrazione e apre la portiera.
Esito, poi scendo, cercando di ignorare la sensazione di pericolo che mi avvolge come una nebbia. Continuo a pregare perché non mi capiti nulla di male.

«È l'ingresso secondario, iniziamo ad avviarci, sta arrivando...» ribatte senza degnarmi di uno sguardo.

«Chi sta arrivando?» chiedo cercando di nascondere le mani tremanti.

«Lo vedrà» taglia corto e mi ordina a proseguire verso l'ingresso.

Non ho scampo, così decido di fare quello che dice.

『••✎••』

La luce soffusa del tramonto filtra attraverso le persiane, gettando strisce d'ombra sul pavimento della stanze dove ora mi trovo. Le pareti sono spoglie, con solo un tavolo di metallo e due sedie a rompere la monotonia del grigio. Una lampada pende dal soffitto, oscillando leggermente e gettando una luce cruda. Sono talmente agitata che il sudore prodotto ha incollato la camicetta sul mio corpo, non riesco più a pensare.

Lorenzo Alessandri mi ha trascinata in questa stanza, ordinandomi di sedermi e aspettare.
Lui è qui, digita qualcosa sul cellulare e come un'ombra si avvicina silenziosamente al tavolo.
Senza proferire parola si siede davanti a me.

Alzo lo sguardo, incontrando i suoi occhi grigi, ha le braccia conserte e un espressione indispettita. Il cuore mi balza in gola.

«Mi dici che succede e perché sono qui?» balbetto, cercando di non mostrare il timore che mi serpeggia dentro.

L'uomo appoggia una mano sul tavolo e noto che spunta dal polso il dettaglio di un tatuaggio.

«Tempo al tempo, professoressa Buongiorno.» risponde tamburellando le dita sopra il tavolo e scrutandomi in maniera insistente. Non demorde, nonostante abbia tolto ogni formalità, lui resta sempre freddo e distaccato.

Sento il panico salire, gli occhi lucidi e un nodo alla gola impossibile da sciogliere. Sto per scoppiare a piangere, pronta ad implorarlo per lasciarmi andare, ma la porta si apre con un cigolio, una donna entra nella stanza. Ha un grosso cappello e non riesco a vedere il suo viso.

«Buonasera, scusate ho trovato un po' di traffico.»
La voce è familiare, la donna si leva il cappello e mi regala un sorriso caldo e sincero.

È Claudia Alessandri.

«Maristella come sta? Mio fratello l'ha trattata bene? Come mai mi state aspettando nella stanza degli interrogatori?»

La sorella è rilassata e l'ultima frase la rivolge al fratello, mentre lui risponde con un'alzata di spalle... Rimango a bocca aperta, mentre fisso i due incredula.

È lei la persona che stava arrivando?

«Che succede?» sussurro ancora in piena agitazione.

La donna mi scruta un po' sorpresa, poi si volta verso l'uomo.

«Non le hai detto nulla?»

«No! Lascio a te questo onore...»

Claudia Alessandri sbuffa e gli bisbiglia qualcosa che non riesco a captare, scuotendo la testa in segno di non approvazione.

Prende un plico di fogli e lo porge davanti a me.

Inizia a parlare informandomi che al progetto "Scuola Estate" parteciperà un alunno con disturbo dello spettro autistico livello grave, figlio di un mafioso pentito. I genitori chiedono, inoltre, che io possa seguirlo per tutti i tre anni della scuola secondaria di primo grado.

Io però non riesco a connettere e mi volto verso il fratello.
«Si può sapere perché mi hai trascinata qui, senza dirmi dove stessimo andando? Ho avuto paura e sono ancora molto scossa.»

La donna sbatte le palpebre più volte e poi noto che la sua espressione si incupisce.

«Lorenzo che hai combinato?» sentenzia inviperita e a denti stretti.

«Niente! Mi hai detto di portarla qui e l'ho fatto, ma dato che lei crede che io sia un mafioso, si è spaventata.»

La sua tranquillità nell'elaborare quel concetto mi arriva come una doccia fredda... Mi blocco e non so cosa ribattere, perché è la verità.

«Mafioso?» ripete la sorella ancora incredula. Mentre lui continua a fissarmi infastidito.

La donna esplode in una risata isterica. «Maristella, no! Ci deve essere stato un malinteso... Mio fratello può apparire un po' autoritario e inquietante, ma sicuramente è una persona onesta.»

Mi sento una stupida.

