Latte e menta;

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24 Novembre 1995

Il salotto di casa mia era sottosopra. Il tavolo in legno e le sedie erano rovesciati, le finestre erano esplose lanciando i frammenti di vetro che si erano conficcate sulle pareti e nei cuscini del divano. Il vento si abbatteva violento sull'abitazione portando la porta a cigolare e la sabbia ad accumularsi in ogni spazio disponibile.
Il mare era agitato, le onde mostruose si alzavano e si infrangevano sulla riva facendomi tremare dallo spavento.

Guardai il suolo vedendo come i miei piedi nudi e le mie cosce erano state trafitte e graffiate dal vetro. Le mie mani erano sporche di sangue e lacrime calde bagnavano il mio viso.

«Te l'avevo detto che sarei venuta!» gridò una voce terrificante e appena mi volta vidi Bellatrix che stringeva un braccio alla gola di Mia.

La piccola piangeva e tremava mentre la strega le puntava la bacchetta alla tempia. Le parole mi morirono in gola. «Vigliacca, come tua madre!»

Gli occhioni di Mia si puntarono sulla mia figura. «Ti prego Eve.» mormorò.

Bellatrix rise. «Avada Kedavra!» gridò.

Mi svegliai di soprassalto grondante di sudore, il respiro era talmente irregolare da farmi paura. Cercai di incanalare più aria possibile mentre con i pugni stringevo le lenzuola ferendomi le mani con le unghie.
Guardai la stanza, riconobbi i letti a baldacchino e le tende verde smeraldo, la luce che i lago nero emanava nel dormitorio e il lieve russare delle mie compagne.

Mi passai una mano ad accarezzarmi la fronte. «Che ti prende?» Draco mi fissava assonnato.

Probabilmente aveva dormito con Pansy, indossava una semplicissima maglietta a maniche corte nera e un pantalone della tuta. Era appoggiato alla capezzale del letto con le braccia, proprio difronte a me, che come al solito probabilmente sembravo uscita da un manicomio.

«Niente.» sbottai acida. «Tu non ce l'hai un dormitorio?» chiesi mettendomi a sedere e aggiustandomi i capelli portandoli all'indietro.

«No preferisco guardarvi mentre dormite!» esclamò a bassa voce.

Lo guardai infastidita e mi alzai, avevo bisogno di un bicchiere d'acqua. Ultimamente facevo dei sogni molto inquietanti, ma quelli relativi a Bellatrix erano piú frequenti.
E si, sapevo benissimo che Draco era suo nipote, ma oltre a fare il bullo, non avrebbe avuto il coraggio di uccidere nemmeno una mosca, per fortuna direi, altrimenti avrebbe fatto a fette almeno mezza scuola.

«Dove vai?» chiese sospirando.

«Che ti importa?» lui continuò a guardarmi. Sbuffai sonoramente. «A prendere un bicchiere d'acqua.» dissi e come se niente fosse arrivò alla mia destra cominciando a seguirmi.

«Che diavolo vuoi?» domandai portando le braccia al petto.

«Non ho sonno e mi annoio.» rispose lui sorpassandomi.

Lo fissai sconcertata mentre camminava a passo spedito verso l'uscita. «Che fai Mckinnon, non vieni?» chiese beffardo.

Qualche minuto dopo ci trovavamo a camminare uno a fianco all'altro verso le cucine di Hogwarts.
Lui era stranamente silenzioso mentre mi guidava con la bacchetta che emetteva luce.
Si potevano avvertire solo i nostri respiri e il rumore dei passi, pensai a quanto sarebbe stato bello se fosse stato sempre così, zitto e vagamente simpatico.

Non avevo mai avuto una bella considerazione di lui, lo ammetto, ma non era colpa mia. Dal primo anno, da quando si era presentato di Harry, mi era stato antipatico. Non mi piaceva chi si vantava dei soldi che possedeva, ne tantomeno amavo i suoi discorsi razzisti. Probabilmente non avevamo mai avuto una reale conversazione con lui, le uniche volte che ci parlavamo era per insultarci, o meglio lui insultava me e io mi difendevo di rimando.

«Sai sei davvero di compagnia quando stai zitta.» rise piano.

La calma era durata anche fin troppo.

«Lo stavo appunto pensando.» sorrisi falsamente.

Si fermò e mi puntò la bacchetta addosso. «Sono lusingato dal sapere che mi pensi.»

Gli feci il verso spingendolo via. «Tu cambi atteggiamento più velocemente del tempo.» borbottai ma lui non rispose facendo solo comparire un sorrisetto sulle labbra.

La porta delle cucine si aprì davanti a noi permettendomi l'ingresso. «Padrona Eve!» strillò Winky correndomi incontro, ma bloccandosi immediatamente alla vista di Draco.

La guardai e subito dopo feci volare lo sguardo sul biondo, la fissava quasi sconcertato dal modo in cui si era rivolto a me. «Smettila di essere così rigido.»

