Capitolo 1

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Just fade away

Please let me stay

Caught in your way (forget it, forget it, forget it, forget it)

- Breaking Benjamin



Un sospiro breve e secco riecheggiò nella stanza prima che si decidesse ad abbassare la maniglia che stringeva da diversi minuti. Uno sbuffo che suonava come ultimo incitamento a sé stessa, anche se ormai c'era poco da cui poter trarre nuovo coraggio.

Aprì debolmente e una figura si prospettò davanti ai suoi occhi, vestita di tutto punto. Sapeva che l'avrebbe trovato lì, ma sobbalzò comunque nello scorgere Alec ad aspettarla, elegante in modo insolito, le mani sulle ruote come se si stesse tenendo pronto a scattare da un momento all'altro. Non appena la vide, il ragazzo le sorrise spavaldo, ma dalla sua postura era evidente la tensione che provava a sua volta.

Mya si richiuse la porta alle spalle e cercò in quelle iridi color del fumo un incentivo in più ad avanzare. Si sorprese, tuttavia, a pensare che fino a pochi giorni prima le aveva considerate fresche e limpide come il ghiaccio, mentre ora le aveva inconsciamente paragonate a qualcosa di fosco. Erano infatti opache e spente da quando lui le aveva proposto di sposarlo, ma d'altronde lei stessa non era convinta di quella decisione. Parlarne con Alec non le sembrava una scelta plausibile dato che lui continuava imperterrito a perseguire quell'idea folle. Avrebbe tanto voluto confrontarsi con Adam, ma ultimamente a malapena l'aveva visto.

Ricordò che tempo addietro aveva espresso la sua ammirazione nei confronti di Alec dicendogli che desiderava essere come lui e avere la sua determinazione a non demordere. Che ne era stato adesso della sua risolutezza? Più d'una volta negli ultimi giorni si era ritrovata a ipotizzare che fosse accaduto qualcosa di grave a quel ragazzo, ma non era riuscita a venirne a capo, e le sue faccende personali miste alle donne che le giravano intorno per prepararla alla festa di fidanzamento l'avevano distratta dalle supposizioni sul suo futuro sposo.

Non era stato facile rompere con Grisam, e spezzargli il cuore le aveva spezzato il suo di rimando. Le parole che lui aveva pronunciato ancora le rimbombavano nelle orecchie come mosche che ronzavano instancabili.

«Dobbiamo lottare per il nostro destino, Mya» le aveva detto con tono triste quando aveva compreso che lei, dopo tanto tempo passato a desiderare di starci insieme, lo stava allontanando. «Sarò qui in caso cambierai idea. Non vorrò mai nessun'altra» aveva concluso al termine della loro discussione, mozzandole definitivamente il respiro. La delusione con la quale le aveva rivolto quell'ultima frase l'aveva fatta per un attimo dubitare della sua veridicità, ma forse, se così fosse stato, sarebbe stato meglio.

«Mya» la richiamò Alec, quasi fosse consapevole riguardo i suoi pensieri. Sembrava avere il potere di afferrare qualsiasi cosa spiacevole le passasse per la testa, forse perché era avvezzo a emozioni simili. «Giù ci stanno aspettando.» Le sorrise. «È la nostra serata.»

Si perse un istante nei lineamenti delicati del suo viso pallido, poi annuì, un po' più decisa. Lontano da Alec sembrava più difficile affrontare qualsiasi cosa, ma quando era lì a infonderle fiducia sentiva nascere nel petto una sensazione di calore, la stessa che l'aveva spinta ad accettare quella vera proposta di matrimonio futuro. Certo, avrebbero dovuto attendere che finisse la scuola, ma intanto stavano annunciando il fidanzamento, e quella era una mossa dalla quale difficilmente ci si poteva tirare indietro. A convincerla non era stata solo la sua positività, che ormai si era accorta non era del tutto reale; la prospettiva di poter avere una vita tranquilla e priva di bugie e sotterfugi l'aveva portata a fare quella scelta, che comunque non avrebbe mai preso in considerazione se non fosse stata infatuata di Alec. Grisam era colui che da sempre aveva inseguito, ma non poteva negare di voler bene al suo fidanzato; l'aveva capito quando lui l'aveva baciata davvero per la prima volta.

