𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝐼 - 𝓁'𝒶𝓁𝒷𝒶 𝒹𝒾 𝓊𝓃 𝓃𝓊𝑜𝓋𝑜 𝑔𝒾𝑜𝓇𝓃𝑜

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E costa cara la fragilità
Per chi un posto nel mondo non ha

Sabbia, Ultimo

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Schiudo leggermente gli occhi, quanto basta a far penetrare la prima luce del mattino nelle mie iridi color nocciola.

Ho sempre amato l'alba più del tramonto.

Per quanto magico e suggestivo sia in alcuni casi il calar del sole, preferisco di gran lunga il primo raggio del mattino. Lui scalda il giorno, lasciando l'oscurità della notte alle sue spalle.

A me il buio fa paura.

E no, non parlo del timore di dormire senza una qualche luce accesa nella stanza.

Io parlo del buio, quello vero.

Delle tenebre che ognuno di noi si porta dentro, quelle che fanno ombra da tutte le parti.

Parlo dell'assenza di luce nelle profondità dell'anima.

Degli intrinsechi malati che si aggrovigliano tutti intorno a lei, non permettendole di sentirsi libera.

Ciò a cui io mi riferisco, é la prigione mentale nella quale sono stata costretta a vivere per tanto, troppo tempo. Da cui ancora oggi cerco di fuggire.

La mia linea della vita si è spezzata circa dieci anni fa.

Avevo appena iniziato le scuole superiori, un primo passo per addentrarmi nel mondo dei grandi.

Il futuro mi sembrava alle porte, l'indipendenza che desideravo avvertivo di poterla afferrare da lì a poco.

La scuola non mi interessava, ma era un mezzo per raggiungere l'obiettivo finale: diventare adulta.

Nella mia testa ho sempre pensato che i grandi non soffrissero mai.

Non ricordo di una sola volta in cui mio padre ha versato una lacrima.

Così come l'indifferenza di mia madre nei confronti di sua figlia mi è sempre parsa spietata e inspiegabile.

Fino a quando, un giorno, sono giunta alla conclusione che i grandi non soffrono.

Così ho sperato ardentemente di diventarlo anche io.

Avevo scelto un istituto professionale, che in tre anni mi avrebbe permesso di ottenere un attestato valido ad addentrarmi nel mondo del lavoro. Perché fare la parrucchiera, in realtà, non mi attraeva davvero.

Ma quando scelsi, ancora non sapevo in che grande guaio volevo volutamente cacciarmi.

"Il mondo là fuori è ben diverso da come lo immagini tu."

Lo diceva sempre mio padre.

Potessi tornare indietro, gli darei retta.

Ma ai tempi io volevo solo scappare dai ricordi, lasciarmi alle spalle l'idea della bambina sempre triste che raccontava bugie agli altri per giustificare l'assenza di sua madre.

Desideravo ardentemente porre fine alla mia incessante e insostenibile sofferenza.

E invece la vita mi ha insegnato una lezione che non dimenticherò mai: il dolore non lo puoi ignorare, o lo affronti o ti porterà giù con sé.

E io, devo ammetterlo, ero stata anche fin troppo brava a scappare da lui.

Così, un giorno di pieno inverno, mi ha trovata.

Ma non voglio ricordare.

Sono sveglia da soli cinque minuti e il mio cervello si è già addentrato in vicoli della memoria troppi stretti e oscuri.

Sarà meglio per me che mi alzi dal letto e mi sbrighi a prepararmi, altrimenti finirò per fare tardi al mio appuntamento con la dottoressa Pepe. Ci incontriamo ogni giovedì mattina alle 10 in punto. Il suo studio è in zona Bovisa, e per raggiungerlo da casa mia impiego quasi mezz'ora. Non perché sia effettivamente distante, ma perché Milano è super trafficata.

Sono "solo" le sette del mattino, perciò non dovrei avere fretta. Ma qualcuno lo spieghi a una persona ansiosa come me!

Io devo sempre arrivare in largo anticipo agli appuntamenti. Preferisco aspettare senza nulla da fare, che non fa rischiare di imbattermi in inconvenienti lungo il percorso che mi facciano arrivare tardi.

Per non contare che ci impiego all'incirca due ore a prepararmi.

Fortunatamente oggi il tempo sembra essere dalla mia parte; sono le nove meno dieci quando giro la chiave nella serratura della porta e mi avvio verso la fermata dell'autobus.

Nonostante io abbia la macchina, per alcuni spostamenti in città prediligo i mezzi publici. Non perché io ami particolarmente l'odore di cipolla o la scia di chissà quale spezia orientale che invade le mie narici nelle prime ore del mattino. Ma solo per pura comodità.

