𝑪𝒂𝒑 29

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Ma ciauuuu, miei cari Piccoli Daleks!!
Come state? Spero bene.
Eh sì... questo capitolo parte con le mie note, prima di tutto per avvisarvi che è iniziato il terzo ed ultimo atto di questa storia, non sarà composto da tanti capitoli, ma saranno piuttosto complessi, proprio come questo attuale.
Vi annuncio che questo, è ciò che succede nel primissimo episodio di "Legends of Tomorrow", quando Rip Hunter, recluta Ray, Martin, Jax, Kendra, Carter, Mick, Leonard e Sara (questo lo noterete poi, Sara non è presente in questo capitolo... e nel prossimo capitolo scoprirete il motivo)
Tutto ciò, è quanto avviene nella serie, ma questa non è la serie, quindi: "mia la storia, mie le regole" XD ahahhaah
Caty è stata portata indietro nel tempo, e ciò porterà cambiamenti nella storia, soprattutto in quella di Rip/Anthony.
Lui non incontrerà le Leggende, di conseguenza, non formerà questo gruppo d'élite.. questo capitolo è tutto un "What If" ➡️
-no Rip ➡️ no Leggende;
-no Leggende ➡️ destino diverso per ognuno di loro.

Btw, ho creato un video con l'incontro con ogni singolo membro con il primo capitano della Waverider, sotto ad esso, quello che sarebbe accaduto, seguendo il corso della mia storia, ad ognuno di essi se non fossero mai stati reclutati da Rip.
Buona lettura❣️

1 • 𝑹𝑨𝒀𝑴𝑶𝑵𝑫 𝑷𝑨𝑳𝑴𝑬𝑹

https://www.youtube.com/watch?v=3AZVrDq9Vpg

Mi trovavo a Star City e, per fare un favore al mio amico Oliver Queen, mi ero intrufolato nel laboratorio di un suo concorrente.

Per l'evenienza, mi ero rimpicciolito grazie alla mia Atom tuta.
Grazie ad essa, rimpicciolivo il mio corpo, fino al raggiungimento delle dimensioni subatomiche.
Avevo l'abilità di muovermi in maniera estremamente veloce, cavalcare piccole particelle.
Avevo scoperto, per puro caso, che grazie all'utilizzo della massa di una nana bianca, ottenevo la miniaturizzazione di qualsiasi oggetto.
Avevo inizialmente fabbricato un raggio, successivamente un'armatura, mediante la quale, usavo il suo potere su me stesso, senza il rischio di riportare danni.
All'interno dell'armatura, avevo inserito un particolare tessuto di compressione.
Era in grado di contrastare i devastanti effetti del raggio, ed era progettata da apparire automaticamente durante il rimpicciolimento e scomparire a operazione conclusa.
Essa fu il prodotto di molti anni di studio e di lavoro, tuttavia, il costo sostenuto e lo sforzo, per avere il risultato sperato, mi fu pienamente ripagato ed ero fiero del mio ingegno.

Stavo fluttuando, tra un centinaio di circuiti, composti da migliaia di micro componenti elettronici, transistor, condensatori, diodi e resistori, collegati tra loro. Erano collocati su una piastra di un materiale semiconduttore, il silicio.
Il tutto rivestiti da una componente in plastica, contenente la CPU, con uno zoccolo con dei fori, uno per ogni pin, fissato sulla scheda madre.

Mi trovavo lì solo da qualche minuto, poi Oliver mi avvisò dell'arrivo di alcune sentinelle dell'edificio.
Non erano affatto felici di essere venuti a conoscenza di me e di aver eluso i loro protocolli di sicurezza, per accedere all'area interessata.
Procedettero velocemente e con i fucili puntati verso di me, prima che facessero fuoco, li stesi con un movimento lesto e, grazie alla mia grande e piccola invenzione, ebbi la meglio su di loro.
Esultai felice dell'esito, eppure, improvvisamente, fissai un punto sulla sinistra, come se aspettassi l'arrivo di qualcuno.
Purtroppo non avvenne, ed era strano, percepivo come la mancanza di qualcosa.
Con un atto involontario, mi tolsi il frutto del mio ingegno, la tenni sulla mano, su di essa, quasi scompariva, data la sua piccolezza.

