17.

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Erano giorni che Sasuke lavorava ininterrottamente su quel caso che sembrava non avere nemmeno una pista d'inizio.

Erano giorni che aveva messo di lato lo studio.

Erano giorni che non rispondeva né a Suigetsu né a Jugo.

Evitava tutti. Persino la sua famiglia.

Sospiro e si massaggiò le tempie. Erano le cinque del mattino e cercava di fare ipotesi su ipotesi.

Rilesse le pagine del suo taccuino, nel quale aveva annotato qualsiasi cosa gli era stata detta.

Causa: Avvelenamento dovuto a pillole di arsenico
Ora del decesso: Tra le sei e le sette
Indiziati:
Shisui
Secondo molestatore

Non sapeva se Shisui fosse o meno un colpevole, ma sperò davvero che non fosse così. Del secondo molestatore non ne sapeva nulla.

Sospirò. Pensò.

'Ci sono le telecamere, sì, ma quella persona poteva essere chiunque. Chiunque. Non è detto che gli indiziati siano solo questi due' pensò.

"Sasuke?".

Il moro si girò: "Dimmi, Itachi".

Itachi: "Che ci fai ancora sveglio?" chiese avvicinandosi cautamente a lui.

Sasuke: "Cercavo di capire chi potesse essere l'assassino" disse chiudendo il taccuino sentendo di colpo tutta la stanchezza.

Itachi: "È molto tardi, dovresti andare a dormire".

Sasuke: "Lo so, ma ho scuola. Se mi addormento ora, rischio di non svegliarmi".

Il maggiore guardò il suo fratellino, forse non era il momento adatto visto le pessime condizioni che aveva, ma doveva chiarire dei dubbi.

Itachi: "Ho saputo che stai di nuovo con Karin, non la odiavi?".

Sasuke si sentì il sangue raggelare nelle vene: "Ho cambiato idea" rispose.

Itachi: "Sasuke, quella ragazza si attacca a te come una cozza. E tu odi questo genere di persone".

Sasuke: "Va tutto bene".

Itachi: "Anche se abbiamo litigato, sappi che-".

Sasuke: "Abbiamo chiarito, no?" lo interruppe guardandolo.

Il più grande restò sorpreso. Non pensava che lo avesse perdonato. Sasuke era freddo e distaccato, restava chiuso in camera sua tutto il giorno e cenava ad orari improponibili.

Sasuke: "Pensavo fosse chiaro... Non sono arrabbiato con te".

Itachi: "Stai sempre da solo, ci parliamo a stento" gli fece notare.

Sasuke: "È solo un periodo un po' no, ho bisogno di stare da solo. Ma non per questo significa che sono ancora arrabbiato. Ho capito e compreso il tuo pensiero, ma io faccio solo quello che mi hanno sempre insegnato. Non sto accusando Shisui, ma rientra nella lista degli indiziati. Ho un sesto senso per questo tipo di cose, lo sai, non penso sia lui il colpevole. Ma non so chi altri possa essere quell'uomo incappucciato".

Itachi: "Uno dei molestatori".

Sasuke: "C'è sempre qualcosa che non mi torna".

Itachi: "A me sembra che tutto coincida".

Sasuke: "Mettiamo caso sia così, non sappiamo l'identità dei due".

Itachi: "Questo è vero, ma scommetto che riuscirai a trovarli" disse alzandosi.

Sasuke lo seguì con lo sguardo chiedendosi perché lo scambiassero sempre per un segugio. Uno dei due lo conosceva e non poteva essere. L'altro era veramente un mistero. Orochimaru non glielo avrebbe mai detto. Non avrebbe mai rischiato così tanto.

A meno che...

Un'idea balenò in testa al minore degli Uchiha. Un'idea orribile, un'idea avuta su due piedi. Un'idea non sicura e soprattutto, non aveva la certezza che avrebbe funzionato. Ma era l'unico modo possibile.

-Sasuke: Incontriamoci oggi
-Orochimaru: Non posso oggi, devo lavorare
-Sasuke: Ti devo parlare e non posso aspettare
-Orochimaru: Ti farò venire a casa mia, ma sai che succede se dirai qualcosa di troppo al tuo paparino, vero?
-Sasuke: Lo so, non sono stupido
-Orochimaru: Bene, ti invierò più tardi l'indirizzo, ci sentiamo

Il moro ripose il telefono sul tavolino in vetro. Iniziava a pensare che quel tizio non dormisse mai, ma almeno avrebbe avuto il suo indirizzo tra le mani.

Decise di andare in bagno per vedere almeno in che condizioni fosse. Viso stanco, capelli scompigliati e delle occhiaie marcate. Il suo primo pensiero fu quello di andare in camera sua, buttarsi nel letto e mettersi a dormire, ma voleva tranquillizzare il suo migliore amico e con un messaggio non ci sarebbe di certo riuscito.

