Capitolo 6 - Fratellone numero tre

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Le conseguenze di una dormita durata ben undici ore erano un quadro rotto e un mobile sporco e leggermente ammaccato.

Mi occupai dei pezzi di vetro prima che potessero esserci altri incidenti, poi pulii il mobiletto in legno.
Fortunatamente Ariele aveva già in mente di cambiarlo e quella sarebbe stata la scusa perfetta!

Alisia e Andrea giocavano sul tappeto come se non avessero compiuto un crimine pochi minuti prima.

In fondo non gliene facevo una grande colpa. Poteva succedere a chiunque, soprattutto a due bambini come loro che in quel momento non avevano gli occhi di nessuno addosso.

Proprio per evitare casi di quel genere, avevo minimo due sveglie impostate ogni giorno, ma evidentemente le avevo perse entrambe. La camminata del giorno precedente era stata così rilassante e stancante da non percepire gli stimoli esterni e non accorgermi dell'orario.

Quando stavo con Dante, succedeva sempre qualcosa in seguito. Più mi imponevo di stargli alla larga, più ci ritrovavamo da soli. Al pensiero iniziai a sentirmi strana. Non ci avevo mai riflettutto effettivamente, ma in diverse occasioni finivamo per essere solo noi due.

Avevo bisogno del mio migliore amico. O forse volevo solo scappare ed evitare situazioni nuove, aggrappandomi al passato, alle certezze.

"E qui cos'è successo?" Adrian si presentò a petto nudo con un paio di pantaloncini da basket.

Indicai i gemelli, i colpevoli colti sul fatto.

"Siete stati voi?" chiese sorpreso spalancando gli occhi. I due lo guardarono interrompendo il gioco. Adrian si avvicinò a loro, per poi esclamare soddisfatto: "Bravi! Finalmente i miei insegnamenti stanno dando i frutti!"

Finse qualche lacrima di orgoglio, mentre io esterefatta cercavo di trattenere la rabbia invano. "Ma che lezioni sono mai queste?"

Adrian si compose e pronunciò il suo discorso con molta convinzione. "In questo mondo è importante far capire chi comanda e non sottostare sempre alle regole."

"Adrian. Hanno quattro anni!"

"Si impara in fretta alla loro età."

Roteai gli occhi, se ne inventava una nuova ogni giorno. Come poteva essere così... infantile?
Non mi era ancora andata giù la storia della bocciatura, ma stavo cercando di nasconderlo con tutte le mie forze.

Dopo la colazione, presi l'agenda per organizzare la giornata, ma finii per deprimermi realizzando che più cercavo di pianificare la mia vita, più finivo per accorgermi di non avere nessuno con cui condividerla. Mi ero sempre e solo concentrata su Luca, dimenticandomi di tutto il resto. In quel momento sembrò tutto così triste e deludente.

Adrian si accorse del mio malumore perché avevo il viso imbronciato e la testa appoggiata sulle braccia incrociate. "Che hai? A che pensi?"

Sospirai frustata. "È come se non ci fosse niente da fare ora che non c'è Luca. Prendo l'agenda, ma inutilmente, non so cosa scriverci."

"Prova a unirti a noi ogni tanto. Questa sera vengono tutti e giochiamo a qualche gioco da tavolo."

"Mmh" mugugnai non sapendo se ero convinta o meno, ma in fondo non mi rimaneva nient'altro da fare. "Devo aspettare la sera... Sarà una giornata dura."

"Sai chi mi ricordi quando fai la drammatica e ti lamenti?" fece Adri. "Amelia."

Aspettai con ansia che gli amici di Adrian arrivassero, come se fossero anche miei, quando la realtà dei fatti era diversa: sola e annoiata, non rimaneva che stare in compagnia dei migliori amici di mio fratello.

Si erano tutti rintanati nelle rispettive stanze quando arrivarono. Ad aspettarli, io e Adrian.

Mi salutarono una volta entrati in casa e notai che uno di loro, Tommaso, aveva in mano la scatola del Monopoly.

"Ragazzi, gioca anche Ada con noi oggi" annunciò mio fratello.

"Oh meglio, almeno possiamo dividerci in coppie" disse Tommaso appoggiando la scatola sul tavolino.