Udii la linea di comunicazione usata, venire disturbata.
Lui provò a dire qualcosa, purtroppo non fui in grado di comprenderlo.
Nell'istante successivo, venni circondato e una di quelle guardie mi diede un poderoso pugno sul viso, il quale mi fece finire a terra come un fuscello.

L'armatura scivolò dalle mie mani e cadde rovinosamente al suolo.
Il mio aggressore, involontariamente, ci mise sopra un piede, sotto al peso dell'energumeno, l'oggetto, preziosissimo per me, si frantumò in tantissimi frammenti, al mio cuore capitò il medesimo fatto.

Imprecai, senza, non ero niente.
Ero solo un riccone con tantissime lauree e che altro? Nulla!
Mi chiesi se mi sarebbe convenuto produrla per una seconda volta, a causa di quanto impiegato per la sua fabbricazione.

La guardia, mi portò in carcere e rimasi al fresco per tutta la notte.
Il giorno seguente, il biondo, con un altro uomo della mia età, con i capelli molto vaporosi, tirati perfettamente all'indietro con una qualità indefinita di brillantina, si presentarono da me.
Mi parlarono della cauzione.
Essa era stata pagata.
Dal mio conto era stata addebitata un'ingente somma, tuttavia, per uno come me non mi fece differenza.

Il nuovo arrivato, vestito come un pinguino, si presentò come mio avvocato.
"Salve, sono Nathaniel Heywood. Sei il mio primo caso e sono certo che vinceremo la sentenza senza problemi."
Quelle furono le ultime parole famose, nel giro di qualche mese mi ritrovai al lastrico e il mio sogno di fabbricare l'armatura 2.0 andò completamente in fumo.

L'unica cosa di cui necessitavo, era di una macchina del tempo, per avere la possibilità di costruire una seconda armatura, per ovviare ad eventi come quelli attuali.

Sospirai affranto, mentre misi sul capo il berretto da operaio.
Il laboratorio concorrente, contro cui persi, pretese che svolgessi lavori, non retribuiti per loro, per compensare il mio debito verso loro.
Per i mesi a venire, mi aspettavano innumerevoli cessi da dover sturare.
In questi casi, il detto "Dalle stelle, alle stalle", si sposava alla perfezione.

2 • 𝑴𝑨𝑹𝑻𝑰𝑵 𝑺𝑻𝑬𝑰𝑵

https://www.youtube.com/watch?v=vvGxfXiPF6g

Come avevamo prestabilito, il mercoledì era il giorno in cui Jefferson, la mia nuova metà di Firestorm, subentrato successivamente a Ronnie, lo dedicavamo alla fusione.
Io avevo bisogno di compiere quel processo, che lo volessi o meno, per rimanere in vita.

Dopo esserci fusi in Firestorm, decidemmo di fare una piccola perlustrazione.
Sia per tentare di andare d'accordo e conoscerci meglio, sia per avere una maggiore efficienza e controllo dei nostri molteplici poteri.
Potevamo volare senza problemi, risistemare la struttura atomica e molecolare delle cose, alterare la densità e la massa degli oggetti, per renderli intangibili.
La capacità di assorbire le esplosioni e le radiazioni senza subire danni e la pirocinesi, l'abilità di incendiare un oggetto con la forza del pensiero.

Per l'occasione ci dammo appuntamento lungo la zona limitrofa a Pittsburgh.
Volammo indisturbati e attenti nell'eventualità di incappare in qualche losco individuo.
Nel frattempo, gli chiesi come stesse andando il lavoro da meccanico e lui mi rispose con la tipica esclamazione di ogni ragazzo della sua età, "tutto a meraviglia".

