27.2. Amore e tremore🟠

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

«Dov'è Tina?»
A rompere la lunga scia di pensieri del magizoologo fu la voce ovattata di Jacob, che non riusciva a tenere le mani lontane dai biscotti.
«Sta... sistemando la camera, vuole assicurarsi che non dimentichiamo niente.» Gli rispose distrattamente lui.
Il pasticcere accennò un sorriso, come se si aspettasse già quel genere di comportamento da parte dell'auror americana.
«Me lo aspettavo. Le conservo il caffè, allora.» Dichiarò, versando il contenuto scuro della caraffa in una spessa tazza di ceramica.
«Dici che le basta?» Gli mostrò il bicchiere pieno fino all'orlo.
«Io... non lo so. Non penso» si lasciò scappare una risatina il mago ricoperto dalle lentiggini.

A differenza degli altri, Newt non aveva toccato neanche le briciole rimaste nel piattino di cortesia. Se lei non avesse insistito, con tanto di bacchetta fintamente puntata alla gola, l'avrebbe aspettata. Il minimo che poteva fare era aspettare, prima di iniziare a mangiare.
«Il capo ha bisogno di molto caffè!» Dichiarò la recluta, allungando un'altra tazza vuota perchè Jacob la riempisse.
«Già... concordo!» Ridacchiò la sua migliore amica «Quella ragazza vive di caffè!»

Si trovavano esattamente al centro della stanza, nella zona meno illuminata della sala da pranzo. Nonostante fosse un giorno lavorativo, forse Giovedì o addirittura Domenica, erano molte le famiglie, i maghi e le streghe che avevano deciso di trascorrere la mattinata al paiolo. Probabilmente se ne sarebbero andati presto, poiché tremendamente in ritardo per accompagnare i loro figli alla stazione di KingKross.

Una volta o due anche loro da ragazzi avevano dormito lì. Theseus, ormai adulto e maturo, aveva deciso - contro il volere di entrambi i suoi genitori - di accompagnare lui stesso il fratello. Avevano noleggiato una camera, soltanto per vivere l'avventura e l'ebrezza di una notte da fratelli lontana da casa, anche se a pochissimi chilometri di distanza.

La sala da pranzo non era cambiata per niente, nonostante fossero trascorsi più di dieci anni dalla loro ultima permanenza. I tavoli, gli stessi da una vita, erano sempre rotondi, pesanti e tozzi, mentre le pareti scure rendevano l'atmosfera lugubre e misteriosa. Non vi erano arazzi o quadri, solo una cornice vuota che sarebbe dovuta servire a qualcosa. Ciò che dava un leggero tocco di colore erano le fiamme smeraldo che ardevano pigramente nel camino, che erano situate in una posizione strategica nel piccolo borgo, ma troppo addossate ai tavoli, che spesso di ritrovavano sommersi dalla cenere.

La ricca e variegata folla di maghi e streghe tacque. I maghi e il no-mag accanto a lui sollevarono appena lo sguardo, incuriositi dal cambiamento repentino di atmosfera.
«Che cosa sta succedendo?» Bisbigliò Filemina in mezzo al vociare sommesso.
«Non ne ho idea...»
«Io credo di sì» ridacchiò la legilimens, impeccabile come ogni mattina.

Gli occhi di tutti erano puntati su una sola persona, una donna. La circondavano, altri le porgevano ammirati la mano, altri ancora le porgevano domande che nessuno di loro riuscì a decifrare. L'auror americana sorrideva a tutti, nonostante a Newt fosse evidente il suo nervosismo, dal tremolio appena percettibile delle mani, che cercava di nascondere nella tasca del gilè, quando non doveva stringerne altre. Aveva un portamento regale e si muoveva con una certa sicurezza, mentre di tanto in tanto inciampava fra i tavoli, cercando di aprirsi un varco fra i suoi ammiratori. E quando incrociò il suo sguardo scoraggiato, Newt non potè astenersi dal ridacchiare
«Lei è Porpentina? Tina Goldstein? Il capo del dipartimento auror americano? Prince, signora. Sono un auror, ufficio misteri!» Le stritolò la mano, euforico.