Mezz'ora dopo sono davanti all'entrata del solito bar in cui vengo a fare colazione quando ho gli incontri con la dottoressa. Si trova di fronte all'edificio in mattoni grigi in cui tra un po' dovrò entrare. Mi fermo sempre qui, per passare il tempo che mi rimane e consumare un croissant caldo al cioccolato.

«Buongiorno» dico entrando, rivolgendomi al ragazzo che sta dietro al bancone.

«Ciao Ester» ricambia lui molto più entusiasto.

Francesco ormai mi conosce. Vengo ogni giovedì, di ogni settimana, alla stessa ora, da circa due anni. Per quanto io sia una tipa un po' asociale, a furia di incontrarsi così spesso qualche chiacchiera ci scappa.

Una volta ho persino rischiato di fare tardi al mio appuntamento per essermi lasciata trasportare dai suoi discorsi sui cani. É un animalista per eccellenza.
Ma da allora non gli ho più dato molta confidenza.
Detesto chi, pur sapendo che hai un appuntamento, prova a trattenerti.

«Accomodati pure, Emanuele arriva subito da te» aggiunge infine, indicandomi un tavolino libero alla mia sinistra.

«Buongiorno» mi accoglie calorosamente una voce alle mie spalle.

Mi volto per guardare il mio interlocutore e scopro essere un volto mai visto prima.

«Sei nuovo?» domando curiosa, mentre prendo posto.

«É così evidente? Colpa di come tengo la penna tra le dita, vero?»

Il suo tono è stranamente cordiale e simpatico. Rimango stupita dal suo modo di porsi.

«No, io... è solo che vengo qui da quasi due anni, ogni giovedì della settimana. E non ti ho mai visto prima» confesso un po' in imbarazzo.

Mannaggia a me che non conto fino a dieci prima di parlare.

«Lo so. Ti ho vista... ogni giovedì mattina di ogni settimana. Tranne quelle che coincidono con le feste di Natale e Pasqua.»

La serietà della sua risposta mi lascia di stucco, e non nego che mi inquiete un po' di terrore. Come diamine fa a sapere questo dettaglio?

Deve aver dedotto che la sua affermazione mi ha turbata, perché subito dopo torna a parlare.

«Tranquilla, non sono uno stalker. Abito solo qui di fronte» dice indicando il palazzo dall'altro lato della strada. «E ogni mattina verso le 9:30 scendo a prendere le brioche per me e i miei fratelli più piccoli. Ho scoperto così che cercavano un cameriere; prima lavoravo come magazziniere la notte. Motivo per cui facevo colazione così tardi: staccavo alle 8.»

Il suo giustificarsi con me mi fa sorridere. In parte gli sono grata di averlo fatto; sono una persona molto ansiosa e stavo già pensando di cambiare psicologa pur di non mettere più piede qui.

D'altro canto, invece, so che non era costretto a dare molte spiegazioni e a raccontarmi così tanto di sé. So più cose di lui che conosco da neanche un minuto che non dei miei vicini di casa che vedo da oltre dieci anni.

Mi sforzo di sorridere alle sue parole per fargli capire che mi ha convinta. Anche se fosse uno stalker mi ha venduto bene la sua storia, e gli credo.

«E io che pensavo di passare inosservata» ammetto con una vena di sarcasmo che mi sforzo di non far trapelare troppo.

Lui mi sorride, come se avesse colto perfettamente il senso delle mie parole. Come se non avessi bisogno di aggiungere altro.

«Cosa ti porto? Gradisci un croissant al cioccolato, una girella all'uva secca, o una sfogliatella alla crema?» riporta la conversazione sul motivo per cui le persone tendenzialmente entrano in un bar, e la cosa stranamente mi dispiace.

Ma ovviamente non lo do a vedere.

«Prendo il croissant al cioccolato, grazie. Con latte macchiato e zucchero di canna.»

«Subito.»

Prima di voltarsi per andare verso il bancone, il ragazzo mi rivolge un rapido ma caldo sorriso. E la cosa mi imbarazza più del dovuto.

Perché mi fa questo effetto?

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Eccoci alla fine del primo capitolo!

Non avete idea di quanto io ci abbia messo a scriverlo ahaha! Essendo l'inizio, è stato difficile scegliere da dove partire con il racconto. Ma alla fine ho scelto di farlo da qui.

Il giovedì mattina; una giornata che, se andrete avanti nella lettura, dovrete tenere bene a mente 😁

Ho preferito incentrarci molto su Ester, la nostra protagonista. È molto introspettivo come capitolo, perché essendo il primo volevo farvi conoscere qualcosa di lei così da permettervi di entrare in sintonia.

Fatemi sapere cosa ne pensate e se avete consigli.

Se vi è piaciuto il capitolo, lasciate pure una ⭐️

E non esitate a scrivere i vostri commenti e/o consigli!

Ci vediamo nel prossimo capitolo con il colloquio con la psicologa!

Baci ❤️

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