«Scusami.»

Si sistemò i capelli e afferrò la mano che lui le stava porgendo. Era fredda, proprio come i suoi occhi, ma la sua stretta era autentica e gentile.

«Non devi scusarti. Pensiamo solo a goderci la serata, ok?» Quell'invito suonò del tutto falso nella bocca di Alec, che era il primo a odiare eventi mondani come quello, tuttavia decise per il bene comune di non sottolinearlo.

Percorsero insieme la rampa che portava al piano di sotto. Anziché parlare, Mya si concentrò sul ticchettio monotono che i tacchi delle sue scarpe producevano mentre analizzava l'accuratezza con cui il suo compagno si era preparato. Il motivo tartan dei polsini della camicia bianca riprendeva quello della giacca elegante che in quel momento non stava indossando. I jeans scuri erano un opzione fin troppo giovanile per una festa di quel calibro, ma le piaceva attribuire quella scelta a una nota ribelle che non si era del tutto spenta in lui. Apprezzava quell'Alec, quello che non si fermava davanti a niente e nessuno e che faceva ciò che voleva. Lo apprezzava perché era tutto quello che lei non era mai riuscita a essere, e non avrebbe sopportato di vederlo sconfitto.

Tuttavia, per adesso non avrebbe insistito poiché sapeva che in quel ragazzo c'era qualcosa che non andava. Qualcosa che lo aveva spinto a organizzare tutto quello.

*

Sorseggiò il terzo drink con la testa che girava già un po'. Quella era la sua festa di fidanzamento e non voleva esagerare, ma non sarebbe stato in grado di sopportarla da sobrio al cento per cento, specie con Iris che insisteva nel parlargli e lo scrutava da lontano con il sospetto nello sguardo tetro. Sapeva che, a parte Adam, era l'unica che non poteva ingannare, ecco perché continuava a eludere le loro conversazioni e fuggire non appena ne trovava la possibilità.

Inaspettatamente, le acclamazioni e le sceneggiate tra lui e Mya erano state facili da gestire, era stato dopo che il tutto si era fatto più complicato. Una miriade di persone mai viste si era voluta complimentare con lui, e stringere la mano di così tanti uomini e donne lo aveva quasi disgustato. Come se non bastasse, quando aveva creduto che finalmente tutti gli invitati si fossero presentati, questi avevano iniziato a pretendere chiacchiere e informazioni sulla loro vita di coppia, e a quel punto aveva dovuto inventare una scusa per uscire da quell'inferno e distanziarsi fino a raggiungere l'angolo bar.

Si portò il calice di Martini alle labbra e l'odore forte e secco del liquore gli sfiorò le narici in una silenziosa richiesta di essere assaporato. Valutò l'idea di mandare tutto al diavolo e perdersi al suo interno pur di togliersi di torno auguri e convenevoli da uomini e donne che erano lì solo per partecipare a una serata in villa Brass, ma a un lampo di puro blu si bloccò. Il bicchiere gli scivolò quasi dalle dita, ma riuscì a recuperarlo all'ultimo, senza staccare gli occhi da quelli di Adam, che l'avevano come ipnotizzato.

Erano tre giorni che non li incrociava, tre lunghi giorni durante i quali si era tenuto a debita distanza dalla sua presenza magnetica. Più di una volta si era sentito tirato da una forza superiore verso la porta che in tante occasioni aveva varcato con leggerezza, ma alla fine aveva resistito; aveva ignorato.

Si era illuso di essersi tranquillizzato riguardo ciò che era accaduto, e invece ora il cuore stava svolazzando come un colibrì mentre la fervida immaginazione rievocava alla memoria l'ultima volta che si erano toccati, la volta in cui...

Desideri piacere da me quanto io desidero darlo a te.

«Cazzo!» Avvertì le guance andare a fuoco al ricordo di quelle parole, che non un solo giorno avevano smesso di riproporsi nella sua mente.

