Capitolo 3

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~Luna~

Sento il sole baciarmi il viso e apro lentamente gli occhi.

Ci metto qualche istante per riordinare tutti gli avvenimenti del giorno prima, molti dei quali non mi sembrano nemmeno veri.
In un primo momento mi chiedo se Caeli esista davvero oppure faccia parte di un sogno o di una allucinazione.
Poi però lo vedo, e ogni mio dubbio svanisce.

Se ne sta lì tranquillo a schiacciare le ultime ceneri accese di ciò che rimane del fuoco.
Ha un'espressione serena e calma, sembra quasi che nulla possa turbarlo.

Anche dopo che un mio pugno lo ha colpito in faccia è riuscito a rimanere quasi impassibile e darmi supporto nonostante tutto.
Soprattutto nostante la mia enorme riluttanza ad accettare il suo aiuto.
Per questo lo invidio molto.
Io non ho fatto altro che lamentarmi e infastidirlo, come una bambina dell'asilo.

Solo ora un po' mi pento e vorrei davvero chiedergli scusa in un modo o nell'altro, se lui non mi avesse trovata forse la mia ferita avrebbe fatto danni molto peggiori, se lui non mi avesse trovata io sarei ancora in quella buca.

Mi alzo lentamente aiutandomi con il tronco alle mie spalle, la gamba brucia terribilmente ma non ci faccio troppo caso.

Mi dirigo verso Caeli per salutarlo, non voglio trattenermi più del dovuto, oltretutto mi sembra davvero troppo strano che averlo incontrato sia stata una coincidenza...insomma non penso ci siano molti fuggitivi in questa foresta, che oltretutto non mi sembra per nulla piccola.
Il fatto che poi sia stato così gentile con me non gioca a suo favore .

Tutti questi sono solo motivi in più per spronarmi ad andare via il prima possibile.
Muovo i primi passi barcollando, sento la testa pulsare e il suolo girare sotto di me, poi d'improvviso tutto si stabilizza e riesco a proseguire con più scioltezza.

È da ieri sera che nella mia mente continuo a ripetere che devo andare via, eppure qualcosa mi trattiene.
Ho giusto l'intenzione di salutare Caeli e magari ringraziarlo, ma allo stesso tempo, però, vorrei scoprire di più su di lui.
"Ma perché non sei già lontana da questo posto? " mi interrogo silenziosamente passando il peso da un piede all'altro.
"Tu non sei una stupida.  Non farai la parte della ragazza incosciente e ingenua che si fida del primo bel ragazzo che passa.
Ora cammini e te ne vai di qui, perché c'è la possibilità che Caeli non sia chi ti vuole fare credere.
Potrebbe essere proprio lui l'assassino di tua nonna " sento una morsa stringermi lo stomaco ed inizialmente credo sia perché sono troppo paranoica e sospettosa, ma poi mi accorgo di aver dato per morta mia nonna ufficialmente.
"Lei è viva " cerco di ripetere con convinzione a me stessa, ovviamente con il più scarso dei risultati.
Sono in bilico costante tra un "Dovresti fidarti di più delle persone" e un "Vai via da qui ora".

Mentre cammino tengo lo sguardo fisso sul terreno sotto di me, perdendomi totalmente nei miei pensieri. Lascio che mi trasportino via come la corrente del mare.
Mi fermo solo quando arrivo proprio davanti a Caeli e molto lentamente alzo lo sguardo.
È seduto a lucidare le sue frecce rosse con noncuranza e precisione.

«Ciao...» Accenno timidamente.
Lui alza lo sguardo solo per qualche istante e mi fissa con i suoi occhi verde smeraldo, per poi tornare al suo lavoro senza proferire parola.
Sembra freddo e distaccato oggi, non posso fare a meno di chiedermi nuovamente quale storia abbia alle spalle e cosa lo abbia portato alla fuga.
Sempre se di fuga di tratta.

Dopo un lungo e interminabile silenzio imbarazzante decido di parlare, non importa se mi ascolterà o meno.

«Ehm...ecco...io sto per andare, volevo solo... si, io volevo solo ...» Mi blocco non sapendo come continuare la frase. Cosa potrei dire?
"Volevo solo ringraziarti per non avermi lasciata in quella buca a morire e per non avermi piantato una freccia in testa ?" Oppure "volevo solo chiederti scusa per averti tirato un cazzotto in pieno viso con l'obbiettivo di farti quanto più male possibile?
In una situazione meno carica di tensione forse adesso starei ridendo.

