Spaccata;

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31 Ottobre 1997

Sapete qual è l'unica cosa da non fare mentre ci si smaterializza? Far volare la mente in un altro luogo e focalizzarsi solo alla fina sulla destinazione.

Sapete cosa accade a distrarsi durante la smaterializzazione? Molto spesso pezzi di te restano in un luogo e altri vengono trasportati nell'altro.

Atterro di schiena sul pavimento di pietra duro. Sbatto di poco la testa, i palmi delle mie mani sentono l'acqua che bagna le pietre, i miei capelli sono zuppi d'acqua e gli occhi guardano verso il cielo grigio.

D'un tratto un dolore acuto mi accelera il battito del cuore e l'odore del sangue mi invade le narici. Il braccio sinistro mi fa male, ma non mi volto a guardare, non ho la forza. Ginny cade in ginocchio su di me, gli occhi pieni di terrore, dice qualcosa ma io non sento, ma so che sta mimando il mio nome. Fa scorrere lo sguardo tra il mio braccio sinistro e il mio viso, boccheggia ancora qualche parola, allunga la mano verso l'arto ma non lo sfiora.

Mi sono spaccata, penso immediatamente, mi irrigidisco, voglio gridare ma non ci riesco, Ginny non sa cosa fare, tira fuori la bacchetta ma strabuzzo gli occhi. Era troppo piccola per conoscere l'incantesimo, avrebbe solo peggiorato la situazione. Poi all'improvviso si alza e scompare dalla mia visuale.

La pioggia mi batte forte addosso, non riesco a tenere gli occhi aperti. Il sangue mi scorre lungo le mani, caldo. Chiudo gli occhi sperando che Ginny torni presto, sembrano ore, secoli.
Due mani mi afferrano sotto la schiena alzandomi, finalmente sento i polmoni riempirsi di aria, urlo, mi fa male.

Apro gli occhi e guardo chi mi sta trasportando.
L'urlo di dolore che stavo per lanciare mi muore in gola, non poteva essere, stavo morendo o quello era Silente? Non poteva essere, era caduto di fronte a me. Che si fosse salvato? No, probabilmente stavo avendo le allucinazioni.

Lascio andare la testa sul suo petto.
Entriamo in una casa, il calore del camino mi investe, probabilmente un altro po' sotto la pioggia e sarei morta dissanguata. Mi poggia sul divano davanti al camino, Ginny si accovaccia al mio fianco.

«Mi dispiace Eve.» piagnucola spostandomi i capelli bagnati dal viso.

L'uomo ci raggiunge. «Mordi.» mi dice porgendomi una cintura vicino alle labbra, mentre con l'altra mano tiene una fiala con un liquido giallastro. Afferrò con il denti la pelle della cintura e fisso lo sguardo sul fuoco.

La versa sul mio braccio e io grido mentre con gli incisivi affondo nel materiale. Lacrime calde mi bagnano le guance, è atroce, come se mi stessero scuoiando viva. Mollo la cintura. «Basta.» mugolo.

«Ancora un po'.» dice freddo continuando a versarmi quella pozione. Continuo a guardare il fuoco in cerca di una minima distrazione. Il dolore finisce, sento le sue mani avvolgere il mio braccio con una fascia. Si allontana e io mi sento svenire e poco dopo il sonno ha la meglio.


«Fate spazio.» grida la McGranitt spostandoci di lato, facendosi spazio tra la folla.

Guardo la scena affacciata alla sua spalla, siamo ad Hogwarts questo è certo. L'aula è quella di difesa contro le arti oscure e lí, accovacciato ai piedi della professoressa, si trovava un ragazzino. I colori giallo e nero della sua sciarpa, le mani strette in due pugni sugli occhi, le gambe al petto in posizione fetale e il corpo tremante.

Davanti a lui un uomo, l'ho già visto quando mi hanno trascinato a villa Malfoy. Amycus Carrow tiene la bacchetta snella nero pece puntata sul bambino, il suo volto è contornato da un ghigno.

«Oggi.» esordisce. «Abbiamo finalmente imparato la maledizione Cruciatus.» ride sguaiato mentre la McGranitt solleva il ragazzino trascinandolo verso l'uscita.

«Perché non te la prendi con uno della tua taglia.» Neville si avvicina pericolosamente.