Distolse in fretta lo sguardo e trangugiò il contenuto del bicchiere in un solo sorso. Gli mancava il fiato, e di certo non per aver ingerito quel drink senza nemmeno permettersi un respiro. Ora sì che gli girava la testa, ma non abbastanza, non per il motivo giusto. Avrebbe preferito di gran lunga essere ubriaco piuttosto che agitato per la presenza di Adam. No. Per la presenza del fratello della sua ragazza. Così andava meglio...

Stava decisamente impazzendo. Doveva trovare un altro drink. E poi Mya, e il conforto che gli avrebbe dato; solo così, con la convinzione di star facendo la cosa giusta, si sarebbe calmato.

*

«Alec!» Mya cercò di richiamarlo alla ragione senza troppa convinzione.

Le aveva afferrato il polso nella sala principale come se dovesse dirle qualcosa di urgente in privato, ma non le aveva dato spiegazioni. Poi l'aveva trascinata fino al piano di sopra, e stranamente erano passati inosservati.

«Shh» sibilò lui, un po' in ritardo, al rimbombo della sua voce nel corridoio.

Avanzarono ancora qualche secondo nella penombra, Alec un po' in difficoltà per via della mano occupata in quella di lei. Nel silenzio del piano di sopra arrivavano ovattati i festeggiamenti tenuti per loro nella sala delle cerimonie, coperti dal rumore secco e ritmico delle scarpe di Mya. Le aveva portate per tutta la sera e iniziava a non sopportarle più, ma era poco decoroso toglierle, anche se erano solo in due. Sua madre l'avrebbe di certo ripresa se l'avesse sorpresa a compiere tale informalità.

«Insomma, Alec, dove stai...» Si interruppe quando lui finalmente si fermò. Fece giusto in tempo ad accorgersi di trovarsi davanti alla propria camera prima che lui aprisse la porta e la tirasse dentro per poi richiudere alle loro spalle.

La penombra li inghiottì, e la ragazza si lasciò guidare dagli altri sensi per avanzare, dal momento che non poteva vedere. Udì Alec intruppare in diverse parti, poi sentì un click e la flebile lampadina accanto al comodino rischiarò un poco l'ambiente. Si voltò verso il letto e scorse Alec arrampicarvisi senza troppi sforzi. Credeva che per lui fosse più complicato muoversi da una piattaforma all'altra, ma con piacere stava scoprendo di sbagliarsi.

«Vieni.» Il mormorio di Alec fu appena percettibile, eppure fu sicura che le aveva detto di raggiungerlo. Nell'udire la sua voce roca, non poté opporsi a quell'ordine.

Quando si avvicinò, scorse un luccichio acquoso negli occhi di lui, a malapena arrossati e mezzi chiusi, come se faticasse a restare sveglio.

«Sei stanco?» domandò insicura. Non riusciva a capire il motivo per cui si trovavano lì. Se Alec aveva talmente tanto sonno da volersi ritirare prima che la festa finisse, perché non era andato in camera sua e perché l'aveva trascinata con lui?

Lui alzò l'angolo della bocca in un'espressione ironica che le fece di nuovo avvertire le farfalle nello stomaco. Solo in quel momento si rese conto di quanto i capelli gli erano ricresciuti: ora gli sfioravano la fronte e gli gettavano un'ombra sensuale sul viso. Non era più la smorfiosa testa di cocco che aveva conosciuto, ora aveva un intrigante giovane uomo davanti. Un ragazzo a tratti sconosciuto, circondato da fantasmi più grandi di lui.

«Sono stanco. Della vita» fu la risposta di Alec, che tuttavia non possedeva un tono amaro come le parole stesse.

Non le lasciò il tempo di replicare, l'avvicinò a sé e unì le loro labbra senza che lei fosse in grado di assimilare cosa stesse accadendo. Percepì sulla lingua il sapore secco che le ricordava quello del vino, solo un po' più fruttato, poi lui iniziò a mordicchiarla e perse la cognizione di qualsiasi altra cosa.