Mentre preparava il gioco, gli altri si accomodarono sul divano. Rimasi in piedi finché non presero tutti posto, poi mi sedetti sul tappeto. Quando alzai lo sguardo mi accorsi di avere di fronte, al lato opposto, Dante; Enea invece, sull'angolo del divano, era vicino a me.

"Ada con chi vuoi stare?" chiese Tommaso che sembrava aver preso la direzione del gioco.

La domanda fu improvvisa, per un attimo mi impanicai. Avevo lo sguardo di tutti addosso, ma il primo che notai, proprio perché era davanti a me, fu quello di Dante, aspettando una mia risposta.

"Enea" affermai. "Sì, siamo vicini, almeno non dobbiamo cambiare posto."

"Hai ragione" constatò Tommaso. "Allora anche noi seguiamo la logica della sorella di Adrian."

"Puoi semplicemente dire Ada" gli feci notare, leggermente infastidita, ma la mia osservazione fu poco considerata.

Iniziammo a giocare dopo aver litigato per la scelta delle pedine. Posizionai la nostra sul via.

A turno lanciammo i dadi per decidere la coppia che sarebbe partita per prima e furono Diego e Filippo.
Io ed Enea avremmo tirato i dadi per secondi.

"Ti lascio l'onore" fece porgendomeli con un sorriso.

Il risultato fu otto e secondo la regola, siccome le facce dei due dadi mostravano lo stesso numero, avremmo dovuto ritirare. A quel punto fui io a passarli ad Enea che fece muovere la pedina di altre sette caselle.

"Stazione Ovest. Comprate?" Tommaso mosse la carta avanti e indietro usando il pollice e l'indice in attesa della nostra decisione.

"Ovvio" e gliela presi dalla mano soddisfatta dei due acquisti fatti al solo primo turno. Lasciai che Enea si occupasse del pagamento.

Proseguirono Tommaso e Dante che dovettero pagare la tassa patrimoniale, seguiti da Adrian e Lorenzo; poi il giro ricominciò.

Il gioco iniziò a farsi sempre più intenso e competitivo. Io ed Enea continuavamo a comprare lotti liberi senza incorrere in troppi imprevisti.

Dante e Tommaso erano la coppia più scarsa, principalmente per le scelte poco ragionate del primo; infatti rifiutava di comprare sostenendo che la tattica del risparmiare i soldi fosse astuta. Ma io ed Enea possedevamo i due terreni piu costosi sui quali avevamo inserito alcune case alzando la tassa per chi vi passava sopra.

Il silenzio teso veniva spezzato ogni tanto dagli sbuffi e dai borbottii di Dante. Vidi un sorrisetto soddisfatto solo nel momento in cui finii in prigione.

"Ti ricordo che ormai non è rimasto niente da comprare. A noi in prigione non ci resta che guadagnare" lo sfidai e vidi il terrore nei suoi occhi quando guardò il tabellone e si accorse che doveva passare sulle vie che avevo comprato.

Mentre scuoteva i dadi racchiusi nella palla formata da entrambe le mani, sentii e riconobbi i piccoli passi di Andrea avvicinarsi sempre di più.

Così lasciai da parte il gioco e la suspense creatasi per alzarmi e andare a raccontare una storia ai gemelli.

"Perfetto," esclamò Diego, "avevo bisogno di una pausa." E alzò le braccia per stiracchiarsi. Il tempo era volato senza che ce ne fossimo accorti.

Prima di salire nella stanza, mi avvicinai a Dante. "Vieni anche tu dato che in un modo o nell'altro finisci sempre per ascoltare i miei racconti."

Dopo un momento di incertezza, si alzò dal divano e mi seguì.

Mi sdraiai su un fianco accanto ad Alisia e indicai a Dante di fare lo stesso sul letto di Andrea. Se ne stava in silenzio, improvvisamente aveva perso la voglia di fare le sue battutine ed era serio.

"Allora Ali e Andri, pronti per la storia?"

"Ma lui che ci fa qui?" chiese però Alisia con la sua innocenza. Dante mi guardò strabuzzando gli occhi, forse imbarazzato.

Sorrisi. Andrea si sporse leggermente dal suo letto, portò una mano vicino alla bocca e sussurrò: "Non ti lamentare, è così grosso che sta occupando tutto il letto."

