XIII. Impossibile

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Il tormento del bianco è sempre stato una costante nella mia esistenza. Non che ci sia stato qualcuno che si sia accanito contro di me, che a forza di parole e graffi abbia strappato ogni traccia di colore dal mio corpo, ma non è stato necessario.

Ci ho pensato tanto, da bambina. Ero convinta che un ladruncolo mi avesse rubato il rosa dalla pelle e il giallo dai capelli, credevo che mi avesse risucchiato l'oscurità dagli occhi. Ero convinta che si trattasse di un dispetto, lo scherzo di un folletto birbante che la notte si nascondeva sotto i letti dei bambini e, quando si addormentavano, rubava loro qualcosa.

Alla mia vicina Agnes aveva rubato il cagnolino con cui giocavamo nei pomeriggi d'estate; a mio cugino Jakob aveva rubato il ciuccio quando, a tre anni, ancora si ostinava a non volerlo mollare; alla mia compagna Greta aveva rubato la sua bambola preferita proprio l'estate prima dell'inizio della quinta.

Ci è voluto del tempo per rendermi conto che non si trattava di un folletto, e a nulla era servita la consapevolezza che i folletti non esistono. Mi sono scontrata con la vita e, solo a quel punto, ho compreso. Solo quando la morte ha bussato ai cuori dei miei familiari, fermandone alcuni e rattrappendone altri, solo quando li ebbe consumati a causa del dolore, iniziai a comprendere.

E così non era stato un folletto a rubare il cagnolino ad Agnes, i genitori di Jakob gli avevano nascosto il ciuccio perché ormai era cresciuto e la bambola di Greta era finita per sbaglio tra gli scatoloni della beneficenza insieme ai suoi giochini di neonata.

E i miei colori non erano spariti, non ci sono mai stati. O, come dice la principessa Anya nella sua lettera, sono celati, annidati nel mio candore.

Passo le mani pallide e ossute intorno al collo, sfiorando il laccetto argentato e facendolo scorrere tra le dita finché non arrivo al ciondolo che mi ha donato, custodito gelosamente sotto i vestiti e celato alla vista altrui, ma sempre presente ovunque io vada.

Sono certa che sarebbe molto fiera di me, del modo in cui sto sottraendo i colori al cielo aranciato di San Francisco per farli risplendere sulla mia pelle, che li assorbe ma non si abbronza, che se ne appropria e ne fa tesoro, che li custodisce gelosamente.

Così essi viaggiano sotto la pelle, si irradiano nel mio corpo, circondano organi e tessuti, risplendono nelle vene e fanno brillare persino i neuroni. Così essi raggiungono il cervello e rischiarano le preoccupazioni, diradano i timori e ravvivano i pensieri. Così persino io divengo più vivida.

Vivida come i colori del tramonto che si staglia sopra le nostre teste, dove il giallo cede il posto al prepotente arancio, che si appropria del cielo e spodesta l'azzurro terso che ha dominato la giornata, diradando persino la foschia che ormai ho imparato ad associare a questa magnifica città.

Sdraiata su un telo consunto che Chris ha recuperato in fondo al suo armadietto, inspiro l'odore della brezza marina e lascio che il sale si posi sulla mia effige pallida, mischiandosi alla pelle e facendomi sentire mare.

Voglio essere mare anche se non posso. Sono Hilda anche se non voglio.

E mentre il sole bacia la mia pelle, riscaldandola senza abbronzarla, e illumina di riflessi dorati i capelli chiari, le braccia di Chris luccicano a causa della quantità di autoabbronzante che si è spruzzata addosso.

«Oggi pomeriggio sei libera? Voglio farti vedere un posto» mi ha detto mentre eravamo ancora a lezione, così a fine giornata ho salutato Ben, avvertito Mel e Will e sono stata catapultata in un ex forte militare.

«Mi piace venire qui da sola, ma ho pensato che potesse essere bello farti scoprire nuovi posti in città» mi ha detto mentre guidava come una forsennata per accaparrarsi un parcheggio che si era appena liberato. Pare che trovare parcheggio qui sia una vera impresa, per cui Chris è decisa a non lasciarsi scappare questa occasione.