Tina ricambiò la stretta timidamente, cercando di non arrossire troppo. Gli auror britannici erano vagamente lontani dal portamento di quelli americani.
«Piacere...»
«Piacere mio, signorina Goldstein!»
Un altro mago si fece largo nella folla, colpendo i restanti con le braccia e le spalle. Era alto, magro come un'acciuga e pallido, i capelli lunghi e appiccicati al viso, che necessitavano una grande dose di sciampo.
«Marcellus, Signora! Dipartimento applicazione leggi sulla magia!»

Erano veramente tanti nomi da ricordare tutti in una volta, sospirò la ragazza fra sé e sé.
Un'altra strega la strinse in un abbraccio. Ma per chi l'avevano presa?
«Piacere!! All'apparenza non sembra quel genere di strega! Oh, ma solo Merlino sa quanto i giornali parlino di lei anche in Inghilterra!»
«Merlino... sì...» le accennò un sorriso forzato.

Non era decisamente abituata a quel genere di attenzioni.
«Me lo farebbe un autografo, Signorina Goldstein?»
«Ma... ma non ho una penna...»
«Oh, ma non si preoccupi!»

«Guardate! Lì c'è l'auror speciale e... Newt Scamander!»

La strega dell'autografo intascò il suo bottino, e arrossì di colpo quando sentì quelle parole pronunciate dalle labbra della figlia.
«Mamma, guarda quanto sono belli! Me li mangerei, non soltanto con gli occhi!»
«Anch'io, tesoro!»

Tina rabbrividì.

«Con permesso vorrei fare colazione!» Era diventata scarlatta, cercando di ignorare ciò che aveva appena sentito, sforzandosi di bloccare le immagini che si stavano facendo largo nella sua mente: un Newt Scamander molto... snello, con una mela in bocca.

Dove aveva visto quell'immagine la prima volta? Forse in un libro di fiabe babbane, era forse un porcellino quello!

Tina, approfittando del suo mancamento, pestò i piedi di chiunque si fosse messo in mezzo, inciampando nuovamente tra i tavoli, fino a raggiungere il loro con il fiato corto. Newt nuovamente scoppiò a ridere.

«Buon Lewis!»
Fissò per un attimo le mani sporche dell'inchiostro che aveva perso dalla punta la penna di quella strega e scosse la testa.

Com'era che si chiamava?

«Ottima entrata, coi fiocchi!» Commentò la sorella, facendole l'occhiolino.

Sua sorella Queenie sembrava una bomboniera con quel vestito a fiori rosa e bianco, che in parte riusciva a mascherare il suo ventre prominente, con scarpe nere rigorosamente abbinate, con un leggerissimo tacchetto. Fra i tanti maghi seduti al tavolo, lei era forse colei che, per la sua "bellezza" doveva essere non degna di nota.

Accanto a lei Jacob le stringeva come sempre teneramente la mano.

«Che avete detto su di me per avere un'accoglienza del genere?» Fissò entrambi i fratelli, con le mani premute sulle tempie e la testa in fiamme, i capelli che le sbattevano sulla guancia.

Si sentiva pregna di sudore, distrattamente si portò il naso all'altezza della spalla e, fortunatamente, non era lei che odorava di tabacco.

«Solo che sei un'ottima strega! Al ministero, o meglio... nel mio dipartimento, ti conoscono quasi tutti!» Dichiarò il maggiore, con un ghigno.

«Ah, ottimo.» Occupò l'unica sedia vuota rimasta «Però... un aiuto mi sarebbe servito!» Sospirò.

Erano tutti impeccabili, ordinatissimi.

Lally indossava il solito completo color pervinca, la gonna in peltro che le sfiorava qualche centimetro sotto il ginocchio, il gilè leggero che le ricopriva la camicetta bianca, che lasciava intravedere qualche centimetro di seno.

Il pasticciotto aveva abbandonato ormai da un giorno intero il suo grembiule da pasticcere ricoperto di farina, rivelando un completino formale niente male! Uno smoking un po' consunto sulle spalle per le miriadi di volte in cui era stato indossato.

Poi vi era l'auror speciale, che non sembrava "tanto speciale" quella mattina del primo settembre. Un look altamente casual, con la camicia bianca spiegazzata e i soliti pantaloni neri a sigaretta, dello stesso colore - o forse un po' più scuri - del cappotto adagiato ordinatamente sullo schienale della sua sedia.