Feci del mio meglio per trattenere la risata. Dante accennò ad andarsene ma scossi la testa e non glielo permisi, avevo altri piani per la testa.

"Sapete perché l'amico di Adri è venuto in camera?" Mi guardò storto timoroso di sentire ciò che avevo in mente.

"Lo ha cacciato perché russa la notte?" pensò Andrea ingenuamente.

"Vuole raccontarvi una storia" dissi. I gemelli si mostrarono titubanti. Dante invece aveva gli occhi fissi sulla mia figura. Si stava sicuramente pentendo di essersi fidato, ma ormai era fatta.

"Ci puoi raccontare la storia di un dinosauro? Ti prego, ad Ada non piacciono i dinosauri" supplicò Andrea.

"No," contestò Alisia, "i dinosauri sono paurosi. Io voglio le fate e i castelli. Sì, i castelli grandi delle principesse. Tu hai mai visto un castello? Ce l'hai un cavallo come i principi?"

Fermai la sua curiosità e affermai: "Sarà Dante a decidere di cosa parlare."

Lui, che fino a quel momento se n'era rimasto in silenzio, si fece sentire, ma si assicurò che fossi solo io a capire. "Ma io non so cosa raccontare. Faccio schifo a scrivere i temi, non sono creativo, non ho immaginazione!"

"Provaci, una testa ce l'hai!" sussurrai a mia volta. "Dai ti aiuto io a partire."

"Allora, pronti?" chiesi poi e i gemelli annuirono. "La storia di Dante parlerà di due bambini..."

"Come noi?" mi interruppe subito Andrea.

"Forse, ma ricordate? Dovete stare in silenzio nel momento della fiaba. Niente domande." Annuirono dinuovo nascondendosi leggermente sotto le lenzuola. "Quindi... Una bambina stava giocando al parco con le sue amiche quando si accorse di aver perso il suo braccialetto, quello che portava sempre con sè. Si mise alla ricerca e lo vide in lontananza. Ma prima di raggiungerlo, un bambino ci passò sopra in tutta velocità distruggendo il bracciale."

Lo lasciai proseguire, ma ci fu un attimo di silenzio e dopo un sospiro, continuò. Non sapevo perché avessi iniziato un racconto di quel tipo, l'istinto mi aveva portata a farlo, a scegliere un episodio simile a quello della tazza per vedere quale sarebbe stata la versione della storia di Dante.

"La bambina iniziò a piangere a dirotto. La sentivano tutti ma nessuno si avvicinava per consolarla. Il suo pianto era molto fastidioso... e tutto per un semplice bracciale."

Assottigliai lo sguardo, mentre lui alzò uno spigolo del labbro in un sorriso beffardo.

"Rimase lì fino a che lo stesso bambino non tornò con la sua bicicletta e si accorse della bambina. Le asciugò le lacrime e le chiese cosa fosse accaduto, perché lui non lo sapeva, non se ne era proprio accorto. Dopo aver spiegato, il bambino ritrovò tutte le perline sparse e aggiustò il braccialetto..."

In quel momento, Andrea, con gli occhi chiusi, si spostò sul fianco opposto e finì con un braccio sopra Dante. Lui rimase sorpreso da quel gesto e, come se non ne fosse abituato, si affrettò a spostare il braccio dal suo corpo.

"Penso che sia il momento di uscire" bisbigliai alzandomi dal letto di Alisia con molta cautela.

"Sicuro che il bambino abbia ricostruito il braccialetto invece di comprarlo?" scherzai appena chiusi la porta della stanza.

Mi guardò negli occhi. "Sì beh, la storia parlava di un bambino. I bambini sanno essere più intelligenti di me."

Raggiunsi la cucina con l'intento di portare agli altri qualcosa da sgranocchiare. Dante mi seguì come fosse la mia ombra.

Mentre aprivo le credenze alla ricerca di patatine, iniziò a parlare tenendosi a debita distanza. "Tu ed Enea siete una bella coppia" ammiccò. Dal tono sembrava quasi una presa in giro.

"Sei geloso?" domandai istintivamente senza nemmeno far caso alle parole, troppo concentrata a raggiungere un sacchetto di arachidi tostate.