Non so perché allungo la mano, gli stringo la spalla, lui si volta, so che vuole proteggerci, ma non ha potere contro di loro. Apro la bocca, sto per dirgli di lasciar perdere, ma invece mi accascio al suolo.

Amycus mi ha puntato la bacchetta contro e dopo aver pronunciato l'incantesimo, una scossa elettrica si era irradiata dal petto fino alla punta dei piedi. Faccio per alzarmi, ma ne arriva un'altra, più forte, più pungente.

Mi alzò di scatto, boccheggio in cerca di aria, mi guardo intorno e non c'è nessuno. Il camino è spento e prima che me ne possa rendere conto, il dolore al braccio mi costringe a stendermi di nuovo.

Mi accorgo che Ginny è ai piedi del divano, dorme stringendo a se la coperta, sembra serena.
«Non avreste dovuto.» la voce dell'uomo tuona nel salone. «Se qualcuno vi avesse visto.»

Lo guardo meglio, la sua voce non assomiglia minimamente a quella di Silente. «Lei chi è?»

«Penso tu abbia conosciuto mio fratello.»

Ci penso. «Silente.»

Lui sospira. «Sono Albertfoth.»

«Non sapevo avesse un fratello.»

«Non mi stupisce.»

«Mi dispiace.» non so se per la morte del fratello o per il fatto che non l'avesse mai menzionato.

Non risponde.

«Fa parte dell'ordine?» chiedo.

Scuote la testa. «Do una mano come posso.»

«Conosce Neville? Puó farci entrare?»

Si siede sul marmo che fiancheggia il camino. «Perché mai vorreste andare lí? Non succedono cose entusiasmanti, soprattutto ai mezzosangue e ai nati babbani.» deglutiscó rumorosamente. «Scommetto che sei una di loro.»

Annuisco. «Andiamo per conto dell'ordine.» mento.

Lui ride piano. «Aspetti che ti creda ragazzina? Perché mai manderebbero voi due, non sapete nemmeno smaterializzarvi.»

«Mi sono distratta.»

«Potevi rimanerci la testa da dove sei venuta.»

«Allora ci fai entrare o no?» sbuffo spazientita.

Lui si alza dirigendosi verso un quadro con una donna posto quasi all'ingresso. Con il braccio buono scuoto Ginny.

«Un altro po' mamma.»

«Alzati.» continuo a scuoterla.

Dopo un paio di lamentele, finalmente capisce che non ci troviamo nel nostro comodo e caldo letto, ma che anzi, ha il culo sul pavimento freddo.

«Come ti senti?» mi dice immediatamente.

«Meglio.» rispondo alzandomi a fatica, il braccio fa male, ma il dolore non è minimamente paragonabile, era un leggero bruciore.

La ragazza del dipinto ha il viso pallido, questo è il primo pensiero che mi scalfisce la mente appena mi trovo davanti. Lunghi capelli scuri le incorniciano il volto magro, sembrava sofferente, gli occhi spenti e un sorriso malinconico le contornava le labbra.

«È tua moglie?»

Mi guarda torvo. «Era mia sorella.»

Era.

«Come si chiamava?»

«Sei una ficcanaso lo sai?» Ginny mi spintona.

Afferra la cornice del dipinto e tira verso di lui rivelando un passaggio stretto e buio.

«Io lí dentro non ci entro.» mi sussurra Ginny.

Ghigno. «Alla faccia dei grifondoro coraggiosi, eh?»

«Oh sta' zitta!»

Sfodero la bacchetta e metto un piede del buio. «Lumos.» la punta si illumina.

Faccio qualche passo, puzzava di morto la dentro.
Ginny mi segue a ruota.

«Grazie.» dico voltandomi verso Albertfoth.

«Arianna. Si chiamava Arianna.» mi dice soltanto per poi chiudere dietro di noi il dipinto.

Il cunicolo era troppo stretto per stare vicine, quindi io andavo avanti e Ginny mi stava appiccicata alle gambe. La luce di due bacchette permetteva di vedere meglio almeno dove mettevamo i piedi, il terrore che qualcosa potesse spuntare mi stava facendo tremare.

«Ho visto i Carrow.» dico cercando di scaricare la tensione.

«I fratelli? Dove?» chiede.

«Una visione.» mi limito a dire. «Stavo torturando con la maledizione Cruciatus un ragazzino.»

«Mangiamorte, luridi bastardi del cazzo.»

