Capitolo 2

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Si alzò dal proprio banco non appena suonò la campanella, stiracchiandosi la schiena con attenzione: non poteva compiere troppi movimenti insoliti, o rischiava di cadere.

Dietro di lui, Mya rinveniva da una semi-dormita sulla spalla di Grisam, i capelli spettinati e un occhio semichiuso.

Rise di lei, e questo la fece svegliare del tutto per mostrargli una linguaccia. Alec scosse il capo, ancora divertito, poi si allontanò lasciando i due da soli.

Era di buonumore. Nonostante la negazione ricevuta quella mattina, non aveva dubbi che sarebbe stata una bella giornata. Specialmente perché ne aveva architettata un'altra delle sue.

Adam l'aveva riportato in riga con la famiglia e con gli amici, aveva reso il suo carattere migliore, tirando fuori la parte più splendente di esso, seppellita sotto un menefreghismo che per troppi anni l'aveva allontanato da tutto e tutti per fargli da scudo. Non sapeva come, eppure ci era riuscito. Malgrado ciò, se non metteva in atto qualche dispetto innocente ogni tanto, non era contento.

Attraversò i corridoi a testa alta, fulminando con lo sguardo chiunque osasse fissarlo più a lungo del dovuto. Ormai era passato un po' dalla sua rivelazione, eppure suscitava ancora curiosità o disgusto. Non gli interessava, fintantoché Adam era felice. Era quando lo insultavano che non sapeva starsene buono, e aveva rischiato di essere sospeso da scuola per questo. Il generoso compenso di Eleanor aveva messo tutto a tacere, neanche tre giorni prima, ma gli era costato una lunga ramanzina. Però l'aveva affrontata con pazienza e l'avrebbe rifatto mille volte, perché lui era Alexavier Callaway, e nessuno poteva mettergli i piedi in testa.

«Alec!» lo salutò Iris, distaccatasi dal suo gruppo di amiche. Strano, di solito non arrivava a tanto solo per lui. «Hai sentito Emily? Ti ha detto qualcosa su di me?»

Alec alzò un sopracciglio. Ecco il motivo di tanta esultanza, ma non comprendeva cosa ci fosse di così importante per lei in quella conversazione. «No» replicò solo. Scrivere a Emily era stato l'ultimo dei suoi pensieri in quei giorni. Riconosceva che aprirsi con qualcuno forse gli avrebbe fatto bene, ma Emily non era la candidata ideale, troppo chiacchierona. Mya al contrario non avrebbe apprezzato un discorso sulla perdita della verginità di suo fratello, mentre Grant era fuori discussione. E così era rimasto in silenzio.

Il viso di Iris si spense. «Non ti ha parlato di me o non l'hai sentita proprio?» indagò. Nel frattempo qualcuna delle sue amiche si era girata e aveva iniziato a sussurrare a bassa voce, guardando Alec di tanto in tanto. La cosa lo infastidì.

«Non l'ho sentita proprio, Iris, cosa ti prende?»

Lei scosse il capo, e i boccoli ampi le danzarono sulle spalle. «Niente, niente.» Fece per andarsene, ma Alec l'afferrò all'ultimo secondo.

«Aspetta. Quando passa Adam digli che sono sul retro della scuola, sotto le scale d'emergenza. Se cerca, mi troverà.»

Sua sorella si fermò e alzò un sopracciglio, dubitosa. «Che cosa vai a fare lì? Non ci va mai nessuno...»

Sapeva che avrebbe indagato, e sapeva anche come metterla a tacere. «Per quello voglio incontrarlo lì. Glielo dirai?» Non si faceva più problemi a parlarle di loro. Da un po', Iris era diventata molto più distante da Adam e interessata ad altro. Dopotutto la sua cotta verso di lui si era rivelata solo passeggera, anche se non coglieva cosa l'avesse distolta da essa.

«Oh. Capisco. Certo» tagliò corto la ragazza, e si distanziò da lui in modo da non dover udire altro.

Alec sorrise. Era ancora una bambina, e sperò lo sarebbe rimasta per molto tempo.

Uscì in cortile e si diresse verso il lato della struttura scolastica, laddove un cancelletto separava lo spazio occupato dagli studenti da quello sempre inutilizzato. L'accesso non era bloccato, ma ugualmente nessuno lo superava mai, dacché al di là non c'era niente di interessante.

Nel silenzio, voci e schiamazzi gli arrivavano in lontananza, ma lui era focalizzato unicamente sullo scricchiolio che la ghiaia emetteva sotto le suole delle sue scarpe. Gli risultava difficile camminare su quel tipo di terreno, eppure amava ascoltare quel suono, prodotto dai suoi stessi piedi che si muovevano, che sostenevano il suo peso. Sapeva che non ci si sarebbe mai abituato, che non l'avrebbe mai dato per scontato.

Le gambe lo condussero, seguendo la sua volontà, al di là della scalinata antincendio, un grosso aggeggio in ferro che non veniva mai utilizzato ma che, sebbene ciò, era comunque mantenuto in perfetta forma, per ogni evenienza. Il pianerottolo sopra la sua testa era in cemento, e una colonna che lo sosteneva creava, al di là di un muretto dal dubbio utilizzo, una piccola nicchia dove non giungeva la luce del sole, né sguardi indiscreti. Il cielo era terso e azzurrissimo, ma lui preferiva starsene lì, al riparo dal mondo, in attesa di Adam.

Quando questo arrivò ci mise un po' a trovarlo. Alec ascoltò i suoi passi sui sassolini e poi sul selciato, sempre più vicini, che scandivano i battiti del suo cuore. Ormai aveva imparato che il suo corpo reagiva alla vicinanza di quel ragazzo, ma farci l'abitudine era fuori discussione.

Il volto di Adam fece capolino dal bordo della rampa, e lui non poté reprimere un sorriso. Non lo vedeva da quella mattina, e quando si erano separati ancora gli teneva il muso.

«Che ci fai qui? Iris mi ha detto che...»

Lo interruppe. Non aveva tempo per scambi inutili di parole. «Vieni qua.» La voce gli uscì roca, distorta da un desiderio appena controllato che non sapeva neanche di star provando. Doveva controllarsi, o la sua vendetta sarebbe andata in fumo. Il problema era che accanto a Adam, ai suoi occhi bellissimi, al suo profumo inebriante e alla sua fossetta adorabile, non era per niente facile.

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