Cap VII

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Le bancarelle erano di tutti i tipi che riusciva a immaginare.

Mercanti di aquiloni stavano accanto a venditori di dolciumi, mentre subito dopo si vendevano vestiti, poi gioielli, poi un mimo di carta.

Camminando più veloce che poteva, Feihua si assicurava che Jinhe fosse subito dietro di lei. L'altro era chiaramente venuto per godersi l'anniversario della loro scuola, e lei era fermamente decisa a farglielo assaporare al massimo.

«Guarda, hanno le mele candite! Ne prendiamo...»

«Due?» disse Jinhe, mettendogliene in mano una appena comprata. Feihua non decise se ridere o imbronciarsi, così finì a fare entrambe le cose.

Presa la mela, diede uno spintone giocoso a Jinhe, quando quello ridacchiò per la sua espressione. Come, e perché, quel qilin fosse così bravo a indovinare cosa le passasse per la testa era un mistero che lei non riusciva a districare.

Non bastava che fossero cresciuti insieme, perché lei non ci riusciva. E le cose erano peggiorate da quando era tornato due anni prima; si era rifiutato con decisione di spiegare cosa fosse successo, come se i dieci anni in cui non aveva dato più sue notizie non fossero mai esistiti.

Da quando era tornato, Jinhe aveva troncato ogni legame con qualsiasi scuola marziale, rifiutandosi di praticare, studiare o insegnare.

L'unica, piccola, relazione che aveva mantenuto con quel mondo erano le donazioni alla scuola del pruno.

Pensando alle conseguenze, però, Feihua arricciò il naso, cosa che le fece finire la glassatura della mela sulla punta.

«Stai pensando a qualcosa di brutto?» domandò Jinhe, mentre si puliva i denti con il bastoncino del suo dolce.

Lei gli fece la linguaccia, accompagnandola con un colpetto giocoso al braccio

«Non proprio, sto pensando a qualcos'altro in cui posso batterti» nella sua voce c'era molta più spavalderia del dovuto.

Ridendo, Jinhe si guardò attorno, trovando una bancarella per il tiro al bersaglio.

Tre partite dopo, Feihua ringraziò di non aver accettato di scommettere nulla.

«Non è giusto! Perché sei così bravo?»

Imbronciata, Feihua stava osservando l'altro scegliere il terzo premio.

Aveva preso un piccolo fermaglio per sua madre, e una sciarpa per suo fratello; Feihua si ricordò che non li vedeva da qualche tempo.

«Come stanno Aoren e tua madre?» chiese, mentre Jinhe passava in rassegna le mensole della bancarella.

«Stanno bene, soliti battibecchi» rispose lui; Feihua non approfondì. Sapeva a cosa si riferiva, e il motivo dei loto litigi, ma pur non apprezzando le idee dell'amico non le andava di guastare l'atmosfera festosa.

«Che ne dici? Potrebbe piacere a Xiang?» le chiese Jinhe.

Colta di sorpresa da quella domanda, Feihua sentì con prepotenza una vampata salirle nel petto. Negli ultimi due anni, ogni volta che si era trovata alla locanda, la qilin non aveva potuto fare a meno di provare uno strano sentimento verso la cortigiana.

Sua madre aveva un nome preciso per quell'emozione, ma lei si rifiutava di concordare.

«Perché le compri qualcosa?» chiese lei, incrociando le braccia.

«A parte che l'ho vinto, mi pare educato portarle un pensierino dalla festa»

«Si, potrebbe andare» borbottò lei, senza nemmeno prestare attenzione a cosa stava guardando.

Jinhe fece impacchettare i tre premi, e li ripose nelle tasche interne del manfu. Feihua stava per proporre una quarta partita, quando l'altro le indicò un palchetto dove degli attori si stavano per esibire. Irritata con sé stessa, senza ben capire il perché, lei lo seguì, prestando ben poca attenzione alla recita all'inizio.

Sapeva quella commedia a memoria, ma man mano che la storia andava avanti, tra le risate dei bambini e qualche battuta di Jinhe, Feihua ritrovò il buonumore.

Finita la recita, la qilin propose una sosta.