Mi fermo e mi volto a guardarla. «Baci tua madre con quella bocca?»

Ridacchia. «Beh mi aspetto di tutto Eve. Noi gli diventeremo le loro prede preferite.»

«Dovremmo evitare di andare a lezione.»

«Non puoi nasconderti per sempre. Credo che tengano d'occhio Draco.»

«Perché?»

«Perché non ha avuto le palle di uccidere Silente. Non che io le avrei avute, ma non ha rispettato il volere di Senza-naso.»

Rido per il nomignolo. «Spero stia bene.»

«Sicuramente meglio di noi richiuse in questo cunicolo che puzza come i piedi di Ron.» fa un verso disgustato.

Continuiamo a camminare, il braccio mi fa un male cane, ma non c'era niente che potessi fare, dovevo arrivare il piú presto al castello e cercare di rubare qualcosa dall'infermeria.
E quando quel tunnel sembrava non finire piú raggiungemmo un punto ceco.

«E ora come facciamo?»

«Bomb-»

«No.» grido. «Farai esplodere tutto, non voglio essere sepolta viva.»

Si gratta la testa con la bacchetta.

Poi l'illuminazione. «Revelio.»

Il passaggio si apre scricchiolante. La luce ci acceca, chiudiamo d'istinto gli occhi, solo per riaprirli qualche secondo dopo e trovarci piú di quaranta bacchette puntate addosso.

«Abbassatele.» la voce di Neville mi arriva alle orecchie. «Avanti, sono Ginny ed Eveleen. Siete diventati cechi?»

La sua mano afferra la mia aiutandomi a scendere grazie ad un misero scaletto di legno. Poi mi abbraccia. «Grazie per essere qui.» mugolo dal dolore allontanandomi.

Lui mi guarda preoccupato. «Si è spaccata quando ci siamo smaterializzate.» spiega Ginny.

«Fa vedere.» dice Dean avvicinandosi. Mi scosto di poco la giacca rendendo visibile la fasciatura, ma la copro immediatamente dopo.

«Dove ci troviamo?» chiede Ginny.

Neville le sorride. «Nella stanza delle necessità.» si volta indicandoci l'enorme spazio pieno di letti e tanti ragazzi dalle diverse case. «Qui ospitiamo grifondoro e mezzosangue.»

«I serpeverde hanno preso il sopravvento.» dice Seamus affiancando Neville.

«Mi dispiace. Ma ora devo uscire.» mi faccio spazio tra di loro. «Devo andare dalla mia casa, ci sono persone a cui voglio bene che potrebbero essere in pericolo.»

«Vai da Malfoy?»

Non capisco chi è a parlare, mi volto. «Si, mi ha aiutata a scappare da villa Malfoy indenne, possiamo fidarci.»

Ridono tutti. «Era lí alla morte di Silente.» dice una tassorosso.

«C'ero anch'io.» affermo e le risate si fermano. «Qualcuno insinua che sia coinvolta?» chiedo a tutti ma nessuno risponde.

«Se riuscissimo a portare anche loro dalla nostra parte evitando questa faida interna del cazzo per almeno una volta.» continuo alzando il tono della voce. «Forse potremmo evitare che qualcuno si faccia seriamente male.»

«Non ci si puó fidare dei serpeverde, la maggior parte di loro ha genitori mangiamorte.»

Sospiro. «Molti di loro sono stati costretti a seguire la loro famiglia, Tu-Sai-Chi non ama un no come risposta.»

«E come sai che ci aiuteranno?» Dean prende la parola.

«Perché molti di loro sono persone buone, che pensano con il loro cervello e non sono legate a stupidi pregiudizi.» molti abbassano la testa. «come pensiamo di vincere una guerra se non ci fidiamo tra di noi? oltre ad essere maghi, siamo studenti di Hogwarts, Silente ci ha guidati per tutti questi anni, non Tu-Sai-Chi.»

Mi volto verso l'ingresso. «Li convinceró ve lo prometto.» dopo di che afferro la maniglia e sicura l'abbasso, ritrovandomi immediatamente dall'altra parte.

Il corridoio è buio, piú tetro del solito, dopo tutto saranno state le quattro del mattino. Gli addobbi per Halloween quest'anno non sono appesi al soffitto, l'aria che si respira è pesante. Questa non è Hogwarts.
«Lumos.» comincio a camminare lentamente cercando di orientarmi, sicuramente mi trovavo nel settimo piano, per arrivare nei sotterranei ci avrei messo una vita.