Dal silenzio che ne seguì però mi sorse un dubbio. Mi voltai di scatto e lo guardai con serietà.
Si avvicinò rimanendo in silenzio, indietreggiai fino a sbattere con la schiena contro il piano della cucina. Si avvicinò così tanto che riuscivo a sentire il suo respiro. Alzò il braccio per raggiungere la dispensa in alto e afferrò il pacchetto di arachidi.

"Non ne avrei motivo" sussurrò poi e se ne andò lasciandomi da sola con uno strano vuoto.

Dopo qualche minuto arrivai in salotto con un vassoio di spuntini e delle bevande.

"Ada, sei un angelo!" Tommaso si fiondò sul cibo e iniziò a mangiare.

Diego prese un bicchiere di plastica per riempirlo di Shweppes. "Credo proprio che Ada ed Enea abbiano vinto" constatò guardando il tabellone.

"Infatti, non ci conviene continuare a giocare. Sono passate più di tre ore" notò Filippo.

"Allora è deciso," disse Enea guardandomi con euforia, "la vittoria è nostra!"

Battemmo il cinque e, dopo il suono delle nostre mani, ne sentimmo un altro. Dante aveva messo in disordine tutte le pedine e le banconote del Monopoly.

"Amico, devi iniziare a prenderla con più calma quando perdi" fece Lorenzo che solo a parlare trasmetteva molta tranquillità.

Gli occhi di Dante erano rivolti ai miei e pareva infastidito. Leggermente a disagio, decisi che quello sarebbe stato il momento di andare a dormire.

"Ehm... buonanotte ragazzi, io vado. Ho paura di non svegliarmi domattina" ammisi.

"Perché, cosa succede altrimenti?" chiese Tommaso con la bocca piena di patatine al formaggio.

"Te lo spiega Adrian" e me ne andai con la testa abbassata cercando di non badare allo sguardo di Dante che seguiva la mia traiettoria.

Il risveglio della mattina seguente avvenne con più pigrizia del previsto. A mia sorpresa, una volta raggiunto il salotto, vi trovai i gemelli e Dante. Seduti sul morbido tappeto, stavano giocando con le costruzioni. Mi concessi qualche minuto per ammirare la scena.

"Che ci fai già sveglio?" chiesi avvicinandomi un po'.

"Ti sei riposata?" Si alzò da terra e me lo ritrovai a pochi passi.

"Sì, ma..." Volevo porgli la stessa domanda di prima, ma forse per sviare la risposta, mi interruppe. Stranita, iniziai a pensare che si fosse svegliato per evitare altri inconvenienti a causa dei miei fratelli.

"Ieri hai lasciato il telefono qui" disse e notai che ce l'aveva in mano. "L'ho trovato sul tappeto."

"Oh, grazie" e lo presi dalle sue mani.

"Andrea ha detto di voler andare alle giostre" confessò poi. I gemelli, troppo presi dal gioco, non potevano ascoltarci.

"Lo farò sapere ad Ariele, quando avrà tempo li porterà sicuramente."

"Ma loro vogliono andarci con te" continuò con tono supplichevole.

Ci pensai su, mentre lui aggiungeva motivi per cui accettare. "Non vedi come si annoiano a giocare con gli stessi giochi?"

La noia sembrava l'ultima delle emozioni provate dai gemelli, ma sorrisi e istintivamente annuii.

"Si va al parco giochi!" esclamò Dante. I gemelli lo sentirono ed entusiasti iniziarono a saltellare.
"Ci vuole poco per far contenti dei bambini" osservò sussurrando al mio orecchio.

"Ada." Andrea cercò di attirare la mia attenzione tirandomi leggermente la maglietta. "Dante è il nostro fratellone numero tre."

Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi spalancati dalla sorpresa, effetto delle parole improvvise e inaspettate dei bambini. Percepivo la sua emozione. Non riuscivo a far altro che sorridere.

"E sono anche il fratellone preferito?" azzardò Dante. Andrea annuì con un movimento incerto e si allontanò per continuare a giocare.

Fu lì che spezzai la magia. "Sai vero che si dimenticherà di quelle parole? I bambini si fanno prendere dall'euforia del momento."

"Sì, ma è stato comunque bello" ammise sussurrando. Quando aveva timore o le sue parole suonavano troppo estranee dal tipo di persona che dimostrava di essere, abbassava la voce. Mi piaceva cogliere i piccoli dettagli del suo carattere.