Seduti al tavolo di una taverna, i due stavano leggendo senza troppo interesse i vari dolci e piatti del giorno.

«Come va con gli allenamenti?» chiese Jinhe, quando il silenzio si fece troppo lungo.

Feihua lo fissò, sorridendo nel non trovare il solito sguardo di circostanza nei suoi occhi. Troppi facevano domande di quel tipo solo per dare aria alla bocca, ma Jinhe stava mostrando un genuino interesse.

«Hai davanti una maestra di primo grado» sorrise Feihua, mettendo bene in mostra il colletto dorato e il resto degli abiti.

Visto il giorno di festa, vestiva tutti i simboli della scuola e del suo grado.

Pantaloni neri, fermati in vita da una fascia candida. Il manfu corto, un dono di sua madre, le scendeva poco oltre i fianchi, nero con i polsini bianchi, le maniche decorate da tanti piccoli fiori di pruno cremisi.

«Ah si? Spostati un po' che non la vedo»

Ridendo, Feihua gli rifilò un debole calcio sotto al tavolo.

«Guarda che mio padre mi ha assegnato degli adepti d'alto grado» disse lei, fingendo malamente irritazione.

Jinhe annuì, continuando a ridere. Un pensiero folle si insinuò nella mente di Feihua, per giocare uno scherzo all'amico.

In fondo, poteva dirsi ancora irritata dal fatto che aveva preso un regalo per Xiang.

Abbassò la voce, come se stesse rivelando un segreto.

«In realtà, credo Jiazi potrebbe prendere il mio posto molto presto»

Non era sicurissima che avrebbe funzionato, ma Mao, e anche Xiang ad essere oneste, le aveva garantito che il modo migliore per far ingelosire qualcuno era presentargli un rivale.

Di sicuro, Jinhe si sarebbe sentito punto sul vivo, se avesse pensato che l'altro potesse sconfiggerla.

«Ho visto un cane che miagolava» ribatté l'altro.

Per un momento, la qilin poté solo sbattere le palpebre, stupefatta dal rapido cambio d'argomento.

Jinhe quasi cadde dalla sedia per le risate.

«Non parlavamo di cose impossibili?» domandò lui, quando finalmente si fermò

«Molto simpatico» Feihua incrociò le braccia, cercando in tutti i modi di forzare le sue labbra a non sorridere.

Jinhe si asciugò gli occhi, mentre Feihua cercava di capire dove avesse sbagliato nel seguire i consigli delle due cortigiane.

Il qilin si fece serio, schiarendosi la gola con fare solenne.

«Bene, credo sia meglio dartelo ora»

Feihua drizzò le orecchie, con un pizzico di eccitazione nel petto.

Osservò l'altro prendere un pacchetto dalla manica del manfu, una sottile scatola laccata di rosso, chiusa da un nastro dorato.

«Cos'è? Perché?» disse Feihua, aprendo con cura il pacchetto.

«È una delle poche cose che si usano nella tua scuola, e può essere utile in altre occasioni» Jinhe parlava velocemente, e la qilin non riusciva a smettere di sorridere.

Un magnifico ventaglio era adagiato sul velluto scuro, le aste laccate di un rosso scarlatto. Feihua lo aprì, vedendo i piccoli fiori dipinti sulla stoffa, e la scritta elegante tracciata nel mezzo.

«Un petalo piega il bambù» lesse la qilin, per poi abbracciare con trasporto Jinhe.

Quello ci mise un momento a rispondere al gesto, mentre lei cercava di mettere in fila le parole per ringraziarlo.

«Credo... credo tu debba andare a prepararti» disse Jinhe, mentre si scioglieva dell'abbraccio, cercando di non far incastrare le loro corna.

«L'esibizione!» Feihua balzò in piedi, quasi rovesciando lo sgabello «andiamo subito! Così potrò provare il ventaglio!»

Ignorò del tutto le proteste di Jinhe, e lo trascinò via dalla locanda, dritti verso la scuola e il dojo.

Feihua era convinta di correre ad un palmo da terra. Qi ed euforia le scorrevano nel corpo, e non riusciva a smettere di ridere. 

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