Come sempre indossava la cravatta con una sgargiante fenice sorgente in bella vista, che sembrava dare un tocco di colore al look cupo e troppo formale, eppure destinato a tutti i giorni. Nonostante l'ordine apparente, vi era un dettaglio che a Tina non era sfuggito: Theseus sembrava aver dimenticato come si facesse correttamente il nodo alla cravatta.

«A me sembrava che te la stessi cavando bene...» mormorò Newt innocentemente, ma piuttosto divertito.

E poi vi era Newt, gli aveva lanciato uno sguardo fugace non appena aveva varcato l'ingresso. Sfortunatamente quasi tutti l'avevano riconosciuta. I soliti capelli ribelli avevano attirato la sua attenzione, morbidi ricci che gli ricadevano sulla fronte, tanti piccoli puntini arancioni sparsi qui e la per il viso, ed era arrossita nella sua mente.

I suoi avambracci scoperti le ricordavano quanto era stata bene avvolta fra le sue braccia, morbidamente cullata dal suo respiro. Anche lui indossava la classica camicia bianca, che tra di loro andava molto di moda.

Udite quelle parole, Tina, che nella sua mente aveva preso vita un piano venerabile per "vendicarsi" contro di loro, in tutta risposta indicò le due streghe intente a ridacchiare e gossippare su di loro.

Di nuovo dovette mettere da parte l'immagine di un Newt Scamander su un vassoio di argento.

«Figlia e mammina non vedono l'ora di conoscervi, se volete le chiamo...» inarcò un sopracciglio. Finse di alzarsi, e ridacchiò quando Theseus dall'altro lato del tavolo la bloccò per la manica.

Ah... ma allora Theseus le aveva sentite!

«Tu che ne dici, Queenie?» Inarcò un sopracciglio, maliziosa, ignorando l'auror speciale, sedendosi di nuovo, molto, molto lentamente.

Le due sorelle scoppiarono a ridere contemporaneamente, lanciandosi delle occhiatine complici che solo loro due erano in grado di capire, godendo dell'imbarazzo dei due fratelli.

Queenie le aveva addirittura lanciato un'occhiata maliziosa, guardando prima lei e successivamente Newt, mentre si accarezzava simbolicamente le mani.
«Hai delle buone fantasie, sorellina...»
«Hm... stai zitta!» Le pestò nervosamente l'alluce da sotto il tavolo.
«Però... più tardi mi racconti tutto» cinguettò gioviale, mentre il suo sorriso le si incrinava.

Jacob le passò le due tazze di caffè e quei pochi biscotti che era riuscito a non mangiare, e lei ignorando i mormorii delle persone che passavano lì vicino solo per vedere che cosa avessero ordinato - e nel caso ordinare la stessa cosa -, finalmente mise qualcosa sotto ai denti. Jacob aveva ancora fame e, a dir la verità, anche il resto del gruppo avrebbe ripreso allegramente a mangiare, se solo le cameriere non fossero state così occupate in cucina per servire ai tavoli.

«Comunque... non è giusto!» Si lamentò la ragazzina, che era rimasta in silenzio a studiare ogni singolo mago nella stanza.
«Che cosa non è giusto?» Si affrettò a chiederle il fratello.

La sua recluta, invece, sembrava non aver chiuso occhio minimamente. Di tanto in tanto mascherava qualche sbadiglio, con un sorrisetto distratto. Non era un bel ragazzo, nonostante fosse ancora in fiore. Adesso che poteva soffermarsi a osservarlo un po' più attentamente, poteva notare dei dettagli che non aveva mai visto prima. A dir la verità, non aveva neanche notato la cicatrice sotto l'orecchio destro! Eppure, non avrebbe minimamente dubitato della sua lealtà, sia come auror che come amico.

«A me non ha fatto l'autografo! Insomma... anche Merlino si è offeso...!» Scrollò le spalle apatica.

«Prima o poi te lo farò l'autografo, ma per il momento... tieni Merlino lontano da me!» Ridacchiò l'auror americana.
«Mi piace punzecchiare la gente!»
«Me ne sono accorta, Fil» rise la bruna.

La "piccola" indossava già la divisa scolastica, che non le ricordava minimamente quella che aveva indossato per ben sette anni. A differenza di quella di Ilvermorny, dai colori complementari rosso bordeaux e blu mirtillo, era molto più sobria ma meno eccentrica: una semplice camicia bianca a maniche corte, sormontata da un gilè grigio senza spalline. In evidenza uno stemma di circa quindici centimetri a venti centimetri di distanza dal cuore, dove si ergeva fiera un'aquila in uno sfondo celeste dalle strisce di bronzo.