«Alec...» provò a chiamarlo dopo essersi distanziata un po', ma lui non la lasciò andare. Le portò le mani dietro la schiena e la tirò a sé fino a farla sbilanciare e cadere contro il suo torace. Non ebbe neanche il tempo di riprendere un respiro che lui tornò ad assalirla.

«Asp... aspetta» riuscì a dire. «Siamo andati via dalla festa!»

«Al diavolo la festa» lo sentì sussurrare, e l'odore dell'alcol si mescolò al suo profumo, facendole intuire che aveva bevuto un po' troppo.

Però... non poteva dargli tutti i torti. Non aveva alcuna voglia di preoccuparsi ancora per gli ospiti. Né per nessun'altra cosa. Ogni volta che c'entrava il maggiore dei due Callaway, qualsiasi problema sembrava invalicabile, ed era stufa di tutto ciò. Per una volta voleva abbandonarsi nelle braccia di Alec con la mente sgombra, perciò quando lui riunì le loro labbra lo lasciò fare.

Le dita affusolate del ragazzo si serrarono attorno alle sue spalle e usarono quella presa poco gentile per tirarla. Nell'attimo di un sospiro si ritrovò con la schiena sul letto e Alec sopra di sé, a perforarla con uno sguardo languido e per nulla rassicurante. Abbassò le palpebre e attese che il calore ormai familiare di lui la sfiorasse, ma sobbalzò nella sorpresa quando lui le baciò invece il collo. Una sconosciuta sensazione di adrenalina le riempì il petto facendole correre il cuore all'impazzata, il quale aumentava i battiti in proporzione all'intensità con cui le dita di Alec le stringevano i fianchi.

«Mya» lo udì mormorare contro i propri capelli, e a quel punto le mani fredde le si insinuarono sotto la gonna e indugiarono sulle cosce. Si sentì irrimediabilmente sporca a compiere tutto ciò quando solo un giorno prima aveva generato la sofferenza di Grisam. Non le sembrava giusto nei suoi confronti, non era del tutto certa di aver intrapreso la strada migliore. La più facile, sì, ma forse non la migliore.

Insicura su ciò che stava accadendo, gli catturò con delicatezza i polsi e fece per spostarli, ma lui rinsaldò la presa.

«Alec, non so quanto sia giusto stare qui e...»

«Perché?» fu la sua domanda sussurrata. «Hai preso una decisione. Cosa c'è, credi che non sia all'altezza di quel pappamolle?» La voce del ragazzo si era fatta strascicata, come se pronunciare tante parole tutte insieme fosse faticoso per lui.

«Lo sai che siamo in un periodo di prova! E comunque non chiamare Grisam così, è stato già abbastanza gentile a non mandarmi al diavolo dopo tutto questo.»

Al di là di ogni aspettativa, sentì risuonare nell'aria le note amare di una risata che nulla aveva di divertito. «Lasciami mostrare quanto ci stai guadagnando in tutto questo. E poi la tua prova diventerà definitiva.» Un sussurro. Bastò quello a incresparle l'epidermide come se l'avesse investita una ventata di aria gelida. Ma, al contrario, percepiva sin troppo calore in sé, che aumentò a dismisura quando i denti di Alec si serrarono piano sul suo collo.

Gemette, e quel suono la fece vergognare di sé stessa e tornare del tutto alla realtà. Spinse con più convinzione contro le spalle di Alec e stese una mano fino ad alzare di luminosità la lampadina sul comodino. Il giovane davanti a lei strizzò per un attimo gli occhi, sorpreso, poi si immobilizzò a fissare i suoi, come se fosse stato appena folgorato da un lampo.

Mya sbatté le palpebre più volte prima di comprendere che di lì non si sarebbe scostato, quindi allungò un dito per sfiorargli la guancia. Fu come se non si fosse mossa: non ci fu reazione al suo tocco. Esitò quando si accorse che Alec aveva un'aria assente. La stava guardando con attenzione, quasi assorto in qualche dettaglio del suo volto, eppure era come se non fosse lì con la mente. Preoccupata di aver fatto qualcosa di sbagliato, aprì la bocca per tentare di chiarire la situazione, ma lui fu più lesto.