Il silenzio sembra essere infinito.
Perché non riesco a mettere insieme giusto due parole?
Cosa c'è che non va oggi ?
Sto per sputare qualche scemenza quando Caeli mi interrompe «Prima che tu vada, posso farti una domanda?» il suo tono ha una sfumatura terribilmente seria.

«Eh..si..credo di sì» affermo con riluttanza.

«È stato un caso che tu sia caduta in quella trappola... o sei una di loro? » Mi guarda fissa negli occhi gettandomi nella più completa confusione, cosa sta blaterando? Dovrei essere io a chiedere a lui se è stato un caso che mi abbia trovata.

Ad un tratto  il mio battito cardiaco accelera, le mie mani iniziamo a sudare furiosamente e un'idea che non riesco a respingere si fa strada nella mia testa: ho il terrore che per una di loro possa intendere una Alium.

Ma se davvero fosse così, Caeli mi sta cercando come avevo sospettato? È per questo che è qui nella foresta? E se poi avesse voluto farmi davvero qualcosa, perché non agire mentre ero assopita?
O quando quasi non mi reggevo in piedi dalla sete ?

"Calmati e ragiona" queste sono le stesse parole che ho usato quando ero bloccata nelle buca, li mi hanno aiutata, speriamo lo facciano anche ora .
«Una di loro chi?»Chiedo cercando di assumere l'espressione più confusa possibile.
«Ehmmm...niente scusa» mi risponde velocemente ingarbugliandosi sulle sue ultime parole: evidentemente sono riuscita a convincerlo con grande facilità.

Caeli torna con la testa bassa a lucidare le frecce senza più guardarmi, tutto il suo interesse ora è dedicato a quelle piccole e mortali armi del colore del fuoco .

«Ecco io...allora...» biascico lentamente «Ecco...ciao e grazie» mi volto velocemente e mi allontano verso il fitto del bosco.
Ciao e grazie, davvero non sono nemmeno riuscita a costruire una frase decente?
Seriamente, non posso che farmi pena da sola.

Mi passo una mano tra i capelli e accelero il passo, la ferita mi fa ancora leggermente male, ma in modo piuttosto sopportabile.
Rimane il fatto che in questo momento io non sappia dove andare, e nemmeno se sopravvivrò alle prossime ventiquattro ore.
Non capisco se mi sento sollevata, ora che non ho più Caeli intorno, oppure quasi triste.

Direi una via di mezzo, perché per quanto quel misterioso ragazzo si sia dimostrato gentile ed educato non ho ancora un quadro completo su di lui.
La sua ultima domanda mi rimbalza nella testa "Sei una di loro?".
Quella frase mi lascia davvero troppe domande e dubbi.
Può essere interpretata in tantissimi modi differenti.

Continuo a camminare senza mai voltarmi, possibile che non ci sia alcun collegamento tra me e Caeli? Forse lui è semplicemente un ragazzo che andava a caccia e che sfortunatamente mi ha incontrata.

Scarto l'ipotesi non appena mi torna in mente una delle poche cose che mi ha detto " nemmeno io me la passo bene, ma nonostante questo sto cercando di aiutarti" quindi c'è anche la possibilità che potesse essere nella foresta da giorni, però non sembrava scappato in fretta e furia poiché portava uno zaino preparato con cura e il suo arco con sé.

"Se è veramente scappato deve aver progettato la fuga." Discorro con me stessa.
Sento che mi manca un pezzo, una cosa che forse mi farà arrivare ad una conclusione sensata, un piccolo tassello del puzzle.
Ma poi per quale motivo avrei bisogno di conclusioni? Ora sto andando via e la cosa migliore è quella di dimenticare Caeli e tutto ciò che lo riguarda.

Anche se devo ammettere che non è male avere qualcosa a cui pensare mentre cammino, aiuta a sentire meno la fatica e soprattutto a far viaggiare la mentre.
Senza la possibilità di immaginare probabilmente impazzirei .
Sono una persona che ha sempre avuto bisogno della sua fantasia.
Con il suo aiuto ho immaginato tante cose: racconti, prodezze ma soprattutto i miei genitori.

Quando la nonna mi parlava di loro cercavo di visualizzare i loro visi e il loro modo di fare, non avendo che qualche foto di loro mi sono creata io i ricordi che mi sono venuti a mancare.
Magari la sera prima di andare a dormire pensavo a come sarebbe stato averli con me e poterli chiamare mamma e papà.