Il Presidio -come mi ha spiegato sapientemente- fu eretto dai soldati spagnoli alla fine del Settecento, poi l'Esercito Americano lo utilizzò come base fino al 1994, quando divenne Parco Nazionale.

Molte sono le attrazioni che si trovano al suo interno, a partire dal Presidio Officers' Club -antico circolo ufficiali che oggi ripercorre la storia del Presidio e contiene le opere d'arte di Andy Goldsworthy- o il Walt Disney Family Museum -che vanta dieci gallerie stabili e numerose mostre temporanee. Tuttavia, non ho potuto vedere nulla di tutto ciò con i miei occhi.

Chris mi ha trascinata direttamente in quello che ha definito il suo posto preferito: un vecchio pontile in legno da cui si può godere di un'ampia visuale della baia, dell'isola di Alcatraz, del Golden Gate Bridge e dello skyline di San Francisco, i cui alti grattacieli sono avvolti dalle nuvole arancioni.

«Peccato non si possa venire ogni giorno, quando si alza il vento è impossibile godersi il panorama e le assi scricchiolano in maniera inquietante» spiega ancora Chris, mentre ad occhi chiusi cerca di assimilare il maggior quantitativo di melanina possibile.

Mi è venuto da sorridere quando l'ho vista tirare fuori dallo zaino l'olio e il primo pensiero che mi è balenato in mente è stato che lei non ha davvero bisogno di abbronzarsi. Tuttavia, a ben rifletterci, il suo colorito è chiaro rispetto alle pelli bruciate dal sole dei suoi coetanei, per cui immagino che tenti di omologarsi con litri di abbronzante.

È buffo come ogni corpo sembri una prigione per chi vi si trova intrappolato dentro. Chris si sente pallida nonostante la carnagione perché è circondata da pelli olivastre, mentre ai miei occhi il suo colorito roseo risulta perfetto. Io mi sento un involucro di spigoli ossuti e angoli aguzzi, gracile e bassa, bianca, e chissà come appaio al resto del mondo.

Fino a pochi mesi fa, avrei supposto di non poterlo scoprire poiché ho preferito trasformare la mia effige in corazza, ma adesso sento che il metallo si sta sciogliendo e cola lungo il mio corpo, disperdendosi nell'aria di Frisco -ma meglio non chiamare SF con questo soprannome in presenta di autoctoni.

Questa città sta certamente giovando alla mia rinascita, ma bisogna ammettere che anche i suoi abitanti stanno svolgendo un ruolo importante e si stanno ricavando un posto di tutto rispetto nel mio cuore. I Budd, innanzitutto, che mi fanno sentire come una figlia; Benjamin e Penelope che mi trattano come una sorella; Sebastian che si è affezionato molto a me. Poi gli amici di Ben, Natalie in primis, e forse persino quell'irriverente di Ander.

«Hilda, mi stai ascoltando?»

La domanda di Chris mi coglie di sorpresa, persa com'ero nelle mie elucubrazioni non mi sono accorta che il suo monologo è virato in una conversazione. Parla tanto Chris, ma a differenza di Loren si riesce a star dietro ai suoi discorsi. La sua voce è piacevolmente acuta, quasi da bambina, ed è conforme ai suoi lineamenti docili e ai grandi occhioni da cerbiatto che, nel complesso, le donano un'aria perennemente allegra.

«Mi sono distratta un attimo, scusami» rispondo con un sorriso, poggiandomi sul fianco affinché possa guardarla in viso e prestarle la mia più completa attenzione, sperando di non distrarmi ancora.

Chris sbuffa, leggermente infastidita, ma poi si passa una mano tra i lunghi capelli biondi e si appresta a ripetere la domanda. In effetti, avrei preferito distrarmi di nuovo. E devo decisamente smetterla di sperare.

«Ti ho chiesto cosa succede tra te e Ander.»

Boccheggio qualche istante, chiedendomi perché dovrebbe supporre che ci sia qualcosa tra me e Ander quando in realtà trascorro con lui lo stesso passato con Ben e gli altri.

«Assolutamente niente» rispondo risoluta dopo essermi ripresa dallo shock iniziale.