Dovevo trovare Draco, senza permettere che i Carrow o peggio, Piton, trovassero me per prima. Sentivo le ferite aprirsi ad ogni minimo spostamento, poi il lampo. «Winky.» sussurro mentre mi appoggio al muro.

L'elfa appare dopo una decina di secondi. «Devo portare la signorina Eve da qualche posto?» mi chiede con la sua vocina gentile.

«No.» le sorrido consapevole che senza di lei non sarei mai uscita da villa Malfoy. «Devi apparire in camera di Draco Malfoy e dirgli che ci vediamo ai bagni del sesto piano e di portare con se una pozione in grado di riparare ferite.»

«Tutto per lei padroncina.»

«Ti prego sta attenta, non farti vedere, e se dovesse succedere smaterializzati immediatamente a casa di Sirius Black.» lei annuisce e con uno schiocco di dita sparisce ancora.

Dovevo raggiungere i bagni al piú presto. Mentre con la mano buona mi tengo stretto il braccio che comincia sanguinare, raggiungo le scale piú vicine, non c'erano bagni al settimo piano.
Ogni gradino è una tortura, sento la pelle strapparsi e goccioline di sangue macchiano le scale.

Termino la rampa e la vista si annebbia, ma devo continuare, non posso fermarmi qui. Farmi trasportare da Winky non sarebbe stata una buona idea, avrebbero potuto notare la smaterializzazione e sarei finita nei guai fino al collo. I bagni sono a qualche metro, mi appoggio al muro in pietra e continuo a camminare, che idea del cazzo!

Apro la porta con la spalla buona e me la richiudo alle spalle con un piede. Trovo il primo bagno con la porta spalancata, ci entro accasciandomi a terra.
Sollevo la testa chiudendo gli occhi, cercando di pensare a cosa positive per placare il dolore.
Draco ci avrebbe messo un po' ad arrivare, dovevo distrarmi, ma l'unico pensiero in quel momento era uno.

Erik Collins era mio padre.

Draco lo sapeva? Per questo lo aveva assunto? Supposi di no, altrimenti me l'avrebbe detto.
Probabilmente si era fidato sapendo fosse dell'ordine. Sono stata in quella casa per mesi con mio padre che mi gironzolava intorno senza sapere chi fosse realmente. Ecco perché zia Felicitè lo guardava in quel modo. O perché zio Sirius aveva reagito cosí male quando aveva detto il nome della mamma.

Perché mi aveva abbandonata? Sapeva che la mamma era morta, sapeva che ero sola, perché mi aveva abbandonata? Lacrime calde mi accarezzano le guance. Perché ha deciso che dovevo trascorrere la mia vita senza i miei genitori? Perché non mi aveva portata con lui?
Ma forse meglio cosí, se una persona, anzi un padre, senza scrupoli abbandona sua figlia, che razza di uomo puó mai essere?

Tutti quei pensieri si  interrompono per colpa della  porta, si spalanca e una luce, probabilmente dalla punta di una bacchetta emerge dal buio. «Eve.» la voce tremante di Draco riempie l'abitacolo.

«Draco.» mormoro fievolmente.

Si inginocchia su di me. «Cos'è successo?» balbetta guardando il mio braccio insanguinato.

«Mi sono spaccata.» mi limito a dire.

Lui scosta la fasciatura con le dita delicatamente. «Sanguini.»

«Non mi dire.» sputo sarcastica.

«Ferma.» mi intima. Porta la bacchetta sulla ferite e recita lo stesso incantesimi recitato da Piton quando Harry lo aveva attaccato proprio in questo bagno. La pelle sembra estendersi, fa male, ma è sopportabile, almeno smetto di sanguinare.

«Devi andare in infermeria.» dice.

«Sono una mezzosangue che fa parte dell'ordine, non ci arrivo viva in infermeria.» con il suo aiuto mi metto in piedi e usciamo dalla piccola cabina.

Il suo viso muta improvvisamente. «Sei una testa di cazzo, che ci sei venuta a fare qui? A farti ammazzare, Dio Eve, fai sempre di test-...» non finisce la frase che mi fiondo sulle sue labbra.

Il bacio dura poco, il tempo di zittirlo. «Mi sei mancato anche tu.»

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