Odore di casa;

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22 Aprile 2006

Lo sciarpone di lana color panna mi cinge le spalle mentre le dita dei miei piedi ancora una volta si immergono nella sabbia fredda di prima mattina.
Forse dovrei farmi un bagno, penso, guardando le increspature che si formano sull'acqua difronte a me. Inspiro e lascio che l'odore della salsedine mi invada le narici, punge all'interno della cavità e mi costringe a socchiudere gli occhi.

Il sole sta sorgendo lentamente, erano probabilmente le sei e mezza, a breve si sarebbero alzati e ma avevo ancora un po' di tempo. Mi alzo in piedi sistemandomi il costume e con passo prudente mi avvicino verso l'acqua. Un piede ed un altro, mi arriva sulla pancia, sussulto al contatto e piano piano mi abituo. Il fondo è pieno di pietre che mi pungono i piedi, non somiglia al fondale di Glénan.
Ci trovavamo a chilometri di distanza, in un isola delle Hawaii, avevamo scelto la meta dopo la guerra, ci siamo rintanati qui perché pensavamo fosse sicuro, avevamo ragione.

In questi lunghi nove anni, dove il mio viso è diventato più rilassato e i miei capelli meno disordinati, non avevamo ricevuto visite indesiderate, viaggiavamo molto e tornavamo spesso in Inghilterra, ma qui è un paradiso e non siamo mai troppo lontani da casa.
Porto le braccia lungo la mia testa e incrocio le mani, mi do una spinta e mi immergo in acqua.
Scendo giù sul fondale, raccolgo una manciata di sabbia e riemergo. Pulisco la sabbia senza far cadere il contenuto, che si rivela essere una conchiglia argentata, a prima vista pareva una perla.

La guerra magica ci aveva portato via tanto.
Avevamo vinto, questo è vero, ma quanto avevamo perso?
Il terrore di un imminente ritorno è aleggiato in Inghilterra e Scozia per anni, tutti avevano paura di festeggiare e si essere felici, tutti avevano paura che sarebbe finito tutto da un momento all'altro.
Con l'aiuto dell'ordine Hogwarts era stata ricostruita prima dell'inizio dell'anno scolastico ed eravamo tornati come nulla fosse. I figli dei mangiamorte erano stati ammessi senza problemi, ma i primi mesi furono duri, c'erano continui scontri, molti faticavano ad accettarlo.

Per Draco era stato un vero e proprio inferno, sua zia aveva mandato al tappeto troppe persone, troppi per far sì che si potesse dimenticare. Fortunatamente aveva avuto amici fedeli al suo fianco, e dopo qualche mese la situazione si era calmata, l'ultimo anno era passato ed eravamo soli al nostro destino.

Mi fu proposta la cattedra ad Hogwarts per trasfigurazione dalla professoressa McGranitt che ora era preside, ma avevo rifiutato. Volevo diventare spezza incantesimi, la mia domanda al ministero fu accolta con grande piacere e dopo qualche settimana avevo cominciato. Era stata davvero dura all'inizio, ma Hermione era insieme a me e così anche Blaise, insieme eravamo una squadra niente male.

Draco dal canto suo aveva accettato il posto come insegnante di pozioni ad Hogwarts, per qualche anno aveva lavorato al castello, tornando solo di sera, un permesso speciale della McGranitt, ma era per un buon motivo, ve lo assicuro.
I suoi genitori erano stati processati, mentre sua madre era finita ai domiciliari in casa sua per aver tradito Voldemort non rivelando che Harry fosse vivo, il signor Malfoy stava ancora scontando la sua pena di dieci anni ad Azkaban, sarebbe uscito a breve.

Fred e Angelina si erano sposati.
Anche Ginny ed Harry. Infine Ron ed Hermione avevano fatto il grande passo e quando pensavano che il mio turno non sarebbe mai arrivato, Draco aveva deciso di farmi la proposta la sera di Natale quatto anni fa.
Eravamo tutti riuniti a casa di zio Sirius, io indossavo un vestito rosso, i capelli sciolti sulle spalle e dei tacchi di vernice bianchi, lui aveva uno smoking nero.
Il vischio all'improvviso era apparso e Molly stava tagliando l'ultima fetta di dolce da far cadere nel piatto del marito.
Mi ero distratta qualche secondo per aiutarla e quando mi ero voltata avevo visto Draco in ginocchio di fronte a me.