«I tuoi occhi...» Il tono usato era stato basso e roco, e lei a malapena era riuscita ad afferrare le parole. «Sembrano zaffiri.»

Un brivido le corse lungo la schiena a quel suono carezzevole, che le formò un nodo nella gola impedendole di replicare. Da come stava agendo, pareva quasi che davanti a sé avesse un'altra persona, improvvisamente comparsa così come la dolcezza sofferente che l'aveva colpito.

Era ancora confusa dal significato profondo di quella frase quando Alec si alzò da lei e parlò di nuovo, stavolta con l'urgenza nella voce strascicata.

«Devo andare.»

Quel cambiamento repentino la destabilizzò, e prima che riuscisse a rispondere, il ragazzo era già sulla sua sedia a rotelle. Questa volta era stato fin troppo agile, ma aveva ben altro a cui pensare per soffermarcisi su.

«Aspetta, Alec! Che è successo?»

Il giovane Callaway si bloccò e le riservò uno sguardo vacuo. Le sue sopracciglia si erano increspate, come se qualcosa lo avesse di punto in bianco mortificato. Era evidente che negli ultimi tempi era disturbato da qualche avvenimento a lei sconosciuto, cosa che forse poteva essere collegata alle recenti sparizioni di Adam...

«Niente» disse Alec, e si morse un labbro con fin troppa foga prima di proseguire. «Ho solo bevuto un po'.»

Rimase interdetta nello scoprire che l'aveva rivelato con tanta sincerità, ma ciò non la distrasse dal disappunto. «Non mi riferivo a stasera» precisò, anche se era certa che lui lo sapesse bene.

Tra loro calò il silenzio, che persino i festeggiamenti al piano di sotto non riuscirono a perforare. Entrambi erano immobili a studiarsi, lei con apprensione e lui con crescente tormento. L'unico movimento percepibile era provocato dal canino di Alec che incessante bucava la carne. Non si fermò nemmeno quando una goccia di sangue lo sporcò.

Poi Mya non poté più sopportare quell'apatia. Prese un respiro come se non lo facesse da ore e alzò il tono di voce quel tanto che bastava da non sentirsi soffocare. «Rispondimi!»

La flebile luce riflessa dalle iridi ghiacciate di Alec tremò, e la ragazza avvertì il bisogno di avvicinarsi a lui e stringerlo. Tuttavia restò al proprio posto, sul letto.

«Adam mi ha...» Alec parlò così flebilmente che dovette impegnarsi per captare quelle parole, troncate sul nascere. Udire il nome di suo fratello le tolse di dosso un macigno, come se avesse sempre saputo che c'entrava lui e ora ne aveva la conferma.

Attese e attese che Alec si sentisse pronto per continuare, tuttavia all'improvviso il giovane Callaway si voltò e avanzò verso il corridoio. «Devo andare» esordì di getto, e prima che lei potesse anche solo pronunciare una sillaba, la porta si era aperta inondandola di luce, per poi richiudersi.

Così come quel ragazzo stava chiudendo il suo cuore a lei.


Koa

È stato un dolore trovare la canzone di questo capitolo, e ancora non ne sono per niente convinta >.>

Uh,m, come dite...?

^^' Lo so: sono tremendamente in ritardo. Proverò a far sì che ciò non accada più, anche se in vista degli esami di maturità (meglio tardi che mai) non so più quasi neanche il mio nome xD

A tal proposito stavo pensando a un modo per potervi garantire aggiornamenti settimanali come una volta, e così mi è venuto in mente di pubblicare metà capitolo ogni settimana. Per evitare che l'opera diventi una patacca però aggiornerei sempre la stessa parte di storia per completare un capitolo a metà.

Credo che così sia meglio perché può essere più coinvolgente per un lettore, che giustamente dopo due settimane si è dimenticato pure come si chiamano i personaggi xD se siete d'accordo con me, procederò in questo modo ^.^ in tal caso ci risentiamo sabato prossimo!

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