«Oh, andiamo, non mentire! Parla con zia Chris della vostra tresca» adesso lei si mette seduta, incrociando le gambe e raddrizzandosi con la schiena mentre solleva ripetutamente le sopracciglia chiare con aria saputa.

È buffa, sembra una bambina incastrata nel corpo di una ragazza e per questo le sue espressioni risultano ancora più bizzarre.

«Vi hanno visti arrivare insieme in mensa...» insinua ancora, punzecchiando con le mani i miei fianchi nel tentativo di farmi il solletico. Anch'io mi raddrizzo di riflesso, utilizzando le braccia come scudo per non finire in sua balìa.

«Ci siamo incontrati nel corridoio e abbiamo camminato insieme!» replico piccata, con una smorfia sul volto per evitare di darle la soddisfazione di vedermi sorridere. «E tu nemmeno c'eri!»

«Le voci corrono, non sono quelle messe in giro da Veronica» e alza gli occhi al cielo, dove l'oscurità sta spodestando l'arancio e le nuvole sono ormai divenute grigiastre, non per la pioggia bensì per l'avvento della notte.

«Sono menzogne, non c'è nulla di vero, l'ha smentito anche Ander.»

Okay, questo tecnicamente è falso. Si è creata questa situazione proprio perché Ander non ha detto chiaramente a Veronica che non c'è nulla tra noi, ma ai ragazzi che gliel'hanno domandato personalmente non ha mai confermato le voci.

«Andiamo, Hilda, che bisogno c'è di nascondersi? Alla partita c'era tutta la scuola, e anche alla festa vi hanno visti» insinua ancora, questa volta accompagnando le sue parole con lo sbuffo alquanto teatrale di chi sembra scocciato dalla situazione.

«Non è successo niente alla festa» provo a mantenere la calma, timorosa che possa mal interpretare un mio gesto di stizza ed ipotizzare qualche intrallazzo tra me e Ander.

«Niente?! Stai scherzando spero!» sgrana gli occhi, fissandomi con un'intensità tale da farmi indietreggiare leggermente. «Tutti hanno visto che tu e Ander siete usciti insieme dalla cucina e poi Veronica ne è venuta fuori con la faccia di avrebbe volentieri trucidato qualcuno... Te, magari!»

Io, invece, vorrei trucidare Ander e i suoi bizzarri modi di divertirsi che mi fanno finire sempre in mezzo ai pasticci.

«In realtà, io sono uscita perché mi sono sentita poco bene e Ander perché ha discusso con lei» provo a spiegare, ma Chris mi zittisce con un gesto della mano, sminuendo le mie spiegazioni perché l'unica cosa che conta, per lei e per il resto della scuola, è che io e Ander siamo usciti uno dopo l'altro e che Veronica sia stata particolarmente irritata. «E dietro di noi sono uscite Natalie e Lara Jin, Veronica nemmeno l'ho vista mentre raggiungevamo il giardino»

«Uuh, la faccenda si fa interessante... Cos'è successo in giardino?»

È il mio turno di alzare gli occhi al cielo e sospirare profondamente, consapevole che non mi lascerà andare molto facilmente.

«N-u-l-l-a» magari con lo spelling le è più chiaro. «Lui e Natalie sono andati a parlare non so dove e io sono rimata con Lara Jin»

«Se lo dici tu...» sembra finalmente convincersi, nonostante sollevi le sopracciglia in un'espressione dubbiosa, poi prosegue: «Però lui ti piace?».

«Assolutamente no» replico, un po' troppo in fretta per non apparire sospetta.

«Sei sicura? Io vi vedo molto in sintonia.»

Sì, come un clavicembalo e un flicorno baritono che eseguono due melodie diverse in due tempi diversi in contemporanea.

«Ci ho parlato pochissime volte e quasi sempre in gruppo» spiego, omettendo quella parte di verità in cui lui mi piomba nelle vicinanze nei momenti più disparati e poi mi segue per infastidirmi.

«Eppure sembrate affiatati... Sicuramente tu gli piaci» sostiene risoluta, incurante del peso di quelle parole su di me.