Non la conosceva bene, eppure era già convinta che fosse la più sveglia e abile del suo corso, e suo fratello più volte le aveva dato la conferma.

I capelli erano stati raccolti dal fratello in uno chignon pallido e disordinato, una matassa di capelli intrecciata che si distingueva a malapena dal colorito chiaro della sua pelle diafana. Non era esattamente abile con i capelli, non lo era mai stato, le aveva più volte confidato.

Intravide una leggerissima traccia di trucco sulle sue palpebre quasi trasparenti e delle tracce di rossetto, color ciliegia, che probabilmente era andato via a causa della colazione. Sembrava distratta, non del tutto contenta di trovarsi lì, cercando di mascherare la stanchezza con una risatina forzata.

«Sì, ma... ha una penna?» Continuò a ridere bonariamente la quindicenne e Tina in tutta le risposta allungò la mano per strizzarle la guancia.
«Per te anche due.» Le fece l'occhiolino, facendola arrossire.

«Io ho già ricevuto il mio autografo da lei, signorina Goldstein, l'ho rubato, a dir la verità. Quel giorno, quando l'ho rinchiusa nelle segrete...» ruppe finalmente il suo silenzio, carico di significato.
«Vorrai dire nelle fogne, Kama!» Lo corresse l'auror speciale, guardandolo dall'alto al basso, dando un colpetto fin troppo allegro al suo compagno di squadra.
«Forse...» sorrise, con il solito accento francese «non è stato un bel luogo di soggiorno per la signorina Goldstein, ma... se non l'avessi fatto... non ci saremmo mai conosciuti, e non avremmo mai iniziato questa missione... suicida...» si sistemò la manica del cappotto marrone che indossava.
«Piacere nostro, Kama!» Commentò il capo del dipartimento auror, ricambiando il suo sorriso discreto.

«Oh, voi ragazze siete sempre state il gioiello del gruppo! Belle, certo, ma pericolose! Non che sia una cosa sbagliata...»
«Troppo pericolose!» Ridacchiò Eulalie, dando il cinque alle altre tre donne al tavolo.
«Esattamente! Li abbiamo fatti pensare parecchio l'anno scorso! Siamo stati bravi a... a non avere un piano.»
«Mi chiedo cosa saremo in grado di fare tutti insieme, quando saremo più organizzati!» Inarcò un sopracciglio l'auror speciale.

Soltanto quando la quindicenne tossicchiò, si ricordò che lei non era - completamente- una bambina, e si affrettò a stringerle la mano minuta.
«Beh, in effetti sono successe tante cose a Parigi...» si grattò nervosamente la nuca il magizoologo.

Grindelwald, cinque anni prima, nel 1927, aveva deciso di tenere al cimitero francese di Pêre-Lachaise un'adunanza, che era costata alla pelle decine di vite umane. Quel giorno, Queenie aveva deciso di passare dalla sua parte, Leta era morta inghiottita dalle fiamme e, non meno importante, ognuno di loro era rimasto distrutto. Erano trascorsi anni e quello tutto sembrava tranne che un lontano ricordo.
Ma, nonostante la distruzione, Parigi aveva dato loro qualche piccolo ricordo. Lì avevano conosciuto Kama, l'auror francese dolce e timido gentiluomo, che sembrava fuori posto nella sua stirpe.

Mentre Newt... beh... lì aveva detto il suo primo "ti amo" a Tina.

O meglio, no, non lo aveva detto, non con quelle parole. Glielo aveva fatto capire, forse. Le aveva semplicemente detto quanto fossero meravigliosamente imperfetti i suoi occhi, un fuoco nell'acqua buia.
Ora che ci ripensava, si sentiva uno sciocco.

Come poteva un fuoco ardere nelle profondità del mare?
Eppure, anche se non era stata Parigi, per un attimo aveva rischiato di vederla portare via.

«Però, nonostante tutto, signori, siamo sempre nello stesso sterco di drago! Anche se abbiamo un nuovo combattente in erba nella squadra... siamo sempre "i pochi contro i molti"» Sospirò stancamente Eulalie, che odiava vedere l'ago della bussola sempre a favore del nemico.
«Sempre gli stessi!» Annuì Theseus, fissando senza un motivo i capelli della ragazzina seduta di fronte a sé.
«Non gli stessi. Avete dimenticato che nelle mie lettere vi ho accennato che dovrò andare via? Farò meglio a operare sul campo.»
Li mise al corrente la voce francese.