La nonna è sempre stata tutto il mio mondo, si è presa cura di me in un modo che le fa davvero onore, sarebbe ingrato dire che avrei preferito i miei genitori a lei, però da una parte avere una madre e un padre sarebbe una cosa meravigliosa.
Sento il petto che si scalda pian piano e avverto un leggero pizzichino al naso .
Sto per mettermi nuovamente a piangere, ma non voglio.
Non perché piangere sia da deboli o stupidaggini simili, ma credo che le lacrime non debbano essere sprecate.

I miei genitori sono morti anni fa, è giusto che io soffra e porti rancore ancora adesso, però cio che è successo va accettato.
Magari non superato del tutto, solo accettato.

Continuo questi ragionamenti silenziosi mentre osservo i miei piedi che passano sopra a radici e sassi con ritmicità.
Mi concentro sui miei passi regolari, lasciando vagare il pensiero.

Non so da quanto cammino, ma non credo di essermi allontanata troppo da Caeli.
Ho proseguito con una andatura lenta, quindi non avrò percorso molta strada.

La gamba mi fa male, così decido di fermarmi un po' a riprendere fiato. Non ho alcuna fretta e soprattutto non ho una meta.

Sento la gola un po' secca e avverto il desiderio di acqua, sono stata stupida a non portarmene dietro un po', anche se per farlo avrei dovuto chiedere a Caeli una borraccia, visto che non ho niente con me se non i miei vestiti.
Non avevo fatto particolarmente caso a quanto fossero lerci.

I semplici jeans sono sporchi di terra e leggermente umidi, la maglia che prima era bianca è chiazzata dal marrone della terra e dal verde dell'erba, in alcuni punti persino con il succo di mora.
Sul retro penso abbia uno strappo ma non ho modo di verificarlo .
Come se non bastasse puzzano terribilmente di sudore, fango e foglie.

Cerco qualcos'altro su cui rivolgere la mia attenzione, così da non pensare più alla sete o alla fame che sto cercando di controllare.

Il mio sguardo si posa su un albero qui vicino, uno scoiattolo sta balzando veloce di ramo in ramo.
Lo intravedo solo per un istante, ma quella immagine fugace basta per far riaffiorare in me ricordi che non pensavo nemmeno di avere.

Ho circa nove anni o dieci, sono seduta a gambe incrociate su una tovaglia rossa insieme alla nonna, indosso il vestitino bianco con il bordo blu come la notte che avevo chiesto il Natale precedente.
Sorrido serena.

In quel momento se la memoria non mi inganna ho pensato che il sorriso che sfoggiavo insieme a quello della nonna avrebbero potuto fare luce in una grotta buia e cupa.
Poteva essere un pomeriggio di maggio forse, anche uno di giugno, e stavo bene, avvolta nella tranquillità della natura a leggere un libro con la nonna .

Ad un certo punto sollevando la testa avevo alzato gli occhi e notato un movimento fulmineo tra gli alberi.
Eravamo rimaste immobili finché una piccola codina era sbucata tra le foglie per poi sparire rapida .

Tornata a casa avevo disegnato lo scoiattolo e la nonna aveva detto che le sembrava proprio vero, mentre io sorridevo soddisfatta.

Il naso mi pizzica molto più forte di prima, sento che piangerò di nuovo, ma questa volta non posso evitarlo.
Mi siedo e mi raggomitolo su me stessa iniziando a prendere in considerazione l'idea di lasciarmi morire lì, ma sarebbe un gesto da vigliacchi.
Improvvisamente mi sento veramente distrutta.
Della nonna ormai avrò solo ricordi. Anche l'ultima componente della mia famiglia è morta.
"Morta" ripeto nella mia testa tante volte.
Non riesco e non voglio crederci, ma non posso mentire a me stessa.

Una sensazione simile a quella che ho provato nella trappola di Caeli mi attanaglia lo stomaco: rassegnazione.
Devo reagire, non le permetterò di battermi.
Mi risuonano nella testa delle parole che avevo buttato in un angolino remoto e oscuro "fallo per me, fallo per i tuoi genitori".
«Si nonna, te lo prometto» bisbiglio piano.

La stanchezza mi attanaglia, non saranno nemmeno le tre ma già mi sento crollare.
Sarà lo stress o il fatto di camminare da giorni.
Non voglio cadere per sempre nelle braccia della morte, ma per un attimo mi va di sfuggire alla vita.
Così chiudo piano gli occhi, con la consapevolezza che non sognerò.
Mi sbaglio di grosso.