Il pomeriggio aiutai i gemelli a prepararsi. Decidemmo di portare anche Amelia con noi. Persi tempo nel ripiegare i panni che provava, reputava non adatti e finiva per gettare sul letto. Fui l'ultima a cambiarmi e, non amante della fretta, ritrovai un Dante scocciato ad aspettarmi.

"Stavo quasi per cambiare idea," disse quando mi avvicinai, "se non fosse che devo diventare il fratellone preferito." Ridacchiai e salimmo in macchina.

Dante ci portò in un grande parco divertimenti e quando ci mettemmo piede, i ricordi dell'infanzia affiorarono.
Appena arrivata, volevo sempre prendere lo zucchero filato, ma non lo chiedevo mai. Papà però sembrava leggermi nella mente e me ne comprava sempre uno senza che io me ne accorgessi.
Lo mangiavo con estrema lentezza fino a lasciare che alla fine lo zucchero si sciogliesse e mi sporcasse le dita, il viso e magari anche i capelli. Con il tempo avevo smesso di mangiarlo e anche di andare in quei posti, perché i miei genitori erano sempre più occupati.

Andrea e Alisia iniziarono a correre in direzione dei giochi con più luci; i colori attiravano la loro curiosità. Si fermarono su una giostra con cavalli e macchine. Io e Dante li seguimmo, Amelia fece lo stesso. Dopo aver preso i gettoni, aiutai i gemelli a sistermarsi. Andrea scelse un cavallo, l'ultimo disponibile della giostra, al che Alisia iniziò a piagnucolare.

"Ali che succede?" le chiesi sperando di calmarla perché a breve la giostra avrebbe cominciato a girare.

Indicò suo fratello. "Io volevo il cavallo."

"Puoi salire su una macchina per ora, poi farai un altro giro sul cavallo. Che ne dici?"

Scosse la testa, gli occhi lucidi. Così provai a convincere Andrea e fu più facile del previsto. Si accomodò sulla prima macchina libera.

Aiutai Alisia a salire sul cavallo, ma parve non essere ancora convinta.

"Che c'è?" domandai seguendo il suo sguardo preoccupato.

"È che ho paura di cadere" sussurrò.

"Vuoi che stia qua con te?"

Scosse la testa in disaccordo e puntò l'indice in direzione di Dante, confuso al gesto. "Voglio lui, perché è un principe."

Corrucciai le sopracciglia e gli feci il gesto di avvicinarsi. "Alisia vuole che le stai accanto, perché ha paura di cadere." Poi ridacchiando aggiunsi: "E perché sei un principe..."

Scesi dalla giostra e lo lasciai lì a girare alla velocità di una lumaca con i gemelli, mentre io ridevo ai suoi tentativi di farmi il terzo dito senza essere visto da Amelia, vicino a me. Non aveva voluto salire sostenendo che fosse un gioco per bambini.

"Divertente?" domandai ridendo a Dante quando il primo giro fu completato. Tutto ciò che fece fu fulminarmi con lo sguardo.
Non sapeva però che Alisia lo avrebbe fatto salire anche nei giochi successivi. Aprii la fotocamera del telefono quando si sedette sul trenino e aprofittai del momento per scattare qualche foto. Si vedeva solo la sua figura grande e robusta rispetto ai corpi minuti degli altri bambini.

Non riuscii a trattenere una risata beccandomi le occhiatacce di qualche genitore.

I gemelli, entusiasti, vollero salire una seconda volta.
Dopo altri intrattenimenti, continuammo a perlustrare il parco in cerca di giochi adatti anche all'età di Amelia.

Alisia non lasciò la mano sinistra di Dante nemmeno un secondo, Andrea stringeva la destra. Le loro manine, in confronto alle sue, erano minuscole.

"Tiro a segno! Voglio fare quello!" decise Amelia avvicinandosi allo stand.

Provò a giocare da sola in un primo momento per poter vincere un peluche bianco. Poi sbuffò arrendendosi e Dante si propose di aiutarla.

Lo guardai tutto il tempo. Concentrato e determinato non mancò nessun colpo e riuscì a prendere il peluche desiderato da Amelia.
I gemelli, dopo averlo guardato, pensarono bene di iniziare a piangere perché ne volevano uno anche loro.
Senza che dicessi niente, mentre provavo a tranquillizzarli e farli ragionare, Dante pagò per giocare altre tre partite e riuscì a prendere altri due peluche scelti dai gemelli.