«Mi ha quasi sequestrata e minacciata! Cosa dovrei pensare?» sbraito in mia difesa. Sono completamente in imbarazzo, ma non posso aver fatto tutto da sola.

«Non l'ho minacciata.»

«Sequestrata?» ripete la sorella con un gridolino acuto.

«Esagerata!» bofonchia lui.

Mi alzo dalla sedia e sbatto le mani nel tavolo.
«Mi hai portata qui con la forza! Ero terrorizzata e non hai detto nulla per calmarmi...» ora la mia voce è strozzata e non riesco più a trattenere le lacrime. Troppe emozioni insieme, non può essersi davvero divertito nel vedermi in quello stato.

La paura piano piano si allontana e al suo posto prende posto un' altra emozione primaria: la rabbia.

Lacrime di collera scorrono, calde e inarrestabili, lungo le mie guance.

Lui, per un attimo, sembra sorpreso, mi scruta forse non sapendo cosa fare.
«È solo uno scherzo!» bozza un sorriso, che a me sembra più una smorfia.

Ma non riesco a fermare il pianto, né l'ira che monta dentro di me.
«Non è stato per nulla divertente!» grido, la voce rotta dall'emozione.

«Ha superato il limite!» ritorno alla formalità, allontandomi del tutto da lui. La mia reazione può sembrare esagerata, ma mi sono spaventata seriamente... Non si dovrebbe scherzare con queste cose.

«Dove pensi di essere su "scherzi a parte?"» questa volta è la sorella che lo guarda con severità.

Lorenzo si alza, il sorriso svanito, sostituito da un'espressione che mi pare di rammarico. Ma sono troppo scossa per capirlo realmente.

«Vado a prenderle un bicchiere d'acqua.»

『••✎••』

Poco dopo Claudia Alessandri riesce a mettermi a mio agio e mi spiega la situazione riguardante Valentino Castelletti.

Il fratello torna poco dopo con un bicchiere d'acqua e non accenna più a nulla, io faccio finta che non ci sia cercando di concentrarmi solo con la sorella e con le informazioni che mi sta donando.

«La professoressa Buongiorno non è una dipendente del Santa Monica è lì solo per osservazione. E poi il collegio e il consiglio non è stato radunato, perciò non è sicuro che il ragazzo frequenterà» interviene lui, quando la sorella entra nel dettaglio e spiega le richieste dei signori Castelletti.

La sorella ribatte sapendo che lui riuscirà a coinvolgerli e che, per il prossimo anno scolastico, potrei fare uno spezzato e chiedere assegnazione al Santa Monica, quindi lavorare lì per alcune ore settimanali. I genitori chiedono che almeno per nove ore io possa seguire Valentino. Devo occuparmi della sua didattica ed eventualmente avvisare se riesco a captare qualcosa di utile per le loro indagini.
Vero è che nell'ambiente scolastico, i ragazzi sono sollecitati e immersi in tante dinamiche, quindi potrebbero davvero scatenarsi dinamiche utili.

«Grazie professoressa, magari ogni tanto la metterò in contatto con i nostri esperti, così da informarci su eventuali sviluppi. Non vogliamo rubarle troppo tempo... Poi ci pensi per settembre, se vorrà diventare l'insegnante di sostegno della classe dove verrà assegnato Valentino, è una sua libera decisione.»

Ringrazio Claudia Alessandri che è stata davvero attenta e disponibile. La saluto con la promessa che ci saremo aggiornate.

Non sembra neanche la sorella di Lorenzo.

«Se non le scoccia vorrei parlare un attimo con mio fratello...» faccio cenno di sì ed esco dalla stanza, mentre loro avviano una discussione. Non sto neache lì ad ascoltare, prendo il telefono e chiamo un taxi, non certo metterò piede nell'auto di quell'uomo.

Esco dall'ingresso principale dell' edificio che scopro è la sede della DIA. Aspetto il taxi che dovrebbe arrivare a momenti, non ho neanche avvisato il dirigente e sinceramente non mi interessa. Il suo atteggiamento è stato patetico e vergognoso. Con gli occhi fiammeggianti e il cuore in tumulto, rifletto sugli avvenimenti, le sue parole di scherno risuonano nella mia mente come un'eco fastidiosa. Lo ha chiamato "scherzo", un gesto apparentemente innocuo da parte sua, ma che ha ferito profondamente la mia sensibilità. Mi chiedo se sia davvero così insensibile, si è burlato di me per tutti gli orali e invece di darmi un motivo per credere del contrario ha continuato la sua farsa di finto criminale.