«Ci... ci arrangeremo» si strinse nervosamente le mani al petto la giovane assistente, ricevendo da parte di tutti un segnale di assenso.
«Mi sembra l'idea più sensata!»

Non lo era, per niente. E a dire ciò fu proprio colui che era contrario più di tutti.
«E ci risiamo... un magizoologo con una valigia incantata, un'assistente, un pasticcere con una padella nascosta sotto la camicia e un'altra sotto la cintura, una legilimens incinta, la custode delle chiavi di Ilvermorny, un ragazzo dalle mani di burro...»
«Hey!»
«... una donna in carriera, un purosangue francese, che non sappiamo quando se ne andrà... beh, in realtà siamo molti di più e»
«Più vulnerabili!» Sospirò Tina, indicando il ventre rigonfio della sorella.
Theseus fece un cenno con la testa, continuando a fingere che non gli importasse.
«E, ovviamente, "l'auror speciale"...» gonfiò comicamente il petto, con un sorrisetto ebete sulle labbra.

In tutta risposta, Tina gli diede un calcio da sotto al tavolo e Lally, che non si era minimamente resa conto della reazione dell'amica, si affrettò a dargli un colpetto sul braccio.
«Oh, ma stai zitto!»

«Almeno abbiamo due streghe e»
«"dita di burro" in più...» inarcò un sopracciglio il ventunenne.
«un mago, ma sì... stavo per dire questo.»
«Sono piuttosto veloce con la bacchetta, signor Scamander.» Gli ricordò bonariamente, accennandogli un sorrisetto.

Non come lei, ma me la cavo, si ritrovò a pensare orgoglioso.

A differenza di alcuni membri della squadra, non riteneva il suo lavoro una gara. Lui non voleva eccellere nel suo campo, o meglio, non voleva essere migliore degli altri, voleva essere il "migliore" rispetto a ciò che era sempre stato in grado di fare. Voleva superare se stesso, e provava sempre un grande orgoglio quando riusciva a destreggiarsi nella sottilissima arte degli allenamenti. Quella sarebbe stata la sua prima spedizione, prima del suo ruolo definitivo!

Le sorti si sarebbero potute benissimo ribaltare, considerando che aveva moltissimo da imparare e che sua sorella, nonostante avesse solo quindici anni, sembrava nettamente più abile di lui.

«Come li fermiamo?»
«Aspettiamo che Silente ci comunichi gli ultimi avvenimenti, e poi capiremo cosa fare, dove andare.»
«Io devo andare al ministero» ricordò loro Tina, porgendo loro il ritaglio di giornale figurante la coppia con il bambino scomparso.

«Giusto! Dobbiamo anche occuparci al caso e... delle maschere. Due casi in una sola volta. Bene.» Si colpì la fronte, fingendosi sbadato.
«Bene»
«Bene» ripeterono a turno gli auror del gruppo.
Non andava bene per niente! Non avevano alcuna pista e la consapevolezza che entrambi i casi fossero intrecciati, rendeva il tutto tremendamente complicato.

«Quei bambini hanno la priorità, le maschere possono pure aspettare.» Dichiarò decisa l'auror americana.

E, anche questa volta, Newt convenne con lei.

«Saranno spaventati» mormorò il magizoologo, accennandole un sorriso «Sono d'accordo».
«Allora è deciso!» Battè la mano sul tavolo «Andiamo prima al ministero, come avevamo pattuito in origine» mise a verbale l'auror speciale.
«Sì» ispirò con il naso la ragazza.

Newt non poteva fare a meno di osservarla, portarsi alla bocca il quinto biscotto della giornata e bere per metà la seconda tazza di caffè. Nonostante fosse, quella mattina, tutta risolini e sorrisetti, aveva intravisto una piccola smorfia di fastidio e tristezza. Rigirava nervosamente il cucchiaino brillante nel palmo della mano, come se quello fosse il suo unico passatempo.

«Dobbiamo farci venire comunque un'idea in mente» sospirò di nuovo «se Silente non sa da dove cominciare, e senza offesa... al momento non lo so neanch'io... dobbiamo cercare di aprirci un sentiero.»