All'improvviso, scorgemmo qualcuno correre tra le strade deserte, noi lo rinseguimmo prontamente.
Ci sparò svariate volte, evitammo tutti i proiettili, cui finirono sparpagliati nel terreno.
A noi, non restò che contrattaccare, lo misi al corrente del pericolo cui stavamo correndo, potevamo provocare un grosso incendio o fare saltare in aria la zona industriale, senza nemmeno accorgercene.
Purtroppo, il signor Jackson non prestò considerazione ai suggerimenti e fece fuoco a sua volta.

"Attenzione, l'ottantatre per cento dei prodotti qui, sono altamente infiammabili." lo informai.

"Ah sì? Dillo a Rambo!" replicò, riferendosi al nostro malvivente e continuando a lanciargli palle infuocate.

"Ti ho appena detto di essere prudente." iniziai ad alterarmi, dopo l'ennesima disattesa.

Appunto, lui continuò a fare di testa sua e scaraventò il malfattore in aria, e quando atterrò, lo trovammo stordito.
Ebbe la meglio, sì, ma ero infuriato. Doveva ascoltarmi, ero saggio, sapiente, un professore, e avevo già sperimentato le nostre abilità, a differenza sua.
Quando poggiammo i piedi al suolo, ci separammo, eravamo nuovamente ripreso le nostre sembianze naturali.

"A cosa serve la mia intelligenza se non mi ascolti?" lo rimproverai, aveva sempre la maestria di esasperarmi.

"Smettila di comandarmi come se fossi uno dei tuoi studentelli." si lamentò.

In quel preciso istante, dei flash ci investirono.
Qualcuno ci aveva seguiti e filmati, erano dei curiosi ed erano lì per immortalare qualcosa di sbalorditivo: un video da postare sui social per avere dei like ed essere popolari.
Purtroppo, diventammo virali, la nostra vita, divenne quasi invivibile.
Tutti pretendevano che ci fondessimo per far vedere loro di cosa eravamo capaci.

Eravamo dei fenomeni da baracconi.

Come se non bastasse, la madre di Jefferson mi ordinò di tenermi alla larga da suo figlio, era l'unico cui gli fosse rimasto e aveva paura di perderlo, come capitato con il marito.
Perciò, aveva preparato un'ingiunzione restrittiva e non potevo avvicinarmi alla mia metà di Firestorm. Quella era la fine per il sottoscritto.

3 • 𝑲𝑬𝑵𝑫𝑹𝑨 𝑺𝑨𝑼𝑵𝑫𝑬𝑹𝑺

https://www.youtube.com/watch?v=JuIKIzBrc-o

Avevo da poco appreso di essere una delle reincarnazioni di Chay-Ara, ovvero, un'alta sacerdotessa egiziana.
A quell'epoca venni a contatto con un meteorite proveniente da Thanagarian e mi diede come "doni", la possibilità di reincarnarmi, di avere una forza sovrannaturale, una vista acutissima, un'enorme resistenza, enormi artigli, cui utilizzavo per esigenza.
Soprattutto avevo un paio d'ali, le quali, comparivano quando ne neccessitavo.
Esse mi permettevano di volare a gran velocità e di poter compiere viaggi mediamente lunghi.

Assieme a me, in tutte le circa quattrocento reincarnazioni, era presente il principe Khufu, conosciuto come Carter Hall.
Una persona carismatica, era alto, aveva un fisico atletico.
Occhi magnetici, incarnato chiaro e capelli biondo miele, ora li portava corti, ma rimembravo che in una delle nostre tante vite passate, li aveva avuti tenuti lunghini, e mi piacevano come i suoi boccoli, ricadevano sul suo viso.
Avevo ancora poche reminiscenze di chi ero stata, a differenza del mio simile, e in quel momento, c'eravamo da poco ricongiunti.