La signora Weasley era rimasta con il coltello sospeso in aria e sembrava che tutti avessero smesso di respirare per qualche secondo.
«Eveleen McKnonn, ti ricordi, prima delle guerra ti avevo chiesto di sposarmi, ma tu pensavi che stessi scherzando e hai riso.
Non c'è stata mai cosa più sincera fuoriuscita dalle mie labbra e quindi ora te lo chiedo ancora, vuoi sposarmi?»
Ci avevo messo qualche secondo per rendermi conto che fosse davvero serio, ma quando il mio cervello aveva realizzato mi ero fiondata nelle sue braccia e mentre tutti applaudivano, io continuavo a sussurragli si nell'orecchio.

Mi volto verso la riva.
Una figura alta, con i capelli come fili d'oro che riflettevano la luce del sole ha la mano alzata e la sventola verso di me.
Draco.
Anche il suo volto è cambiato, è delineato, marcato e adulto. Un sottile velo di barba gli contorna il viso ed era diventato robusto il doppio.
I suoi occhi peró sono sempre uguali, vispi, attenti, meravigliosi.

«Lo sai che non dovresti fare il bagno a quest'ora.» mi dice appena esco. Mi avvolge l'asciugamano sulle spalle e mi stringe a lui.

«Lo sai che mi piace.» cantileno cadendo con il volto nell'incavo del suo collo e inspirando l'odore che la sua pelle emanava, odore di casa.

Mi afferra la mano e insieme ci dirigiamo verso casa che si trova a qualche centinaio di metri.
«Sei già in piedi.» gli dico.

«Non riuscivo a dormire.» mi risponde e so che non ce la fa per colpa di suo padre.

«Parlami.» gli dico appena sull'uscio di casa dopo qualche istante di silenzio, odiava parlare della sua famiglia, andava spesso a trovare sua madre, ma quella casa non gli piaceva, non rimaneva mai più di qualche ora.

La prima volta ero andata con lui, avevo salutato la madre ma lei non aveva ricambiato, non le piacevo e questo era abbastanza chiaro. Lui mi aveva guardato e io mi ero smaterializzata qui senza troppe domande, la sera non ne avevamo parlato, io non avevo chiesto cosa si fossero detti, ma lo vedevo sereno e questo era l'importante.

«Uscirà tra qualche giorno.» mi dice strofinandosi gli occhi con le mani. «Ha già chiesto di Rigel.»

Appena il nome esce dalla sua bocca, ecco lì, il portone di apre piano e una testa bionda fa capolino accanto ad esso. Le manine sottili di Rigel sono aggrappate alla maniglia e si sta trascinando per aprire la porta in metallo.
Indossa una maglia del pigiama troppo grande per lui, con lo stemma serpeverde su di esso ed un paio di calzoncini grigi. È scalzo e con una mano tiene stretto un orecchio del pupazzo di pezza, un coniglio bianco di nome Bibbles, regalato da Daphne per il suo primo compleanno,
con l'altra si stropiccia gli occhi ancora mezzi chiusi dal sonno.

Rigel ha quattro anni, vivace e chiacchierone.
Non gli piacciono le carote e i cavolini, beve solo frullati a colazione e la sua storia preferita è pinocchio, soprattutto quando va nella pancia della balena, ama quella parte da impazzire.
Quando è felice indossa il giallo e quando si sveglia particolarmente arrabbiato il grigio, esprime le sue emozioni incendiando le tende, soprattutto dopo averlo costretto a mangiare i cavolini e la notte quando il mare diventa impetuoso striscia in camera nostra e si infila nel piumone ai piedi del letto spuntando con la testa tra noi due.

Rigel era il nome di una delle stelle più luminose dell'universo conosciuto.
Era nato in pieno inverno.
Voluto e desiderato dal primo momento, Draco aveva chiesto se avesse potuto dargli il nome di una stella, inizialmente non ero d'accordo, ma appena me l'avevano messo sul petto e avevo sentito il suo respiro, avevo cambiato idea, era perfetto.

Rigel è l'amore della mia vita.
Allargo le braccia e gli permetto di allacciare le sue al mio collo e di appoggiare la sua guancia morbida sulla mia clavicola. «Ciao mamma.» mi dice.

Il mio cuore non potrebbe essere più comodo di così.

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