Anche questa volta i suoi occhi dicevano la stessa cosa: «Io non posso permettermi di fallire.»

«Sono d'accordo!» Commentò lo Scamander più grande «Quindi... tappa numero uno: il ministero, appunto. Poi, avevo pensato che potremmo cercare quei documenti scomparsi, le prove sui suoi crimini
passati. Il ministero Britannico ne aveva gli archivi pieni.»
«Mentre il Macusa l'esatto contrario! Ho capito a cosa sta alludendo, Signor Scamander... ma»
«Lo so, è praticamente impossibile riuscire a spostarci in così tanti luoghi, ma...»
«Ma di che cosa state parlando?» Li interruppero Jacob e Newt contemporaneamente.

Tina e Theseus si guardarono negli occhi e la ragazza gli diede il consenso di spiegare ciò su cui concordavano entrambi, all'unisono e senza il bisogno di compromessi.
«Grindelwald è... "pulito" o quasi. Al ministero sono stati rubati i documenti inerenti agli ultimi suoi casi registrati e il Macusa ha raramente avuto a che fare con lui, e, anche in questo caso, qualcuno ci è arrivato prima di noi. Quindi...»

«Pensavamo» riprese lei «che se vogliamo combattere legalmente Grindelwald, abbiamo bisogno di prove che attestino la sua colpevolezza. E lo so, è assurdo! Ma se vogliamo fermarlo, una volta per tutte, dovremo metterci sulle tracce di quei documenti.»
«Non è assurdo, è folle! Sembra sempre che nessuno abbia visto niente!» Protestò il pasticcere, cercando sotto il tavolo la mano della moglie «Io c'ero e c'eravate voi, noi, e... c'erano loro!» Tremò.
«Oh, caro!» La legilimens lo avvolse fra le braccia e poggiò la testa sulla sua spalla per rassicurarlo.
Tina annuì con un sorriso forzato.
«Lo so, lo sappiamo tutti, purtroppo. Tutti hanno visto, ma nessuno sembra avere il coraggio di aprire la bocca e agire per smentire le voci che, purtroppo, non sono solo voci, ma convinzioni.»
«Un'altra dimostrazione della sua pericolosità!» Sussurrò a voce bassa Theseus «E rischia di fare altri danni se non ci affrettiamo.

«Quindi» riprese lei «dobbiamo cercare di affrettarci. L'ultima volta ha avuto rapporti molto stretti con il presidente tedesco e, anche se le cose non vanno molto bene lì...» ebbe un brivido di freddo non indifferente, al solo pensiero di ciò che stava facendo quel mostro babbano travestito da agnello «dobbiamo affrettarci! È altamente improbabile che lì, ecco, che riusciamo a trovare qualcosa.»

«Ma la Germania... Tina, non è più un luogo tanto sicuro! Lo sai, si fanno chiamare "nazisti" quelli! Insomma... quel mostro... è stato nominato cancelliere! E, lui odia quelle come voi! Quelli come noi» il babbano si morse le dita. Gli tremavano i denti per la paura, e neanche l'abbraccio di Queenie riusciva a tranquillizzarlo. Anche lei, come lui, come sua sorella, correvano un gran pericolo.

Che cosa avrebbero fatto anche a loro? E se anche in America sarebbe successa la stessa cosa?

«Ancora peggio per noi che siamo streghe, Jacob. Ci bruceranno sul rogo! È già successo in passato. E su questo, Grindelwald ha ragione...» sentiva gli occhi del resto del gruppo trucidarla, ma non se ne curò «ma è sbagliato come sta affrontando la situazione. Non possiamo permetterci che lo statuto nazionale di segretezza venga infranto! Sarebbe una dimostrazione e una tesi a favore, troppo valida. Anche se sbagliata, ovvio.»
«Sì, purtroppo. Per il momento dobbiamo stare in silenzio, nell'ombra e cercare di non dare troppo nell'occhio» concordò l'auror speciale.

Era nota a tutti la loro violenza crescente, la loro intolleranza verso le minoranze, le alleanze che si stavano formando tra un paese all'altro, la corsa agli armamenti, i casi di violenza che spesso i giornali tentavano di far passare inosservati.