"Grazie" mimai con il labiale.

"Siamo rimasti solo noi due senza niente." Si incamminò alla ricerca di qualcosa da mangiare e si fermò a prendere lo zucchero filato. "Ti va?"

Annuii leggermente emozionata. Mi passò il bastoncino attorniato da una nuvola rosa. Iniziai a staccare piccoli pezzi come se fosse cotone. Leccai le dita appiccicose come facevo da bambina e non riuscivo a togliermi il sorriso dalla faccia.

Quando fu pronto anche il suo, ci incamminammo dinuovo. Allungò la mano sul mio zucchero filato e ne staccò un pezzo per assaggiarlo.

"Hei, hai il tuo!" mi lamentai scostandomi.

"Sì ma il tuo è più buono, ha più sapore."

"E perché non lo hai preso anche tu allora?"

"Perché è rosa, non voglio girare con uno zucchero filato rosa!" ammise e rimasi scioccata, come tutte le volte che apriva bocca d'altronde. Mi limitai a scuotere il capo.

Riuscii a finire di mangiare in fretta, rimasi con il bastoncino di legno e un po' di nostalgia.

"Vuoi salire su qualche gioco?" domandò Dante. Mi guardai intorno, poco lontano c'era una ruota panoramica. Vicino a noi un autoscontri. Qualche attrazione mi intrigava.

"No, finirei per sentirmi male. Solo ad andare sull'altalena mi viene il mal di testa." Rise.

"Allora facciamo un giretto e più tardi torniamo."

I gemelli si fermarono davanti a un furgoncino di caramelle. Inizialmente vietai loro di mangiarle, ma Dante mi fece pensare che in fondo erano bambini, potevano concedersi qualche dolce ogni tanto. Così se li gustarono mentre continuavamo a camminare; Alisia, Andrea e Amelia davanti, io e Dante dietro come se fossimo i loro genitori.

"Vederli felici mi rende felice" ammise liberamente. Iniziai a sciogliermi, nonostante iniziava ad essere tardi e le temperature si stavano abbassando.

"Ti stai affezionando" dissi. Guardava davanti a sé e aveva sul viso un'espressione sincera.

Forse non aveva mai provato la sensazione di avere dei fratelli e iniziava piano piano a sentirla.

Andrea si fermò e si girò verso di noi avvicinandosi. Tirò la maglietta di Dante per costringerlo a spostare lo sguardo verso il basso.

"Va tutto bene?" gli chiese lui voltandosi verso di me per capire cosa non andasse.

Andrea, con quei piccoli occhi spalancati, sussurrò: "Devo fare pipì."

Sorrisi. Senza aspettare oltre, Dante alzò Andrea e se lo portò in braccio allontanandosi.

"Fatto" esclamò Dante al ritorno. "Vogliamo tornare a casa?"

Annuii, quella giornata era stata abbastanza stancante per i gemelli. Dopo pochi minuti infatti, si addormentarono in macchina. Anche Amelia chiuse gli occhi.

"Stanno dormendo" notò dallo specchietto retrovisore.

"Ora non vengo più presa in considerazione nemmeno dai miei fratelli" dissi ridendo.

"Beh sono il loro preferito ora" si diede delle arie.

"Ricordati che domani si saranno dimenticati di questa giornata." Il mio intento era distruggere il suo ego.

"Vorrà dire che ce ne saranno altre di giornate di questo tipo" disse.

Quella era stata perfetta. Avevo bisogno di trascorrere dei momenti fuori casa. Era sempre così difficile per me uscire, ma Dante mi aveva trascinato con sé con facilità facendomi dimenticare delle mie preoccupazioni.

Appena arrivammo davanti casa però, tutte queste affluirono dinuovo nella mia testa.
Dante mi guardò per vedere quale espressione avessi, lo feci anch'io per capire se fosse vero.

Luca era dinanzi alla porta di casa in attesa di qualcuno. Potevo riconoscerlo a chilometri di distanza, era proprio lui. E si era accorto del mio arrivo.

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Autrice
Scusate l'attesa. Come vi sembra il capitolo? E cosa vi aspettate dal prossimo?

Se vi è piaciuto, lasciate segno del vostro passaggio🌟

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