Sento il mio corpo precipitare a lungo, non riesco a muovermi e vorrei gridare ma la voce mi esce come un rantolo strozzato.
Non combatto, non penso, cado e basta.

Credo che mi schianterò presto, spero solo non farà male.
Poi, quando ormai mi sento spacciata, non ho paura, lo accetto e mi lascio cullare nel e dal buio.
Ad un certo punto mi fermo e non sento nulla sotto o intorno a me: mi sono fusa completamente con l'oscurità.
Poi vedo una luce troppo forte perché io possa sopportare la sua vista, così chiudo gli occhi.

Sento un dolore allo stomaco molto forte e lancinante e poi davanti a me senza una apparente logica vedo la mia casa.
Vedo me, una versione che mi sembra di non riconoscere piu: spensierata e serena, convinta che la vita le riserverà tante gioie.
Quella che vedo però non è una scena come tante che il mio cervello potrebbe decidere di farmi rivivere.
La nonna piange, io urlo mentre prometto di andarmene di casa e di non tornare.

Il dolore allo stomaco si fa più forte e persistente mentre mi rendo conto di ciò che sto guardando: la mia fuga, il momento in cui è cambiato tutto.
Fino ad adesso ho assistito a quel triste spettacolo come se vedessi un film, come se fossi una spettatrice del mio stesso dolore.
Ora improvvisamente la scena cambia, mi ritrovo seduta sul prato insieme alla nonna, ma sulle pagine del libro che sto leggendo compare del sangue che si espande sempre di più.

Urlo e getto lontano da me il libro che però continua a tingersi di rosso.
Il sangue si mischia al terreno e alle foglie e pian piano prende una forma umanoide.
Il dolore allo stomaco mi fa girare la testa, ora però non riesco a gridare così provo a correre.

Tento di muovere un passo ma i piedi sono inchiodati a terra, ci metto tutta la mia forza di volontà ma è inutile, non mi muovo.
Chiedo aiuto alla nonna, ma non c'è più.

Mi costringo a guardare la figura di sangue che avanza verso di me, pare una persona con un arco.
Sembra Caeli.

Si avvicina a me lentamente e con la testa inclinata di lato.
Tende l'arco, prende la mira e io urlo.
Sono spacciata, sono morta, ho paura.

Vedo la freccia partire e un suono mi si insinua nelle orecchie.
È un rumore acuto che mi fa bruciare i timpani. È impossibile da sopportare: parte dalle mie cavità orali e si spinge al cervello, poi scende rapido lungo la spina dorsale e mi fa tremare.
Sento la testa che pulsa da morire e la vista che si appanna.
È un dolore lacerante, come se mi stessero scavando il cervello dall'interno con un cucchiaino.

Cado in ginocchio per terra e mi copro le orecchie con tutte le mie forze e poi urlo, con tutto il fiato che ho in gola.
Mi sveglio senza smettere di gridare, sono sudata fradicia e capisco dalle guance bagnate di aver pianto.

Mi guardo subito intorno tremando "È uno stupido sogno, tutto qui".
Quel rumore, però, e l'uomo nato dal sangue sembravano così reali.

Sono terrorizzata, cerco di scacciare l'immagine del mio libro coperto di rosso dalla testa, ma più ci provo e più si radica in profondità.
Ho paura, mi guardo intorno e noto che è buio pesto, ogni albero e ogni ombra mi fa gelare il sangue.
Sangue. Ancora quella parola che devo cercare di dimenticare per ora.
Eppure lo vedo dappertutto, il mio sogno si ripete nella mia testa come un disco rotto che non sono in grado di fermare.

Dalla mattina in cui sono scappata non credo di aver mai avuto tanta paura.
Il mio cuore batte forte, come se dovessi iniziare a correre da un momento all'altro, i miei sensi sono all'erta e non riesco a smettere di guardarmi intorno senza un reale motivo.

Il buio mi spaventa da morire, non per la sua oscurità in sé, ma per quello che può celare nelle sue brame.
Solitamente quando avevo un incubo a casa mi facevo piccola piccola rintanandomi sotto le calde coperte finché non mi addormentavo.
Ora non so che fare se non restare ferma col fiato sospeso e i muscoli tesi .
Forse l'unico modo per scacciare il mio incubo è non scacciarlo affatto.

In particolare quel suono, quel terribile rumore mi fa provare dolore solo a ricordarlo.
Era così reale, così vero che quasi riesco ad udirlo ancora.

