Ricucire gli strappi

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 La giornata al Saint Bartholomew era stata lunga, ma le buone condizioni di Amber permisero le sue dimissioni nel primo pomeriggio.

Il medico gli consegnò la lettera con le cure, James si sentiva responsabile nella nuova veste di compagno, e anche se fu una concessione fittizia, non si perse una sola frase.

"Stai diventando apprensivo," le disse ridendo mentre uscivano dall'ospedale, si teneva ancora stretta al suo braccio, ma sembrava molto più sicura del giorno prima.

"Cerco di stare attento. A casa starai meglio, il dottore ha detto una settimana di convalescenza e la farai senza protestare!"

Le puntò il dito contro salendo a bordo dell'auto della donna. La sua Ford era rimasta parcheggiata al Saint Bart.

"Come sei premuroso! Ma cerca di sorridere, hai una faccia così seria."

Fece una buffa smorfia allargando la bocca e le aprì la portiera con un leggero inchino. "Va bene mademoiselle? Mi comporto da gentleman per ciò che hai passato?"

Lo spinse via ridendo per la sua scena. "Smettila commediante, portami a casa".

Aspettò che fosse comoda e guardando la plancia aggiunse scocciato.

"Gabriel ha ancora le chiavi della Ford in ufficio e non l'ho più visto da ieri, dovrò recuperarle." La voce gli uscì dura.

Lei sospirò, prese la borsa appoggiata al fianco e ne trasse un portachiavi nero.

"È venuto a trovarmi stamani e me le ha consegnate." Allungò il braccio e gliele infilò nella tasca della giacca. "Sembrava stravolto, non aveva nemmeno dormito e devo dire che mi ha addolorata vederlo così abbattuto."

Mise in movimento l'utilitaria e sospirando rispose.

"Scommetto che ti ha detto tutto ciò che è successo ieri!" Con un gesto di stizza uscì dal parcheggio dell'ospedale.

Amber increspò le labbra, era palese che non riusciva a superare l'ingerenza del cognato e che soffriva per la situazione del fratello.

"Non saltare a conclusioni sbagliate, si è solo sfogato con me per aver causato l'allontanamento di Benedict. Di una cosa sono certa, che state soffrendo tutti."

Si sistemò il blazer, lo osservò mentre guidava, le mani erano in tensione aggrappate al volante, la bocca serrata.

"Di sicuro stavolta non è mia la colpa!" sbottò risoluto.

La donna non rispose subito, quello che accadde in quei giorni lo spinse al limite ma sapeva che non rispecchiava il giovane uomo.

Fu comprensiva, ma voleva mettere fine a quella stupida bega in cui si trovavano coinvolti.

"Gabe ha capito lo sbaglio commesso. Devi cercare di parlargli, mi preoccupa che finisca in qualche guaio, L'ho trovato molto abbattuto."

"Io gli devo parlare? Dovrebbe essere lui a farlo!" Prese una curva un po' troppo larga.

"James lo so che gli vuoi bene, non negarlo! Ti ha caricato di sofferenza è vero, ma fallo per tuo fratello, è importante che lo abbia al fianco."

"Lo so ma non riesco a capire il suo atteggiamento." Sbuffò serio.

Gli mise la mano nella nuca, i muscoli erano tesi, comprese che non c'era animosità nei confronti del cognato. In realtà si vergognava di quel gesto sconsiderato che fece e che nascose per anni. Quel passato che ancora lo rendeva insicuro. Di certo risalire la depressione non fu facile, né per lui, né per Benedict.

Infilò le dita nei capelli alla base del collo, con movimenti circolari lo accarezzava cercando di sciogliere la sua tensione, gli parlò con dolcezza.

"Ben lo ama ed è quello che conta. Gabriel non ha un animo cattivo, ma si è ingelosito. In più ha avuto paura di perderlo. Che è sbagliato lo ammette anche lui, è importante per la tua serenità riportarli insieme."

Il giovane si rilassò, le sue mani si distesero.

"Non lo sapevo che le condizioni di Ben fossero precipitate durante il ricovero," rabbrividì, "ho rischiato anch'io di perderlo." Deglutì a vuoto. "Se ci penso mi sento..." non finì la frase con la voce rotta.

"Ok, ma non è successo, e non sei stato tu a spingerlo e a causare l'incidente, ma Henry." lo fece riflettere lei.