Si privò dei suoi indumenti e si infilò dentro il box doccia aprendo il getto. La sua pelle fu subito a contatto con l'acqua gelida. Una sensazione a dir poco... magnifica. L'Uchiha voleva provare qualcosa di diverso dalla sofferenza, perché in quel periodo si stava sentendo tremendamente solo e la cosa iniziava a pesargli. Oltre ciò aveva anche un carico sulle spalle e sapeva bene che prima o poi avrebbe dovuto confessare tutto. Anche se era consapevole del fatto che non avesse nessuna colpa non poté fare a meno di pensare a cosa avrebbero pensato gli altri. Solo in quel momento pensò veramente alla sua vita e a quanto il parere della gente lo avesse influenzato.

Per un paio d'anni aveva fatto il modello, ma l'unica cosa bella fu la conoscenza del suo migliore amico. Non gli piaceva posare e non sopportava stare al centro dell'attenzione.

Era bravo con gli sport, ne aveva provato di tutti i tipi. Ma sempre con lo stesso pensiero: non gli piaceva stare al centro dell'attenzione. Non aveva l'adrenalina in corpo quando gareggiava. Non sentiva di stare bene ed essere felice.

Le persone lo avevano iniziato ad etichettare come apatico e si era convinto di ciò comportandosi di conseguenza. Se non avesse avuto Suigetsu probabilmente avrebbe vissuto uno schifo la sua adolescenza.

Nonostante l'albino gli ripeteva sempre quanto il moro fosse bello, intelligente, fedele e molte altre qualità, non riusciva proprio a convincersi.

Perché tutti lo odiavano e lo guardavano schifato.

Finalmente decise di uscire dal suo stato di trance e si avvolse un asciugamano in vita. Si vestì e con ancora i capelli umidi si riguardò allo specchio.

'Merda'.

Negli occhi gli si leggeva chiaramente che fosse successo qualcosa. Gli occhi parlavano chiaro, non a caso sono definiti lo specchio dell'anima. Ma per Sasuke non era così. Era sempre riuscito a mentire sul suo umore, non facendo trapelare nemmeno un minimo di ciò che provasse. Si morse il labbro inferiore e inspirò a fondo per poi fare un lungo respiro.

Sarebbe bastato comportarsi come sempre. Bastava mentire. Bastava dire di stare bene. Bastava fingere di avere la vita perfetta e tutti ci avrebbero creduto.

~~

Sasuke si ritrovò davanti il solito bar nel quale lavoravano Jugo e Suigetsu. Il moro non sapeva cosa dire all'amico, che scusa inventargli. Se da una parte voleva raccontargli tutta la verità, dall'altra non voleva minimamente che lui venisse coinvolto. Avrebbe dovuto parlargli di Karin, dirgli che si era fidanzato nuovamente con lei e di sicuro lo avrebbe preso per un incoerente dato che ogni volta si lamentava del fatto che suo padre gli avesse combinato un fidanzamento con una persona che, tra l'altro, non tollerava.

Si fece coraggio ed entrò.

Jugo: "Buongiorno, oh sei tu!" esclamò andandogli incontro.

Sasuke: "Ciao, Jugo. Hai visto Suigetsu?".

Jugo: "Dovrebbe arrivare tra poco, era veramente preoccupato per te. Durante i turni lo vedevo spesso prendere il telefono nella speranza di un tuo messaggio o una chiamata, anche durante le pause. Ma l'importante è che tu stia bene, no?".

Sasuke: "Sì... Certo, sto bene" rispose sedendosi su una sedia davanti al bancone.

Jugo: "Vuoi qualcosa da mangiare?".

Sasuke: "Solo un caffè, per favore".

Jugo: "Non hai proprio una bella cera, sei stato sveglio tutta la notte?".

L'Uchiha annuì: "Hai presente l'omicidio di Iruka Umino? Sto aiutando mio padre a risolverlo, ma non ho nemmeno uno straccio di indizio".

Jugo: "Sapevo che il colpevole era stato identificato".

Sasuke: "Identificato? Si vede, dalle videocamere di sicurezza che aveva Iruka in casa, una persona che entra proprio durante l'ora in cui sarebbe avvenuto il fatto. Ma è praticamente irriconoscibile".

Jugo sospirò: "Che complicazioni".

Proprio in quel momento la porta si aprì.

"Scusa il ritardo, controllavo se...".

Il più piccolo si girò e senza nemmeno accorgersene si trovò tra le braccia del suo migliore amico che lo stringeva a sé.

Suigetsu: "Sasuke... Sasuke...".

L'Uchiha ricambiò l'abbraccio: "Sono qui, Suigetsu, sono qui".

L'albino singhiozzò, stava piangendo. Questo a Sasuke parve come se fosse una pugnalata dritta al cuore. Non voleva farlo soffrire, non era mai stata sua intenzione.

Suigetsu: "Che cosa è successo?".

Sasuke: "Niente, sai che a volte ho bisogno di stare da solo".