Forse sono stata troppo indulgente, troppo disposta ad accogliere una futura collaborazione per poter costruire l'avvenire dei nostri ragazzi insieme. Ma ora, quella stessa indulgenza sembra un errore imperdonabile.

Ripenso a tutta la giornata: le sue battute sarcastiche, il suo sguardo glaciale e indecifrabile; al suo quasi sequestro. Non mi sono sbagliata di tanto, quell'uomo ha una personalità inquietante, meglio stargli alla larga.

«Professoressa, la stavo cercando...» presa dai miei pensieri, non mi sono accorta della sua recente presenza.

Io neanche rispondo e per fortuna noto il taxi che arriva, faccio un cenno all'auto pronta ad andare via.

«Perché ha chiamato un taxi? L'avrei accompagnata io...»

«Non entro in macchina con lei.» taglio corto, non guardandolo in faccia.

Lui sospira e prova ad ammorbidire il tono «venga con me, le offro qualcosa e chiariamo questo malinteso.»

Seppur il suo tono appare sincero, io sono furiosa.

«Non c'è nulla da chiarire dirigente... Il suo comportamento è stato immaturo e irrispettoso.» continuo inviperita, mentre mi avvio verso la portiera del passeggiero.

Lui blocca la portiera con la mano e solo a quel punto alzo lo sguardo su di lui, i suoi occhi fiammeggiano furenti tanto quanto i miei.

«Irrispettoso io? Mi ha accusato di essere coinvolto con la mafia! Ha idea di quanto sia offensivo? Di quanto sia pericoloso? Beh, lei è scusata giusto? Povera vittima.»

«Non ho intenzione di stare qui a litigare con lei, mi lasci andare. Non abbiamo nulla da chiarire o da spartire. Le chiedo solo di rispettare la mia professionalità!»

«Certo! Tanto quanto lei ha rispettato la mia» ribatte sarcastico e nel mentre apre la portiera del taxi e io per un attimo vacillo.

Forse anche io ho dato conclusioni affrettate, sono stata precipitosa... Mille dubbi mi assalgono, in poco tempo mi sento una contraddizione.

«Signorina, cosa deve fare?» è la voce dell'autista che mi dà la spinta per sedermi, non alzo lo sguardo verso Alessandri... Mi accomodo sul sedile e lui chiude la portiera.

L'autista mette in moto e lascio Alessandri indietro, non mi volto, mentre abbasso lo sguardo verso le mie mani e per un attimo penso di aver esagerato e ora il rimorso mi divora dall'interno.

Guardo fuori dal finestrino, mentre il tramonto si staglia all'orizzonte in un'esplosione di colori caldi. Le nuvole sembravano pennellate dorate, e il sole si tuffa lentamente dietro le montagne. Ma questo spettacolo ora mi appare spento e vuoto.

È vero l'ho accusato ingiustamente. Ero arrabbiata, e lui ha risposto con altrettanta rabbia. Ma ora, mentre il taxi mi porta via, mi rendo conto di quanto tutte la situazione si fosse rivelata stupida.

Ero armata di buone intenzioni per questa collaborazione, ma ora tutto mi appare disfatto.

Proprio come questo tramonto che si dissolve nell'orizzonte.


Ciao ❤️❤️❤️❤️

Vi lascio alcuni chiarimenti, se qualcosa sfugge avvisatemi.

Lim: lavagna interattiva multimediale

Il disturbo della condotta è molto difficile da gestire e quando la sua attività viene interrota (in questo caso Alessandri che fa le domande mentre lui ripete) potrebbe mandarlo in confusione ed esplodere in comportamenti problema... Il fatto che poi il ragazzo abbia risposto è un ottimo risultato.

Finalmente ho aggiornato almeno una delle due storie... L'altra sono a metà, la parte del concorso mi sta prendendo parecchio tempo ... Essendo l'ultima parte della storia, la voglio rendere il meno banale possibile, perciò pietà di me❤️

Da venerdì per una settimana sono in vacanza con marito e figli, perciò vi chiedo di pazientare. Appena torno aggiorno.

Mentre per questa storia siamo solo all'inizio perciò le idee sono più fluide e c'è tutto il tempo di canalizzarla verso qualcosa di costruttivo ❤️❤️❤️

Per il resto spero che il capitolo vi sia piaciuto... So che i protagonisti hanno esagerato, ma devo trovare mille malintesi e portarli al limite e capire se riusciranno a incontrarsi... La strada è lunga❤️

Spero non ci siano troppi errori, ma scrivere dal cellulare è davvero complesso...

Grazie
Bi❤️

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