L'elfa si rilassò subito appena mi accovacciai arrivando alla sua altezza. «Ti ho svegliata Winky?» chiesi gentilmente.

Lei scosse la testa e mi afferrò la mano conducendomi vicino ad un tavolo. Mi sedetti a gambe incrociate e lo stesso fece Draco di fronte a me. «Winky arriva subito!»

Il ragazzo si fissò intorno, probabilmente non era mai stato nelle cucine. «Sei amica degli elfi adesso?» chiese con tono sprezzante.

«Tu hai come amici delle scimmie, nessuno ti ha mai giudicato.» portai gli occhi giù alle mie mani dalle quali strappai qualche pellicina.

Continuò a guardare gli enormi calderoni e il fuoco sotto di essi. Winky arrivò con un bicchiere di latte alla menta e un piattino con delle mini focacce al cioccolato.
I miei occhi brillarono immediatamente. «Sei la migliore.» le dissi.
Lei sorrise e poi scomparì con uno schiocco.

«Cos'é quella roba?» indicò il mio bicchiere mentre cercava di prendere il dolce.

Gli schiaffeggiai la mano. «Non te la meriti per averla guardata in quel modo.» tirai il piatto verso di me. «Questo è latte e menta, lo bevevo sempre da piccola.»

«Che cosa terribile!» sbottò. Portò la bacchetta sul tavolo e con l'incantesimo di appello tirò a se una focaccia.

Lo guardai male. «Non l'hai neanche assaggiato.»

«Me lo da la certezza perché lo bevi tu!»

Alzai gli occhi al cielo. «Vuoi davvero cominciare la gara degli insulti, no perché ho un quaderno nel dormitorio dove me li appunto tutti.»

«Per stasera passo.» mi sorrise falsamente.

Sorseggiai il latte gustandone il sapore dolciastro. «Non sai che ti perdi furetto!»

«Avevamo detto niente offese.» borbottò a bocca piena.

«Non è un offesa, sei stato davvero un furetto, per di più nelle mutande di Tiger.» risi al ricordo della scena quasi strozzandomi.

Scosse la testa. «Smettila, sei irritante quando ridi.»

Smisi facendogli il dito medio e continuai a mangiare, tra di noi cadde di nuovo un silenzio imbarazzante, ma come si era visto non riuscivamo a rivolgerci parole gentili. Non era proprio da noi.
Spinsi il piatto al centro del tavolo in modo tale che entrambi potevamo servirci, in realtà non volevo dargli modo di iniziare una conversazione, ma lui lo fece comunque.

«Che hai sognato?»

«Ti importa?»

«No.» rispose. «Ma il silenzio mi rende nervoso.»

«Che cosa buffa.» commentai. Era meglio deviare il discorso, pensai.
Come avrei potuto rispondergli? Ho sognato che tua zia pazza uccideva tutta la mia famiglia. Di certo non sarebbe stato contento di sentirselo dire. «Perché mai?»

«Quando vivi in una casa silenziosa, anche solo il rumore di una porta che sbatte è meglio di niente. Neanche i domestici ti rivolgono la parola.» per la prima volta in vita sua aveva risposto ad una domanda senza essere acido.

«A me piace fin troppo invece.» cominciai a parlare con cautela, per com'era lunatico anche una minima parola poteva fargli cambiare umore. «Se abiti vicino al mare, il silenzio non esiste, tra onde, vento e gabbiani.» sorrisi ricordando casa.

Lui mi guardò, eccolo, pensai, ora dice qualcosa di orribile. «Mi sarebbe sempre piaciuto vivere al mare.» disse invece stupendomi.

«Ti direi di fare scambio, ma non credo che ti piacerebbe vivere in una casa piccola e con dei bambini soprattutto.» ridacchiai al pensiero di Mia e Clarke che litigavano.

«Già, non mi piacciono i bambini.» alzò le spalle. «Immagino sia stressante vivere con loro.»

Scossi la testa. «No.» ammisi e lui mi guardò stupito. «I bambini ti fanno vedere il mondo con occhi diversi e poi con loro non ti annoi mai. È vero, probabilmente non c'è un attimo di pace, ma con Mia e Clarke é sempre un avventura. Pensa che una volta andammo con i retini a mare alle sette del mattino, ovviamente zia Felicitè non sapeva niente, altrimenti ci avrebbe uccise. Ci allontanammo un po' e quando arrivammo su alcuni scogli, Mia si tuffò con il retino rosa e prese tanti di quei granchi-» lo guardai e mi ammutolì.

«Mi dispiace.» sorrisi amara. «Divento logorroica quando parlo di loro.»

Ma lui non mi guardava annoiato, anzi. «Poi li avete cucinati?» chiese. «Credo di non aver mai mangiato un granchio in vita mia.»

«Non sai cosa ti perdi!» ripetei per la seconda volta quel giorno. «È ancora più buono del latte e menta.» indicai il bicchiere.

Lui sbuffò roteando gli occhi al cielo e afferrando il bicchiere nelle mani. Chiuse gli occhi e se lo portò alla bocca prendendo un piccolo sorso. «Allora?» chiesi.

