Riportare a casa Gabe.

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James arrivò all'ospedale sul tardo pomeriggio, doveva recuperare la Ford che probabilmente si trovava parcheggiata nell'area riservata al personale medico. Infatti, la trovò vicina alla Land Rover grigia di Gabe.

Decise di non affrontarlo almeno per ora, non si sentiva dell'umore giusto. Amber aveva ragione, chiarirsi era una scelta che prima o poi avrebbe dovuto fare.

Mentre si avvicinava, un'ombra attirò la sua attenzione, qualcuno sedeva davanti. Si avvicinò insospettito e quando inquadrò la figura gli si fermò il cuore.

Gabriel giaceva accasciato alla guida, la porta socchiusa.

Non ci pensò un secondo, la spalancò spaventato, lo chiamò e lo scosse.

"Che hai fatto?" gridò cercando di appoggiarlo al sedile.

Si era addormentato con la fronte sorretta dal volante, ma il respiro risultava affannato.

Il vestito appariva stazzonato, i capelli rossi scarmigliati, non ci volle molto a capire che avesse bevuto per quanto puzzava di birra.

"Ciao, ragazzino! Che ci fai in questo posto?" disse incespicando nelle parole.

"Che ci fai tu ubriaco qui dentro! Vuoi fottérti la carriera?" urlò James in preda alla rabbia premendo con la mano al centro del petto per non farlo scivolare di nuovo.

"Ho preso un paio di birre, al Duncan pub, niente di che." brontolò con la testa che ciondolava pericolosamente verso i comandi dell'auto

Si accorse di alcuni segni sul volto. "E questi lividi? Hai attaccato briga con qualcuno?"

"Soltanto uno scambio di opinioni sulle mie inclinazioni sessuali. Però ho fatto valere la mia ragione." rispose sopra le righe, ridendo e strizzandogli l'occhio.

Vedere Gabe in quelle condizioni lo costrinse a dimenticare ogni motivo di scontro. Amber non si era sbagliata, soffriva la mancanza di Benedict e aveva ceduto all'abbandono, lui così affidabile.

"Forza esci di lì." Lo afferrò per la giacca e lo trascinò fuori e lo tenne in piedi in bilico sulla fiancata della Rover per poi spingerlo dentro l'abitacolo della sua.

Gli allacciò la cintura di sicurezza e lo fece stare dritto. Prese la sua borsa medica, sicuro che ne avrebbe avuto bisogno.

Salì in auto, e lo fissò sconcertato.

"Stai bene?" Cercava di capire in che stato fosse.
L'uomo abbozzò una smorfia, scivolò in basso con la testa di lato, notò un paio di ematomi sul volto e un taglio sul polso.

Gli porse il fazzoletto. "Sanguini, tampona la ferita."

"Sei un medico adesso?" farfugliò adoperandosi per fermare il sangue. "Hai imparato da Grey's anatomy? Non è niente di grave, dottorino."

Provò a fasciarsi, ma tremava e dovette aiutarlo.

"Da qua, tremi come una foglia al vento." Gli chiuse la benda di fortuna, lui alzò lo sguardo e lo fissò sorpreso per la sua cura.

"Te ne ho dette di cose cattive, e mi aiuti? Dovresti lasciarmi marcire lì fuori." brontolò a voce bassa e con il capo chino.

"Smettila! È ora di finirla con questa farsa. Ora accomodiamo ogni cosa."

Decise di portarlo da Benedict, nonostante la sua volontà di rimanere solo. Di sicuro non poteva abbandonarlo e infondo, il fratello, amava troppo quel testardo per non perdonarlo.

Il rosso ebbe un barlume di lucidità, lo guardò stranito, provando a mantenersi dritto e cercando di darsi un contegno.

"Cosa vuoi accomodare? Dove mi porti? Tu abiti da Amber e Ben non mi vuole!" mormorò avvilito.

James lo spinse giù e gli sorrise. "Ora sta zitto e fa il bravo."

Inserì la marcia accompagnato dallo sguardo stravolto del cognato che protestava al suo fianco, lasciò il parcheggio del Saint Bart per l'ennesima volta.

"Penseranno che ci lavori qui dentro! Visto il tempo che ci trascorro!" esclamò contrariato. Gabriel sembrò ricordarsi gli avvenimenti di quelle ultime ore.

"Come sta la nostra amica?" chiese confuso.

"Sta bene, mi ha detto che sei andato da lei. Si è parecchio preoccupata per te, e ne aveva tutte le ragioni. Guarda in che stato sei!"

Sospirò, tenendo la mano ferita in grembo e socchiuse gli occhi.

"È una grande donna! È sempre stata gentile e comprensiva con me."

"Mi ha rivelato che l'hai aiutata al suo arrivo a Londra, e che ti deve molto."

"Non provarci ragazzino, sarà lei a raccontarti tutto." sbuffò il dottore.

Comprese che non avrebbe potuto strappargli altre informazioni, eppure si era rivolta a lui proprio perché era medico. Quindi, nascondeva qualcosa? Chi proteggeva? Provò a sollecitarlo per farlo parlare.

"Abbiamo conversato tra di noi e mi ha raccontato di Damien, ma non ha menzionato il modo in cui ti ha incontrato.

"Avrà i suoi motivi." Gabe rispose senza entusiasmo, si osservò distrattamente il polso ferito.

"Ok non vuoi sbottonarti, aspetterò." Sbuffò e lo informò delle ultime novità. "Ho preso una stanza in affitto nel suo condominio, non voglio pesarle fino a quando non saremo pronti a vivere insieme."

Il cognato si massaggiò le tempie.

"Non sarà facile, lo sai ciò che ha passato, e la scelta che ha fatto non si cancella con un colpo di spugna, e poi c'è..."

Si fermò di botto, la lingua troppo sciolta dalla birra.

"Di chi parli? Chi c'è?" domandò sorpreso, mentre fissava la strada contrariato per non poter leggere anche il più piccolo indizio sul suo volto. "Chi può peggiorare la mia situazione più di così?"

Gabriel distese le gambe e si allungò sul sedile.

"Ora smettila di tirarmi in ballo! Non approfittartene perché ho bevuto! Amber ha la testa sulle spalle, sa quello che fa."

Il giovane rinunciò a indagare, ma quella frase che lei gli sussurrò prima di uscire di casa gli sembrò strana, forse taceva su qualcosa.

Mancavano pochi minuti per arrivare alla villetta di Ben, allontanò i pensieri e si concentrò sul modo di riunire i due recalcitranti parenti.

Il dottore, che si chiuse in un mutismo dispettoso, tossì un paio di volte.

"Vuoi che mi fermi?" chiese preoccupato. Lui abbassò il capo e cercò di formulare due frasi, ma si bloccò con il fiato corto. Con lentezza riprese a parlare, aveva voglia di sfogarsi.

"Benedict non la prenderà affatto bene. Che razza di imbecille! Non dovevo mettermi tra di voi." La voce gli tremò. "Come potevo sapere quanto fosse forte l'affetto che vi univa per quello che avevi passato. Sebastian, il mio unico fratello, mi ha sempre disprezzato per ciò che sono!"

Rabbrividì, stringendosi nella giacca. James gli diede una rapida occhiata.

Gabe si stava liberando dal tormento di quei giorni passati al capezzale dell'uomo che amava, infatti dopo alcuni secondi si confidò.

"Ben è l'unica persona al mondo che ha dato un senso alla mia vita, quando l'ho visto aggravarsi ho temuto di perderlo e ti maledissi per averlo messo in pericolo."

Si nascose il viso fra le mani e singhiozzando mormorò.

"Tu avevi avuto tutto l'amore possibile da lui e l'angoscia di rimanere da solo fece il resto."

Non riuscì a continuare e balbettò afono. "Mi dispiace così tanto. Scusami."

Si girò verso il finestrino e si sfogò in silenzio.

Il giovane Emory avvertì una fitta nel petto mentre stringeva il volante, consapevole del dolore che suo cognato provava per essere stato allontanato dalla famiglia e adesso che era privo del compagno, si sentiva smarrito. Gli pose una mano sulla spalla senza distogliere lo sguardo dalla strada, premendola con forza. Non nutriva rancore e voleva che lui lo avvertisse.

"Non pensarci più, rosso testardo. Quella cazzata che ho fatto da adolescente è soltanto un brutto ricordo. Ora sistemiamo le cose con Ben."

"Non ho compreso quello che hai passato, eppure vi amo entrambi." Balbettò avvilito.

"Non pensare a me e dillo anche a Ben che non deve temere per me."

Imboccò il viale di casa con una determinazione che non sentiva da giorni.

Gabriel si voltò a fissarlo con l'aria bastonata, iniziò a tremare privo di controllo. "Se mi vede in queste condizioni mi ucciderà!"

"Penso che una bella e ben fatta strigliata ti basterà." Lo canzonò lui.

Gabe si abbandonò sul sedile. "Mi caccerà, sarà ancora arrabbiato." si lamentò contrariato.

"Ti ama ed è per questo che ti perdonerà, non può rimanere senza di te, stupido scozzese testardo."

Fermò l'auto proprio davanti all'ingresso della villetta bianca e scese con determinazione, deciso a porre fine a quella situazione assurda che li tormentava.

Amber, perspicace come sempre aveva avuto ragione su tutto.

"Sta fermo qua, torno presto. Nel bauletto trovi dei fazzoletti di carta, sistemati un po'." Lui annuì con la testa bassa.

Quando Benedict aprì la porta vide la Ford ferma nel vialetto, capì subito che qualcosa non andava.

Osservò i finestrini e lo guardò con un misto di sorpresa e inquietudine.

"Che è successo?" gridò allarmato.

"C'è Gabriel con me e non sta bene, questa casa è l'unico posto che gli serve. Soprattutto tu."

"Che ha fatto?" chiese preoccupato.

"Dopo il lavoro ha raggiunto il Duncan pub vicino al Saint Bart, ha alzato il gomito e si è picchiato con qualcuno. Ha dei lividi e una ferita alla mano, ma niente di grave. Forse il suo orgoglio è in uno stato peggiore, quindi non infierire." Fissò il volto congelato del fratello. "Sta tranquillo, ci siamo chiariti, ora metti fine a questa stupidaggine." Gli diede una pacca sulla schiena per incoraggiarlo.

Il maggiore brontolò, ma aveva lo sguardo rivolto all'auto. "Che idiota!" esclamò con aria severa che non prometteva nulla di buono.

Raggiunsero la Ford e il professore spalancò la portiera. Gabe, come lo vide sprofondò nel sedile. Non disse una parola, ma i suoi occhi castani erano puntati su Ben. Un attimo e si sciolse nel vederlo in quelle condizioni.

"Razza d'imbecille! Ma il cervello te lo sei perso dentro al boccale di birra? " Lo aggredì, ma la voce tradì lo sgomento mentre lo esaminava e ne valutava lo stato.

Sospirò rassegnato. "Aiutami a portarlo di sopra, ha bisogno di una doccia e di riposo."

"Lo tengo io, non sei guarito del tutto. Prendi la sua borsa, temo dovrai imparare a usarla." James si parò davanti cercando di sollevare il cognato.

"Posso camminare." biascicò lui, ma quando scese incespicò e dovettero afferrarlo entrambi. Il giovane lo sostenne per la vita e lentamente arrivarono in casa. Fare le scale per trascinarlo al piano superiore, fu un'impresa.

Il fratello maggiore, li seguiva in un misto di rabbia e dolore, imprecava alle loro spalle sulla sconsideratezza del compagno.

Gabe, appena arrivato nella stanza, crollò nel letto sfinito dalla debolezza e dallo stress.

"Me ne occupo io fratellino, fa una pausa, lo so quanto pesa questo stupido". Afferrò la sua borsa medica con malcelata irritazione.

Colmo di vergogna, Gabriel non proferì parola, li guardò smarrito. Si lasciò accudire. Ben lo spogliò e lo controllò con attenzione per assicurarsi che non ci fosse nulla di serio.

"Sto bene, ho qualche livido e ho bevuto un pò troppo." Sussurrò impegnandosi ad assumere l'autorevolezza che gli competeva. "Lo saprò visto che sono un dottore!"

"Sei un cretino! Ecco quello che sei! Che medico con del sale in zucca si ubriacherebbe prendendo a pugni il primo che gli capita a tiro?"

James non riuscì a trattenersi dal ridere, erano così carini per quanto si cercavano.

"Smettetela voi due. Devo chiamare Amber, sarà in ansia." Prese il cellulare dalla tasca.

"Fa pure fratellino, ci penso io allo scriteriato ubriacone." Iniziò a prepararlo perché potesse lavarsi.

Il ragazzo lo riprese per calmarlo. "Ben non hai fatto altro che offenderlo, vuoi lasciarlo in pace? È già abbastanza confuso."

Gabe lo fissò implorante cercando un barlume di appoggio morale, ma si divertiva troppo per la situazione e infierì prendendolo in giro.

"Però anche tu, razza di testardo, stavolta l'hai fatta grossa e ora te lo sopporti in modalità mamma chioccia! Ora me ne vado, non voglio vederti nudo! Cerca di entrare in doccia da solo."

Uscì dalla camera con la consapevolezza di aver rimesso in ordine ciò che si era rotto, scese in cucina per fare la chiamata, lei rispose al secondo squillo. Le raccontò tutto ridendo, mentre sentiva l'acqua scorrere e il fratello che rimproverava il povero Gabriel senza tregua.

Rise per il caos di quel momento, e persino lei si lasciò coinvolgere dall'atmosfera vivace.

"Sono due pazzi innamorati! Hai fatto la scelta giusta, non avevo dubbi su di te. Vedrai che le cose si sistemeranno, rimani se vuoi. Io posso farcela."

"Ci mancherebbe!" sbottò lui. "Alla fine, prevedo una pace duratura tra tenerezze e baci, quindi è meglio lasciarli da soli. Torno, ho voglia di stare con te."

Chiuse la conversazione e salì di sopra, il cognato era pulito, disinfettato, messo sotto la coperta e sgridato ancora una volta.

Ma Benedict aveva uno sguardo sereno che gli allargò il cuore.

Prese i suoi vestiti e li sistemò nel trolley, intanto li osservava dalla porta della stanza: si tenevano le mani come due adolescenti.

Sorrise e li rimproverò prima di andarsene. "Fate i bravi! Non combinate pasticci."

Il maggiore si voltò. "Grazie per avermelo riportato. Tu stai bene?"

"Certo, fratellone. Vado da Amber. Non sono solo."

Li salutò sollevando la mano, Gabriel cercò di fare un cenno con la testa, ma era così stanco che crollò.

Suo fratello sbuffò. " che idiota.." mormorò mentre gli accarezzava i capelli rossi.

James ridacchiò e allargò le braccia: erano rimasti distanti appena un giorno, ma a loro sembrava un'eternità!

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