Mi fermo di colpo con le orecchie in ascolto perché mi pare di sentirlo davvero, meno forte e pulsante, eppure ho questa orribile sensazione.
Mi ripeto che è solo la mia immaginazione, ma pian piano si fa sempre più chiaro e nitido.

Quello di prima in confronto a questo però sembra cento volte più forte.
Eppure non può essere, che cosa mai farebbe  un suono simile in una foresta?
Possibile che ciò che ho sentito nel mio sogno sia successo nella realtà?

A volte mi capitava che la mia mente integrasse il rumore della mia sveglia nei miei sogni. A volte diventava una ambulanza, quell'altra un campanello e così via.
Ma devo essere realista un secondo, non ha senso tutto questo.
"Nemmeno la storia degli Alium sembra avere un senso, eppure guardati " mi rimprovero.
Gli avvenimenti degli ultimi giorni mi hanno insegnato che anche le cose più assurde vanno prese sul serio, perché in fin dei conti non lo sono poi così tanto.

Così aspetto, sforzandomi di ascoltare nonostante io inizi a sentire le orecchie fischiare.
Questa è la conferma che aspettavo: non è tutto nella mia testa.
Forse sono solo paranoica eppure le mie orecchie non mentono.

Non vorrei correre e non so se ci riesco per colpa della paura che mi attanaglia, eppure quando il suono si fa più forte mi alzo in piedi di scatto con le mani che sudano e il cuore a mille .
Si fa più forte o si avvicina?

Il problema è questo, ma sono abbastanza sveglia per capire che non è normale ciò che succede.

Così quando il suono arriva al limite della sopportazione faccio la cosa più logica che mi viene in mente: corro .
Corro come la prima volta in cui sono scappata da casa, corro per vivere, per proteggermi e salvarmi.

Non vado molto veloce perché il percorso è disseminato di piante, radici e sassi che potrebbero farmi perdere l'equilibrio e cadere a faccia in giù togliendomi la mia unica possibilità di salvezza.
E poi la gamba che mi sono tagliata mi fa ancora male e non posso spingermi al limite.

Il suono si fa sempre più intenso e penetrante, sento la testa che gira e le ginocchia flosce.
Un conato di vomito si fa strada dentro di me ma lo ricaccio indietro.
È come se qualcuno stesse prendendo a calci il mio cervello dall'interno.

Devo fermarmi vari volte a riprendere fiato appoggiandomi ad alberi caduti o rami bassi.
Nonostante questo il suono non intende fermarsi, si fa strada nella mia mente.

Non capisco se questa voglia di fermarmi improvvisa sia merito suo, mi sento come drogata, non ragiono lucidamente e una parte di me inizia a lasciarsi cullare da questo rumore.
Voglio fermarmi e andargli incontro per mettere fine alle mie sofferenze.
"Non sei in te. È lui che ti fa questo".

Ora il misterioso suono ha quasi raggiunto il livello di quello nel mio sogno, mi chiedo cosa succederà quando lo supererà.

Correre ormai mi viene difficile, mi guardo alle spalle ma non vedo nulla, eppure percepisco il suono che sguscia tra gli alberi e mi segue.
Mi cerca. Mi vuole.

Sento le gambe che cedono e cado in ginocchio, mi copro le orecchie e urlo mentre tento di alzarmi a fatica.
Sta succedendo tutto troppo in fretta. Un attimo fa dormivo beata e ora sono in procinto di morire .
Il buio è pesto e ormai non so che fare.

Morirò è la fine.
Lascio gli arti morbidi alla mercé di quel ruomore sconosciuto.
Le ultime forze mi abbandonano.
"Finirà presto" prego cercando di ragionare lucidamente.
Poi, d'un tratto, sento qualcosa tirarmi di lato.

Vedo una sagoma che si staglia su di me.
Ma forse sono già svenuta e sto sognando.

Non mi sforzo nemmeno di resistere mentre sento qualcosa che entra nelle mie orecchie.
Il suono si placa e io chiudo gli occhi, stremata e senza forze decido che se questa è la morte non è poi così male.

Ciaoooo.
Come va? Che ve né pare di questo capitolo?
Vorrei ringraziare nina_verce perché mi dà un parere sempre sincero sulle storie che scrivo, forse non lo sa ma mi ha spronata ad andare avanti.
Leggo talmente tante volte ogni singolo capitolo che alla fine mi stanco delle mie stesse storie, quindi un parere più oggettivo mi fa sempre comodo.
Ok, quello che avevo da dire l'ho detto ed ora vado a dormire perché è l'una di notte passata.
Ci vediamo( per modo di dire) al prossimo capitolo.

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