Si leccò le labbra e dopo un breve momento di riflessione. «Mediocre.» rispose facendomi spalancare la bocca sorpresa.

«Mediocre?» chiesi e lui mi fissò serio.

«Ho bevuto di meglio.» rispose passandomelo.

Non feci in tempo a rispondere. «Padrona Eve!» disse Winky. «La padroncina Granger ha detto che deve andare subito nell'ufficio del preside!» esclamò terrorizzata.

Io e Draco ci alzammo contemporaneamente. Il cuore mi martellava nel petto e una bruttissima sensazione mi fece chiudere lo stomaco in una morsa. Io e il biondo ci dividemmo appena usciti e senza salutarlo cominciai a correre verso l'ufficio del preside.
Cominciai a pensare a tutte le cose terribili che potevano essere accadute, a Zia Felicitè e zio Ernest, era successo qualcosa a casa? Stavano bene?
Poi l'ordine, i mangiamorte avevano attaccato? Erano stati scoperti? Zio Sirius era stato preso?

Che nottataccia!

Arrivai con i piedi che mi facevano male davanti all'ufficio mentre Harry con gli occhi spalancati stava salendo le scale, dietro di lui c'era la famiglia Weasley al completo.
Salì insieme a loro affiancando subito Fred.

«Cos'è successo?» chiesi afferrandogli il braccio.

Lui non rispose. Arrivammo in cima e una volta nella stanza, ci ritrovammo stretti tra le pareti spesse con il preside che camminava frettoloso davanti a noi.

La voce di Harry ruppe tutti i miei dubbi. «Il signor Weasley, è stato attaccato, al ministero della magia.» era sudato e affannato, il suo sguardo incuteva un terrore mai visto.

Fred trattenne il respiro per poi afferrare la mia mano e avvicinarmi a lui.

«Spiegati meglio Harry!» Silente tranquillamente gli posò una mano sulla spalla.

Lui deglutì. «Lui, io, lui.» balbettò confuso. «Ho visto il serpente che lo attaccava.»

Silente senza battere ciglio si voltò verso il quadro del vecchio preside dando istruzioni sul da farsi.
Mi accoccolai a Fred che aveva il respiro accelerato e il battito del cuore talmente veloce che sembrava uscirgli dal petto.

«Andrà tutto bene Freddie.» mormorai accarezzandogli la schiena.

Avemmo la conferma che le parole di Harry erano vere nell'arco di cinque minuti.
«È in grave condizioni, lo stanno portando al san Mungo.» persino io trattenni il respiro, chi mai avrebbe potuto attaccare il signor Weasley?

Se pensavo ad una persona genuina e gentile pensavo sempre a lui, era un padre amorevole e si vedeva che quanto amasse la sua famiglia. Lavora sodo soprattutto per l'Ordine e aveva accolto Harry come un figlio, quello che adoravo di più del suo carattere.

Quest'ultimo cominciò a respirare a fatica e prima che potessi provare a calmarlo gridò spaventando tutti. «Mi guardi!» ringhiò verso il professor Silente che portò il suo sguardo su di lui, leggermente scosso dalla reazione improvvisa di Harry.

Lui piagnucolò. «Che mi succede professore?» chiese esausto accasciandosi sulla sedia vicino alla scrivania.

«Credo sia meglio che i figli di Arthur lo seguano in ospedale, in tanto avvisiamo Molly.» si rivolse ad un altro quadro.

«Vado anche io signore.» mi posi davanti al corpo del rosso, ma Silente scosse la testa.

«Non è saggio per te, Eveleen, lasciare il castello. Fred avrà il supporto della sua famiglia.» mi fece un leggero occhiolino e io arrossì di botto.

Guardai il ragazzo che ora mi fissava con gli occhi vuoti. «Io vengo con te.» dissi a voce bassa accarezzandogli il volto dolcemente, vedendo come lui si lasciava andare al tocco.

«Il professore ha ragione, resta qui.»

«Non voglio lasciarti da solo.» scossi la testa.

«Tranquilla, non sono solo.» mi baciò la fronte trattenendo le lacrime.

Uscì dalla stanza insieme al resto della famiglia, mentre io ed Hermione prendevamo Harry sottobraccio portandolo in sala comune.
Lo stendemmo sul letto e ci sedemmo al suo fianco. «Io ero il serpente.» mormorò ad un certo punto. «Io lo stavo attaccando.» un paio di lacrime gli solcarono le guance.

Gli accarezzai un braccio. «Harry non è colpa tua.»

«Si invece!» sbottò irritato per poi abbassare lo sguardo subito dopo. «È come se mi controllasse.»

«Non devi permettergli di entrare!» scandì Hermione, come se gli avesse detto di fischiare con le dita.

«Non è semplice.» dissi io e lui mi guardò cercando compassione. «Ma ci devi provare, promettimi che ci proverai Harry.»

Mi sorrise tra le lacrime. «Ci proverò.»

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