Perché io non piaccio ad Ander, non potrei mai piacergli proprio io -così bianca, così gracile, così spigoli ossuti e angoli aguzzi. Lui che ha sempre il sorriso sulle labbra e scambia una parola con tutti, non potrebbe mai apprezzare proprio me, che pur di passare inosservata me ne sto in silenzio e a volte risulto addirittura snob.

Inconcepibile, impensabile, impossibile.

«Penso che tu abbia preso una svista, io non piaccio ad Ander» la correggo immediatamente, interrompendola prima che possa pronunciare un'altra frase.

«Mi prendi per il culo?» adesso sembra più scocciata che accomodante, «Ti sei accorta di come ti guarda? Di come, in un modo o nell'altro, ti ronza sempre intorno?».

«È amico di Ben p-» provo a farla ragionare, ma Chris mi interrompe ancora, balzando in piedi e recuperando in tutta fretta il telo.

«Sta sempre vicino a te, anche quando Ben non c'è, e tu fai lo stesso!»

«Questo non è affatto vero» bercio, punta nel vivo, scattando in piedi e imitando i modi frettolosi con cui ha recuperato il suo telo per fare altrettanto.

«Oh, andiamo Hilda, a chi vuoi darla a bere? Ogni volta che Veronica si avvicina tu stai lì pronta a sostenerlo anche se vi conoscete da quanto, due mesi?» si altera ancora, incamminandosi lungo il pontile per tornare alla sua auto mentre io la seguo con fare concitato.

Non sarà molto abbronzata, ma le sue dannatissime gambe fanno il loro dovere maledettamente bene!

«Non capisco perché te la prendi tanto» biascico, quasi correndo per riuscire a starle dietro.

«Perché non so cosa darei affinché Jared mi guardi come Ander guarda te» sancisce infine, sfinita, arrestandosi sul posto e dandomi il tempo di raggiungerla mentre lei respira profondamente per cercare di calmarsi.

Jared è un ragazzo che ho conosciuto anch'io, spesso pranziamo tutti insieme perché è amico di un amico di Chris. Sembra simpatico ed è abbastanza carino, ma non ho mai immaginato che potesse interessarle in questo modo.

Quando finalmente le sono vicina, passo la mano intorno al suo braccio e la stringo leggermente, come a dirle che ci sono, ma lei si ritrae e interrompe sul nascere ogni tipo di conversazione con una sentenza lapidaria che mi rimbomberà in testa per tutta la sera.

«Lascia stare, ne riparliamo quando avrai aperto gli occhi.»

Ma io non sono sicura di volerlo fare.

Bel caratterino anche Chris, non vi pare? Le mie ragazze sono tutte un po'... come dire... pungenti! C'è da dire che Hilda ha bisogno di qualcuno che le dia una scossa e la faccia ragionare, qualcuno tipo Natalie, e di qualcuno che la sproni a mettersi in gioco, e qui vi lascio indovinare di chi sto parlando ahahah

Ma veniamo al capitolo: premetto che è stato scritto poche settimane fa, quindi molto dopo la fine della stesura della storia, per cui vi chiedo innanzitutto se si amalgama bene al resto della narrazione o sembra spezzato.

Non succede granché ma c'è un dialogo importante che apre gli occhi a Hilda -o meglio, lei non vorrebbe aprirli ma ormai il danno è fatto-; siccome io parlo poco e, di conseguenza, i miei dialoghi sono sempre un po' poveri, vi chiedo di farmi sapere se c'è qualcosa che vi è sembrato surreale o comunque qualche elemento di disturbo.

Il presidio ovviamente esiste davvero, tutte le informazioni che trovate sono veritiere: oggi è un Parco Nazionale che attrae più di sette milioni di visitatori l'anno. Il punto di osservazione in cui si trovano Hilda e Chris è Crissy Field, in particolare si trovano sul pontile chiamato Torpedo Wharf di cui vi allego immagine. E niente, più scopro questa città più mi innamoro pur senza esserci mai stata!

Adesso chiudo altrimenti mi vengono le note più lunghe del capitolo e non mi pare il caso che già lì ho sproloquiato abbastanza, ci si risente venerdì 🧚🏻‍♀️

Luna Freya Nives

Qui si vede certamente meglio, ma l'immagine è più spenta 🤓

Lei invece è la bella Chris 🦋

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