Fino a poco tempo prima, io ero una semplice cameriera e passavo le mie giornate al bar, a servire ai tavoli, tutto molto tranquillo e lineare.
Proprio con questa scusa, ci incontravamo ogni notte, sia per avere modo di allenarmi e avere la possibilità di migliorare le mie capacità, sia per facilitare la mia memoria nel riportare a galla il mio vissuto.
Erano passate due settimane, da quando lui mi trovò, e sin da subito pretese da me l'impossibile, mi pressava continuamente, e io ero allo stremo.
Avevo bisogno del mio spazio, per capire cosa volessi realmente: vivere spensierata, oppure sfruttare il mio potere, unirmi per l'ennesima volta a lui e fare del bene, aiutando il prossimo. Lui però non aiutava me.
Ogni suo sforzo per avvicinarsi a me, lo faceva allontanare, ero quasi al limite.
Quella sera, a maggior ragione, avevamo appena salvato una povera signora da degli aggressori, e, casualmente, ricevetti altre critiche sul mio modus operandi.

Tutto ciò furono le gocce che fecero traboccare il vaso, iniziò un acceso battibecco.
L'ennesimo di quell'orribile settimana.

Io rivolevo la mia vita, non ero ancora pronta a tutto ciò, magari, nell'arco di qualche giorno o mese, avrei cambiato opinione e mi sarei, di mia spontanea volontà, unità a lui, tuttavia non ora.

"Sai che c'è, Carter? Sono stufa di tutto questo! Mollo tutto!"

"Kendra, amore, non farai sul serio! Io sto facendo tutto questo per aiutarti. Devi avere pazienza e continuare con perseveranza, tutto quello fatto sino ad oggi."

"La stessa pazienza che possiedi tu?" rimbeccai indispettita.

"Bè, quello che abbiamo fatto questa sera, non era rischioso, nonostante questo, tu hai messo in pericolo tutte le nostre vite. Quindi che dovrei fare? Complimentarmi?"

"Scusate se vi interrompo... vi volevo ringraziare per l'aiuto datomi." esclamò la donna, affrettandosi a dare un bacio su una guancia al mio uomo.

Il fatto, mi fece infuriare molto, voleva approfittarne, in quanto io non ero ben convinta di quanto volessi, lei sì, e desiderava a tutti i costi lui.

"Sai cosa? Fanculo tutto! Non mi importa più di niente. Non mi importa di essere una semidea alata. Non mi importa del mio passato e ancora meno di te!" affermai con convinzione.

"È ciò che vuoi?" il suo tono di voce era deluso.
Si vedeva quanto tenesse a me, purtroppo la sua invadenza non c'avrebbe portato a nulla.

"Assolutamente sì!" nell'attimo successivo, spiegai le mie ali e tornai a casa. Avevo mollato tutto ed ero ben certa che prima o poi mi sarei pentita amarante della mia scelta.

I giorni successivi passarono lenti, ero triste, sola e abbandonata, mentre erano sempre più chiari i miei sentimenti verso lui.
Lo amavo e tanto. Lo avevo sempre amato, e stranamente i miei ricordi si stavano facendo sempre più nitidi.
Il periodo in cui fui una sacerdotessa erano ben impressi nella mia mente.
A quell'epoca, avevo lottato per il nostro amore e non mi ero affatto pentita di quanto fatto, seppure ci fu un tragico epilogo.

Adesso invece? Avevo mollato alla prima difficoltà.
Mi odiavo per questo e lui mi mancava.
Fu un colpo al cuore, quando inavvertitamente, lo incontrai in un locale, proprio con la brunetta cui salvammo, nella nostra ultima missione insieme.