«E quindi... come facciamo?» Gemette Lally, portandosi nervosamente una mano alla bocca. «È tutto tremendamente controllato! Non c'è persona che riesca a penetrare in territorio tedesco senza controlli!»
«E anche il ministero tedesco sembra adattarsi a quel contesto!» Rabbrividì Newt, incrociando lo sguardo triste e ricco di consapevolezza dell'auror americana.

Erano già scappate una volta all'odio, e l'America per tanti anni era stata, e sperava - Tina - sarebbe continuata a essere, la sua casa. Non aveva avuto modo di vivere ciò che gli avi avevano raccontato ai suoi genitori, eppure, nonostante avessero raccontato loro la storia delle loro origini con lo stesso tatto che solitamente si usa quando si cerca di condurre un dialogo serio con delle bambine tanto piccole, con il tempo era rimasta piuttosto colpita, quasi scioccata dalle capacità e dall'intolleranza umana.
Non le venivano in mente altre idee, se non tentare l'impossibile.

«Allora... utilizzeremo le scope o delle passaporte! Oppure ci smaterializzeremo. Noi auror siamo autorizzati a stare in territorio straniero. Ma voi?» Si grattò la nuca la bruna, guardando distrattamente il caffè rimasto nella tazza di porcellana.
«Fa schifo.» Commentò, tutti consapevoli che quel commento non era solo indirizzato al caffè che stavano bevendo.
«E, inoltre, se anche riuscissimo a procurarci le autorizzazioni... loro capiranno che cosa stiamo cercando!»
«Sì.» Sospirò Theseus Scamander.
«Li faranno sparire prima del nostro arrivo.»
«Beh, alla fine aveva ragione Grindelwald. Scoppierà un'altra guerra, su questo siamo tremendamente d'accordo. E non sappiamo quando.»
«Guerra...» mormorò la ragazzina spaventata.

Non ancora! Jacob Kowalski non poteva dimenticare ciò che aveva vissuto in trincea durante la prima guerra mondiale. Era appena un ragazzo di diciotto anni, con tutta la vita davanti. Ma aveva preferito vederla fuggire via dai suoi occhi durante quei giorni ombrosi, durante i quali era stato costretto a sopportarne il rumore degli spari.

«No, noi non» un singulto si impossessò della sua voce.
Lasciò cadere il bicchiere di vetro a terra, e nascose il viso contro il petto della moglie, singhiozzando.

Due, dum, dum.

Tre spari ravvicinati.

E seduto a quel tavolo, nonostante l'atmosfera silenziosa - a eccezione del vociare degli altri maghi - era come se la guerra si fosse nuovamente materializzata intorno a sé, davanti ai propri occhi.

I corpi... l'odore rancido e putrefatto dei cadaveri. Grigi, come la pietra arida su cui erano stati lasciati agonizzare. Aveva visto suo fratello fare la stessa fine, una fine brutale, ma, a differenza di molti altri, aveva avuto la fortuna di trasportare il suo corpo e adagiarlo dentro il legno freddo di una misera e povera bara.
Suo... fratello...

E lui si era perso nuovamente nella nebbia.

Quante persone avrebbe visto morire ancora? E se a sua moglie sarebbe successa la stessa cosa? E se...?

«Oh, no, tesoro. Amore, va tutto bene. Lo so che fa male.» Gli passò le mani fra i capelli.

Ma Jacob aveva ormai imparato da anni ad affrontare i suoi demoni e, come aveva fatto in passato, sollevò lo sguardo e si asciugò gli occhi, guardandola con un sorriso titanico anche se tutto tremante.
«Sto bene, A-amore.»

Starò bene, disse a se stesso. Sto bene.

Sentì Theseus sfiorargli la spalle e accennargli un sorriso distratto. Erano lacrime che intravedeva ai margini degli occhi dell'auror speciale?

«Io... ho vissuto la guerra in prima linea, Jacob. Posso capirti.» Abbassò lo sguardo «E... e la vita è troppo bella per vivere nel passato, no?»

«Sì.» Sospirò lui, con un mezzo sorrisetto tirato.
«Ed è proprio per questo che dobbiamo ricordare le cose belle!» Battè le mani entusiasta Lally, in un tentativo improvvisato di farlo sorridere.
«Ha ragione lei, Jacob!» Sorrise Newt «Pensa a Queenie, a tuo figlio, a... al cibo. Tu ami cucinare, no?»
«E noi amiamo mangiare ciò che prepari!» Gli fece l'occhiolino la cognata.

