Prologo

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I had a dream

I got everything I wanted

Not what you'd think

And if I'm being honest

It might've been a nightmare

- Billie Eilish


Uno sguardo vitreo lo fissava dalla superficie riflettente dello specchio. Al suo interno, erano cariche di elettricità le nubi che lo appannavano, viscose come fumo. Eppure, nonostante tutto, quegli occhi erano stanchi, spenti; vuoti. Gli occhi di chi aveva smesso di lottare per il proprio destino.

Le braccia gli tremarono per lo sforzo di sorreggere il peso del corpo esile, che le gambe non riuscivano più a sostenere. Erano passati tre giorni dall'ultima volta che aveva dormito per più di due ore consecutive, non aveva praticamente chiuso occhio da quando aveva preso la decisione che gli aveva offuscato l'animo più di quanto già non fosse.

Non gli importava; che senso aveva continuare a combattere quando era stata calpestata anche la più fragile fiammella di speranza nel suo ingenuo cuore?

Strinse la presa sui bordi del lavandino finché le dita non gli fecero male. Con uno scatto repentino, rialzò lo sguardo e lo fece scorrere in fretta sulla sua stessa figura, fino a provare nausea. Proprio nel momento in cui si fermò a contemplare una cicatrice biancastra che gli percorreva il petto nudo, le braccia cedettero, e il suo corpo ricadde all'indietro.

Un gemito gli sfuggì dalle labbra mentre cercava invano di mantenere l'equilibrio come aveva imparato a fare nelle ultime settimane, e in un battito di ciglia si ritrovò a sbattere i gomiti contro il pavimento.

Il grido che seguì fu solo di disperazione; non c'era sofferenza nella sua voce, non per una mera condizione fisica. L'aveva abnegata ormai da tempo, quando era andato incontro a quell'apatia; ciò che, ne era sicuro, avrebbe accompagnato ognuno dei suoi giorni a venire.

«Sei contenta ora? Sto vivendo la mia vita, come tu hai voluto!» gridò alla brezza notturna che entrava dalla finestra, nella mente la sola immagine di un puro volto femminile.

Eppure, non posso fare a meno di pensare che sarebbe stato meglio se non mi avessi salvato, quel giorno.

Da quando anche Adam gli aveva voltato le spalle, non era più stato in grado di togliersi Rose dalla testa. Le figure della ragazza e del giovane Brass si mischiavano nei suoi incubi e gli impedivano di dormire, lo inquietavano con la delicatezza dei loro visi e la morbidezza delle loro voci, lo ferivano in un ossimoro dolce e tagliente.

Una lacrima di sangue gli scese dallo squarcio sul labbro, che i denti continuavano incuranti a riaprire. L'unico fluido che avrebbe permesso al suo viso stanco di versare. Con i muscoli che tremavano, si aggrappò di nuovo al mobile del bagno come se esso significasse per lui la salvezza. Ma questa non c'era, non ci sarebbe mai stata. Non per lui.

Riuscì a tornare in posizione eretta e si guardò per l'ultima volta in piedi prima di abbandonarsi alla disabilità. Non poteva scappare dalla sua punizione, non importava quanto ci provasse. L'avrebbe rincorso e trovato, sempre. E sarebbe stato peggio se si fosse lasciato andare all'illusione di una fittizia felicità.

Lui, la felicità, non la meritava.

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