4 • 𝑴𝑰𝑪𝑲 𝑹𝑶𝑹𝒀

https://www.youtube.com/watch?v=fDApKrGuy_Q

Quanto mi divertiva fare il ladro? Molto, io ero uno di loro.
Era elettrizzante progettare un colpo, metterlo in atto.
Scappare dalle pattuglie, le quali ti rinseguivano, seminarle e arricchirsi, nelle migliori delle ipotesi, oppure, in quella peggiore, fuggire e venire arrestati.
Venire rinchiusi in una cella, da cui, poi avrei attuato la mia Prison Break e cominciare il processo dal principio.

Non ero solo a compiere tutte quelle malefatte, avevo un partner: Leonard Snart, conosciuto come Capitan Cold, avrei dato la mia vita per lui.
Portava i capelli totalmente rasati, aveva lo sguardo profondo, e di un magnifico azzurro, la sua espressione era spesso corrucciata, e le sue carnose labbra arricciate, tanto da sembrare un duro.
Eppure non lo era, aveva un carattere forte, era una brava persona, da un passato difficile, e avevo deciso di fidarmi di lui sin da subito.
Ci eravamo conosciuti in un giorno qualunque, lui era un quattordicenne, fu accerchiato da un gruppo di ragazzi, i quali lo pestarono, io passavo di lì, dalla mia solita ronda e assistetti alla scena.
Provai compassione per quel piccoletto e intervenni, fermando i suoi aggressori.
Mi fu riconoscente, legammo e divenimmo inseparabili, era più di un amico, era un fratello.
Indossava la sua consueta divisa, per meglio dire, i suoi vestiti scuri e aderenti alla sua figura minuta, stivaletti del medesimo colore, e sopra un cappotto invernale con un cappuccio, il quale posseva nell'estremità un rivestimento in pelliccia.
Spesso e volentieri, lo teneva calato sul suo capo, con lui erano sempre presenti i suoi occhiali da sole e guanti.
Per quanto riguarda me, un paio di scarpe comode, dei jeans, una polo grigio topo, con tre bottoni nella parte vicina al collo, sopra avevo la mia inseparabile giacchetta tendente al verdastro.

Non so per quale motivo, la scelta ricadde su quell'edificio, cui aveva tutto, tranne che le fattezze di una banca.
Era rivestita da un materiale cui donava l'aspetto di tante lamiere assemblate assieme, tra l'altro, il colore era quello, in più aveva varie scanalature e l'effetto, poteva trarre in inganno.
Comunque mi dovetti ricredere, al suo interno era presente un gruzzoletto non indifferente. Eravamo al suo interno da circa una ventina di minuti, avevamo raccattato quasi tutto, quando arrivarono i primi agenti.
Ci intimarono di restituire la refurtiva e di arrenderci, non furono accontentati, quindi iniziò la nostra fuga.
Il corridoio mi parve interminabile, l'illuminazione era fioca, e la luce rossa dell'allarme era stata azionata, illuminava a intermittenza, mentre il suo trillo era petulante e fastidioso. Impiegammo centoventi secondi per attraversarlo, la porta venne spalancata con tale veemenza, tanto che, quando toccò il muro, emise un sonoro tonfo.

Nel parcheggio, ci aspettava una pattuglia di poliziotti, due di loro vennero scaraventati a terra con nonchalance, quelli rimasti, imbastirono un inseguimento con gli interessati.
Era tutto estremamente eclatante, era la componente fondamentale della mia esistenza e non mi sarei mai stancato di tutto questo.
La sorpresa amara fu trovare un minivan, come mezzo per svignarcela.

"È uno scherzo, Snart?" domandai confuso.

"La polizia non fermerà un padre che si è fermato a comprare pannolini nel cuore della notte." mi rassicurò.
Quelle furono le sue ultime parole famose e loro ebbero la meglio.
Cercai di mettere in moto, fu tutto inutile, il motore non ne voleva sapere.
Ci accerchiarono, e, non avendo scampo, ci arrendemmo.

Ci arrestarono, e decisero di rinchiuderci in una nave prigione. Noi la conoscevamo per fama, era una specie di Alcatraz.

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