"Maledetto! Ha creato problemi a tutti! Gabe si è fatto coinvolgere ragionando in modo sbagliato. Quanto doveva essere complicato comprendere che era proprio lui la persona da allontanare? Nonostante il mio affetto per lui, non avrebbe dovuto costringermi in questa situazione."

"Nessuno ti forza a perdonarlo, ma devi sapere che mi ha aiutata molto quando sono arrivata a Londra, e non voglio abbandonarlo."

James scosse la testa. "Si è lasciato prendere dalla paura di restare da solo, ha agito da stupido." Sibilò con la voce addolorata.

Amber fece scivolare la mano sulla sua spalla, indugiò sopra la stoffa morbida.

"Ha patito la sua omosessualità, è stato cacciato di casa per questo." Aggiunse seria senza indulgere in particolari.

"Come lo sai? Non parla mai della famiglia."

"Me lo disse tempo fa in un momento di debolezza. Mi raccontò che la madre morì ed era l'unica che lo capiva. Il padre lo incolpò che la sua perversione l'aveva fatta ammalare e non volle più vederlo. Anche il fratello lo offese. Litigarono e se ne andò rompendo i rapporti. Venne a Londra per finire gli studi, il resto lo sai."

"Benedict di certo ne è al corrente, non me ne ha mai parlato e io ero troppo preso dai problemi con Margot."

"E' il motivo che lo spinge ad amarlo, perché sa ciò che ha patito."

"Io non ho mai avuto difficoltà con la sessualità di Ben, ma cercherò di parlargli se insisti, sempre che non mi prenda a schiaffi. A volte è così irruente."

Lei rise. "Fa lo sbruffone investito dalla consapevolezza dell'età ed esperienza. Si è pentito più di quanto tu creda. Per il resto, è vero, si è lasciato trascinare dalla rabbia che tu avessi messo in pericolo Benedict"

Non si sbagliava su quel giovane avvocato, finalmente il volto gli si illuminò e sorrise. Possedeva il cuore di un ragazzo buono. Sentì il profumo del dopobarba muschiato che ancora aveva e rabbrividì di piacere.

Lui se ne accorse, voltò appena lo sguardo. "Stai bene? Forse il viaggio..."

"Sta tranquillo, non è niente." Abbandonò le mani in grembo e si girò verso il finestrino per nascondere la sensazione di caldo nel viso. Cercò di mascherare l'imbarazzo e lo smarrimento per ciò che sentiva. I giorni seguenti non sarebbero stati facili da affrontare e poi doveva parlargli di Lise. Non voleva che lo sapesse da altri, una fitta gli ricordò le ferite che le deturpavano il corpo.

"James, vorrei che mi concedessi la tua fiducia, parlane con me se ti senti pressato, sai che so ascoltare. Ieri ti ho visto soffrire."

Sorpreso per quella frase rispose. "C'è qualcosa che devi dirmi? Mi fai preoccupare."

"Ancora non mi conosci e anch'io non so tutto di te, in fondo ci frequentiamo da poco."

"Hai ragione, ma sono sicuro che tra noi funzionerà, dammi il tempo per dimostrartelo."

Scosse la testa, sembrava avvilito.

"Spesso finisco per travolgere le persone che amo senza rendermene conto, ho fatto soffrire Benedict oltre al consentito. Mi domando come abbia potuto sopportarmi."

"Perché ti vuole un bene dell'anima stupido! Ed è proprio per questo che devi riportargli Gabe."

"Sei troppo saggia per me." borbottò riprendendo parte della sua indole scanzonata.

Parcheggiò nel posto riservato e scesero, prima di salire le chiese di parlare con la signora Mallory per affittare la stanza.

L'anziana non era a conoscenza della vera occupazione di Amber; credeva che fosse una mediatrice culturale, considerando la nazionalità francese, pensava che il suo compito consistesse nell'accompagnare i connazionali in giro per Londra.

Lui abbassò lo sguardo e tossì un paio di volte con un rosso scarlatto in volto per quella bizzarra versione.

Liquidate le ultime raccomandazioni, la donna gli consegnò le chiavi e fu felice di ospitarlo. Dopo i saluti di rito uscirono soddisfatti.

Si accorse della strana tensione del giovane che rimase muto fino all'appartamento. Davanti alla porta, lei sbuffò e gli piantò il gomito in un fianco.