Magari era sopravvissuto alla tempesta, e magari avrebbe dovuto affrontarne altre, magari per parecchio tempo avrebbe continuato a sentire la voce e i consigli del fratello grazie alle parole che trascinava con sé il vento.

Lui gli aveva salvato la vita.

Ma loro c'erano, erano tutti insieme, e sarebbero riusciti a impedire che tutto potesse crollare e degenerare.

In fondo, come diceva spesso Theseus, Grindelwald sapeva molte cose, ma non tutte, e la realtà sarebbe potuta cambiare. Non erano eroi, era vero, ma uomini, e avevano il potere di rendere il mondo migliore. Grindelwald utilizzava sopratutto le parole, ormai era in grado di capire il suo gioco perverso. Sua moglie era stata una vittima del suo controllo.

«Sapete... a me, ecco, è venuta un po' fame...» si tastò la pancia che aveva iniziato a borbottare.
Queenie ridacchiò, gli diede una leggera spallata e lui, ricambiando il gesto, le posò appena la bocca sulla sua.
«Questo però non posso perdonartelo!»
«Lo so!» Ridacchiò lui come un bambino, quando il respiro caldo di lei gli solleticò la guancia.

Newt li guardava, con un sorrisetto, con quel pizzico di tenerezza che non riusciva mai a mascherare del tutto. Lo sguardo un po' vacuo nella solita direzione: verso l'auror americana accanto a sé.
Anche lei sembrava un po' commossa, e fingeva di bere dalla tazza di caffè ormai vuota.

«Credo che tutti abbiamo di nuovo fame...» commentò Newt, rosso fino alla punta delle orecchie.
«Sì, penso proprio di sì! Ehm... uhm... credo che stia arrivando la cameriera!»
Indicò una sagoma che si stava facendo largo fra i tavoli, diretto al loro, con un vistoso vassoio fra le mani.
«Mi scusi, signorina? Ha altri biscotti? E del caffè?» Le chiese cordialmente Jacob, cercando di sbirciare sotto il cappuccio che le ricopriva il viso.
Vide sua moglie ridacchiare, tingersi di rosa sulle guance e nascondere il viso fra le mani, ma non le diede molta importanza. Sembrava un po' imbarazzata, ma proprio non ne capiva la ragione.

La voce della strega lo spiazzò.
«Non sono una cameriera» proferì.

Era rauca, gutturale, e tutto sembrava tranne che delicata e da ragazza. Aveva quel che di familiare.
Non era una donna. Aggrottò le sopracciglia, confuso.

«E non sono neanche una strega in realtà...» Scoppiò a ridere di gusto.

Eulalie, invece, lo aveva riconosciuto, prima di abbassarsi il cappuccio e rivelare il suo volto.
«Albus!»

Guardò Jacob, che sembrava paralizzato per l'imbarazzo, Newt che era scattato in piedi insieme al fratello, Filemina che era arrossita e aveva fatto un mezzo inchino impacciata.
«Professor Silente!» Gli tese la mano l'auror americana.
Albus salutò tutto con un sorriso e un cenno del capo e le strinse la mano, dopo aver poggiato il vassoio davanti al pasticcere.

Jacob sospirò, valutando fra sé e sé se saziare il proprio stomaco. Infine, decise di rimanere immobile, e di muovere solo le pupille.

«Spero solo di non essere troppo puntuale. Sarei dovuto essere qui per...» guardò l'orologio al polso «le dodici. Spero di non essere troppo in anticipo.»
«Oh, no. Lei è in perfetto orario, professore.» Sorrise Eulalie.

Più che perfetto, pensò a sua volta Jacob, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal vassoio.

«Abbiamo parecchie cose di cui discutere. Molte e anche promettenti. Soprattutto sulle...» abbassò la voce «le maschere.»

L'euforia iniziò a farsi strada fra i membri del gruppo. Tina, Newt e Theseus iniziarono a fissarsi, con gli occhi illuminati non solo dalla speranza.

«Che genere di informazioni?»
«Informazioni che potrebbero risolvere il caso. Ma prima di rivelarvi tutto, ho bisogno di fare una piccola ricerca sul campo.»

«Beh, allora... si sieda, professore.» Lo invitò Tina impaziente, indicando la sedia vuota.
«Faccia almeno colazione con noi!»
«Bene. Ah, ehm, comunque può servirsi per primo, Signor Kowalski.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro