X. La miccia

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Il cielo è terso, blu e senza nuvola alcuna. Una piacevole brezza, forse proveniente direttamente dal mare, ristora l'aria e la pista assolata ai nostri piedi. La tipica foschia californiana minaccia di incombere ma è ancora presto, per cui si staglia lontana.

Mancano pochi minuti alle tre e mezzo e le cheerleader occupano la pista d'atletica che circonda il campo da football. Dopo le ultime lezioni del pomeriggio ci siamo trovati nel cortile d'ingresso, sulla panchina dove solitamente sostiamo al mattino prima delle lezioni, e ora siamo sugli spalti dello stadio in attesa che inizi la partita.

Natalie è in fermento. È seduta accanto a Ben, a debita distanza da Loren, e stanno discutendo animatamente di strategie di gioco. Jonas, accanto alla sua fidanzata e nel gradino sottostante, partecipa di tanto in tanto pronunciando solerte la sua opinione, dopodiché torna a prestare attenzione a Loren e al suo infinito chiacchierare. Spero per lei che non faccia così anche durante la partita o temo che Natalie attenterà alla sua vita.

Io maledico Chris per non essersi recata a scuola, oggi. Se fosse venuta non sarei stata raggiunta da Ander, non avrei pranzato con gli altri e, conseguentemente, non mi troverei col sedere mezzo addormentato su una fredda lamina di ferro, schiacciata tra Natalie che si muove frenetica e la ringhiera laterale.

No, il vero problema sono le gambe. Le mie gambe -corte e gracili, utili a malapena a sorreggermi- che ho sempre voluto allungare, anche solo di pochi centimetri e che adesso vorrei tagliare di netto, dalla caviglia in giù, se così facendo potessi risparmiare l'imbarazzo di colpire la schiena di Ander con le ginocchia.

Al termine del balletto delle cheerleader, quando la squadra prorompe in campo correndo e tutta la platea si alza in piedi in un boato, vengo trascinata su diritta dalla folla e finisco col perdere l'equilibrio. Vivo quell'istante a rallentatore: sento il terreno mancare sotto i piedi, mi sbilancio all'indietro tirando le braccia avanti per non colpire i ragazzi dietro di me e inverto la rotta, balzando in avanti in un colpo solo. Direttamente sulla schiena di Ander.

Ho le mani allacciate al suo collo, il mio petto aderisce alla sua schiena e sento il sapore ferroso del sangue tra le labbra dopo essere sbattuta proprio sulla sua nuca, mordendomi la lingua. A questo punto mi domando perché madre natura l'abbia reso così alto mentre con me è stata parsimoniosa.

«Hey, tutto bene?» domanda, provando a voltarsi nella mia direzione. Vorrei rispondergli, ma Ander commette il colossale errore di carezzarmi il dorso della mano.

E adesso sono i suoi, di polpastrelli, ad essere roventi. Adesso è la mia carne quella su cui rimarrà la cicatrice dell'ustione -non più caramello bruciato, solo bianco scuro.

Ritraggo la mano, indispettita, e ritrovo l'equilibrio perduto aggrappandomi al braccio di Natalie, troppo concentrata sulla partita per accorgersi della situazione bizzarra in cui sono incappata.

«Sta' attenta, Hilda, me ne basta una di amica goffa» sostiene irritata, senza voltarsi a guardarmi. Poi urla, sempre rivolta al campo: «Di' un po', ti pare un lancio quello?! Mia nonna con l'artrite riesce a fare meglio!».

I ragazzi intorno a noi ridacchiano di fronte a quella dichiarazione ma lei sembra non farci caso, lo sguardo calamitato sull'oggetto ovale che vola da una parte all'altra del campo.

Aspetta un momento, ha detto amica? Natalie è mia... amica? Non lo so, non ho mai avuto una vera amica -ad eccezione della principessa Anya, ma lei per ovvi motivi non fa testo. Le amiche si rivolgono la parola in quel modo? Si richiamano indispettite e irritate?

Le amiche sono sincere, a volte anche brutali, come quando mi ha detto chiaramente che non somiglio affatto a Emilia Clarke. Sono pronte a difendersi, come quando è accorsa in aiuto di me e Ander, più di Ander forse, durante la conversazione con Veronica. Dispensano consigli, come quando mi ha detto di lasciargli la mano per far cessare quegli sguardi che mi stavano infastidendo.

Forse io e Natalie siamo davvero amiche e non me n'ero resa conto finora. Certo, non mi ha detto ti voglio bene e non ci siamo scambiate i braccialetti dell'amicizia, ma c'è tempo per non fare mai quelle cose ridicole che le mie compagne di classe facevano sull'isola. E mi viene da sorridere.

«Stai bene?» la voce di Ander mi riporta alla realtà, una realtà in cui gli sono appena caduta addosso e poi ho preso le distanze da lui come se soffrisse di una malattia altamente contagiosa.

Mi sento avvampare, tutto il calore che avvertivo sul dorso della mano ora è migrato sulle guance. Si stanno sciogliendo, io mi sto sciogliendo sotto lo sguardo interrogativo del ragazzo di caramello e miele che ha innescato una scintilla nel salotto dei Budd, settimane fa, la cui miccia ardente è terminata. Adesso manca solo l'esplosione.

∽✵∼

Loren ha ragione, il football è uno sport senza senso. Ci sono ragazzi in grosse divise che corrono in un campo immenso, lanciandosi l'ovale tra le mani e finendosi addosso pur di non far oltrepassare una linea. Però io ci tengo alla vita, per cui mi guardo bene dal farlo presente a Natalie.

Le regole non mi sono ben chiare, mi limito ad alzarmi in piedi quando lo fa l'intera platea e guardarmi intorno per imitare le persone che mi stanno accanto. Loren osserva il campo, gli occhi piccoli ridotti a due fessure mentre cerca di svelare i misteri del football; Jonas le tiene la mano e si limita a spiegarle questa o quell'azione senza mai distogliere gli occhi dal gioco. Ben è concentrato tanto quanto Natalie, i due di tanto in tanto si scambiano sguardi d'intesa, commentano i movimenti dei giocatori e non si risparmiano di urlare incoraggiamenti e insulti a loro rivolti. Le persone intorno a noi ridacchiano e si uniscono ai loro incitamenti, hanno messo su una bella tifoseria improvvisata.

Ander, invece, non so cosa faccia. Mi sono impegnata per non posare lo sguardo di lui anche se non può saperlo, dato che mi dà le spalle. Non voglio incontrare nemmeno la sua nuca ricoperta di ricci scuri, non voglio guardarlo e basta.

Quando sto per cedere, soffermandomi ad osservare il suo profilo -il naso dritto e allungato, gli occhi sottili, le labbra sporgenti a causa dell'imprecazione che ha appena gridato verso il campo- catturo nella platea gli occhi a mandorla di Lara Jin.

Si avvicina con difficoltà, salendo le scale ed evitando le braccia tese in direzione del campo, e mi sorride quando nota che mi sono accorta di lei. Si sbraccia per farsi notare dagli altri, ma invano.

È ormai arrivata alla nostra fila quando noto dietro di lei un ragazzo: ha i capelli rossicci e una spruzzata di lentiggini sul naso, i suoi occhi scuri non perdono di vista la ragazza nemmeno per un istante mentre le sue gambe la seguono.

«Alla buon'ora» li ammonisce Natalie prima ancora che possano proferire parola. Non si è voltata verso di loro ma, evidentemente, li ha notati prima, durante la salita.

«Grazie per averci tenuto il posto, Mike ha fatto tardi e l'ho aspettato nel parcheggio» si accinge a spiegare la mora, accomodandosi accanto a Ben mentre il suo amico la imita.

«Non poteva salire da solo?» domanda indispettita Natalie, beccandosi una gomitata nel fianco da Ben che la lascia momentaneamente senza fiato, incapace di replicare.

«Figurati, è un piacere Mike, finalmente ti conosciamo» Jonas intercetta il momento di silenzio per voltarsi e tendere la mano al nuovo arrivato, subito imitato da Ander e Ben. Subito dopo è il turno di Loren e infine mi sporgo io, con un po' di difficoltà dato che la ragazza accanto a me non è particolarmente collaborativa.

Natalie alza gli occhi al cielo quando Lara Jin la chiama, chiedendole gentilmente se può presentarle il suo ragazzo, e di fronte a quella cortesia è costretta a voltarsi e incrociare i suoi occhi sorridenti. Non dice nulla, si limita a sospirare di fronte al viso contento della mora e stringere velocemente la mano di Mike, per poi tornare a focalizzarsi di nuovo sulla partita.

Adesso si sta stretti su queste panche di ferro, ho una gamba praticamente poggiata a terra e l'altra in bilico a puntellare di tanto in tanto la schiena di Ander. All'ennesima spinta di Ben, che si stringe verso di noi per far spazio a Mike e Lara Jin, Natalie mi finisce addosso e con una spallata mi schiaccia contro la ringhiera, costringendomi a voltarmi di lato per respirare.

«Così mi uccidi però» si lamenta Ander sotto di me, ridacchiando quando si volta e scopre l'angolino in cui sono confinata. Non posso dargli torto, anch'io riderei di me, tuttavia fossi in lui non gioirei troppo delle mie disgrazie poiché potrei infilzargli la spina dorsale con un ginocchio da un momento all'altro.

«Non credo che le fatine siano snodabili, ti slogherai una caviglia prima della fine della partita» mi ammonisce, osservando l'intrico delle mie gambe spinte sul ferro freddo dai repentini movimenti di Natalie, instabile e irrequieta.

Lo guardo scettica, senza pronunciare parola, ma comunicando con gli occhi tutto il mio turbamento per le condizioni delle mie gambe, conscia del dolore ma comunque impossibilitata a modificare la situazione senza scacciare via dalla seduta il povero Mike.
Già l'accoglienza non è stata ottima, se lo spingo pure fuori scapperà a gambe levate.

Ander mi afferra una caviglia nuda -unico lembo di pelle scoperto tra i jeans lunghi e il collo basso delle scarpe che indosso, che brucia sotto le sue dita roventi- e allunga la gamba nella sua direzione, posizionandola accanto al suo fianco, a livello della coscia.

Ancora una volta mi ritrovo a benedire le mie gambe, corte abbastanza da non creargli troppo intralcio, arrestandosi proprio dopo il bacino, appena al di sotto dell'attaccatura del femore.

Inutile dire che a quel punto non ci ho nemmeno provato a seguire la partita, focalizzata sul regolarizzare il mio respiro ed evitare qualsiasi movimento, persino quegli impercettibili. Dal momento in cui Natalie mi ha fatto notare che gli stavo tenendo la mano -il polso, a voler esser precisi- la sua presa ha iniziato a bruciare. Non ho mai toccato nessuno in questo modo, per quanto questo modo non sia niente di speciale, e ogni volta che sfioro la sua pelle si materializzano sotto le mie palpebre i suoi occhi nocciola e quel sorrisetto irriverente mi fa venir voglia di prenderlo a schiaffi.

Mi sta persino facendo diventare violenta, questo ragazzo ha un pessimo ascendente su di me.

La fine della partita è un toccasana per la mia salute mentale, finalmente posso ritrarre le gambe e portamele al petto, giovando di quella posizione fetale che tante notti mi ha tenuto compagnia, mentre osservavo il mare placido dalla finestra della mia stanza.

«Déjame en paz, o stai cercando veramente di uccidermi?» biascica Ander mentre le persone della fila si alzano e lui può allargarsi, voltandosi completamente verso di me.

Mentre ritraevo la gamba l'ho inavvertitamente urtato, colpendolo proprio sotto l'ascella che adesso sta massaggiando con una smorfia di disappunto. Non penso di averlo urtato con forza, tuttavia le mie ossa aguzze –spuntoni della mia anima che serra il cuore in gabbia- sanno essere fastidiose.

«Scusa» mormoro senza guardarlo negli occhi, concentrandomi sull'espressione finalmente rilassata di Natalie. È ancora impegnata a commentare la partita con Ben e Jonas per cui non si accorge della presenza di Veronica, appena giunta alle spalle di Mike e Lara Jin.

La nuova arrivata si schiarisce la voce per attirare l'attenzione su di sé, poi passa una mano tra i capelli castani, scostandoli dalla spalla e facendolo passare per un gesto casuale. Un ragazzino poco distante rimane a fissarla a bocca aperta, incantato dalla bellezza di quella rosa che cela le spine in un profumo attraente.

Adesso ha l'attenzione di tutti; Ander si irrigidisce e indurisce lo sguardo, osservandola con occhi sottili. Sono a pochi passi da lui e il suo cipiglio turbato mi scuote, nemmeno durante il diverbio davanti all'armadietto era così seccato. Non gli è indifferente come vuole far sembrare, l'irritazione è palpabile anche a distanza e persino lei sembra esserne accorta.

«Stasera darò un party per festeggiare questa vittoria importante» professa con sorriso tronfio, alzando la voce per farsi udire anche dalle altre persone nelle file sottostanti, poi prosegue puntando gli occhi in quelli di Ander: «Siete tutti invitati».

È il suo sguardo a farlo rinsavire, all'improvviso abbandona l'espressione rigida per passarsi la lingua sui denti superiori, arcuando le labbra in un sorriso che non raggiunge gli occhi.

È un istante, un'ombra a me ignota attraversa il suo sguardo e il suo braccio mi circonda le spalle attirandomi a sé, il mio fianco che cozza senza grazia contro di lui.

«Non mancheremo» risponde in tono di sfida avvicinando la mano al mio petto per stringermi ancora di più. Sono appiccicata a lui, spalmata come una sottiletta, sto per sciogliermi contro la sua pelle, rovente anche sotto la stoffa dei vestiti che indossa.

E io mi sento di nuovo bruciare.

Quanti problemi questi ragazzi che non rispettano lo spazio vitale... 🙄

Cosa pensate che vi riservi il prossimo capitolo? Vi avverto già che non ci sarà direttamente la festa bensì un capitolo tutto al femminile, pieno di informazioni succulente. Secondo voi cosa si scoprirà? E, soprattutto, filerà tutto liscio? 🙊

Luna Freya Nives

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