"Non cominciare a farti delle paranoie, lo sai quello che facevo e gli uomini che frequentavo." Sibilò irritata. "Se inizi così il nostro cammino sarà in salita."

"Scusami, dammi del tempo per adattarmi, non ti arrabbiare. " Serrò le labbra e la seguì in casa.

"D'accordo hai ragione, capisco che non sia facile." socchiuse gli occhi pensierosa, doveva lasciare che le cose tra loro si risolvessero senza discussioni. Era normale che lui si facesse delle domande e anche lei non si sentiva sicura di nulla.

James, però allontanò i suoi dubbi, le sorrise prendendola per i fianchi e appoggiandole un bacio leggero sulla fronte.

Risero insieme, per i tanti propositi e promesse che si erano fatti e che già cadevano alle prime difficoltà.

"Che stupido che sono! Ti aiuto a sistemare l'appartamento per farmi perdonare."

Finì di rimettere in ordine, mentre lei si faceva una doccia. Quando uscì avvolta dall'accappatoio faticò a trattenersi per stringerla a sé. Aveva i capelli ancora bagnati.

"Sgoccioli selvaggia." le mormorò prendendo l'asciugamano e passandolo sul capo umido. "Sei bellissima, ma vedi di non stancarti."

Le scostò un ciuffo dalla fronte. Poteva quasi sentire il calore del suo corpo inumidito, i capelli profumavano dello shampoo alla fresia.

"Recupero la mia auto e vado a prendere i miei abiti da Ben, così mi assicuro che stia bene. Puoi fare da sola?" chiese in apprensione.

"Va pure, ma non insistere con tuo fratello, non si sarà ancora ripreso."

Lui annuì, non voleva disturbarlo, ma necessitava delle sue poche cose, che continuavano a spostarsi da un posto all'altro.

"Devo andare, ma tu cerca di riposare. Ci penso io a cucinare stasera."

Lei ridacchiò e lo canzonò. "D'accordo, visto che sono affamata, aspetterò che rientri, caro illustre chef James."

"Ti stupirò donna!" esordì perdendosi nei suoi occhi verdi.

Amber non arretrò, era così vicina da poterla baciare, ma non osò e le sfiorò la guancia.

Fu lei che gli prese il volto tra le mani e con un gesto affettuoso, appoggiò le labbra carnose alle sue. Avevano il sapore delicato del lipstick alla vaniglia che usava spesso.

Ma non andò oltre e lui non insistette.

"Non so quanto potrò resistere se continui così," mormorò, sentendosi mancare l'aria.

Lo allontanò spingendolo nel petto, rideva divertita per il suo imbarazzo.

Ora entrambi avvertivano lo stesso smarrimento nel sentirsi vicini.

Lo scrutò con lo sguardo lucido e forte della sua scelta aggiunse.

"Avremo tutto il tempo necessario per capire quello che vogliamo."

"Credo di saperlo già, ma aspetterò."

Indossò la giacca e uscì, raggiunse le scale euforico, sollevò le braccia in segno di vittoria per quel dolce scambio. Di una cosa era certo, che non l'avrebbe forzata. 

Il malumore per l'attività particolare di Amber lo abbandonò. In realtà non gliene importava nulla, perché sapeva che si sarebbero sostenuti a vicenda.

Saltando i gradini a due a due, scese, pensando che la giovane gli confidò che, dopo la morte di Damien, non aveva più concesso un bacio a nessuno e mai permise ai clienti di farlo.

Se li ricordava bene i suoi aspri chiarimenti quel giorno che andò da lei per fare sesso.

Doveva rimediare dimostrandole quanto fosse importante per lui. Margot, e tutte le vessazioni che sopportò per essere un buon marito, erano così lontane. Nemmeno la rabbia per Henry Wallace lo sfiorò in quelle ore, tutto merito della vicinanza di Amber.

Chiamò un taxi per andare al saint Bart a riprendere la Ford. Un vento freddo, avvolgeva la città, si abbottonò la giacca.

Al ritorno, si sarebbe impegnato a cucinare per lei e avrebbero cenato in serenità, finalmente insieme.

Sorrise, ripensò alle sue labbra, desiderava passare la serata con lei sotto una calda coperta, abbracciandola stretta.

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