Suigetsu: "Sì, ma Sasuke... Mi hai palesemente ignorato, nemmeno un 'Hey' o 'Non voglio parlare'. Mi sono spaventato a morte".

Sasuke: "Se fosse successo qualcosa di grave Itachi te lo avrebbe detto".

Suigetsu: "Ho chiamato anche lui, che mi ha detto che non vi parlavate e con questo mi sono allarmato di più pensando che qualcuno ti avesse detto qualcosa di troppo o-".

Sasuke: "Stai tranquillo. Sto bene".

L'amico sembrò credergli, gli fece un dolce sorriso e lo riabbracciò.

Jugo: "Ecco a te il caffè, vuoi zucchero?".

Sasuke: "No, grazie, lo bevo amaro".

Suigetsu si mise dietro il bancone, pronto a infastidire il suo migliore amico, non consapevole però che una frase potesse sfociare in una discussione.

Suigetsu: "Allora, Sasuke? Con la tua bella fanciulla come va?".

Sasuke: "Sto con Karin".

L'albino inarcò un sopracciglio: "Quella Karin?".

Sasuke: "Chi altri sennò?".

Suigetsu: "Tu la odi".

Il moro scrollò le spalle: "Ho cambiato idea semplicemente".

Ma queste bugie non funzionavano. "Che cosa è successo, Sasuke?" gli domandò serio.

Sasuke: "Nulla".

Suigetsu: "Quella strega sa essere piuttosto cattiva e sa ricattare alla perfezione. Ti ha ricattato? Con cosa?".

Sasuke: "Guardi troppi film".

Suigetsu: "No, Sasuke. Tu non mi vuoi dire la verità e da un bel po' aggiungerei".

L'Uchiha alzò lo sguardo sul suo amico e gli si formò un nodo all'altezza del cuore nel vederlo serio aspettandosi una risposa sincera.

Ma Sasuke non poteva esserlo. Non ora, non in quel momento, non poteva dirgli tutta la verità anche se avrebbe voluto.

Sasuke: "Va tutto bene".

Suigetsu: "Sasuke. O sei sincero o con me hai chiuso".

Il moro si inumidì le labbra, diventate immediatamente secche. Portò le mani sulle cosce, stava tremando. Non glielo voleva far vedere.

Non poteva rischiare. Non ora che voleva chiarimenti. Non ora che aveva un piano. Non voleva che venisse coinvolto con persone come Orochimaru. Non voleva. Non avrebbe sopportato il pensiero che si sarebbe ferito per colpa sua.

Gli occhi del minore guardavano un punto fisso nel bancone. Non riusciva nemmeno a sostenere lo sguardo dell'altro.

Suigetsu: "Sasuke, rispondi" gli disse più che serio che mai.

L'Uchiha strinse gli occhi. Li riaprì piano guardandolo prima di mormorare un "Sto bene".

L'altro gli voltò le spalle non degnandolo di una risposta mentre spariva dietro le porte che portavano ai servizi.

Era davvero finita così? Davvero quattro anni di amicizia - che per il moro significavano davvero tanto - erano stati buttati così? Come se non fossero nulla? Come se in quegli anni non fosse successo nulla?

Sasuke aveva gli occhi lucidi e di questo Jugo se ne accorse. Lo guardò triste e lo abbracciò.

Jugo: "Dovresti parlargli".

Sasuke: "Non mi ascolterà mai".

Jugo: "Gli hai mentito?" chiese titubante.

Sasuke: "Sì" ammise. "Ma lo sto facendo per lui, un giorno vi prometto che vi racconterò tutto, ma ora non posso... Ora io... Non riesco".

Restarono in silenzio, mentre il più grande lo continuava ad abbracciare per fargli capire di non essere solo. L'albino lo aveva ascoltato. Aveva sentito tutto.

Aveva lasciato del tempo a Sasuke, pensava si sentisse pronto a parlarne. Ma a quanto pareva, non lo era per nulla.

Uscì dai bagni solo quando si accertò del fatto che anche il moro se ne fosse andato.

Jugo: "Lo hai sentito?".

Suigetsu: "Sì".

Jugo: "E?".

Suigetsu: "Non lo so".

Jugo: "Tiene a te".

Suigetsu: "Lo so bene".

Jugo: "Pensaci bene, stava piangendo".

Suigetsu: "Ha pianto davanti a te?".

Jugo: "Sveglia, amico. Gli hai detto che se non ne avesse parlato con te avrebbe chiuso. Siete migliori amici, cosa pensavi facesse? Che ridesse a crepapelle?".

Suigetsu si fermò a pensare a quelle parole. Ma soprattutto, la cosa che più gli parve strana fu il fatto che Sasuke avesse pianto davanti una persona che conosceva relativamente da poco.

Sospirò. Anche se avesse voluto, non sarebbe mai stato veramente arrabbiato con il moro.

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Continua

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